Murazzano

AutoriMorandini, Cesare
Anno Compilazione1996
Provincia
Cuneo
Area storica
Alta Langa.
Abitanti
882 (ISTAT 1991); 892 (SITA 1996).
Estensione
27,74 kmq (ISTAT SITA 1996).
Confini
A  nord Belvedere Langhe, Bonvicino e Bossolasco; a est San Benedetto Belbo e Mombarcaro; a sud Paroldo, Torresina, Igliano e Marsaglia; a ovest Clavesana.
Frazioni
Centri abitati: Murazzano; nuclei: Case Villè Soprano (ISTAT 1991). Bruni, Cornati, Mellea, Rea (SITA 1996).Vedi mappa.
Toponimo storico
In diploma del 1001, «Mulatiano» (Adami 1976, p. 25), in altro del 1077 (Conterno 1986, p. 131, n. 162) si trova «Bucignano» «Buzignano» usato ancora insieme a «Mulazano» con lo stesso valore in atti giuridici del 1565; nel 1607 il nome del luogo è «Mulazano», e l’abitato è diviso in tre contrade chiamate «Aleza», «Bucignano» e «Berno» (AC Murazzano).
Diocesi
Nella diocesi di Alba, non viene inserito in quella di Saluzzo al momento della sua forma­zione (1511), e passa a Mondovì a inizio Ottocento (Casalis 1843, p. 596).
Pieve
La chiesa di Murazzano compare nel Registrum del vescovo Isnardi della diocesi di Alba del 1325, come facente parte della circoscrizione plebana di Dogliani. Si tratta probabilmente della chiesa di Santa Maria di Bucignano «extra muros» (Adami 1976, p. 175; Conterno 1986, p. 131, n. 161).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Nessuna
Assetto Insediativo
Luoghi Scomparsi
Non rilevati.
Comunità, origine, funzionamento
Prima attestazione di Murazzano come luogo di insediamento nel 1001 (Adami 1976, p. 46); primo atto di comunità di cui si abbia notizia è un giuramento di fedeltà prestato dalla comunità di Murazzano a Bartolomea dei marchesi di Ceva del 1409 (Adami 1976, p. 28)
Statuti
Un Transunto statuti, copia cinquecentesca di atti del 1487, è conservato all’Archivio di Stato di Torino [A.S.T., Corte, Provincia di Mondovì, Mazzo 16, n. 2].
Catasti
Il 13 settembre 1594 il consiglio comunitativo ordina la consegna di tutti i beni feudali, comuni ed enfiteutici; una simile consegna risulta essere già stata fatta in precedenza (AC Mu­razzano, Ordinati 1594). La presenza di catasti è segnalata in un documento del 1683 (AST, Corte, Paesi per A e B, M, m. 34, n. 2: Relazione sul feudo di Mu­razzano) Il primo catasto reperito è quello francese (AST, Camera dei Conti, Sala Mappe, fasc. 119: Murazzano, catasto francese). Catasto ottocentesco in archivio comunale (1856).
Ordinati
Conservati in archivio comunale in serie incomplete 1591-1639, 1648-1649, 1689-1801, complete dal 1848 in poi.
Dipendenze nel Medioevo
Nel comitato di Alba in età post-carolingia fino al 1091 (Atlante Storico 1973, tav. 5). Murazzano sarebbe sotto la signoria dei marchesi di Saluzzo-Dogliani a partire da circa il 1220 (Conterno 1986, pp. 183, 197), incorporato nel marchesato di Saluzzo. Nel 1463 però il duca Ludovico di Savoia acquista Murazzano, che era sede di un governatore, concedendolo poi nuo­vamente in feudo a Giovannone e Galeazzo signori di Farigliano dei marchesi di Saluzzo, ramo la­terale della casata; i marchesi di Saluzzo lo rivendicheranno ai Savoia a più riprese senza ottene­rlo. Elevato nel 1572 a marchesato (Adami 1976, p. 82).
