Pecetto di Valenza

AutoriCerino Badone, Giovanni
Anno Compilazione2007
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Alessandria.
Area storica
Alessandrino.
Abitanti
1312 (ISTAT). Nel 1460 contava 200 fuochi. Nel 1796 i fuochi erano saliti a 288, con una popolazione complessiva di 1391. Nel 1816 si contavano 1647 abitanti, nel 1836 erano 1831. L’aumento della popolazione fu costante; nel 1861 erano 2.118, nel 1871 2.209. L’immigrazione oltreoceano fece scendere gli abitanti a 2.130 nel 1881, ma nel 1901 erano ancora 2.160. Nel decennio successivo iniziò un abbandono massiccio dal paese, declino inarrestabile che in circa sessant’anni vide la popolazione passare dai 1.784 abitanti del 1911 agli 847 del 1971, quando si intravide come possibile una fusione con il comune di Valenza.
Estensione
ha 1145 (SITA).
Confini
Alessandria, Bassignana, Montecastello, Pietra Marazzi, Valenza.
Frazioni
Secondo i dati ISTAT, sono presenti le seguenti frazioni; Pellizzari, Gasparini, Molina.
Toponimo storico
Il nome sembra derivare da “Picetum Valentinum”, di origine romana [Orsini 1984, p. 195]. Successivamente sembrano coesistere più voci per definire il villaggio e il castello di Pecetto. Nel 1069 viene nominato come “Castrum Peceti” [Orsini 1988, p. 24], nel 1178 “Pezzetum” [Orsini 1988, p. 25], nel 1223 “Castrum de Peceto” [Huillard-Bréholles 1852, vol. II, p. 355]. In epoca moderna si trova designato con il toponimo di “Pezzo” [Gastaldi 1561], “Peze” [Giolito 1556; Gastaldi 1573; Mercatore 1594; Collignon 1657], “Pezo” [Mercatore 1638], “Pezzi” [Magini 1620], “Pezze” [Cantelli 1691; Mortier 1735], “Pecci” [De l’Isle], stravolto completamente con il nome di “La Preda” [Stechi 1598; Magini 1620; Blaeu 1635; Hondio 1636; d’Abbeville 1663; Santini 1779], infine riproposto con “Peceto” [Coronelli 1696], “Pezetti” [Maillebois 1745]. Solo verso la metà del XVIII secolo iniziò ad essere definitivamente nominato “Pecetto” [ACV 1745; Zatta 1792], mentre nell’ultimo quarto del secolo incomincia a comparire nei documenti dell’archivio comunale la dicitura “Pecetto di Valenza”, per distinguerlo da Pecetto della collina di Torino. Il cambio di nome fu sancito il 25 maggio 1966, per distinguerlo dal Pecetto Torinese [Orsini 1984, p. 149].
Diocesi
Pavia sino al 1803, quando Pecetto fu scorporato dalla diocesi pavese per essere incluso in quella casalese dalla quale, nel 1817, venne scorporato per passare definitivamente a quella di Alessandria [Orsini 1988, p. 27].
Pieve
Chiesa parrocchiale dedicata a S. Maria e a S. Remigio. La prima chiesa parrocchiale venne edificata tra il VI-VII secolo d.C., ed era dedicata a San Siro [Orsini 1988, pp. 13-14]. Nel IX-X secolo venne eretta, sul sedime dell’attuale chiesa parrocchiale, la chiesa di S. Maria Vetere [A.C.V.P., visite pastorali, Pecetto], ricostruita nel XV secolo. Nel 1460 la parrocchia, retta dal presbitero Rufino de Baroncelli e dipendente dal prevosto di Bassignana, godeva di un reddito di 40 fiorini, non percepiva alcuna decima aggiuntiva, ma beneficiava di legati per un valore di 400 fiorini. Con lui officiavano anche due tonsurati, Giovanni Antonio Zagani e Battista de’ Torti, privi di rendite proprie. Nel 1738 la chiesa venne demolita e ricostruita, cambiando l’originario orientamento O/E con l’attuale N/S.
