Salza di Pinerolo

AutoriTron, Daniele
Anno Compilazione1996
Provincia
Torino.
Area storica
Pinerolese.
Abitanti
92 (ISTAT 1991).
Estensione
1544 ha (ISTAT 1991); 1596 ha (SITA 1991).
Confini
A nord Massello, a est Perrero, a sud Prali, a ovest Pragelato. Sono presenti isole amministrative nei confini di Salza appartenenti alle ex comunità di Chiabrano (ora Perrero), Rodoretto (ora Prali), e al comune di Prali.
Frazioni
2 centri: Didiero (municipio), Fontane, e 1 nucleo. Vedi mappa.
Toponimo storico
Il nome di Salza compare con certezza solo nel 1317, quando i principi d’Acaia acquistarono da Guglielmino di S. Martino gran parte della omonima valle, fra cui la villa di Salsa; ricompare nel 1356 con un «in alpe de Salsa» (Patrucco 1899, pp. 230-31, 253).
Diocesi
Pinerolo (prima del 1748, anno di creazione della nuova diocesi pinerolese: Torino). Va però sottolineato che per un lungo periodo l’effettiva influenza della diocesi di Torino fu marginale, in quanto alla fine del sec. XI, l’intera valle della Germanasca era stata sottomessa alla giurisdizione dell’abbazia di S. Maria del Verano, presso Pinerolo (Carutti 1893, p. 67).
Pieve
Prima del 1688, sull’intera val Germanasca – o meglio, val S.Martino, come anticamente e in parte tutt’ora viene denominata – si estendeva un’unica parrocchia cattolica con sede a Perrero. In quell’anno, su istanza dei Savoia, essa veniva smembrata, e ne nascevano altre sei, che si sarebbero poi mantenute fino ai nostri giorni: Prali (con vicaria a Ghigo), Rodoretto, Chiabrano-Maniglia, Massello (con la vicaria di Salza), S. Martino (con Bovile e Traverse), Trossieri (ossia Faetto, con vicaria a Riclaretto), oltre naturalmente alla parrocchia di S. Maria di Perrero, al cui prevosto veniva ancora riconosciuta una certa preminenza sull’intera valle, e al quale si dovevano continuare a pagare le decime (Caffaro 1903, pp. 33-42). Attualmente la parrocchia, pur comprendendo sempre nel suo seno i comuni di Massello e Salza, rispetto ai due secoli precedenti ha invertito la sede principale, ora stabilita a Salza, sotto il titolo della Natività di Maria Vergine (8 settembre), mentre la chiesa di Massello è diventata quella vicaria.
Altre Presenze Ecclesiastiche
In val Germanasca, sul medesimo territorio che – a partire dagli ultimi anni del sec. XVII – abbiamo visto comprendere 7 parrocchie cattoliche, erano distribuiti nello stesso periodo anche 5 templi valdesi (sorti dagli anni Sessanta del Cinquecento), e a essi faceva riferimento la maggioranza della popolazione della valle. Ma solo tre organizzazioni ecclesiastico-comunitarie (la definizione di “parrocchie” sarebbe impropria in quanto estranea alla terminologia protestante, che parla sempre di “églises”), con un ministro di culto o pastore a capo di ciascuna, si suddividevano la cura delle anime valdesi, e utilizzavano questi 5 edifici: la Chiesa di Villasecca (la principale della valle, comprendente i tenitori delle comunità di Faetto, Riclaretto, S. Martino, Bovile e Traverse), quella di Maniglia e Massello (con un tempio in ciascuna di queste due comunità, cui facevano anche riferimento rispettivamente Chiabrano e Salza), e la Chiesa di Prali (con tempio anche a Rodoretto) (Jalla 1931, pp. 44-64).
