Ovada

AutoriGiana, Luca
Anno Compilazione2007
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Alessandria
Area storica
Repubblica di Genova, Oltregiogo.
Abitanti
11851 (ISTAT 2007).
Estensione
35,33 KMq.
Confini
Confina con Belforte Monferrato, Cremolino, Molare, Rocca Grimalda, Rossiglione (GE), Silvano d’Orba, Tagliolo e Carpeneto.
Frazioni
Costa, Gnocchetto, Grillano e San Lorenzo.
Toponimo storico
Ovaga, Uada, Uaga, Gua, Ua questi toponimi sono indifferentemente usati anche nelle stessa epoca negli atti notarili medievali, nei diplomi, negli atti di infeudazione e nella cartografia conservata nell’archivio di Stato di Genova tra il XV e il XVIII secolo. Sui documenti di età moderna prodotti sia dalle istituzioni ecclesiastiche sia da quelle laiche prevale il toponimo Ovada. Negli Statuti risalenti alla fine del XV secolo si riscontra il toponimo Vuade. La prima attestazione del toponimo risale alla carta di donazione del monastero di San Qunitino di Spigno 991.
Diocesi
Acqui.
Pieve
Probabilmente afferente alla pieve della Rocca come attestano alcuni documenti notarili del XII secolo.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Santa Maria ad Ovada da alcuni storici è ritenuta una chiesa pievana ma non ci sono riscontri documentari: nella documentazione dei notai del XIII secolo viene citata come “chiesa di Santa Maria”. La chiesa di Santa Maria venne poi distrutta e sostituita con la chiesa di S. Maria delle Grazie edificata dai padri domenicani nel 1481.
Sono presenti due parrocchie: la parrocchia dell’Assunta posta nel borgo di Ovada e ristrutturata nel 1771 e della Costa intitolata alla Madonna della Neve edificata nel 1623. Oltre alla parrocchiale. Sono presenti in Ovada due oratori: San Giovanni Battista e Assunta.
La parrocchiale più antica è quella di San Sebastiano abbandonata poi per la sede più nuova dell'Assunta. San Sebastino vene trasformata in loggia e l'altare maggiore venne trasportato nella chiesa dei domenicani ove attualmente risiede.
Assetto Insediativo

     

Luoghi Scomparsi
Non ho riscontrato attestazioni.
Comunità, origine, funzionamento
La prima attestazione di istituzioni comunali risale al 6 agosto 1224 quando tre consoli di Ovada e 210 capifamiglia prestano atto di fedeltà a Genova. I primi libri dei conti conservati in Archvio Comunale risalgono al 1690. Non si hanno documenti precedenti. I verbali del consiglio sono conservati a partire dal 1815. Si ritiene che l’archivio della comunità di Ovada sia in parte andato disperso. Dagli Statuti si ricava che la prima stesura di un corpus di norme che regolano l’attività della Comunità risale al 1371.
L’archivio della parrocchia della Costa di Ovada risulta molto interessante, in quanto documenta l’erezione della parrocchia nel 1623 e l’istituzione di un Consiglio Comunale autonomo dal punto di vista amministrativo da quello di Ovada, ma da quello finanziario ad esso subordinato. Il consiglio della Comunità della Costa, i cui atti sono conservati nell’archivio Parrocchiale, è attivo fino alla fine del XVIII secolo.
Statuti
Si conservano nella sede dell’Accademia Urbense cinque manoscritti degli Statuti di Ovada. Il più antico è databile alla fine del XV secolo (msA) ed è costituito da un frammento di circa 60 capitoli. Si sono conservati in totale 5 manoscritti: 1447-1532-1616-1666-1797. Dagli Statuti si ricava che la prima stesura di un corpus di norme che regolano l’attività della Comunità risale al 1371.
Catasti
Si sono conservati i libri catastali particellari a partire dal 1702, mentre il primo catasto figurato risale al 1798 (ACOvada sa 420 libro figurato del catasto e 421-426 catasto 1798 e libro figurato con disegni geometrici e descrizioni particellari).
Il Catasto figurato eseguito il 18 ottobre 1793 è opera del geometra Gio Francesco Tosa approvato dal magistrato delle Comunità sedente allora in Genova. Il catasto contempla 178 toponimi ed è concluso il 1 aprile 1798. In totale viene censita una superficie di stara 39467 tavole 21 e piedi 6 pari a ettari 3651 are 16 centiare 32. Nell'archivio comunale è presente anche un catasto del 1798.
Ordinati
Non si conservano ordinati di età moderna, ma solo i verbali del consiglio sono conservati a partire dal 1815.
Dipendenze nel Medioevo
Nella carta di fondazione dell’Abbazzia di S. Quintino di Spigno (991) compare il toponimo Ovaga seguito dalla precisazione curtibus et castris seu massariciis loco et fundo. Ovada, dopo essere passata in possesso dei Marchesi Del Bosco, viene venduta al Comune di Genova nel 1217. Tra i beni infeudati ai marchesi del Bosco c’è anche il Bosco di Ovada una delle risorse più preziose dell’area. Dopo alterne vicende legate allo scontro tra i Marchesi del Bosco e il Comune di Genova i marchesi possiedono nel 1267 metà del feudo, mentre la restante metà è della famiglia Malaspina in ragione del matrimonio tra Agnese, figlia i Guglielmo, e Federico Malaspina. Nel 1277 Genova acquista dai fratelli Tommaso e Corrado Opicino, eredi di Agnese del Bosco e Federico Malaspina, tutti i possedimenti in Valle Stura tra i quali Ovada. Tra i beni acquisiti c’è anche buona parte del Bosco di Ovada che diventerà interamente genovese nel 1289 insieme ai beni legati a Leo di Ponzone, marito e procuratore dei beni dotali di Guerriera del Bosco, figlia di Enrico del Bosco. Nel 1293, Genova acquisisce la quarta parte della villa e del castello di Ovada e i diritti feudali sui mulini dell’Orba e sui forni che erano infeudati a Lancellotto del Bosco. Nel 1347 Luchino Visconti conquista parte del Piemonte meridionale arrivando fino a Gavi, Novi e Ovada e Voltaggio. Alla morte di Luchino nel 1349, Genova riesce a recuperare l’Oltregiogo e nel 1358 Ovada ritorna stabilmente un possedimento del Comune di Genova.