Feudo
Il feudo di Murazzano è oggetto di controversie nel corso dei secoli tra le diverse linee della nobiltà legate al marchesato di Saluzzo, e la stessa sua incorporazione diretta nel marchesato se­gue vi­cende difficili da stabilire con precisione. Murazzano sarebbe sotto la signoria dei marchesi di Sa­luzzo-Dogliani a partire da circa il 1220 secondo Conterno (Conterno 1986, pp. 183, 197), con in­feudazione del 1210 secondo Adami (Adami 1976, p. 66). Nel 1254 appartiene alla casata dei Sa­luzzo (AST, Corte, Provincia di Mondovì, mazzo 15, n. 1: Strumento di ipoteca del feudo di Murazzano). Nel 1346 un arbitrato di Giovanni e Luchino Visconti tra i vari rami dei Saluzzo assegna Mu­razzano, Farigliano e Camerana a Tommaso, togliendoli a Manfredo e Teodoro, sempre dei mar­chesi di Saluzzo; nel 1397 Farigliano, Murazzano e Belvedere ed altre località delle Langhe presta­vano omaggio al marchese di Monferrato (Morozzo della Rocca 1894, III, p. 132). Fino a questo momento Murazzano parrebbe dunque aver fatto parte direttamente del marchesato di Saluzzo (come anche suggerito dalla cartina storica: Atlante Storico 1973, tav. 17). A partire dalla morte di Manfredo IV di Saluzzo nascono però controversie tra i discendenti di questo, fino a che nel 1463 il duca Ludovico di Savoia acquista Murazzano, che era sede di un governatore, concedendolo poi in feudo a Gio­vannone e Galeazzo signori di Farigliano dei marchesi di Saluzzo (AST, Corte, Provincia di Mondovì, m. 15, quattro successivi documenti di aderenza di costoro ai Savoia: due del 1463, 1465, 1473). Giovannone e Galeazzo devono però nuovamente ricorrere ai Savoia nel 1479 per l’usurpa­zione del feudo ad opera di Lodovico II marchese di Saluzzo (due documenti della lite delle due parti avverse: AST, Corte, Provincia di Mondovì, mazzo 15, nn. 12-13), e nel 1487 il du­ca Carlo di Savoia, dopo l’intervento militare concede Murazzano in feudo a Onorato di Boglio, senza che però l’investitura avesse effetto. Il feudo resta così alla linea di Giovannone e Galeazzo dei marchesi di Saluzzo, ai cui rappresentanti la comunità di Murazzano compie giuramenti di fedel­tà nel 1492, 1505, 1528, 1530 (AST, Corte, Provincia di Mondovì, mazzo 16); tale signoria è anco­ra attestata nel 1494 (Conterno 1986, 294, n. 4) nelle persone di Galeazzo e Giovanni Per­ci­valle, signori di Murazzano e Farigliano, e nel 1547 (AST, Corte, Provincia di Mondovì, mazzo 16, n. 3: Sentenza proferta dal Duca Carlo di Sa­voia sovra le differenze tra Manfredo di Saluzzo Sig.re di Mulazzano, e la comunità ed uomini di detto luogo [1547]). Secondo una relazione del 1735 (AST, Corte, Paesi per A e B, M, m. 34, n. 3: Relazione sul feudo di Mulazzano [1735]), l’infeudazione di Murazzano a questo ramo dei Saluzzo è concessa dal 1483 al 1559. Va ricordato che nel 1511 si forma la diocesi di Saluzzo, e che Murazzano non vi viene compresa, trovandosi so­lo infeudata a rami laterali e autonomi della casata dei Saluzzo, da tempo dipendenti dai duchi di Savoia, e non direttamente incorporata nel marchesato, come invece pare inclinare il Conterno (Conterno 1986, p. 197). Dopo la riduzione dei titoli feudali a semplicemente onorifici e venali, Antonio e Filippo dei signori di Cardè dei marchesi di Saluzzo vendono il feudo a Negrone de’ Negri, generale delle Finanze di Emmanuele Filiberto di Savoia nel 1569 (Manno 1908, X, p. 368), contro la cui infeudazione, a più riprese, i Saluzzo intentano lite. Nel 1625 il feudo è messo in vendita per incanto, perché Negro Genovese (lo stesso del 1569, o meglio un suo discendente) era venuto meno al dovere vassallatico della «cavalcata», ossia della prestazione militare a vantaggio dei Savoia (AST, Corte, Paesi per A e B, M, m. 34, n. 1: Notificanza della vendita all’asta dei feudi di Murazzano e Gonzoli [15 giugno 1627]). Nel 1625 Carlo Umberto di Savoia, figlio naturale del Duca, è signore di Murazzano (Casalis 1843, p. 602), forse in quanto vincitore dell’incanto. Nel 1666 viene investito del feudo un Di Negro Rivarola, ma nel 1683 Murazzano appare come un bene «allodiale» da commu­tare in «feudale» attraverso la cancellazione dei beni dal catasto, allo scopo di essere infeu­dato a Gierolamo Benso (AST, Corte, Paesi per A e B, M, m. 34, n. 3: Relazione sul feudo di Murazzano). Nel 1756 appartiene ai Rivarola di Genova, nel 1778 ai Berzetti Pettenati di Vercelli dei signori di Buronzo, infine ai D’Arcour di Torino (Manno 1908, X, p. 368). Le tre famiglie si trovano affiancate contro il Procuratore Generale del Regno in una lite per la devoluzione del feudo di Murazzano nel 1743 (Sommario nella causa delli sign. Marchese Paolo Battista Rivarola, Conte ascanio Felice Bar­zetti Pettenati e conte Giuseppe Antonio Ignazio D’Arcour contro il sig. Procuratore Generale, Torino 1743, citato da Manno 1908, X, p. 368).