Luoghi Scomparsi
Non esiste attestazione di luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
L’origine di tutte le comunità della valle di S. Martino deve essere cercata nel secolo XIV (se non prima ancora), ma non è noto con precisione quali privilegi e franchigie i Principi di Acaia le abbiano concesso. Quantunque effettivamente le borgate della valle fossero già molte nel 1300, è assai probabile che le comunità non fossero che undici, a ciascuna delle quali corrispondeva una delle dodici parti del castello di Perrero (che non poteva rappresentare una comunità), mentre quelle, crescendo e facendo vita a sé, non mancavano mai di prestare omaggio ai Principi d’Acaia, come ad esempio l’omaggio del 9 ottobre 1363 (Patrucco 1899, p. 232; o quello attestato dal documento pergamenaceo conservato in AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 13, f. 1, n. 3: Procura della comunità di S. Martino per prestare il giuramento di fedeltà a Ludovico di Savoia principe d’Achaia, e domandargli la confermazione dei suoi privilegi e franchigie [11 marzo 1408]). Probabilmente le comunità erano già allora federate in un unico organismo di valle (come lo saranno nel XVII-XVIII secolo): lo starebbero a indicare sia il fatto che nei documenti si parla sempre, per la val S. Martino, di «comunità» al singolare, sia le modalità adottate per la scelta dei rappresentanti agli Stati generali di Rivoli nel 1476, ai quali partecipano per la valle due delegati, nominati da 14 consiglieri e credendari di valle (Patrucco 1899, p. 242). Ma si deve giungere agli affrancamenti del sec. XVI per vedere le comunità della zona liberarsi, almeno parzialmente, dal peso dei numerosi diritti signorili: con questi «affranchimenti» le «communitates hominum» – in genere al termine di lunghe o lunghissime trattative – convocatesi in presenza di un notaio, sancivano con i loro signori la liberazione da determinate servitù, pedaggi, gravami, diritti, ecc. mediante un compenso in denaro: esso veniva liquidato generalmente con una somma una tantum, e con l’erogazione annuale perpetua di un censo in denaro, e talvolta in natura (ad esempio grano, quando si trattasse di mulini). Gli affrancamenti non erano generali, non riguardavano tutte le servitù e gli obblighi, ma solamente quelli in oggetto della specifica transazione: e poiché spesso i diritti signorili da cui ci si voleva emancipare interessavano più signori o più soggetti, ognuno con una sua quota percentuale, era necessario iterare più volte l’atto con i relativi pagamenti. Le comunità della nostra valle riuscirono ad affrancarsi dai gravami verso l’Abbazia di S. Maria di Pinerolo solo all’inizio del secolo XVII: risale al 20 giugno 1605, infatti, la transazione fra la valle nel suo complesso e l’abbazia (Caffaro 1893, p. 258).
Statuti
Il documento pergamenaceo conservato nell’Archivio di Stato di Torino (AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 13, f. 1, n. 3: Procura della comunità di S. Martino per prestare il giuramento di fedeltà a Ludovico di Savoia principe d’Achaia, e domandargli la confermazione dei suoi privilegi e franchigie [11 marzo 1408]) ci informa che, a quell’epoca, dovevano già esistere statuti. Altra traccia che attesta la presenza di statuti ci è data dal fatto che i comuni e gli uomini della Valle di S. Martino nel 1611 chiedevano, e il 3 gennaio 1612 ottenevano dal duca Carlo Emanuele I di Savoia, la conferma «di tutti loro privilegi, franchisie, libertà, immunità, consuetudini, usanze, capitoli, conventioni e statuti». Questa conferma, stampata nel 1679 in Torino «per Giò Sinibaldo Stampatore di S.A.R. e dell’Illustrissima et Eccellentissima Camera» venne ristampata nel 1711, sempre in Torino, «per Giò Battista Valetta, Stampatore di S.A.R.».
Catasti
AST, Camera dei Conti, Finanze, Catasto antico, Libri delle misure e degli estimi delle Provincia del Piemonte eseguite fra il 1702 [ma per le Valli 1701] e 1730, Comunità della valle di S. Martino, Allegato I, m. 7: Circondario di Pinerolo, Mandamento di Perrero. Nell’archivio comunale di Salza (non riordinato) esistono due vol. tardo-settecenteschi di catasti, un Cattastro o sia libro delle valbe del medesimo periodo e una Topografia del territorio della Molto Magnifica comunità di Salza divisa nelle sue regioni del 1778. Risale poi al 1882 una Mappa dei beni comunali coltivati soggetti ad un annuo affitto a favore del comune. Nell’archivio comunale di Perrero esiste un brogliasso del 1723 relativo alla comunità di Salza. Nell’Archivio di Stato di Torino c’è solo il catasto Rabbini del 1863 (AST, Camera dei Conti, Finanze, Catasti).
Ordinati
Non è possibile, allo stato attuale, stabilire gli estremi cronologici della serie documentaria presente nell’archivio comunale di Salza, non ancora riordinato.