Altre Presenze Ecclesiastiche
L’esistenza di una chiesa nel territorio di Pecetto risale ai secoli VI-VII. Il culto di San Siro, che si diffuse in territorio pavese e alessandrino verso il V-VI secolo d.C., ha segnato il toponimo San Siro-Cascine Vecchie, luogo di un presunto centro abitato anteriore alla costruzione dell’attuale Pecetto. La chiesa di San Siro è documentata nella Visita Pastorale del 1460 ad opera del rev. Monsignor Amico Fossulano, vicario del vescovo di Pavia che, nell’elencare il numero delle chiese aperte al culto nel territorio di Pecetto, descrive anche San Siro [A.C.V.P, Atti delle visite pastorali, Vol. III, Pecetto]. Vi risiedeva il sacerdote Battista di Cantone, con una rendita di 4 fiorini. Il prevosto dipendeva gerarchicamente dall’arcipresbitero di Pietramarazzi. Nella visita pastorale dell’agosto del 1576 la chiesa, tenuta dal sig. Battista Rizano, risultava aperta e diroccata, e non potendo essere restaurata dato l’avanzato degrado, fu deciso l’abbattimento. Fu ordinato altresì al chierico beneficiato fosse tenuto a sborsare ogni anno nel giorno di San Martino 2 scudi d’oro al rettore della chiesa parrocchiale di Pecetto. Tale beneficio nel 1720 risultava di proprietà del nobile marchese Giuseppe Visconti, figlio di Carlo Franchesco, “titolare e possessore perpetuo del semplice Beneficio ecclesiastico denominato chiericato di San Siro nel luogo di Pecetto, diocesi di Pavia. Detto Beneficio gli venne conferito nello stesso anno dal cardinal Casano, prontamente concesso in affitto a messer Luca Antonio Staurino, domiciliato a Pecetto, mediante l’intervento del parroco di Pecetto, rettore Pietro Giovanni Bario, quale procuratore del Visconti, per un canone annuo di 217,50 lire imperiali. L’estensione dell’intero beneficio figurava a catasto come un territorio di 13 giornate e 2 tavole.
Con la costruzione del nuovo insediamento sulle colline a dominio del corso del Po, un chiesa fu posta all’interno dell’abitato, edificata sul podio di un tempio romano, i cui resti sono ancora visibili in situ [Orsini 1988, p. 14] e dedicata alla Vergine Maria. Fu nominata nella Visita Pastorale del 1460 “Santa Maria Vetere”, per distinguerla dall’altra chiesa che, nel frattempo, era stata edificata nei pressi del paese.
Questa fu edificata nel XV secolo, ed era di piccole dimensioni, dedicata a Santa Maria. Le strutture vennero in seguito assorbite dalle strutture rinascimentali della Certosa. Al suo interno si trovava una cappella sottoposta al giuspatronato di laici con l’obbligo di una messa alla settimana, officiata dal parroco di San Siro. La cappella, che dipendeva dal prevosto di Bassignana, garantiva una rendita di 3 fiorini.
Nel secolo XI fu eretta la chiesa di San Silvestro, appartenente alla giurisdizione dell’abbazia di Nonantola. Il nuovo tempio era collocato in “Pecito sorte i quam detinet Azo Birro, que iacet in fundo gabati ad locum dicitur burgeto ubi fuit edificata ecclesia S. Silvestri inter tugnolam et casalem Malzarete et fluviam Narione” [Tiraboschi 1725, p. 16]. Il luogo detto Borghetto esiste ancora oggi nella moderna toponomastica pecettese, ed è identificabile con il triangolo di terra corrispondete all’attuale sedime della chiesa della SS. Trinità. La chiesa di S. Silvestro, fatiscente, fu ricostruita nel XIV secolo, e fu dedicata a S. Antonio e S. Agata, pur mantenendo al suo interno un altare destinato al culto di S. Silvestro. Apparteneva al giuspatronato laico e dipendeva dal prevosto di Bassignana, ed in essa celebrava la messa il parroco di San Siro. Disponeva di una rendita di 12 fiorini. Già malridotta nel 1460, la chiesa di S. Agata rovinò a sua volta ne 1738, rimanendo allo stato di rudere sino al 1764, quando la Confraternita della SS. Trinità, che si era insediata in questo tempio, ottenne dal vescovo di Pavia l’autorizzazione per edificare una nuova chiesa, appunto dedicata alla SS. Trinità.