La guerra tra Genova e Milano conclusasi con il trattato di pace nel 1419 conferma l’Oltregiogo e quindi Ovada come un possesso dei Visconti. Nel 1448 Ovada ritorna ad essere un possesso della Repubblica di Genova e viene infeudata a Isnardo Malaspina.
Giovanni Doria nel 1463 dona i luoghi di Ovada e Rossiglione a Francesco Sforza e l’Oltregiogo ritorna milanese come attesta il giuramento di fedeltà delle Comunità di Ovada e Rossiglione (ASGe ms 108).
Nel 1528, le truppe genovesi guidate da Agostino e Bartolomeo Spinola riconquistano l’Oltregiogo. Nel 1569 i Trotti, ritiratisi ad Alessandria nel 1528, vendono i loro diritti feudali su Ovada al comune di Genova mantenendo solo il titolo di conti. Nel 1576 il Senato della Repubblica di Genova concede a Ovada un pretore e svincola i territori di Ovada e Rossiglione dal vicariato di Gavi.
Feudo
Dopo essere passata in possesso dei Marchesi Del Bosco viene venduto al Comune di Genova nel 1217. Nel 1267 metà del feudo passa, attraverso Agnese, figlia di Guglielmo ai Malaspina.
Nel 1277 Genova acquista dai fratelli Tommaso e Corrado Opicino, eredi di Agnese del Bosco e Federico Malaspina tutti i possedimenti in Valle Stura e quindi anche Ovada. Tra i beni acquisiti c’è anche buona parte del Bosco di Ovada.
Dopo la guerra tra Genova e Milano nel 1419 i Visconti concedono il feudo a Isnardo Guarco. Guarco a sua volta lo concede a Caccianemico Spinola. Nel 1439 Caccianemico viene sostituito dai Visconti con Isnardo Malaspina.
Nel 1448 Ovada ritorna ad essere un possesso della Repubblica di Genova e viene infeudata a Isnardo Malaspina.
Nel 1452 Ovada risulta infeudata a Stefano Doria e nel 1454 a Galeotto e Antonio Spinola. Nel 1463 è attestato un feudatario Doria, Giovanni, che dona i luoghi di Ovada e Rossiglione a Francesco Maria Sforza. Francesco Maria Sforza concede il feudo a Prospero Adorno. Nel 1476 Prospero Adorno concede il feudo a Antonio Trotti il quale resta feudatario fino al 1528 quando le truppe genovesi, guidate da Agostino e Bartolomeo Spinola, riconquistano l’Oltregiogo. Nel 1569 i Trotti, ritiratisi ad Alessandria già nel 1528, vendono i loro diritti feudali su Ovada al comune di Genova mantenendo solo il titolo di conti. La Repubblica non concede più investiture sul feudo che rimane un possesso del dominio della Repubblica.
Mutamenti di distrettuazione

              

Mutamenti Territoriali
Tra il XII e il XVI secolo Ovada si trova alternativamente sotto il dominio del Ducato di Milano e della Repubblica di Genova fino al 1528 quando risulta stabilmente un dominio della Repubblica. Nel periodo successivo al 1528 non si registrano mutamenti territoriali di rilievo se non in prossimità del confine con il Monferrato dove si riscontra una secolare le lite sui confini di Belforte (ASGe e ASTo). Con la dominazione francese, nel 1804, Ovada entra a far fa parte del dipartimento di Genova. Nel 1815, in seguito all’annessione del territorio della Repubblica di Genova al Regno di Sardegna viene istituito il Circondario e la Provincia in sostituzione dei dipartimenti. Ovada viene inserita nella provincia di Alessandria. Nel 1817 viene da essa distaccata e inserita nella provincia di Acqui. Il consiglio comunale già nel 1816 scrive una lettera in cui chiede che Ovada venga aggregata al Ducato di Genova. Nel 1831 e 1832 il consiglio richiede invano che il mandamento di Ovada ricada nella giurisdizione della Provincia di Genova. La richiesta era strutturata sui particolari accordi fiscali che Ovada godeva in quanto ancora considerata un territorio sotto il diretto dominio di Genova.
Nel 1848 il ministro dell’agricoltura, l’ovadese Domenico Buffa, promuove la causa ma senza risultati (cfr. corrispondenza archivio Buffa in Accademia Urbense Ovada). Nel 1859 il ministro Rattazzi rende esecutivo il suo piano di razionalizzazione delle province e Ovada viene aggregata, come quasi tutta al provincia di Acqui, alla provincia di Alessandria.
Comunanze
L’archivio comunale di Ovada registra la presenza di comunanze nei libri del catasto.
Nel catasto del 1798 (Archivio Comunale di Ovada, Sa 426) sono riportati i seguenti beni: “gerbidi rocche boschi derelitti, strade, localizzati nel borgo di dentro, nel borgo di fuori, alle Slogge, alla Requaglia, contrada Mollare, alla Costa, Bruazza, per un totale di 6378 pari a circa ettari 590”.
Liti Territoriali

   

Fonti
La documentazione relativa ad Ovada è conservata principalmente in otto archivi:
L’Archivio Comunale di Ovada è costituito da una parte antica quasi inesistente mentre partire dalla metà del XVIII secolo la documentazione risulta molto più completa: si sono conservati i libri catastali particellari a partire dal 1702, mentre il primo catasto figurato risale al 1798 (ACOvada sa 420 libro figurato del catasto e 421-426 catasto 1798 e libro figurato con disegni geometrici e descrizioni particellari).