Mutamenti di distrettuazione
Dal marchesato di Saluzzo ai domini sabaudi nel 1601 (Pio 1920, pp. 11-12), nella provincia sabauda di Mondovì nel Settecento, da que­sta alla provincia di Cuneo nel 1859.
Mutamenti Territoriali
Accresciuto della frazione Lovera con R.D. 27 gennaio 1884 con decorrenza 1 aprile 1884; il provvedimento viene però revocato nello stesso anno.
Comunanze
Nel Settecento i beni di uso civico sono esigui; a inizio Ottocento tracce di comunanze antiche, poi usurpate o vendute, al confine con Mombarcaro, e alla confluenza dei torrenti Arzola e Manzone, in regione Comune.
Liti Territoriali
Nel 1449 una lite con la comunità di Bonvicino in merito ai confini nell’area del Belbo è risolta tramite un arbitrato con l’intervento dei rappresentanti delle due comunità e dei rispettivi signori, i marchesi del Carretto e quelli di Saluzzo [Statuti 1704, pp. 72-73;  Pio 1920, pp. 74-75;  vd. anche scheda Bossolasco].
Fonti
A.C.M.  (Archivio Storico del Comune di Mu­razzano).
A.C.M., Carte sparse, Memoria di don Giacinto Giuliano (1885).
A.C.M., Carte sparse, Supplica a S.S.R. Maestà. “I sottoscritti elettori” (s.d.);
A.C.M.,  Copia di verbale del Consiglio comunale di Murazzano del 8/10/1885;
A.C.M.,  Ordinati 1594.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T. Sezioni Riunite, Camera dei conti, Articoli 616 e 619 (sentenze camerali, declaratorie).
A.S.T. Sezioni Riunite, Camera dei Conti, Sala Mappe, fasc. 119: Murazzano, catasto francese;
A.S.T. Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 21,Perequazione del Piemonte, Mazzi 24, 55, 78 e 90.
A.S.T., Corte, Materie economiche, Perequazione del Piemonte, Mazzo 2, n. 15: Titoli de’ beni feudali della Provincia di Mondovì.
A.S.T., Corte, Paesi per A e B, M, Mazzo 34, n. 1: Notificanza della vendita all’asta dei feudi di Murazzano e Gonzoli (15 giugno 1627); n. 2: Relazione sul feudo di Mu­razzano; n. 3: Relazione sul feudo di Murazzano; n. 3: Relazione sul feudo di Mulazzano (1735).
A.S.T., Corte, Provincia di Mondovì, Mazzo 15, n. 1: Strumento di ipoteca del feudo di Murazzano; nn. 12-13; Mazzo 16.
Bibliografia
Adami A., Murazzano e la sua Langa, Farigliano 1976.
Adami L., Ricerche intorno all’origine del santuario di Murazzano, dedicato alla madonna di Hal, e come appendice, notizie sul paese di Murazzano, Sanremo 1904.
Atlante storico della provincia di Cuneo, Novara 1973.
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sar­degna, XI, Torino 1843.
Conterno G., Dogliani. Una terra e la sua storia, Dogliani 1986.
Fontana L., Bibliografia degli Statuti dei comuni dell’Italia Superiore, Torino 1907.
Manno A., Promis V., Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, Torino, 1908.
Morozzo della Rocca E., Le storie dell’antica città del monteregale ora Mondovì in Piemonte, Mondovì, 1894.