Del tutto scomparsa è la chiesa di San Romeo, edificata nel X secolo. Era una struttura campestre, edificata in muratura con tetto in travatura lignea. Nel 1460 era ancora visibile, e il compilatore della visita apostolica asserisce di aver incontrato in questa chiesa rurale il sacerdote Percivalle Salomoni, il quale doveva all’Ordinariato della diocesi una provvista di 10 fiorini, peraltro sempre regolarmente assolta. Nel XVI secolo chiesa di San Romeo era già scomparsa [Orsini 1988, pp. 17-18].
Esistevano poi almeno altre due strutture a carattere di culto, inserite in abitazioni private. La prima di queste istituzioni strutturali ? a carattere religioso e di pietà di cui rimane traccia è l’Oratorio pubblico di Cascina Grossa e nella abitazione gentilizia dei nobili Salomoni.
Gian Galaezzo Visconti diede in concessione ai padri certosini della Certosa di Pavia la chiesa di Santa Maria, insieme a 238 giornate di terra destinati a varie culture. I monaci rimasero a Pecetto sino alla fine del XVIII secolo, quando i loro beni vennero alienati a privati.
Il 6 dicembre 1632 Giulio Cesare Salomoni, nobiluomo, giunto ormai al termine dell’esistenza terrena e non avendo eredi diretti, dispose che una cospicua parte del suo patrimonio andasse a garanzia del mantenimento di una rappresentanza di ordine religioso da insediarsi nel proprio paese e che fosse di appoggio alle attività intraprese dal rettore della parrocchia. Con atto di donazione datato 6 dicembre 1632 disponeva quanto sopra a favore della provincia domenicana di S. Pietro Martire, con l’impegno da parte del beneficiario di fondare in Pecetto un convento dell’Ordine. Venne iniziata così la costruzione della chiesa del Rosario, su un terreno pagato 25 scudi d’oro. Nonostante una successiva lite con la famiglia Salomoni e il cambio di testamento, convalidato nella sua prima versione dal Senato milanese, il convento godette di bene per un totale di 25.000 lire oro e 443 pertiche di terreno. I domenicani di Pecetto videro la loro comunità definitivamente soppressa il 15 settembre 1789 con bolla di Pio VI. I beni vennero alienati a privati, mentre la chiesa passò alla Confraternita del SS. Rosario che ne assunse la direzione occupandosi delle celebrazioni ed assumendo un cappellano scelto tra il clero libero domiciliato nel territorio della parrocchia e procurando anche l’alloggio [A.P.P., Opera Pia Salomone; A.C.P., Fondo Opera Pia Salomone; AC SS. Trinità; Orsini 1984, pp. 196-198].
Assetto Insediativo
Le comunità primitive avevano sede su il Bric Castellar e presso la località San Siro-Cascine Vecchie, il cui abbandono avvenne intorno all’VIII-IX secolo d.C. [Orsini 1984; Orsini 1988]. L’origine dell’insediamento è una conseguenza del processo medievale di incastellamento, che portò la popolazione dei dintorni a sistemarsi sull’attuale collina. Questa presenta due cime distinte, nello spazio tra queste si sviluppò il nucleo originario di Pecetto. Sul rilievo a sud esisteva un tempio romano del quale permangono numerosi resti lapidei, mentre sul rilievo a nord, conosciuto come “la rocca”, fu eretto un fortilizio, che per lungo tempo rimase il limite settentrionale del centro abitato. Le strutture difensive del castello erano infatti concentrate sul limite settentrionale della “rocca”. In particolare il mastio, a pianta quadrata, era orientato di 45° rispetto all’asse della collina onde presentare un profilo sfuggente all’artiglieria neurobalistica di un eventuale assalitore. Smantellato il fortilizio nel 1557, il centro abitato poté infine occupare anche l’area libera della collina a nord. L’insediamento si presenta oggi totalmente accentrato con pianta a “fuso d’acropoli”, con il centro allargato in corrispondenza della “rocca”, una prominenza di arenaria sulla quale esisteva il “castrum” citato nei diplomi dei secolo XII e XIII.
Luoghi Scomparsi
Un insediamento precedente a quello attuale, probabilmente denominato San Siro, è identificato dal toponimo Cascine Vecchie, il cui abbandono avvenne intorno all’’VIII-IX secolo d.C. [Orsini 1984; Orsini 1988].