Dipendenze nel Medioevo
Comitato di Torino fino al sec. XI, abbazia benedettina di Santa Maria di Pinerolo (dal 1064), conti di Savoia (dal 1275), Principato di Acaia (1295-1418) e poi Ducato di Savoia (Patrucco 1899, pp. 212-245).
Feudo
Abbazia benedettina di Santa Maria di Pinerolo a partire dal 1064, anno in cui fu fondata e dotata di tutta la val San Martino (II gruppo dei diplomi adelaidini, pp. 323-332). Durante i secoli XII-XIV i signori di San Martino, i quali fino al 1275 tennero sempre la valle in feudo ereditario «cum mero mixto imperio» dall’abbazia stessa (Patrucco 1899, p. 219). Dal 1299 i signori di S. Martino furono però costretti ad accettare la presenza di castellani nominati dai Principi d’Acaia (Patrucco 1899, p. 229). Nel 1317, Guglielmo dei signori di S. Martino vende buona parte della valle a Filippo d’Acaia. In questo modo i signori di S. Martino diventavano consignori dei principi d’Acaia. Le regioni acquistate erano: Perrero (una parte), Prali, Salza, Balsiglia, Massello, Maniglia, Prato Rando (ossia Chiabrano), Traverse, Rivoira, Fontane e Villasecca a solatio; Arborea, Comba Garino, Rivo Clareto, Reinaldi e Faetto all’inverso. Rimanevano ai S. Martino solo una parte del castello di Perrero, S. Martino e Bovile. Troveremo buona parte di queste regioni costituite più tardi in comunità. I principi d’Acaia cominciarono ben presto a concedere l’investitura di feudi ad altre famiglie: troviamo degli Artaudo, dei Cazarati, dei Grandi, dei Lazaro, dei Refforno e dei Provana (che erano stati in precedenza facoltosi castellani per conto degli Acaia), ma anche dei S. Martino, che si ricomprarono una parte dei feudi ceduti in precedenza, come ad esempio Prali nel 1367 (Patrucco 1899, p. 232). Ma proprio all’inizio del secolo XV incomincia nella valle di S. Martino una nuova signoria importante, quella dei Truchietti. Ad un Michele Truchietto era ricorso il principe d’Acaia per un forte prestito, per estinguere il quale vennero venduti il 5 ottobre 1400 ai figli Antonio e Aimone Truchietti, eredi del primo, parecchi feudi della valle, ancora accresciuti nel 1402 dall’acquisto fatto dai medesimi fratelli di altri in possesso dei Buschetti di Chieri. A quella data i Truchietti sono detentori dei feudi di: Albarea, Comba Garino, Rivo Clareto, Reinaldi, Faetto (con castello diroccato), Perrero (con altro castello diroccato), Maniglia, Salza, Balsiglia, Massello, Fontane, Traverse e Villasecca (Patrucco 1899, pp. 234-35). Con la «costituzione di Castellano della Valle di S. Martino fatta dalla principessa Bona vedova di Ludovico di Savoia a favore di Antonio Trucchetti di Pinerolo, consignore di detta Valle» del 18 maggio 1419 (AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 13, f. 1, n. 5) la famiglia accresce ancora il suo potere, non scalzato dal contrasto che l’opponeva all’ultima principessa di Acaia: in data 22 aprile 1428 troviamo infatti una «Sentenza del conte Amedeo di Savoia nella causa tra Bona di Savoia e 5 fratelli Truchetti, per la quale questi ultimi vennero reintegrati nel castello della Valle di S.Martino, parte del Perrero ed altre borgate della Valle» (AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 13, . 1, n. 6 [pergamena quasi illeggibile]). Sempre nell’Archivio di Stato di Torino (AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 13, f. 1, n. 10) troviamo una ricognizione del 19 febbraio 1484 fatta dagli altri consignori della valle, i San Martino, in cui riconoscono di tenere in feudo la loro parte del castello della valle, villaggi e borgate di «Combaprali, Lausabruna, Gardiola, Crosetto, Bezetto, Audrito, Maniglia, S. Martino, Bovile e Comba Crosa». Alla fine del secolo XV la valle era divisa dunque tra le signorie dei Truchietti, dei S.Martino e degli Artaudi (Patrucco 1899, p. 245). Da allora la caratteristica della valle di essere assegnata in feudo a un consortile di signori sarà una costante, pur mutando le famiglie titolari: per il Cinquecento lo conferma questo documento del 1517: «Atti del Procuratore fiscale contro Tomaso Truchetto e suoi consorti per la riunione della porzione di giurisdizione e beni feudali da essi posseduti in detta Valle S. Martino a causa della lesione seguita nell’alienazione fattagliene dal Regio Patrimonio» (AST, Corte, Provincia di Pinerolo, m. 13, f. 1, n. 13). Per il XVII secolo sappiamo che Salza – insieme a Massello, Maniglia e Traverse – era infeudato alla famiglia Vibò, residente a Torino (Manno 1895, p. 258), come anche nel secolo successivo (AST, Camera dei Conti, II Archiviazione, capo 79, m. 12, Statistica Generale [1753], fasc. 12: Prov. di Pinerolo) e fino almeno all’ultima investitura attestata, quella del conte Gaspare Vibò «di Prali» del 7 dicembre 1776 (Manno 1895, p. 258).