Muletti D., Memorie storico-diplomatiche appartenenti alla città ed ai marchesi di Saluzzo, Saluzzo, 1829.
Pio G.B., Cronistoria dei Comuni dell’antico mandamento di Bossolasco con cenni sulle Langhe, Alba, 1920.
Statuti, tariffe, privilegii e conventioni divise in tre parti del marchesato e mandamento di Bossolasco, giurisditione dell’illustrissimi et eccellentissimi signori marchesi Guido Aldobrandino di S. Giorgio, Ottaviano del Carretto di Balestrino, Francesco Luiggi Trotti di Mombasiglio, Carlo Valperga di Massino, Balestrino, Giuseppe Rossi, 1704.
Descrizione Comune
Murazzano
     Murazzano ha una storia politica molto ricca: conteso dai Savoia e dai Saluzzo per la sua posizione strategica di dominio della strada per la Liguria (la Pedaggera), sede di un governatore sotto il mar­chesato, di un mandamento nell’Ottocento, è stato oggetto di lunghe controversie feudali, specie tra Quattrocento e Seicento. Per contro, la storia di Murazzano come comunità ha due aspetti contraddittori. Da un lato, le tracce di attività comunale sono sostanziose, se si considera la compilazione degli statuti quat­trocentesca, e l’attività documentata di compilazione di catasti del Cinquecento; dall’altro, però, oltre ad una lite con Bossolasco per ragioni di confine, non sono state reperite tracce di vertenze né per l’usurpazione di beni comunitativi, né con centri limitrofi. In terza istanza, va considerato come ai primi del Settecento Murazzano risulti ormai quasi completamente privo di beni comunitari, segno che la loro di­fesa era stata poco efficace, o che forse era mancata del tutto. Detto che è probabile che la docu­mentazione sia andata perduta, è possibile avanzare un’ipotesi in merito. Murazzano, proprio dato il suo peso politico e commerciale che la rendeva preda ambita di chi voleva assicurarsene il controllo, aveva sviluppato un assetto feudale molto forte, contro cui la comunità, lungi dal contrapporvisi, era forse scesa a compromessi: in fondo gli interessi tra signori e uomini coincidevano, interessi legati al commercio – pare, in particolare del sale e del grano, con due flussi opposti – ed alla riscossione dei dazi. La consunzione dei beni comunali e la trasformazione in beni allodiali (o persino feudali, come ad esempio avviene nel Seicento per Farigliano), dovette avvenire senza particolari resistenze da parte della comunità: evidentemente il passaggio non interferiva con le modalità di sfruttamento della terra, che doveva essere almeno fino al Settecento prevalentemente bo­schiva, e tutto sommato la comunità vedeva aumentare i beni a catasto e dunque le entrate in tasse fondiarie.
Forse è proprio la particolare vocazione commerciale di Murazzano – caso abbastanza raro per un centro dell’Alta Langa – a spiegare il silenzio attorno al processo di allodializzazione delle terre co­muni: da una rapida lettura degli ordinati comunali, si ha l’impressione che soprattutto di questo si occupasse, il consiglio comunitativo: di commercio, tra centri della pianura piemontese, il Cebano e la Liguria; poco o nulla della pastorizia – che, in particolare degli ovini, dovette fiorire solo tra il Sette e l’Ottocento – e dunque di affitto di pascoli.
Un fatto ancora va considerato, circa Murazzano: la sua anomala importanza, e la vivacità politica e commerciale, al centro di un’area invece assolutamente marginale sotto questi profili: forse è anche questa sua forza ad avere evitato contese con paesi limitrofi, fatta eccezione per la vertenza con Bossolasco. Per i centri vicini, Murazzano dovette essere nei secoli un punto di riferimento per molti versi irraggiungibile.
È ancora questo sentimento a trasparire da una curiosa lite con Bonvicino dell’ultimo Ottocento, in cui Murazzano, provvista di organi comunali efficienti e attivi, si contrappone a Bonvicino, minuscolo comune sulla soglia della pura sopravvivenza come entità autonoma, non in grado di garantire ser­vizi elementari alla contesa frazione Lovera.
Nel 1449 fu risolta una lite tra Bossolasco e Murazzano a proposito dei confini tra le due comunità e del possesso di un appezzamento sito nell’ultima appendice a nord dell’attuale territorio di Muraz­zano, ossia la porzione di terreno corrispondente all’attuale foglio IX del catasto compresa tra il corso del Belbo, il fossato di un suo affluente e la strada provinciale da Alba e Murazzano. Notizie sulla lite sono contenute nel Libro degli Statuti di Bossolasco, esaminato da Pio (Pio 1920, pp. 74-75).