Comunità, origine, funzionamento
Patrimonio del conte Aimone di Vercelli nel 950, il 3 gennaio 1069, Enrico IV donava le terre di Pecetto al vescovo di Vercelli Gregorio. La prima attestazione documentata di una comunità territoriale è del 1069, presente nel diploma imperiale dato da Enrico IV ad Ingolstadt il 3 gennaio, con il quale il “Castrum Peceti” viene infeudato a Gregorio vescovo di Vercelli, insieme ad altre terre nel Monferrato e nell’Alessandrino; “Mirabellum et Pecetum et que in Monferrato habemus cum omnibus eorum pertinentiis villis teloneis acquarumque decursibus vineis siluis forestis cum eorum et districtis et vinibus regali begnitate damus [...]”. Tuttavia solo il 6 gennaio 1381, in un rogito del notaio Albertolo Griffi per la costituzione dell’opera benefica San Siro, si legge, al posto del solito “Castrum Peceti”, “Diocesis Peceti”. Nel 1444 fu la comunità di Pecetto che, proponendo una supplica a Filippo Maria Visconti, si pose in conflitto con i Mandelli feudatari del luogo [Bernorio 1972; Cernegale 2004; ASDCo, Pro Peceto].
Statuti
Non si hanno attestazioni.
Catasti
Nel 1762 la comunità di Pecetto aveva sentito la necessità di procedere alla misurazione del proprio territorio, tracciando per prima cosa un profilo preciso dei territori comunali. Il risultato fu la Carta dei Confini, redatta entro l’anno, che servì da base per il successivo Fondo Catasto [A.C.P., Fondo Catasto 8], la cui compilazione iniziò nel 1763. La mappa e i tre registri catastali erano pronti nel 1773, sulla base dei quali furono composti i successivi lavori catastali.
Ordinati
Presso l’Archivio Storico del Comune di Pecetto si conservano i verbali del consiglio comunale a partire dal 1804, raccolti a volumi [A.C.P. raccolta volumi verbali].
Dipendenze nel Medioevo
Il diploma imperiale del 1069 infeuda il “Castrum Peceti” al vescovo di Vercelli, insieme a Mirabello e altre terre. La donazione fu confermata il 17 ottobre 1152 da Federico I, ma nel 1164 l’imperatore riconosceva al marchese del Monferrato il dominio delle colline del Po. Investito dall’espansionismo del nuovo comune di Alessandria, il 20 ottobre 1207 Pecetto appare inserito nelle terre concesse da Vercelli agli alessandrini; “Ex parte vero Alexandrie excipiuntur Solerium, Monscastrum, Pezzetum [...]. In quibus castris vel villis et eorum curtibus comune Vercellarum aliquid acquirire non possit vel aliquod acquistum nec teneatur illud comuni Vercellarum comunicare [Ghilini 1666]. Conteso anche da Pavia, nel 1223 Federico II lo concesse al comune di Alessandria [Huillard-Bréholles 1852, Tomo II, Parte I, p. 355]. Nel 1385 la “Honorantie castri Peceti” risulta nelle mani di Antoniolo Porro, conte di Pollenzo, che la cedette il 23 aprile a Ottone Mandelli con il titolo di conte per 7.000 fiorini. La duchessa Caterina Visconti, nei giorni di pressante necessità finanziaria successivi alla morte di Gian Galeazzo, confermò il feudo di Pecetto ad Ottone. Dal settembre del 1402 Ottone esercitò il proprio domino sul territorio acquisito nominando un castellano, podestà e giusdicenti, ottenendo dagli uomini di Pecetto defeltà e obbedienza. Nel 1408 la comunità si ribellò ai Mendelli, dandosi a Facino Cane. Facino cedette Pecetto alla moglie Beatrice che, divenuta duchessa di Milano, continuò a governarla a proprio nome, inviandovi un podestà, rettori, amministratori e fattore, percependo proventi ed entrate sino alla morte. I figli di Ottone, Antonio, Raffaele e Tobia i 18 aprile 1420 ottennero la concessione feudale del castello e della terra di Pecetto, con piena giurisdizione e diritti di riscossione di dazi e pedaggi, in estinzione del cospicuo credito ereditato dal padre nei confronti del duca e della camera ducale [A.S.D.C., “Pro Peceto”; Cengarle 2004, p. 4].
