Alto

AutoriPalmero, Beatrice
Anno Compilazione1996
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Cuneo
Area storica
Monregalese.
Abitanti
118 (censimento 1991)
Estensione
758 ha (ISTAT 1991); 750 ha (SITA 1991).
Confini
A nord Ormea, a nord e a est Nascino, a sud Aquila d’Arroscia, Gavenola e Armo, a ovest Caprauna.
Frazioni
Non ci sono frazioni, bensì il borgo si presenta arroccato e compatto. Vedi mappa.
Toponimo storico
«Altum» [Casalis 1833, p. 263]. L’etimo ricorda la posizione del luogo, sorto in un punto molto elevato: altura.
Diocesi
Inizialmente rientrava nei confini della diocesi di Albenga. Solo dopo la riorganizzazione delle province e diocesi del 1816 la chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo è passata nella giurisdizione vescovile di Mondovì (Casalis 18331, p. 263).
Pieve
Non si hanno attestazioni.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Si segnala il Santuario del Lago (Manno 1891, vol. II, p. 232). Oltre al parroco di S. Michele vi era un altro sacerdote, rettore della scuola, così come era attiva la confraternita dei Disciplinanti (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 352).
Sono attestate altre due cappelle nel comune di Alto: San Sebastiano, forse in località S. Bastiano e San Bartolomeo. Vedi scheda.
Assetto Insediativo
   