È interessante notare come la descrizione dei confini secondo il piantamento dei termini svoltosi il 10 giugno 1449 che sanciva la composizione della vertenza, ci permetta – sia pur col beneficio dell’ipotesi – di definire alcune differenze di confine rispetto alla situazione attuale. Partendo da ovest, il confine con Bonvicino in corrispondenza con l’area contesa – non messo in discussione dalla lite – era segnato dalla via Tagliata, così come ora corre in prossimità della via Bossolasco-Murazzano. È però forse errato pensare ad una sovrapposizione pura e semplice delle due strade nei secoli: infatti esiste, nel territorio di Bonvicino, già nella valle del Rea più in basso dell’attuale strada, un toponimo «Tagliata», in cui passano alcune strade campestri: è possibile che dunque la via Tagliata fosse più a ovest della strada Bossolasco-Murazzano, e che dunque il confine con Bonvicino, per Murazzano, fosse diverso da quello attuale, ossia si spingesse alcune centinaia di metri più a nord. Procedendo ancora verso ovest, il piantamento dei termini avvenne individuando come confine tra Murazzano e Bossolasco il fossato delle Uvie, piccolo ruscello affluente del Belbo, che può corrispondere verosimilmente al vallone su cui il confine corre ancora oggi. Il confine fu fatto coincidere quindi con il corso del Belbo, com’è ancora. Oggi però il confine se ne distacca presto, e rimane per un buon tratto un poco più a valle della strada Bossolasco-Murazzano; nel 1449 fu invece fatto passare direttamente dal corso del Belbo alla via Qualandia. L’unica ipotesi che mi pare plausibile è che tale via corrisponda comunque alla strada Bossolasco-Murazzano che corre sul crinale, visto che secondo gli statuti la via toccava la Braida Gatti, ed ancora oggi esiste un toponimo «Gatti» lungo quella strada; perché tale ipotesi abbia senso occorre ovviamente che valga quanto detto per la via Tagliata, ossia che questa dovesse correre nell’attuale territorio di Bonvicino, toccando la regione interessata dall’odierno toponimo. Se dunque vale questa ipotesi, i confini tra Bossolasco, Murazzano e Bonvicino dovevano essere leggermente diversi dagli attuali, e la regione contesa, che oggi forma una specie di appendice strozzata del territorio di Murazzano in quello di tre altri comuni (Bonvicino, Bossolasco, S. Benedetto Belbo) essere ampia circa il doppio dell’attuale, rosicchiando una certa porzione di territorio a Bonvicino.
Nonostante l’ampia estensione del territorio di Murazzano (nel 1713 il suo registro catastale poteva vantare ben 5799 giornate collettabili), e la natura di questo, per una grande parte lasciato a pa­scolo per lo più degli ovini (lo stesso registro del 1713 indica come nel totale dellle giornate collet­tabili rientrino circa 3000 giornate di gerbido: AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 21, m. 55: Mondovì, registro comune et immune [1713]), l’ammontare dei beni comuni all’inizio del Settecento è assolutamente esiguo. Nella Misura generale del 1703 la comunità dichiarava di possedere 17 gior­nate e 70 tavole di beni di uso civico, ma i funzionari della Perequazione commentavano questo da­to dicendo che in realtà, mancando del tutto qualsiasi indicazione del tipo di terreno o della colloca­zione delle pezze, questi beni dovevano ormai – attorno e non prima il 1721 – essere stati alienati e trasformati in allodiali, e come tali compresi nel dato della Misura Generale delle Giornate colletta­bili (AST, Camera dei Conti, II archiviazione, capo 21, m. 90, f. 37v: Mondovì, comuni et immuni (s.d.).
Simile situazione è quella riportata dal catasto francese del 1812, che indica come di proprietà del comune ben 259 giornate antiche di terreno; salvo poi specificare che la maggior parte di queste sono costituite da strade, corsi d’acqua, case. Gli unici terreni destinati a pascolo o comunque in­colti («friche») sono di estensione minuscola: tre pezze che non raggiungono, ciascuna, le due tavo­le. È però indicativo come tali pezze siano situate tutte in tre regioni distinte (Colera, Berico, S. Bernardo) al confine con Mombarcaro: forse le ultime tracce di una sola area antica di uso civico. Ugualmente è possibile, sempre dai dati del catasto francese, ritrovare le probabili tracce di comu­nanze nel toponimo prediale «Comune» di una zona alla confluenza dei torrenti Arzola e Manzone.