Feudo
La famiglia Mandelli mantenne il feudo di Pecetto sino al 7 giugno 1540, quando Tobia Mandelli lo alienò Gaspare Vimercati per 1/3, mentre cedeva i restanti 2/3 a Camillo Pietra. Vimercati aveva ottenuto dal duca di Milano una giurisdizione parziale su Pecetto in concomitanza con i Mandelli. Questi tre giorni dopo, il 10 giugno Camillo Pietra riusciva ad acquisire anche la quota del Vimercati. Il 25 novembre 1609 Giovanni Battista Pietra donava il feudo di Pecetto al genero, Alfonso Corti, il quale lasciava alcune quote ad Alessandro Mezzabarba il 19 ottobre 1611 [Guasco 1911, III, pp. 166-167]. Il 6 luglio 1639 il duca del Monferrato elevava i Corti al rango di marchesi di Pecetto, titolo che la famiglia manteneva ancora nella prima metà del XIX secolo [Manno 1895, I, p. 302; Quaglia 1839].
Mutamenti di distrettuazione
Tra il XII ed il XIII secolo Pecetto diviene il punto di collisione tra il comune di Alessandria, il Monferrato e la nascente potenza Viscontea. Pochi anni dopo la caduta di Valenza del 1370, anche Pecetto fu definitivamente annesso al contado di Pavia e al ducato di Milano sino alla pace di Utrecht del 1713. Fece parte del mandamento di Valenza e della provincia di Alessandria. Tale assetto fu confermato dalla definitiva sistemazione delle province sabaude attuata nel 1749 e si mantenne perciò sino alla caduta dell’antico regime in Piemonte nel dicembre del 1798. Tra il 1713 ed il 1798 era tenuto a fornire un’aliquota di 1-3 uomini per il Reggimento di Fanteria Provinciale Casale. Tuttavia la comunità o le famiglie furono in grado di surrogare con denaro la richiesta di uomini, al punto che nel 1796 non risultavano militari celibi o in servizio attivo, mentre ve n’erano 3 nel 1816 e 12 nel 1836. Nella maglia amministrativa francese, Pecetto seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato senza alcuna alterazione territoriale, alla circoscrizione di Alessandria. Prima fece parte del Dipartimento del Tanaro sino al 1799. Dopo la riorganizzazione amministrativa del 1801 fece parte del dipartimento di Marengo, rimanendo in questa situazione sino al 1815, quando ritornò nel mandamento di Valenza nella provincia di Alessandria [Quaglia 1839].
Mutamenti Territoriali

Nel 1762, data della prima carta indicante i confini del comune, ad oggi non si registrano mutamenti di sorta [A.C.P., catasto].

Comunanze

Hanno rivestito un ruolo marginale dell’economia del territorio della comunità, data anche la loro estensione minima; nel 1796 erano conteggiate in poco più di 5.000 metri quadri, interamente coperti da boschi. [57 are e 1 metro quadro; Quaglia 1839, pp. 110].

Liti Territoriali
Non si hanno attestazioni di liti territoriali anche nei registri del XVIII secolo. Le liti principali, in tutto nove per il ‘700, riguardano concessioni di vendita di vino, manutenzioni o uso di strade, ma non liti di territorio, sia nei confronti di soggetti esterni che interni.
Fonti
A.C.P. (Archivio Storico del Comune di Pecetto di Valenza)
A.P.P. (Archivio Parrocchiale di Pecetto)
A.SS.T. (Archivio della SS. Trinità, Pecetto)
A.SS.R. (Archivio del SS. Rosario, Pecetto)
A.C.V. (Archivio Storico del Comune di Valenza)
A.C.V.P. (Archivio della Curia Vescovile di Pavia)
A.C.V.A. (Archivio della Curia Vescovile di Alessandria)
A.S.D.C. (Archivio Storico Diocesano di Como), Fabbrica del Duomo, tit. XXIV (Eredità), fasc. 14, “Pro Peceto”.
Bibliografia
Virginio Luigi Bernorio, La Chiesa di Pavia nel sec. XVI e l’azione pastorale del Card. Ippolito de’ Rossi, Pavia 1972.