Luoghi Scomparsi
Pare scomparsa la chiesa di San Pietro che dava il nome ad una località ad nord est del centro incastellato.
[IGM 1:25.000 Vedi dettaglio]
Comunità, origine, funzionamento
Si ricorda un accordo del 1320 tra la comunità di Alto e i signori Cepollini della città di Albenga, che attesta l’esistenza di una micro-organizzazione politica del territorio, compresa nel distretto marchionale dei del Carretto di Savona (Manno 1891, vol. II, p. 232). Il consiglio comunale d’antico regime è invece composto da due consoli, un sindaco e otto consiglieri. Ogni anno se ne rinnova un terzo, ovvero si avvicendano le cariche di consoli e sindaco. È il «Vassallo Cepollini» che sceglie i delegati tra i quattro nomi proposti dal consiglio. La comunità contesta questa ingerenza, «usurpata» da Cepollini, al momento delle reinfeudazioni e della nuova distrettualizzazione operata dai Savoia. Di fatto è comunque il consiglio che prima sceglie i nominativi e poi distribuisce le cariche. I consoli hanno la funzione di giudici civili, mentre il sindaco amministra la contabilità comunale in base alle disposizioni del consiglio stesso (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, pp. 347-352). I contenziosi tardo settecenteschi con la famiglia Cepollini, conti del luogo, testimoniano la vivacità della comunità, che a seguito di dette controversie ha una nuova regolamentazione campestre redatta nel 1785.
Statuti
Non si hanno segnalazioni di statuti e si riporta l’indicazione di Manno circa un’edizione a stampa dal titolo Bandi campestri formati dall’illustrissimo signor conte Giacomo Cepollini di Alto e Caprauna per il detto luogo di Alto. Approvato dal Senato di Piemonte 1 8 gennaio 1785, stamperia G.M. Ghiringhello, Torino 1785 (Manno 1891, vol. II, p. 232).
Catasti
Si conservano alcuni fogli mappali del «vecchio catasto» (fine XIX secolo), mentre la regolare tenuta del registro catastale si riscontra a partire dal 1914. Il sopralluogo del 1753 rileva la mancanza di un catasto, ma soprattutto dell’uso di qualsiasi sorta di misurazione tant’è che gli appezzamenti dei privati venivano venduti a corpo (B.R.T., Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, pp. 351-352).
Ordinati
La relazione dell’intendente Corvesy attesta che non era consuetudine del consiglio verbalizzare le proprie decisioni e tenere quindi dei registri scritti (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, pp. 347-352). Non essendo attualmente ordinate le poche carte antiche, non esiste un archivio storico, anche se non è stata riscontrata documentazione anteriore al XIX secolo. La serie delle delibere è rilegata a partire dagli anni Venti del Novecento.
Dipendenze nel Medioevo
Alto è incluso nei possessi dei Clavesana, che nel XII secolo assegnano alla famiglia Cepolla di Albenga il titolo comitale sui castelli di Alto e Caprauna (Rossi 1870, p. 163). Durante il XIV secolo i del Carretto di Savona, annessa la contea nel proprio distretto marchionale, riconoscono la supremazia della città di Genova sui loro domini, e il marchese Carlo nel 1380 si fa investire sudetti luoghi.
Feudo
Di provenienza imperiale. Nel corso del XII secolo i marchesi subinfeudano Alto insieme a Caprauna, con il titolo comitale, ai Cepolla di Albenga. La contea di Alto e Caprauna passa in feudo al ramo che assunse il nome di Cepollini a seguito della vittoria della fazione ghibellina sulla città di Albenga (Rossi 1870, p.163). Nel 1381 la contea di Alto e Caprauna, riconosciuta la superiorità alla Repubblica di Genova, resta consignoria dei Cepollini e dei del Carretto, fino ad estinzione di questi ultimi (Manno 1891, vol. II, p. 232).
Mutamenti di distrettuazione
La contea di Alto e Caprauna presta vassallaggio ai Savoia. Dopo la costituzione delle province dello Stato sabaudo (1741), il comune si trova incluso nel mandamento di Ormea e nella provincia di Mondovì. Nel periodo di occupazione francese entra nel dipartimento del Tanaro (1797-1815) e in seguito alla soppressione e all’accorpamento della provincia di Mondovì passa a quella di Cuneo (1859).
Mutamenti Territoriali
Il comune di Alto non registra significativi mutamenti di territorio.
Comunanze
Attualmente sono dichiarati in categoria «A» 210,9634 ha, di cui per il comune 0,0045 ha alienati (CSI 1991, Piemonte). Corrispondono alle Alpi superiori, su cui sono attestati gli usi di pascolo e legnatico nel corso degli accertamenti sugli usi civici tra il 1925 e il 1940 (CUC, Provincia di Cuneo, cartella 5). Anticamente i pascoli costituivano l’unico bene del comune, ma poiché al 1753 non esistevano registrazioni catastali né alcuna sorta di misurazione non se ne conosce l’estensione (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, pp. 351).
Liti Territoriali
Il comune di Alto si caratterizza per la conflittualità tardo settecentesca con i Cepollini di Albenga, conti del luogo. Della causa con i conti sono state pubblicate due relazioni: Sommario nella causa del signor conte Giacomo Maria Cepollini, della città di Albenga, conte de’ luoghi di Alto e Caprauna, contro la comunità di detti luoghi (relat Calcino), G. Bayno, Torino 1767; Sommario nella causa del signor conte Giacomo Maria Cepollini, della città di Albenga, conte de’ luoghi di Alto e Caprauna, contro la comunità di detti luoghi (relat. Robesti), G.M. Ghiringhello, Torino 1775 (Manno 1891, vol. II, p. 232). Nel corso dell’Ottocento poi si attesta il progressivo allontanamento dei Cepollini dagli affari del comune. Distacco che segna peraltro la perdita dei diritti signorili sul luogo, come attesta il manoscritto della Supplica del conte Peloso Cepolla perché il pupillo Cepollino non sia tenuto al debito con il Comune verso il Conte Aicardi, 1829 in 1832, conservato nell’Archivio di Stato di Torino (AST, Corte, Paesi per A e B, A, mazzo 20, fasc. 7).
Fonti
AST (Archivio di Stato di Torino):
Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc. 2: 1380, Investitura di Genova a Carlo del Carretto [1380];
Corte, Paesi per A e B, A, mazzo 20, fasc. 7.
BRT (Biblioteca Reale di Torino), Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753.
La relazione dell’intendente Corvesy è edita: Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.
CLUC (Commissariato per la liquidazione degli usi civici), Provincia di Cuneo, cartella 5.
Bibliografia
 Bandi campestri formati dall’illustrissimo signor conte Giacomo Cepollini di Alto e Caprauna per il detto luogo di Alto. Approvato dal Senato di Piemonte 18 gennaio 1785, stamperia G.M. Ghiringhello, Torino 1785
 
Berra L., Riordinamento delle diocesi di Mondovi, Saluzzo, Alba e Fossano ed erezione della diocesi di Cuneo (1817), in «BSSSAACn.», 36 (1955), pp. 18-59.

Casalis, Goffredo, Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il re di Sardegna, Torino, G. Maspero, 1833-1856, vol. I (1833), pp. 263-264.  Vedi testo.

Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.

Manno A., Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, Torino 1884-1896, voll.VIII.

Olivieri L., Millesimo e i Carretto: documenti inediti di vita medievale (1253-1597), in «Bollettino della società per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo», 100 (1989), pp. 167-197.