Dunque Murazzano, anche se le connotazioni agricolo-economiche del suo territorio, e la stessa estensione di questo avrebbero fatto pensare il contrario, giunge al Settecento senza avere con­servato beni di uso civico di una qualche consistenza; rimangono viceversa sul territorio alcune tracce dell’esistenza di questi beni nel passato.
La frazione Lovera del comune di Bonvicino, benché da sempre appartenuta a questo comune, alla fine dell’Ottocento non ha una strada che la colleghi direttamente e agevolmente al capoluogo; per recarvisi, i Loveresi devono passare per l’abitato di Murazzano; la stessa frazione appare geograficamente appartenente all’area murazzanese piuttosto che a quella di Bonvicino. I Loveresi inoltre hanno alcuni motivi di lamentale nei confronti del loro comune: si disinteressa completa­mente della manutenzione delle strade e dell’edificio scolastico della frazione. Forse già in passato gli abitanti della Lovera hanno cercato di distaccarsi da Bonvicino, ma non v’è traccia di liti. Proba­bilmente è solo con la promulgazione della legge del Regno d’Italia che regolamenta la vita ammi­nistrativa e politica delle amministrazioni comunali e provinciali del 20 marzo 1865 (n. 2248) la prospet­tiva di un distacco si fa concreta e raggiungibile. Secondo quella legge una borgata ha la possibilità di staccarsi dal comune di appartenenza e aggregarsi ad un altro per decreto reale se la domanda viene firmata dalla maggioranza degli elettori di quella frazione, viene approvata dal con­siglio pro­vinciale e da quello del comune cui la frazione intende aggregarsi (Raccolta Ufficiale 1865, p. 417).
Gli abitanti della Lovera dunque si impegnano, nei primi anni Ottanta del sec. XIX, in operazioni buro­cratiche ed elettorali fino a giungere alla realizzazione delle loro istanze: con Regio Decreto n. 1909 del 27 gennaio 1884 la frazione è staccata da Bonvicino e aggregata a Murazzano, con decorrenza a partire dal 1 aprile di quell’anno (Raccolta Ufficiale 1884, IV, p. 277). Subito l’amministra­zione di Murazzano compie alcuni atti amministrativi a favore dei Loveresi: fa riaprire la scuola, chiusa per un contenzioso in corso con il curato della parrocchia succursale di Bonvicino, inizia la progettazione di una nuova strada più agevole per il collegamento con la frazione. Bonvicino però non intende subire passivamente la perdita della Lovera, essenzialmente per due motivi: in primo luogo la frazione rappresenta per la comunità il maggiore nucleo di popolazione di tutto il territorio, probabilmente superiore a quello dello stesso capoluogo, ed il suo distacco significa una riduzione drastica del peso demografico e politico del già piccolo comune, che corre, vista la sua estrema esiguità, il pericolo addirittura di una soppressione; in secondo luogo, la chiesa della Lovera è una succursale della parrocchia di Bonvicino, ed è retta da un prete combattivo e, come si vedrà in se­guito, legato per motivi suoi peculiari al partito dei Bonvicinesi: forse entrano dunque in gioco i ti­mori che un passaggio amministrativo della frazione a Murazzano possa trascinare con sé anche il passaggio della chiesa alla parrocchia di Murazzano, con conseguente impoverimento della par­rocchia di Bonvicino della sua succursale più popolosa. Per rispondere al distacco della frazione i Bonvicinesi cominciano ad avere un atteggiamento ostile a quelli della Lovera, ed attuano un piano spregiudicato ed ingegnoso, almeno secondo il racconto di parte loverese (AC Murazzano, carte sparse, Supplica a S.S.R. Maestà. “I sottoscritti elettori” [s.d.]). La legge del 1865 prevedeva che, una volta attuata l’aggregazione di una nuova frazione, i due comuni interessati dovessero ricompi­lare le loro liste elettorali in base alla nuova situazione demografica e procedere a nuova elezione degli organi amministrativi; approfittando di tale revisione, sempre stando al racconto dei Loveresi, l’amministrazione di Bonvicino avrebbe manipolato anche le liste vecchie nella parte concernente gli elettori della Lovera, facendo risultare in qualche modo che tali elettori non fossero stati in nu­mero sufficiente per costituire una maggioranza in grado di sottoscrivere la domanda di distacco dal loro comune. La protestata manipolazione delle liste ebbe un immediato effetto: il de­creto di distac­co venne annullato. Già nel settembre i Loveresi mandarono una supplica a Sua Mae­stà, denunciando l’accaduto, e richiedendo la sospensione del decreto di revoca. La corte d’Appello di Torino ordinò il blocco delle iscrizioni nelle liste elettorali contestate, e le stesse elezioni comuna­li seguite al ritorno della Lovera a Bonvicino furono annullate per il vizio delle liste, in cui non erano stati reinseriti gli elettori loveresi. Per via della vertenza che si era aperta tra i due co­muni, la collo­cazione amministrativa effettiva della Lovera rimase incerta per alcuni anni: anche se il periodo mu­razzanese ufficiale della frazione non superò lo scorcio del 1884, ancora nel 1886 Mu­razzano effet­tuava spese per la scuola della Lovera, comportandosi come se essa gli appartenesse ancora, pro­babilmente nella speranza che la vertenza ancora indecisa si volgesse a proprio favore.