Nell’ Archivio di Stato di Genova è conservata una parte consistente della documentazione medievale su Ovada. Oltre agli atti di infeudazione, alle carte relative al fondo comunità, ad alcuni archivi notarili, si conserva l’importante documentazione sulle vicende legate all’amministrazione del Bosco di Ovada. Per l’epoca moderna, oltre alle carte del Senato riguardanti gli ordini e le corrispondenze con le istituzioni ovadesi, sono da ricordare le filze prodotte dalla giunta confini tra il 1528 e il 1879. In questo archivio sono raccolte sentenze, atti di lite che cittadini e istituzioni ovadesi hanno prodotto con le comunità confinanti. In particolare il conflitto più significativo è localizzato sul confine con Belforte.
Il fondo cartografico dell’ASGe risulta essere particolarmente ricco di rappresentazioni del territorio di Ovada attestate tra la fine del XVI secolo e la metà del XVIII. La produzione cartografica è sopratutto opera dei corpi militari di difesa del confine settentrionale della Repubblica.
L’Archivio di Stato di Torino conserva una documentazione utile per lo studio di Ovada in relazione alla lite sopra accennata con Belforte. Infatti siccome Belforte era nel Monferrato e acquisito dai Savoia nei primi decenni del XVIII secolo, un consistente numero di documenti Monferrini sulla lite con Ovada è conservata nell’Archvio di Stato di Torino nell’archiviazione Monferrato feudi e Monferrato Paesi. L’archivio di Torino, nel fondo Paesi per A e B conserva inoltre la corrispondenza ottocentesca intercorsa tra il ministro dell’agricoltura Buffa e i sindaci della comunità di Ovada relativa alle richiesta di quest’ultima di essere aggregata, con tutto il suo mandamento, alla Provincia di Genova. Infine di grande interesse per l’area qui considerata è la raccolta cartografica “Carte del genovesato”, “Ducato di Monferrato Provincia di Acqui” e “Monferrato Confini” che raccolgono la cartografia prodotta nelle liti di confine tra il Monferrato e la Repubblica.
In particolare mi sono sembrate molto eloquenti le seguenti rappresentazioni: Battista Guasco Soleri. Tipus lineare Finium territoriore Tajjoli et Vuada… decembris 1587. Archivio General Simancas, Estado 1263-33; I territori di Marcarolo e Ovada, (inizio XVII secolo) Archivio di Stato di Genova, Raccolta Cartografica, B. 14 bis, n° 818, Polcevera 7; Typus Inter Loca Belfortis et Ruxillioni, (posteriore al 1630) AST, Corte, Ducato di Monferrato, Provincia di Acqui, M. 2, n. 53; Giovanni Battista Massarotti, Confini tra i territori di Ovada e Belforte, (1648) ASG, Raccolta cartografica, Atlante B., Ms. 712, n°1268; Id., Il territorio di Ovada con i confini verso Rocca Grimalda, Trisobbio e Cremolino, (1648) ASG, Raccolta cartografica, Atlante B., Ms. 712, n° 1270; Tipo dei confini di Rossiglione con Tagliolo, (metà XVII secolo) AST, Corte, Ducato di Monferrato, Provincia di Acqui, m. 2, n. 53; Silvano, Tagliolo, Ovada, (metà XVII secolo) AST, Monferrato Confini, vol. B. , n. 4, bis; Disegno dei Confini del Territorio di Ovada e Belforte, (post. 1652) ASG, Raccolta cartografica, B. 13, n. 765, Ovada 3; Disegno del fiume Stura con distinzione dei finaggi tra Ovada e Belforte…, (1681) AST, Corte, Carte Topografiche del Genovesato, cart. 2, 1/III, Ovada-Belforte; Il territorio tra Ovada e Roccagrimalda, (fine XVII inizio XVIII secolo) AST, Corte, Carte Topografiche del Genovesato, cart. 2 LO-SAS, Ovada; Tratto dello Stura nei pressi di Belforte, (fine XVII inizio XVIII secolo) AST, Carte Topografiche del Genovesato, cart. 2, 1/I e 2, 1/II Ovada-Belforte.
Nell’ Archivio di Stato di Alessandria viene conservato il fondo dell’Antica Pretura e Prefettura di Ovada. Il fondo apparteneva al Comune di Ovada che lo ha versato in tre tempi: nel 1969 il Comune di Ovada versò gli atti del Capitaneato e dell'antica Giudicatura (poi Pretura) di Ovada, mentre dalla Pretura di Ovada furono versati dapprima (1980) i fascicoli delle cause civili e penali con i relativi registri, poi (1984) anche le raccolte in volume delle sentenze civili e penali. La parte più antica (anni 1547-1848) è composta da una vasta serie di registri e di filze contenenti atti di cause civili e penali trattate tra il 1563 e il 1797 alla presenza del Capitano di Ovada dipendente dalla giurisdizione della Repubblica di Genova, mentre nel periodo successivo alla presenza del magistrato responsabile della Giudicatura di Ovada (dipendente dal Tribunale di Acqui).
L’Archivio vescovile di Acqui Terme oltre a conservare le visite pastorali delle istituzioni ecclesiastiche ovadesi, conserva le corrispondenze dei parroci con la Diocesi di Acqui. Risulta inoltre molto interessante la parte dell’archivio vescovile, diviso per toponimi di parrocchia, relativi all’attività del tribunale vescovile. Oltre ai processi molto interessanti che riguardano i rapporti tra il clero e le istituzioni locali, sono conservate in questo fondo molte corrispondenze che descrivono i rapporti tra istituzioni ecclesiastiche, laiche e gruppi sociali formali e informali locali.
L’Accademia Urbense conserva nella sua biblioteca ad Ovada alcuni dei frammenti più antichi medioevali degli statuti della comunità di Ovada e ha acquisito alcuni fondi privati delle famiglie locali (cfr. per esempio Ighina, Buffa, Mainero, Pesce http://accademiaurbense.interfree.it/). Per quanto riguarda gli statuti di Ovada, ne esistono undici esemplari: cinque A, B, H, I, L nell’Archivio dell’Accademia Urbense e i restanti sei rispettivamente C manoscritto Berio, Statuti di Ovada, nella Biblioteca Civica Berio, Genova; D manoscritto Statuti di Ovada nell’ Archivio Brignole Sale in Archivio Storico del Comune di Genova; E manoscritto Statuti di Ovada Musso nell’Archivio dell’Istituto di Studi Liguri, Bordighera; F manoscritto Poggio, proprietà di Giusepe Oddini di Ovada e G manoscritto Statuti di Ovada nella Biblioteca della Società Ligure di Storia Patria, Genova. I primi codici conservati riguardano 60 capitoli databili alla fine del XV secolo; M manoscritto statuti di Ovada, nell’Archvio Parrocchiale di Ovada.