Provero L., I marchesi del Carretto: tradizione pubblica, radicamento patrimoniale e ambiti di affermazione politica, in «Atti e memorie», 30 (1994), pp. 21-50.

Rossi G., La storia della città di Albenga, Savona 1870. Vedi testo.

Sommario nella causa del signor conte Giacomo Maria Cepollini, della città di Albenga, conte de’ luoghi di Alto e Caprauna, contro la comunità di detti luoghi (relat Calcino), G. Bayno, Torino 1767

Sommario nella causa del signor conte Giacomo Maria Cepollini, della città di Albenga, conte de’ luoghi di Alto e Caprauna, contro la comunità di detti luoghi (relat. Robesti), G.M. Ghiringhello, Torino 1775 

Descrizione Comune
Alto
 
      II territorio di Alto, originariamente,  era parte del feudo imperiale della famiglia Clavesana, che,  nel secolo XII , cedette alla famiglia Cepolla di Albenga i castelli di Aquila e Cosio, e,  in seguito,  i castelli di Alto e Caprauna. Le alienazioni rispondono all’esigenza di liquidità dei signori, che avevano la necessità di eserciti e alleanze politiche nella città per contenere l’espansione dei del Carretto di Savona (Rossi 1870, p. 163).
      Questi ultimi, tra XII e XIII secolo, erano impegnati ad espandersi sul comitato di Albenga, verso Pietra e Loano. La creazione delle villenove di Finale e Millesimo rientravano infatti nell’ottica del potenziamento del dominatus, ma i marchesi non ebbero mai l’ambizione di trasformare la propria giurisdizione in un’egemonia territoriale di tipo dinastico. Valorizzavano piuttosto i nuclei patrimoniali, distinguendosi come potere rurale, attento alle esigenze commerciali. In questo senso i loro migliori interlocutori erano i comuni e la società urbana, in cui svolgevano spesso ruoli politici rilevanti sia nell’amministrazione dei paesi liguri che piemontesi (Provero 1994, pp. 28-39).
       Durante le lotte guelfe e ghibelline nella città di Albenga,  si crearono due fazioni politiche sostenitrici dei del Carretto, rappresentanti della parte ghibellina: i Doria e gli Spinola. In questo frangente la famiglia Cepolla, ricca, potente e numerosa, da sempre fedele all’Impero, si divise nell’appoggio dell’una e dell’altra famiglie ghibelline della città: il ramo primogenito mantenne il cognome, mentre gli altri assunsero quello di Cepollini, a fianco dei vincitori, governatori della città (1338).
      La contea di Alto e Caprauna rappresentava un punto strategico di crocevia alpino tra Pieve e la val Arroscia, Ormea e l’alta val Tanaro e i passi che congiungevano le Alpi alla città di Albenga. La subinfeudazione della  contea ai Cepollini rientrava nell’ottica delle alleanze politiche nella faida tra i del Carretto, i marchesi di Ceva e i Clavesana, che avevano ancora possedimenti in val Arroscia,  con baluardo a Pieve di Teco. Questi ultimi sottoposero alla supremazia di Genova la metà dei loro beni e diritti lungo la valle nella forma di feudo oblato. L’espediente di ricorrere alla mediazione della Repubblica da parte delle famiglie – che in essa cercavano un potente alleato – di fatto conferisce alla città di Genova un ruolo di arbitro nelle contese. Le riconosce infatti un potere pubblico superiore nelle lotte tra i signori, a loro discapito e a vantaggio dei comuni.  Nel 1380 Genova interviene con una investitura a Carlo del Carretto della  contea di Alto e Caprauna e, l’anno successivo, i signori e le comunità del contado convengono nuovamente la superiorità della città sui luoghi (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc. 2: Investitura di Genova a Carlo del Carretto [1380]; Manno 1891, vol. II, p. 232).
       La giurisdizione territoriale del comune di Alto – suddivisa tra i del Carretto e i Cepollini di Albenga – si compone di una serie di diritti di sfruttamento e rendita sulle risorse territoriali, che il comune ha stipulato con i nuovi signori nel 1320 (Manno 1891, vol. II, p. 232). Il comune, dal canto suo,  risulta «povero di redditi», giacché – come rileverà l’intendente Corvesy – possiede «solo alcuni pascoli comuni, che servono per la norritura de’ bestiami» (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 351). Il territorio comunale infatti è costituito «dalla parte più alta delle Alpi», ad un’altitudine di 1000 metri sul livello del mare (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 5: relazione Gian Giuseppe Carreto, 29 settembre 1934), e attualmente mantiene una serie di quegli usi civici derivati dalla cessione dei diritti sul territorio ad opera dei marchesi all’epoca della loro infeudazione.