Di lì a pochi anni – non è stato rintracciato alcun documento a riguardo – la frazione dovette tornare a tutti gli effetti sotto Bonvicino, ove è tuttora.
La forza della lotta al provvedimento di distacco della Lovera da parte di Bonvicino è rimarchevole, e fa intuire come forse dovessero esserci alla sua base motivi più profondi delle semplici ragioni demografiche. Maggiori lumi a riguardo possono venire forniti dall’esame di una parallela vicenda riguardante la scuola della frazione: testimonia della virulenza della contesa e in particolare delle vertenze che l’annessione dovette far sorgere a motivo dell’ostilità verso Murazzano del parroco-mestro della Lovera, don Giuliano Giacinto. Anche grazie all’azione di quest’ultimo l’annessione non avvenne pacificamente come forse i Loveresi e i Murazzanesi avevano sperato in principio, ed anzi forse proprio la sua battaglia convinse i più a lasciare le cose come erano sempre state, per buona pace di tutti.
Nel 1885, don Giuliano era curato da ventisei anni della chiesa di S. Martino della Lovera, succur­sale della parrocchia di Bonvicino; da ventuno era anche il maestro di scuola della frazione. Le le­zioni si erano svolte sempre nei due locali attigui alla canonica, tenute sempre da don Giuliano fino al 1881, poi dalla maestra Raimondi, visto che in quell’anno il sacerdote si ammalò di vaiolo. Con il comune di Bonvicino i rapporti non erano idilliaci: proprio nel 1881 don Giuliano fece svolge­re alcu­ni lavori ai locali, chiedendo e non ottenendo il finanziamento del comune; nel 1883 il comu­ne stes­so si rifiutò di pagare lo stipendio alla maestra, e dovette provvedere lui stesso. Bonvicino sembrava disinteressarsi alla scuola, lasciandola completamente alla responsabilità del prete. Don Giuliano, però, nei mesi che precedettero l’editto ufficiale di separazione da Bonvicino, quando ormai il distacco, anche se non ancora avvenuto, risultava però cosa ormai certa, cominciò ad avere un atteggiamento ostile nei confronti del nuovo comune. Fece abbattere un muro che sepa­rava la canonica dalla scuola, facendole diventare una sola unità abitativa; quando si presentarono gli operai del nuovo comune di Murazzano per prendere possesso della scuola come bene comu­na­le di proprietà di Murazzano, e per svolgere lavori di ampliamento deliberati dal consiglio comunale, don Giacinto si rifiutò di consegnare loro le chiavi, dicendo che l’edificio era casa privata di proprietà della parrocchia. Rimosse i banchi ed il materiale didattico, e chiuse la scuola (AC Murazzano, carte sparse, Copia di verbale del Consiglio comunale di Murazzano del 8/10/1885).
Il 15 luglio 1884 si svolse un’assemblea pubblica nel palazzo del comune di Murazzano, alla pre­senza di 300 persone; l’assemblea animatissima durò tutto il giorno, e protagonista dovette essere proprio don Giacinto, che espose le sue ragioni contro chi lo accusava di non voler consegnare le chiavi della scuola al comune.