L’archivio parrocchiale di Ovada conserva alcuni libri di battesimo e di matrimonio e una copia degli Statuti risalente al 1723.
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Descrizione Comune

Ovada

     L’andamento demografico secondo i dati Istat disponibili a partire dal 1861 dimostra un incremento della popolazione negli anni tra il 1861 e il 1901. In questo periodo vengono censite 6.678 persone nel 1861 e 10.284 nel 1901. L’aumento della crescita della popolazione si arresta nel 1901 per rimanere pressoché stabile fino al 1961 (10266 abitanti). Dal 1961 al 1981 la popolazione cresce nuovamente fino a raggiungere i 12.797 abitanti che è il numero massimo registrato. Una leggera flessione indica un lieve decremento della popolazione 11.677 nel 2001 con un ulteriore lieve aumento attestato attualmente: 11.851 abitanti censiti nel 2007. L’aumento di popolazione si è registrato soprattutto tra il 2006 e il 2007 a causa di un elevato numero di extracomunitari che hanno deciso di insediarsi ad Ovada. Si tratta per lo più di cittadini provenienti dall’ Equador, Albania e Romania che lavorano sia nelle aziende agricole sia nel settore edilizio (i dati messi a disposizione dall’ufficio anagrafe del comune sono stati pubblicati sull’Ancora).
Altri dati relativi alla popolazione presente ad Ovada sono desumibili dalle stime degli ufficiali della Comunità esposte nei verbali conservati nell’Archvio Comunale. Nel 1798 sono censiti 4130 nella comunità di Ovada e 123 nella Comunità della Costa per un totale di 4536 abitanti. Le stime relative alla caratata del 1682 conservata in ASG, Magistrato delle comunità e delle caratate. “La caratata nova de Uvada anno 1682”) censisce circa 4000 abitanti.
La caratata è un documento che si pone come obiettivo di censire tutte le proprietà ai fini fiscali. La descrizione del territorio che offre questo documento è di notevole interesse perché permette di topografare gli insediamenti registrati a Ovada e la loro qualità, ovvero di osservare come vengono qualificati i nuclei insediativi più rilevanti e gli usi del terreno dichiarati dai proprietari.
Gli ufficiali della Comunità incaricati nel 1682 di eseguire la caratata descrivono le pertinenze fiscali di Ovada in questo modo: “il castello è il centro del borgo, ai piedi del quale sorge la piazza sulla quale si fa il mercato. Il borgo centrale è formato da ottantatre case, tredici cascine, dieci botteghe, due osterie e un oratorio”. Queste brevi informazioni non permettono di sapere se il borgo sia diviso in quartieri o che tipo di esercizio commerciale svolgano le dieci botteghe attive in quell’anno. Gli ufficiali distinguono solo due categorie di abitazioni: case e cascine, presumibilmente per dividere le case del borgo da quelle della periferia con terreni coltivi adiacenti. Oltre al borgo di Ovada, sono descritti altri due insediamenti importanti a sud-est e a ovest del borgo, in località Costa e Grillano. Nell’insediamento della Costa sono censite sessanta case, quindici cascine, un oratorio e due botteghe. Questo insediamento è posto sulla strada tra Ovada e Rossiglione, è molto grande e rivendica una sua autonomia.
In seguito all’erezione nel 1623 della parrocchia intitolata alla Madonna della Neve, la Costa assume una certa indipendenza da Ovada che solo dopo sessant’anni viene formalmente riconosciuta (AVA, Costa di Ovada Parrocchia di N. S della Neve, F. 1, c. 3). I 250 uomini della Costa di Ovada ottengono lo status di Villa il 25 gennaio 1687 dal Magistrato delle Comunità che concede la facoltà di erigere un proprio consiglio della Comunità e sgrava gli abitanti dal pagamento dei contributi ad Ovada per i servizi resi dal cancelliere della Comunità, dall’esattore, dai sindaci e dai padri del Comune, dai campari e dai pianchei (ossia gli addetti alla passerella, inoltre avrebbero contribuito solo per le parti che riguardavano tutto il Capitanato e non per quelle esclusive di Ovada). La parziale indipendenza della Costa termina nel 1799 quando viene reincorporata nella Comunità di Ovada.
Le dieci botteghe e la piazza del mercato censite ad Ovada costituiscono la differenza maggiore rispetto agli altri insediamenti che non hanno attività commerciali simili.
La località Grillano è divisa in due parti già a partire dal XVII secolo: Grillano bassa e Grillano alta. Grillano bassa è la parte della valle del rio Grillano più vicina al fiume Orba, mentre Grillano alta è la parte più vicina al confine tra Ovada e Cremolino. Grillano è composta da ventotto cascine, due case, una “casa rotta” e sei “alberghi” (essiccatoi per le castagne talvolta usati anche come capanni agricoli). Grillano, pur essendo localizzata in una valle circoscritta, si può considerare un insediamento sparso.
Le 174 cascine, le 29 case, le 4 chiese e i 95 “alberghi” registrati nella caratata sono localizzati in base a toponimi, che forniscono indicazioni topografiche sugli insediamenti e altre scarse indicazioni. Ai fini fiscali il toponimo offriva una sufficiente precisione: per esempio si riscontrano gruppi di tredici cascine in località S. Lorenzo, di otto a Olive e S. Ruta, di sette a Zuccardasso e Voltesino.