Mutamenti di distrettuazione
Il comune, passato ai Savoia dopo la dominazione francese del 1536-1559, venne assegnato, insieme a tutta la val San Martino, all’antica Pro­vincia di Pinerolo e vi rimase fino alla fine del XVIII secolo, tranne che per il breve periodo 1704-1708, durante il quale, sotto il regime d’occupazione delle truppe francesi di La Feuillade, venne istituita la «Serenissima Repubblica di Val San Martino, Pomaretto, Inverso Pinasca, e Chianavere» con capitale a Perrero, nota anche derisoriamente come «Repubblica del sale», perché la prerogativa prin­cipale di essa era quella di concedere il sale – monopolio di stato – a due soldi la libbra, un prezzo assai conveniente (Armand Hugon 1945, pp. 10-24). Durante l’amministrazione francese del periodo napoleonico, il comune e tutta la valle vennero aggregati al Cantone di val Balsiglia e, con la Restaurazione, fece parte del Mandamento di Perrero (compreso nel Circondario di Pinerolo), rimanendovi fino al 1923, anno di abolizione di questa circoscrizione amministrativa.
Mutamenti Territoriali
Il riordino sabaudo del secolo XVI non causò per Salza alcun mutamento territoriale, in quanto il trattato di Cavour tra i Savoia ed i valdesi del 1561 prese implicitamente atto dei confini originari.
Comunanze
Superficie in ha: tot. 657,1997; categoria «A»: 657,1997; categoria «B»: 0 (CLUC, Prov. di Torino, cartella 232: Salza di Pinerolo).
Liti Territoriali
Nell’archivio comunale di Perrero sono conservati alcuni atti consolari del 1787 della comunità di Rodoretto e Chiabrano contro Salza per la misura di linea territoriale riguardante l’Alpe del Grasso (AC Perrero, mazzo in corso di inventariazione). Non è attualmente possibile stabilire la presenza di altre liti nell’archivio comunale di Salza.
Fonti
A.C.S. (Archivio Storico del Comune di Salza di Pinerolo).
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Camera dei Conti, Finanze, Catasti.
A.S.T., Camera dei Conti, Finanze, Catasto antico, Libri delle misure e degli estimi delle Provincia del Piemonte eseguite fra il 1702 [ma per le Valli 1701] e 1730, Comunità della valle di S. Martino, Allegato I, m. 7: Circondario di Pinerolo, Mandamento di Perrero.
A.S.T., Camera dei Conti, II Archiviazione, capo 79, m. 12, Statistica Generale [1753], fasc. 12: Prov. di Pinerolo.