Gli animi, come si dice in questi casi, erano sempre più esacerbati. L’11 dicembre 1885, a scuola ancora chiusa, il prete invia al consiglio comunale di Murazzano un memoriale infuocato (AC Murazzano, carte sparse, Memoria di don Giacinto Giuliano [1885]), elencando tutti i torti subiti da Murazzano negli ultimi tempi, e difendendo il suo possesso dei locali, dicendo che «ciascuno in ca­sa sua è re». In realtà, anche dal memoriale, il sacerdote avrebbe dovuto avere ragioni di astio con Bonvicino piuttosto che con Murazzano; quest’ultimo in fondo aveva soltanto chiesto l’accesso e l’uso della scuola già in precedenza riconosciuti pacificamente a Bonvicino; Bonvicino, invece, dal canto suo, non aveva pagato i lavori ai locali del 1881, né lo stipendio alla maestra Raimondi, anzi l’aveva «dileggiata». Bonvicino «non ha mai speso una lira» per la scuola, come riconosce lo stesso don Giacinto. Ma allora perché tanto astio verso Murazzano, che viceversa era intenzionato a rin­novare i locali?
La risposta dev’essere nelle stesse parole del memoriale: se Bonvicino si è sempre disinteressato della scuola, e non ha mai speso una lira, dall’altro lato però, «sanno perfino i bimbi che il comune di Bonvicino non ha mai elevato la menoma pretesa sulla Canonica di S. Martino», cosa che invece, e a rigore di legge, pretende ora Murazzano. Si comprende allora che cosa doveva significare per don Giacinto il passaggio da Bonvicino a Murazzano; sotto l’amministrazione del microscopico co­mune lui costituiva la principale autorità della frazione, nel disinteresse di quello poteva disporre della scuola come cosa propria, e come tale gestiva lezioni e insegnanti. Murazzano, comunità ben più grande e burocraticamente più efficiente, prometteva più interessamento, e dunque, per il prete, l’abolizione di quei larghissimi margini di discrezionalità di cui aveva goduto da ventun anni. Il con­fronto tra Murazzano e il prete si porrebbe insomma come una sorta di scontro tra la modernità dell’amministrazione e un vecchio stile di gestione delle attività pubbliche personalistico e quasi feudale, nutrito dall’inconsistenza dell’autorevolezza del comune bonvicinese, che continuamente oscilla tra la paura di ledere con l’affermazione dei propri diritti sui beni comunali un potere che probabilmente sente ben più forte e radicato del proprio, e il disinteresse – che diventa delega de­responsabilizzante – verso la scuola.
L’amministrazione assenteista di Bonvicino, come abbiamo visto, scende in campo al fianco di don Giacinto, per non perdere la sua frazione più popolosa, e probabilmente scomparire anche come comune autonomo. La vertenza è di tipo territoriale, ma la ragione alla base della lite è la resi­stenza ad un processo di modernizzazione delle strutture amministrative. In sostanza si tratta di una coalizione tra la difesa (Bonvicino) della propria sopravvivenza pur nell’anacronismo della sus­sistenza di un comune dalle dimensioni così microscopiche da impedire probabilmente persino la distinzione tra gestione pubblica collegiale e potere personale non controllabile, e la difesa (don Giacinto) proprio di un ambito di potere personale sviluppatosi grazie all’impotenza del comune nei suoi confronti.
È interessante notare come gli sconfitti risultino alla fine i Loveresi, sottoscrittori della domanda di distacco, e il comune vessillo della modernità amministrativa, Murazzano; vincitori, gli amministrato­ri di Bonvicino, assenteisti e auto-deresponsabilizzanti verso la frazione della Lovera, spaventati però dalla prospettiva della sua perdita che potrebbe significare anche la loro scomparsa come de­tentori di un potere, e pronti anche a falsificare le liste elettorali pur di non impoverire ancora il già piccolo peso politico del comune, e il prete-maestro, sceso in campo in difesa semplicemente della sua porzione di giurisdizione nata nello spazio lasciato vuoto dal comune debole e assente.
Il comune di Murazzano rispose a don Giacinto che «la sua unica capacità è quella di cavadenti». Il tribunale di Mondovì sentenziò lo sfratto del prete, ma probabilmente, visto il ritorno della Lovera a Bonvicino, questo non fu mai eseguito, e don Giacinto l’ebbe vinta.