Le zone pre-appenniniche, verso Rossiglione e Genova, sono abitate quasi esclusivamente nei pressi di vie di transito con la Riviera. Oltre alla Costa sono riscontrati insediamenti nelle località di Moglia, Valoria, Sciancapetto, Bessiga, Veirana, Ciabrera, Bo Morto e Varenzana. In tutte queste località, nella parte meridionale di Ovada, si riscontrano insediamenti composti da una o due cascine. Sono indicati anche alcuni mulini e un numero consistente di “alberghi”.
Complessivamente, il territorio di Ovada appare costituito da insediamenti sparsi soprattutto nei boschi di castagno (si trovano aggregati di sole due o tre cascine) mentre nelle colline più settentrionali, in cui vengono registrate le colture della vite e del grano, gli insediamenti sono più aggregati (si trovano piccoli gruppi anche di una decina di cascine, indicate con lo stesso toponimo, ma non adiacenti una all’altra).
I dati sulle colture descritte nella caratata non risultano di particolare interesse in quanto sono piuttosto omogenei e non presentano dati contrastanti con quelli che provengono dalla descrizione degli insediamenti. Il castagneto è attestato in tre zone a sud est nelle località di Ciabrera, Scorsarolo, Sciancapetto, Vairera; a est Valle Grande, Carbonata, Roccascherio e Panuca; a ovest Granosa e Faiello. Il bosco misto a castagneti, senza alcuna precisazione sulle essenze che lo compongono, è attestato nelle zone di Bo Morto, Requagliolo, Stivette, Varenzana, Siensi, Colombaia e parte del Gambuzzo. I campi a grano sono attestati nelle località di Monteggina, Moretta, Cazarili e S. Gaudenzio. I prati per il pascolo a Geirino, Rebba, e Novarese. Gli orti sono diffusi solo attorno al borgo di Ovada e alle rive dei due torrenti principali, Orba e Stura. La vite, eccetto nella parte meridionale, è attestata su tutto il territorio ma con particolare intensità a S. Lorenzo, a S. Michele, alle Olive e alla Frascara.
Gli insediamenti organizzati in centri sono composti da 223 edifici, mentre quelli sparsi sono 302. Una grande parte della popolazione lavora, abita e possiede cascine sparse nei boschi, attorno a vie di transito frequentate nella parte più meridionale del territorio.
La frammentazione del territorio è maggiormente evidente considerando le proprietà immobili degli abitanti di Ovada soggetti alla caratata. Due dati sono molto significativi: non esistono grandi latifondisti, ma un buon numero di proprietari medi; i terreni non sono contigui ma sparsi su tutto il territorio, anche a notevole distanza uno dall’altro.
Emerge, quindi, la descrizione di un territorio frammentato e disomogeneo in cui le risorse sono sparse e non aggregate, e in cui grandi spazi coltivati a bosco, a sud di Ovada, hanno molti proprietari. Gli stessi proprietari dei boschi hanno anche terre coltivate a grano, pascolo o vite, nelle aree settentrionali del territorio.
La cartografia conservata nell’Archivio di Stato di Genova e di Torino descrive l’area ovadese come una zona con una copertura boschiva rilevante per l’economia locale e per quella genovese, in cui la produzione di carbone e di ferro, e il transito di mulattieri con granaglie dalla pianura verso la costa sono le attività produttive principali nell’area.
Le ferriere attive nei boschi di Ovada nel XVII secolo sono quindici. In presenza di questo genere di produzione, le forme dell’insediamento assumono alcune caratteristiche comuni che implicano un’organizzazione peculiare dello spazio.
Ciò che sorprende è che gli insediamenti di maggior rilievo, oltre ai tre centri insediativi maggiori (Ovada, Rossiglione Inferiore e Rossiglione Superiore), sono piccolissimi (osterie, cascine, ferriere). Questi insediamenti costituiscono però luoghi rilevanti perché sono centri nevralgici dell’attività economica e politica locale.
L’attività produttiva delle ferriere è senza dubbio una delle risorse principali dell’area. Essa caratterizza le forme di insediamento e di gestione delle risorse locali non tanto per la presenza di operai addetti all’impianto, che sono un numero esiguo, quanto perché la produzione del ferro prevede il coinvolgimento di una gran quantità di personale non specializzato che si occupa di produrre carbone per i magli nei boschi. A questo fine esso deve coltivare i boschi, trasportare ai forni il combustibile e il minerale ferroso proveniente dal porto di Voltri, e, infine, ridistribuirlo sul mercato (ossia ricondurlo in gran parte nel porto). Questo sistema produttivo, tendenzialmente, attribuisce un valore sociale ed economico elevato ai piccoli insediamenti dispersi nei luoghi di produzione dei manufatti di ferro, del carbone, del legno da taglio e da costruzione.
Il reticolo di percorsi che si snoda all’interno dei boschi non è l’effetto di un disordine della viabilità ma delle prerogative tipiche e diversificate che le società di antico regime, in questo caso i mulattieri, avevano sul territorio.
Solo le ragioni logistiche militari, come avviene ovunque, producono percorsi centralizzati per ragioni di controllo e difesa e non sempre incontrano le logiche dei sistemi produttivi locali. Nell’ovadese nel XVII secolo le strade principali erano certamente sottoposte al controllo militare della Repubblica di Genova ma le risorse produttive dell’area mantenevano attiva la rete dei percorsi attraverso i piccoli insediamenti sparsi nei boschi dell’Appennino.
Le scelte dei percorsi non avvengono in base a ragioni militari ma in base ad altre due prerogative: lo scambio di merci, e quindi la presenza dei mercati, e le esenzioni locali godute dai gruppi sociali locali. Se in un caso, la produzione legata alle ferriere tende a condurre i mulattieri su percorsi dislocati nei boschi lontano dai grandi centri, il mercato che si tiene quotidianamente ad Ovada invece induce i mulattieri a convergere verso il borgo.
Dagli scontri tra mulattieri e dalle liti nelle osterie di Ovada si comprende che le merci principali scambiate nei mercati locali sono: il grano, il sale, il vino, le castagne (Archivio di Stato di Alessandria, Antica Pretura di Ovada, cfr. tesi dottorato di Luca Giana, Contendere Luoghi in Ancien Régime, Università di Venezia).