       Gli abitanti, in questo quadro,  esercitano: «diritto di erbatico» su tutti i terreni demaniali a pascolo, mediante piccolo compenso che gli «usuari» corrispondono al comune. In altre parole, si raccoglie il primo taglio d’erba, dopodiché il pascolo resta libero a tutti gli abitanti; «diritto di pascolo» su tutti i terreni, compresi i boschi, nel rispetto del regolamento forestale; «diritto di legnatico» sui boschi cedui, consistente nella raccolta dei rami secchi e sparsi; «raccolta della lavanda» sui terreni incolti e sui pascoli; «raccolta delle nocciole selvatiche» sui boschi cedui e sui pascoli cespugliati. Inoltre gli abitanti esercitano «pascolo promiscuo» «su tutti i terreni incolti e prati dopo la fienagione, sempre stati privati».
       I moderni usi civici di Alto hanno sempre avuto come base l’intera estensione del territorio comunale – e non singole aree riservate (come ad esempio le bandite, cfr. la scheda dedicata a Caprauna) –, su cui si esercitano i diritti e le consuetudini di sfruttamento. La raccolta delle nocciole e della lavanda sono redditi che il comune si riserva di appaltare;  altrimenti restano a disposizione della collettività nei periodi fissati dai bandi. Risultano invece,  annualmente,  a bilancio comunale la riscossione dei diritti di legnatico e pascolo, come si sancisce nel regolamento di polizia rurale allegato alla richiesta di riconoscimento degli usi civici del 1925.
      Per quanto riguarda il pascolo promiscuo, si tratta di una risorsa collettiva, alla quale  partecipa l’intera popolazione, e viene esercitata sulle proprietà private, che restano a servizio dell’economia comunitaria. Il pascolo è caratterizzato infatti dall’organizzazione del «gregge comune»,  a cui aderiscono tutti i proprietari di terreni e bestie. I proprietari, soggetti ai turni di sorveglianza del gregge, usufruiscono della consulenza di una commissione comunale,  che sovrintende alla riproduzione del bestiame, alle aree di pascolo e alla disciplina dei turni e degli orari di custodia del gregge.
     Ovviamente,  gli usi civici di pascolo e legnatico non si esercitano sulle proprietà private, ma solo nella zona delle Alpi superiori, di 211 ettari circa, in cui predominano il pascolo e il bosco (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 5: relazione Ferrero, 30 settembre 1934 e decreto 10 febbraio 1940, Comm. Bafile). Al territorio demaniale specificatamente detto si aggiungono i terreni privati, che hanno la facoltà di aderire alla logica economica comunitaria del pascolo promiscuo: diversamente i proprietari devono richiedere in comune lo stato di coltivazione. In questo modo però, coloro che intendono proibire i propri terreni al pascolo sono esclusi dai diritti e dai vantaggi del gregge comune. L’organizzazione collettiva dello sfruttamento del territorio – in cui è compresa anche la proprietà privata – rende Alto un comune atipico nel panorama del Piemonte meridionale, qui persistono le caratteristiche di un’economia montana che fonda la sua sussistenza proprio nella solida e al contempo rigida struttura comunitaria delle risorse. Ciò determina la staticità ma anche la stabilità del territorio controllato dal comune, dove le stesse usurpazioni dei beni (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 5: relazione Gian Giuseppe Carreto [29 settembre 1934]) – la cui natura ed entità non sono specificate – non ledono certo la plurisecolare organizzazione comunitaria del paese. La relazione settecentesca dell’intendente Corvesy attesta che il comune era governato consensualmente dal consiglio comunale, una ristretta cerchia costituita dalle persone più influenti della comunità, tanto che il consiglio generale dei capi-casa da parecchi anni non si riuniva più. Con lo stesso spirito non si teneva un «libro degli ordinati», né la proprietà era mai stata misurata, giacché i beni sul territorio erano esenti da ogni tipo di tassazione (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat Corvesy, 1753, pp. 349-352). Questo eccezionale spirito comunitario di Alto, persiste nel tempo e si mostra compatto nella rivendicazione dei propri diritti al conte Cepollini. Lo sviluppo dei rapporti con il conte diventa il punto di crisi dell’intero sistema collettivo: a lui si devono le decime, una