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Borgonio B 1 Nero, Mazzo 1, "CARTA COROGRAFICA / DEGLI / Stati di S.M. il Re di SARDEGNA / data in luce / dall'Ingegnere / BORGONIO / nel 1683 / corretta ed accresciuta / nell'anno 1772". Borgonio (Ingegnere) [Stagnon 1772] Carta corografica degli Stati di terraferma di S.M. il Re di Sardegna. Copie 2 una in fol. 17, compresa la tabella di riunione; colla divisione per governi e la seconda composta di fol. 16 colla divisione della Provincia ed un'altra copia in 4 fol. (Manca la copia composta di fogli 16). (Note: Sul verso: "Carta III. / continente il Marchesato di Susa, il Contado di / Nizza, e le Provincie di Pinerolo, e Cuneo, con la maggior / parte di quella di Torino, piccola parte delle rispettive / Provincie di Moriena, Ivrea, Alba, Mondovì, e / Principato d'Oneglia, con le Frontiere di Francia / e parte della Provenza, il Principato di Monaco, e / piccola parte del Genovesato". L'originale seicentesco dal titolo "Carta generale de' Stati di Sua Altezza Reale" fu disegnato da Tommaso Borgonio ed inciso da Giovanni Maria Belgrano. Per l'edizione settecentesca qui conservata vennero aggiunti alcuni fogli raffiguranti i paesi di nuovo acquisto incisi da Stagnone su disegni di Castellino, Galletti e Boasso e vennero anche apportate alcune modifiche ai fogli disegnati dal Borgonio. Cfr. anche Carte Topografiche per A e B, PIEMONTE, n. 23 e Carte Topografiche Segrete, BORGONIO B 5 nero), Foglio 3, 1772, . Vedi mappa.
A.S.T., Corte, Provincia di Pinerolo, m. 13, f. 1, n. 3: Procura della comunità di S.Martino per prestare il giuramento di fedeltà a Ludovico di Savoia principe d’Achaia, e domandargli la confermazione dei suoi privilegi e franchigie [11 marzo 1408]; nn. 5-6, 10, 13.
C.U.C. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
C.U.C., Prov. di Torino, cartella 232: Salza di Pinerolo.
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Descrizione Comune

Salza di Pinerolo

     Una delle prime cose che possono colpire un visitatore che si inoltri nel comune di Salza – il più piccolo comune del Pinerolese come estensione, anche se non come numero di abitanti – è la problematicità nell’identificare il paese stesso: a un certo punto un cartello stradale avverte che si è arrivati alla sede comunale, dopo che molti altri avevano in precedenza segnalato borgate e nuclei disseminati lungo tutto un territorio alpino che viene dichiarato essere quello del comune: ma, se si cerca la sede della chiesa cattolica, si scopre che è in un’altra borgata. Siamo di fronte, dunque, a un’evoluzione degli insediamenti del territorio comunale in cui non emerge con chiarezza un centro principale e diversi nuclei tendono a restare in sostanziale equilibrio tra loro; l’importanza politico-amministrativa delle diverse borgate che costituiscono il territorio comunale può essere variata nel tempo, ma senza che questo abbia comportato una forte egemonia di una sulle altre. La dispersione di gran parte della popolazione fra diversi centri e vari nuclei sta in genere a indicare un processo storico di segmentazione politica, amministrativa e religiosa tra diverse istituzioni non disposte gerarchicamente, e che non insistono sul territorio di un unico comune. E così in effetti è stato per il territorio del nostro comune, e di tutta la val Germanasca, che, dopo il declino dei signori di San Martino, a partire dal secolo XIV si è trovata infeudata a una serie di consortili aristocratici che esercitavano una molteplicità di prerogative feudali frammentate. A partire dalla seconda metà del secolo XVI un fattore strutturale ben più profondo si sarebbe aggiunto: l’avvento della Riforma protestante, in un territorio già fortemente pervaso, nei due secoli precedenti, da fermenti eterodossi ed ereticali quali il movimento valdese (Merlo 1977). Questo fenomeno si manifesta in contemporanea alla crisi di rappresentanza dell’abbazia di Santa Maria di Pinerolo, che continuava a esercitare prerogative giurisdizionali e signorili sulla valle: per compensare la diminuzione delle rendite dovuta alla svalutazione monetaria ricorreva al cumulo degli incarichi: ad un unico titolare venivano assegnati più benefici ecclesiastici. Il titolare, che non risiedeva sul posto e si limitava a riscuotere e amministrare la rendita delle decime, nei casi migliori si faceva sostituire da vicari, in genere salariati con prebende miserevoli, e aventi una formazione e preparazione culturale piuttosto rudimentali. Essi venivano a costituire una sorta di “proletariato ecclesiastico”, incapace di far fronte ai nuovi ministri di culto calvinisti