La cartografia di antico regime dell’area ovadese sottende a ragioni militari, come è ovvio perché è un’area di confine. Le rappresentazioni dello spazio descrivono non solo le preoccupazioni difensive della Repubblica ma anche le risorse presenti. Attraverso questa documentazione è possibile identificare le risorse giurisdizionali, sociali e materiali rilevate nelle rappresentazioni dello spazio dai cartografi della Repubblica.
Il territorio risulta fortemente frammentario e articolato in base a criteri di rilevanza locali: ci sono luoghi strategici per i transiti o per le produzioni apparentemente insignificanti che solo un esame alla scala locale permette di valutare. La produzione cartografica è legata spesso a strategie generalmente rivendicative (conflitti giurisdizionali): il Senato incarica i cartografi di produrre carte geografiche e disegni allo scopo di attestare e rivendicare ciò che ritiene un possesso della Repubblica di Genova. Si tratta, infatti, in gran parte di cartografia allegata a liti sui confini tra la Repubblica e gli stati confinanti, o tra comunità.
L’attenzione dei cartografi, per tutto il XVII secolo, è centrata soprattutto sulle liti confinarie tra la Repubblica, il Monferrato e i feudi imperiali limitrofi. Le guerre che vedono coinvolti a più riprese i Savoia e il Monferrato a partire dai primi anni del XVII secolo potrebbero essere uno dei motori delle produzioni ma sono soprattutto alcuni piccoli episodi, decontestualizzati dal panorama bellico del XVII secolo, ad essere significativi.
A partire dalla cartografia e da alcuni disegni conservati nell’archivio di Stato di Genova, le liti confinarie più significative, e che producono accumuli documentari, avvengono sui confini tra Ovada e il feudo imperiale di Tagliolo e tra Ovada e Belforte, nel Monferrato. Le carte topografiche che ho considerato sono limitate al XVII secolo perché descrivono in modo peculiare il territorio ovadese.
Le rappresentazioni cartografiche illustrano, oltre ai confini in discussione, una serie di luoghi di transito, di cascine e di aggregati di poche case: proprio questi luoghi e queste case sono particolarmente significativi per la contesa in corso.
Le prime due rappresentazioni considerate risalgono al 1587. Il cartografo Battista Guasco Soleri disegna una porzione di confine tra Tagliolo e Ovada individuando i territori contesi e le proposte di risoluzione dei due contendenti. Soleri rappresenta solo la fascia concernente il confine e trascura la restante parte non coinvolta nella lite. Tuttavia, all’esterno di essa, nella porzione del disegno lasciata bianca, sono segnalate due cascine che aiutano il lettore a localizzare gli elementi disegnati sulla carta (Le cascine rappresentate sono la “Cassina del Suardo” e la “Cassina del Montano”). Da un punto di vista formale questi punti di riferimento sembrerebbero pleonoastici perché sono rappresentati altri riferimenti che forniscono le coordinate nello spazio della carta: il fiume Stura e i centri abitati di Ovada, Tagliolo, Silvano e Roccagrimalda. È ancora più rilevante quindi interrogarsi su quelle due cascine in considerazione del fatto che i centri abitati non siano percepiti sufficienti come riferimenti giurisdizionali per localizzare le prerogative nell’area (Particolarmente significativa la carta AST, Corte, Carte topografiche del Genovesato, cart. 2 LO-SAS, Ovada, “Ovada e Roccagrimalda”). Il compilatore della carta e chi la leggeva attribuivano un significato giurisdizionale alle cascine sparse nel territorio, perché indicano l’appartenenza territoriale alla Repubblica. Oltre ai termini di confine e ai riani (piccoli corsi d’acqua a regime torrentizio usati spesso come termini di confine), nella fascia descrittiva del confine è indicato un altro elemento importante: la strada franca di Pizzo di Gallo, oggetto di contese giurisdizionali. Questa passava tra i territori dei feudi imperiali di Campo (Campo Ligure) e Tagliolo ed era esente da dazio. La discussione sull’esenzione al dazio è un ulteriore elemento che alimenta la conflittualità in alcuni tratti del confine.
Le tavole dell’atlante di Giovanni Battista Massarotti forniscono, invece, alcuni dati per capire la rilevanza strategica di alcune zone in cui, essendosi manifestate particolari tensioni, la magistratura genovese è intervenuta frequentemente (fig. 3, 4 e 5). A nord ovest di Ovada, in direzione di Acqui Terme, sono messe in evidenza due località sulle quali la Repubblica, e altre istituzioni locali, hanno particolari aspirazioni di controllo: Grillano e S. Lorenzo. I due toponimi indicano alcune cascine situate in due vallette parallele vicine ai termini di confine tra Carpeneto (S. Lorenzo) e Cremolino (Grillano). Le due vallette sono percorse da due strade molto frequentate che mettono in comunicazione l’ovadese con Acqui, ma sono anche, e soprattutto, luoghi di produzione importanti: è infatti attestata la presenza di vigne, di campi coltivati e di boschi. In questo caso la descrizione dei termini di confine è molto precisa e rispecchia le visite sui confini conservate nell’archivio di Genova (ASG, Archivio Segreto, Confinium, 27, Visita dei confini di Ovada, marzo 1602). Nel caso di S. Lorenzo, il piccolo centro è aggregato attorno all’omonima cappella campestre. Si tratta di una chiesa posta a metà strada tra Trisobbio e la strada che unisce Ovada con Roccagrimalda. Alla chiesa, posta su un crinale, fanno riferimento tredici cascine isolate dislocate lungo tutta la valle del riano Casale accanto al confine. Delle tredici cascine soltanto due, una nelle immediate vicinanze della chiesa e l’altra molto più a ovest in prossimità di Trisobbio, sono costituite da tre edifici, le altre sono case isolate. La stessa situazione si riscontra nella parallela valle di Grillano in cui sono rappresentati un centro abitato attorno alla Chiesa di S. Nazario, costituito da tre gruppi composti da tre edifici, e dieci cascine isolate distribuite lungo i termini di confine.