Federica Cengarle, La comunità di Pecetto contro i Mandelli feudatari (1444): linguaggi politici a confronto, Firenze 2004.
Giuseppe Chenna, Città e Diocesi di Alessandria, Alessandria 1819.
Francesco Gasparolo, Memorie storiche Valenzane, 3 voll. Casale 1923.
Girolamo Ghilini, Annali di Alessandria, Alessandria 1666.
Faustino Gianani, La “Charta Consuetudinum Atiquarum Ticinensis Ecclesiae”, Pavia 1973.
Francesco Guasco, Dizionario Feudale degli antichi Stati Sardi e della Lombardia, Vol. III, Pinerolo 1911.
J.-L.-A. Huillard-Bréholles, Historia Diplomatica Friderici Secundi, sive contitutiones, privilegia, mandata, instrumenta quae supersunt istius imperatoris et filiorum eius, 2 voll., Paris 1852.
A. Manno, Il Patriziato Subalpino. Notizie di fatto, storiche, genealogiche, feudali ed araldiche, desunte da documenti, Vol. I, Firenze 1895.
Cesare Moretti, Storia di Pietramarazzi, Alessandria 1940.
Luciano Orsini, Pecetto. “100 anni di Storia e Vita” dalle notizie di “Voce Alessandrina”, Alessandria 1984.
Luciano Orsini 1988, Aspetti di vita religiosa nel territorio di Pecetto, Tortona 1988.
Alexandre Frèdéric Jacques Masson, marquis de Pezay, Histoire des Campagnes de M. Le M.al de Maillebois en Italie, pendant les années 1745 & 1746, 2voll., Paris 1775.
Luigi Quaglia, Cenno Storico-Statistico sulla Città e Mandamento di Valenza, Torino 1839.
P. Tiraboschi, Storia dell’Augusta Badia di San Silvestro di Nonantola, Modena 1725.
Cartografia Storica
G. Blaeu, Pedemontana regio cum Genuensium territorio Montisfernati Marchionatu, Amsterdam 1628.
G. Cantelli, La Signoria di Vercelli e la Parte Settentrionale del Monferrato divisa come posseduta da i Seren.mi di Savoia e di Mantova, Roma 1691.
J.B. Collignon, Alessandria, Roma 1657.
V. Coronelli, Il Monferrato, Venezia 1696.
G. Gastaldi, Tavola nuova di Piemonte, Venezia 1561.
G. Gastaldi, Regionis subalpinae ulgo Piemonte appellatae descriptio, aeneis nostri formis excussa, Amsterdam 1573.
G. Giolito, Carta del Piemonte, Venezia 1556.
J. Hondio, Principatus Pedemontii, Ducatus Augustae Praetoriae, Salutii Marchionatus, Astae, Vercelarum et Niceae Comitatus Nova Tabula, Amsterdam 1626.
G. De l’Isle, Carte du Piemont et du Monferrat, Paris 1707.
G.A. Magini, Piemonte et Monferrato, Bologna 1620.
G. Mercatore, Pedemontana regio cum Genuensium Territorio Montisfernati Marchionatu, Amsterdam 1594.
G. Mercatore, Pedemontana regio cum Genuensium territorio Montisfernati Marchionatu, 1638.
P. Mortier, Le Cours du Po dans le Piemnt et le Monferrat, Amsterdam 1735.
P. Santini, Carte qui connet le Principaute de Piemont, le Monferrat et la Conté de Nicé avec la Riviere de Ponent de Gènes, Venezia 1779.
G. Stechi, Disegno particolare del Piemonte et Monferrato e dei suoi confini, Venezia 1598.
P. Du Val d’Abbeville, Le Piemont et le Monferrat, Paris 1690.
A. Zatta, Parte del Piemonte che contiene il Distretto di Torino, il Contado d’Asti, le Provincie d’Alba, d’Alessandria, e di Tortona, l’Alto e Basso Monferrato, la Lumellina, e il Pavese oltre Po. Venezia 1792.