preparati e motivati. Fu questa non l’ultima delle cause che favorirono l’impetuoso affermarsi della Riforma verso la metà del Cinquecento, unitamente alla prospettiva per gli abitanti di liberarsi dalle decime e dagli altri balzelli ecclesiastici. Non c’è bisogno di sottolineare la portata delle conseguenze che questo fatto ha comportato sul piano della competizione e del conflitto tra istituzioni differenti (tra le due diverse strutture ecclesiastiche, tra queste e quelle civili a carattere locale e sovralocale, con forze esterne che potevano inserirsi negli equilibri interni, ecc.), a cui ha corrisposto una frammentazione territoriale. Basterà qui accennare al fatto che l’avvento della Riforma non solo segna una frattura tra Valli valdesi e pianura cattolica, ma interviene anche nei processi di definizione dei singoli territori comunali. Punto di partenza è senza dubbio l’accordo di Cavour del 1561, concluso con i Savoia dopo un fallito tentativo di repressione militare: esso, oltre a porre fine alla prima guerra di religione sancendo una tolleranza di diritto e non solo di fatto per i Valdesi, definì anche i limiti territoriali nei quali era consentito ai sudditi «religionari» possedere beni ed esercitare il loro culto. Il trattato mirava a confinare la popolazione valdese nelle parti alte delle valli Pellice, Chisone e Germanasca, a volte incapsulando l’intero territorio comunale (come nel caso di Massello), oppure tracciando limiti e confini all’interno di una stessa comunità.Questo sembra essere uno dei primi interventi esterni che si occupa della suddivisione degli spazi all’interno delle comunità. Va infatti rilevato come per la val Germanasa le più antiche definizioni di confini a noi note siano tutte di iniziativa signorile, quali la consegna di Giacomo d’Artaudo dei feudi di val San Martino a Giacomo d’Acaja del 1356 (Patrucco 1899, doc. IV, pp. 252-255), o la ricognizione fatta dagli altri consignori della valle, i San Martino, il 19 febbraio 1484 (cfr. il lemma ‘Feudo’); esse nascono, da un lato, dalla necessità per i vassalli di rivendicare, tutelare e garantire i loro possedimenti dall’azione accentratrice dei principi d’Acaia; dall’altro dall’esigenza da parte degli Acaia di controllo e riaffermazione della propria autorità nei confronti dei loro vassalli. La definizione dei confini comunali appare al contrario soggetta per un lungo periodo a una certa indeterminatezza, fino almeno alla seconda metà del secolo XVIII, essendo le comunità di valle costituite da più borgate, talvolta disposte a notevole distanza tra loro, accorpate a fini amministrativi e specialmente fiscali, ma che potevano contemporaneamente far riferimento a diverse circoscrizioni territoriali, quali le parrocchie cattoliche o i concistori protestanti, come nel caso del villaggio di Fontane, il quale era unito ecclesiasticamente alla chiesa valdese di Rodoretto e civilmente alla comunità di Salza. Non c’è quindi da meravigliarsi se nel corso del tempo si assiste a una certa instabilità territoriale, derivante sia da interventi riorganizzativi dei poteri sovralocali, sia da istanze che possono nascere dal basso. A questa certa indeterminatezza e mobilità dei confini comunali si oppone invece una assoluta e intransigente definizione e difesa dei confini delle proprietà private spettanti alle varie famiglie: non è infrequente nei procedimenti giudiziari del sec. XVIII (Tron 1987) riscontrare casi di risse e scontri fisici nati da comportamenti giudicati lesivi delle proprietà familiari, quali lo sconfinamento nella raccolta del fieno o delle castagne, o dal pascolo degli animali. E non è un caso che sia l’organizzazione dello sfruttamento dei pascoli in quota, degli alpeggi, a sollecitare il processo di definizione dei territori comunali in termini spaziali di tracciamento dei confini: praticamente gli unici casi di liti territoriali che abbiano riscontro negli archivi. In questo quadro si situa il vistoso andamento di depauperamento demografico di Salza, iniziato al principio di questo secolo dopo un lungo trend ascendente durato per più di 150 anni: nel 1698 la popolazione era di 78 anime, nel 1734 di 116, mentre nel 1777 assommava a 236 anime, divise tra 128 cattolici e 108 valdesi (Tron 1987). Nel 1849 si era saliti ancora a 425, cifra confermata dal dato del 1853, che distingue le 432 unità totali in 210 cattolici e 222 valdesi (Caffaro 1893, p. 649); nel 1881 non si constata ancora l’inversione di tendenza che porterà alle 92 persone rilevate nell’ultimo censimento, perché si annoveravano ancora 421 anime complessivamente (Caffaro 1893, p. 660).