La frammentazione del territorio in piccoli luoghi ai quali vengono riconosciuti importanti prerogative si riscontra anche in altri tipi di fonti come quelle prodotte dalle istituzioni ecclesiastiche locali e sovralocali. Uno degli esempi più noti è l’elevata frammentazione degli spazi cultuali nelle parrocchie che, in Antico Regime, cercano di gerarchizzare i luoghi di devozione.
La Repubblica, quando si propone di eseguire una carta geografica, si confronta con questi piccolissimi insediamenti in grado di attestarne, sul confine, le prerogative. Sono luoghi che acquisiscono grande importanza e che compaiono frequentemente anche nelle fonti prodotte dal Capitanato.
Il caso di Grillano e S. Lorenzo non è isolato ma piuttosto un modello diffuso nell’area dei feudi imperiali tra Liguria e Piemonte.
L’analisi della cartografia permette osservazioni analoghe anche per la porzione di confine tra Belforte e Ovada. Diverse rappresentazioni cartografiche, disegnate per le istituzioni genovesi, descrivono nello stesso modo la diffusione degli insediamenti sparsi.
Questi insediamenti, nonostante siano autonomi, sparsi e frammentati sono in relazione tra loro. Non bisogna pensare a luoghi isolati ma piuttosto ad una rete di cascine frequentate sia dai mulattieri in transito sia dagli operai che lavorano nei boschi e nei campi. Si tratta quindi di luoghi che possono essere oggetto di contese o al contrario particolarmente tranquilli perché frutto di equilibri di vicinato rispettati e riconosciuti.
Attraverso questa dialettica del conflitto avviene gran parte della comunicazione tra le istituzioni e i gruppi sociali informali residenti in questi luoghi. Anche quando le risorse materiali sembrerebbero in grado di produrre aggregazioni omogenee, come ad esempio nel caso dei mulini, viene mantenuta la caratteristica forma sparsa dell’insediamento (Diego Moreno aveva invece osservato questa tendenza all’aggregazione attorno al mulino nel caso dei “Boschi d’Ovada”, cfr. D. MORENO, La colonizzazione dei «Boschi d’Ovada» nei secoli XVI- XVII, in «Quaderni Storici», 24 (1973), pp. 977-1016, in part. pp. 986-989).
Quali sono le motivazioni che spingono i cartografi a censire le cascine presenti nell’area? Premesso che la cartografia presa in esame non ha lo scopo fiscale di censire le cascine, la loro rappresentazione è particolarmente rilevante: le cascine sono i riferimenti spaziali, localmente riconosciuti e localizzati, che fissano nello spazio prerogative della Repubblica.
Oltre alle cascine vi sono altri oggetti che sembrano in grado di presidiare i confini, e di cui è attestata la rilevanza anche in altri tipi di fonti: sulle strade di maggiore percorrenza sono localizzate le cappelle campestri. Anch’esse appaiono come riferimenti spaziali utili per individuare prerogative e diritti sui percorsi viari e hanno nella cartografia uno spazio rilevante. L’archivio vescovile di Acqui Terme permetterà di osservare puntualmente come le cappelle campestri siano in grado di attestare la giurisdizione e come siano coinvolte direttamente nella costruzione del territorio.
Le principali strade indicate dalla cartografia genovese del XVII secolo e che saranno i teatri delle vicende trascritte nei registri del tribunale di Ovada, descrivono solo parzialmente i percorsi dei mulattieri e delle merci che avvengono, invece, lungo tragitti che si snodano come un reticolo di passaggi. Le strade vengono disegnate nelle carte topografiche perché sono in grado di localizzare precise prerogative nello spazio: in molti casi l’attenzione nella rappresentazione dei percorsi non riguarda la viabilità ma la lite confinaria. La presenza di toponimi e il disegno della strada, come nel caso della strada franca di Pizzo di Gallo, oppure la strada che attraverso la Costa e Rossiglione conduce a Genova, localizzano le prerogative giurisdizionali presenti sul territorio. Le strade che questa cartografia descrive, infatti, sono quelle che hanno una rilevanza in ragione delle rivendicazioni sui confini. Nel caso della carta che descrive il confine tra Belforte e Rossiglione, lo stesso tratto della mano e lo stesso tipo di rappresentazione delle strade si riscontra anche per i “riani” (ruscelli) che, come quelle, delimitano il territorio; sovente diventa quindi difficile distinguere tra strada e ruscello. Anche in altre fonti che si occupano di descrivere i confini, come le relazioni dei commissari, la strada è utilizzata per esprimere una precisa localizzazione e diventa un elemento costitutivo del confine (ASG, Archivio Segreto, Confinium, 27, Visita dei confini di Ovada, marzo 1602).
In occasione della visita ai confini di Ovada, eseguita nel marzo del 1602, il podestà Gio Agostino Fossa scrive: “sotto detto argine verso Ovada vi sono delle terre del Giorgio Mainero, continuando detto argine fino a una strada che ora va dritta a Belforte, vicino a detta strada vi è una terra arativa delli heredi del Giorgio Mainero situato in Belforte vicino al detto argine. […] Vi resta una possessione possessa da me Reg. Buffa che resta nel confine di Ovada poiché, in fondo detta possessione, vi è un termine grosso vicino alla strada quale si dice strada franca […]. Vicino a un riano vi è un prato degli eredi del Giorgio Mainero che, posto fine di Ovada vi è un termine murato di calcina ascendendo verso il Colle di Tagiollo (Tagliolo) sono altri termini grossi murati […] vicino alla strada dove si dice Pizzo di Gallo, vicino ad una terra di Francesco Cassina erede di Vincenzo Mainero. Detta strada continua verso il colle; un altro termine grosso murato vicino alla strada dove si va verso Tagiollo ”.
La strada più rappresentata dalla cartografia genovese è quella che collega Ovada con Genova. Il percorso segue il corso dello Stura, raggiunge Rossiglione Inferiore e Rossiglione Superiore.