contribuzione inizialmente corrisposta in natura e servigi, poi tramutata in denaro. Alto si avvia ad un indebitamento catastrofico, che non si può semplicisticamente attribuire alla nuova tassazione introdotta dall’assoggettamento ai Savoia. Infatti rispetto alla fiscalità piemontese la comunità mantiene i suoi privilegi: ancora a metà Settecento gli abitanti pagano solo il fogaggio presunto sul reddito familiare, sono esenti dal cotizzo sul bestiame, e le proprietà, non essendo registrate, non pagano alcun allibramento. I debiti derivano piuttosto da alcuni capitali censi genovesi mai estinti, i cui interessi gravano sul bilancio comunale in maniera endemica. Si susseguono a tal proprosito, arresti di Piemontesi a Zuccarello e rappresaglie genovesi sul territorio comunale di Alto per la riscossione di quegli interessi, di cui nessuno più è in grado di presentare i titoli. Tra i creditori solo il conte Ferrero di Masio pare disposto a rimettersi all’arbitrio del Real Senato per trattare una risoluzione con la comunità (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, pp. 348-349). Ma le vicende dei censi debiti e delle rappresaglie genovesi non sono supportate da ulteriore documentazione. La menzione di tali episodi da parte del funzionario governativo risponde probabilmente alle preoccupazioni dello Stato sabaudo rispetto alle relazioni estere con la Repubblica genovese, piuttosto che al rilievo di una crisi economica tra comunità limitrofe. Continua ad essere il rapporto con il conte Cepollini, divenuto vassallo dei Savoia, il punto nodale della tensione con la comunità. Nel corso del XVIII secolo in particolare la comunità intenta una causa contro il «diritto di disimpesatura» che consisteva nella facoltà del conte di nominare alcuni reggitori (Relazione Calcino, Torino 1767, Manno 1891, vol. II, p. 232), insieme ad uno specifico diritto quantificato in 50 lire, dovuto al conte da chiunque volesse lasciare il paese anche se i suoi redditi fossero inferiori a tale somma (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, p. 351). Si segnala inoltre un’altra causa tra il conte e la comunità, a distanza di una decina d’anni per i diritti di caccia e pesca (Relazione Robesti, Torino 1775; Manno 1891, vol. II, p. 232). Il contenzioso con il vassallo del luogo sfocia dunque in una stesura dei bandi campestri, datata 1785, che il conte ha dovuto concedere ad ulteriore regolamentazione dei suoi diritti sul territorio (Bandi campestri 1785; Manno 1891, vol. II, p. 232). Poiché le risorse comunitarie sono costituite essenzialmente da consuetudini su un’area comunale in cui la giurisdizione del conte è prevalente, unico motivo di scontro risulta appunto la contrattazione dei diritti d’uso con quest’ultimo. Il territorio base del comune non presenta quindi elementi di tensione, se non per lo sfruttamento delle risorse in opposizione ai diritti e canoni del conte. Nella prima metà dell’Ottocento, in occasione del pagamento di alcuni debiti comunali, il conte prende le distanze dal luogo, ovvero di fatto si dichiara estraneo e quindi non perseguibile rispetto alla contabilità passiva del comune. Si tratta di un indebitamento originato da un censo contratto dalla comunità con il conte Aicardi, a cui si aggiunge l’imposta annua ordinaria, che risulta così quadruplicata. Il conte viene esentato dal pagamento dei debiti della comunità. Ormai non vive più in quei luoghi, bensì è tornato alla città d’origine, Albenga, sotto il tutorato del conte Peloso Cepolla – riavvicinatosi quindi alla famiglia Cepolla di cui i Cepollini sono ramo cadetto –. Nella supplica del conte, Alto è descritto come «una delle più sterili regioni delle Alpi occidentali, così infruttifero che paga soltanto l’imposta prediale» (AST, Corte, Paesi per A e B, A, mazzo 20, fasc. 7 [1829- 1832]). L’allontanamento definitivo del conte, unico nodo di tensione nel sistema di sfruttamento delle risorse territoriali, rende pacifica l’attribuzione degli usi civici sull’intero territorio comunale e il riconoscimento dell’area demaniale delle Alpi (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 5: decreto 10 febbraio 1940, Comm. Bafile). La formazione del territorio comunale non ha quindi subito nel corso dei secoli assestamenti o espansioni, se non il probabile passaggio al demanio pubblico dei beni del conte, su cui peraltro gli abitanti esercitavano già le loro consuetudini.