Descrizione Comune
Pecetto di Valenza
     Nel 1762 la comunità fece realizzare una carta dei confini comunali. Questi sono gli stessi che ancora oggi delimitano il territorio di Pecetto di Valenza. Si tratta dunque di una realtà territoriale che alla metà del XVIII secolo risultava sostanzialmente completata ed assimilata, sia dagli stessi abitanti sia dalle comunità vicine. La lettura del territorio comunale e, soprattutto, della sua rete viaria, suggerisce varie ipotesi sul suo processo di formazione. L’abitato preromano, collocato sul Bric Castellar, dominava due solchi collinari, la Valle delle Redini e Montariolo, che in direzione N/S interrompono la catena delle Colline del Po e, tramite un percorso di cresta, si ricollegava alla vicina Strada della Serra, una antichissima via di comunicazione che metteva in comunicazione i guadi del Po con quelli del Tanaro. Gli insediamenti romani della zona (una villa rustica, un edificio agricolo di minore dimensioni e un tempio) cambiano la viabilità, sfruttando i sopra citati solchi vallivi, favorendo una viabilità non più basata su percorsi collinari, ma di pianura o fluviali, superando le colline con strade che le “tagliano” in direzione N/S, con segmenti che risalgono appunto le Redini e Montariolo. Così in epoca alto medievale la comunità della zona scelse come area di raccolta non più il Bric Castellar, o più periferiche come San Siro, ma la collina del tempio romano, ossia nel luogo dove le due strade di valle erano più vicine tra di loro. Oltretutto il podio del tempio e un vicino rilievo di arenaria formavano un passo facilmente superabile ma anche facilmente difendibile. Dunque un luogo ideale dove attestarsi. Le fortificazioni del paese dovevano avere una discreta potenza nel XIII, specie nel castello, la cui torre aveva dimensioni simili a quella di Montecastello. Nella seconda metà del XIV secolo le difese, delle quali rimangono una porta urbica e un tratto di muro di cinta, furono aggiornate, risultando assimilabili a quelle di Pomaro Monferrato. Le vie di transito terrestri furono la ragione principale della formazione del centro abitato, vie importanti e sottoposte a tassazione, come ancora ricorda un toponimo posto ai confini del Comune nella Valle delle Redini, Passo del Dazio.
Pecetto, come comunità, fu stretta tra vicini troppo potenti per potersi espandere. Valenza ed Alessandria, la presenza della Diocesi di Pavia, furono presenze tutelari troppo gravi perché il paese potesse gestire o pensare ad una propria “politica” autonoma. Diverso è il discorso della dipendenza feudale, poiché se Pecetto fu parte integrante del ducato di Milano che si sta espandendo verso oriente, meno accomodante lo sarà nei confronti dei feudatari, i Mandelli in questo caso, decisi ad imporre un più stretto controllo sul paese. La comunità reagisce, piuttosto abilmente, contro i feudatari, responsabili di aver aumentato il censo annuo già concordato dalla comunità con la duchessa Beatrice e versato regolarmente alla camera ducale sino al 1420, la richiesta di 20 soldati da inviare a Caorso, altro feudo dei Mandelli, le imposte aggiuntive per pagare i lavori di fortificazione di Piovera, le carcerazioni nei confronti degli uomini rei di mancato pagamento, le conseguenti violenze e la distruzione (minacciata o meno) delle fortificazioni per affittare i terreni sgombri, a scapito della sicurezza del Borgo. Per la comunità di Pecetto la concessione feudale è una delega di governo che stabilisce in reciprocità contrattuale alcuni diritti (riscossione de censo concordato con la camera ducale) e molti doveri (protezione dal prelievo fiscale, l’amministrazione della giustizia, la nomina di podestà capaci, la manutenzione delle fortificazioni), ma esclude un esercizio del potere volto all’interesse personale. La rivolta è su vari livelli, prima di carattere legale con un esposto inoltrato alla Corte ducale, poi addirittura violenta, con gli uomini di Pecetto che assalirono all’uscita della chiesa Ottone Madelli e il suo cancelliere, Giuliano Fontana. Il feudatario si salverà dalla folla tumultuante rinchiudendosi nel castello “summo cum tremore, Deo auxiliante”, mentre i suoi famigliari sono percossi. Il fallimento dei Mandelli sancirà quella sorta di presa coscienza della comunità che, sebbene non arrivò a produrre statuti o regolamenti propri, fu sempre ben presente nelle coscienze pecettesi. In questo caso la signoria feudale, mancato il proprio ruolo di mediazione tra principe e comunità, si è rivelata una struttura sovrapposta alla volontà del duca.