Il “Disegno dei confini del territorio d’Ovada e Belforte” risalente al 1602, eseguito in occasione della visita dello stesso anno permette di cogliere gli oggetti della contesa, che soggiace al disegno: si tratta delle rispettive pretese di uso dell’acqua del fiume Stura da parte sia degli Ovadesi sia degli uomini di Belforte.
Il confine messo in discussione dagli ovadesi coincide con il letto del fiume che, in seguito alle esondazioni, è naturalmente soggetto a spostamenti. La strada in questione non è solo un oggetto in grado di localizzare la parte di fiume contesa ma è essa stessa una delle risorse legate al fiume: mette in comunicazione, attraverso il passo del Turchino, l’Ovadese con il porto di Voltri (GE). Su questa arteria principale, e sulle sue varianti, si concentrano numerosi conflitti soprattutto nel tratto chiamato dell’Isorella. L’Isorella è una porzione di pochi chilometri della strada su cui ci sono molte risorse: mulini, alcune ferriere, boschi, cascine, cappelle campestri – tutti elementi questi che attribuiscono valore economico e politico all’area. La cartografia attribuisce a questa strada una notevole importanza: viene infatti disegnata come la strada principale oggetto dei maggiori investimenti, anche di manutenzione. Non è un caso se i cancelli per controllare la diffusione della peste del 1630 vengono disegnati proprio sul confine giurisdizionale della comunità di Ovada in corrispondenza della strada in questione, mentre non sono indicati sulle altre strade.
Nonostante questa sia ritenuta dalle istituzioni genovesi la strada principale, il collegamento con la Riviera è garantito anche da altri percorsi.
Sono attestate e disegnate alcune strade che si snodano attraverso il territorio di Tagliolo e Belforte lungo la valle del torrente Piota. Esse conducono alla località Capanne di Marcarolo e mettono in comunicazione Ovada con il porto di Voltri, Genova seguendo il percorso che si snoda nella Val Polcevera. Anche questa seconda strada, disegnata in concomitanza del corso del torrente Piota, è oggetto di una lite confinaria tra Lerma, Silvano e Tagliolo sull’utilizzo delle risorse idriche.
La già menzionata strada Pizzo di Gallo è al centro di vicende giurisdizionali che ruotano attorno alle prerogative di esenzione riconosciute su questa strada franca da parte di Belforte e di Tagliolo(Cfr. in Archivio di Stato di Torino (ASTo), Castello,Confini con Genova, Tagliolo con Ovada mazzo 1, Monferrato Province, mazzo 3 fasc. 3, Confini di Tagliolo con Ovada, con Polzevera, con Belforte, in part., Tagliolo con Ovada (parte prima) “Pizzo del Gallo” e Monferrato Feudi, mazzo 6, 1661 Relazione del Senatore Francesco Avellani). Buona parte delle localizzazioni o dei reati commessi in quest’area sono riconducibili alle controversie sull’esenzione. Anche le strade che da Ovada si dirigono verso la pianura alessandrina e verso la Riviera sono disegnate dai cartografi genovesi in quanto legate a localizzazioni di conflitti giurisdizionali in prossimità dei confini. Ne è un esempio la strada che costeggia, o forse più propriamente costituisce, il confine con Cremolino e che si snoda nella valle di Grillano.
Riassumendo, la cartografia descrive un luogo in cui l’attività politica ed economica non è concentrata solo nei centri in cui risiedono le istituzioni (quali la comunità o la parrocchia, dotate di relazioni formali e costanti con Genova), ma anche in uno spazio costituito da piccoli insediamenti sparsi attestanti importanti prerogative. Tali insediamenti sono in grado di rappresentare le prerogative del dominio della Repubblica nelle liti di confine e per questo hanno un ruolo centrale nel legittimare e attestare l’ambito di pertinenza delle istituzioni.
Le fonti ecclesiastiche risultano di notevole interesse per identificare lo spazio cultuale all’interno del territorio ovadese. Gli spazi cultuali ovadesi, ancora nel XVII secolo, non sono organizzati secondo i dettami dell’episcopato borromaico ma, anzi, disattendono il progetto centralizzante della Diocesi e sono invece composti da una pluralità di spazi devozionali oltre a quello della parrocchia.
Questa frammentazione emerge già nella prima relazione parrocchiale conservata nell’archivio vescovile di Acqui, che risale al 1638 e permette di rilevare alcune informazioni sulla giurisdizione parrocchiale ad Ovada. Sono censite la parrocchia, intitolata a N. S. Assunta, e solo tre oratori (AVA, Parrocchie, Ovada, Relazioni parrocchiali, F. 2, c. 1, f. 1). Quanto registrato dal parroco fornisce alcuni indizi importanti sulla sua reale capacità di gestire il territorio soggetto alla giurisdizione parrocchiale.
Nel 1643, il sacerdote Giacomo Cullia compila una relazione parrocchiale in cui censisce duemilacinquecento fedeli, il doppio di quelli censiti nel 1638. La parrocchia risponde a tutti i requisiti richiesti dal vescovo, è curata negli arredi e adorna di suppellettili.
Le cappelle campestri censite dal parroco e dipendenti dalla parrocchia sono solo quattro: la chiesa di S. Gaudenzio, antica pieve e sede dell’antica parrocchiale, la chiesa campestre di S. Bernardo, quella di S. Michele e quella dei Ss. Nazario e Celso.
Dalle relazioni compilate dal parroco, il numero relativamente basso di cappelle campestri censite suggerisce una certa compattezza del territorio parrocchiale e i culti dell’area sembrerebbero quindi organizzati attorno all’edificio parrocchiale.
Questa lettura è però contraddetta dalle altre carte dell’archivio vescovile, che conserva una documentazione specifica sulle cappelle campestri. Questa archiviazione nel fondo parrocchie in singoli fascicoli per ogni cappella, situazione riscontrata raramente per altre parrocchie della diocesi, può già essere considerato un indizio di autonomia.
Anche il fatto che le cappelle non siano registrate nelle carte delle visite parrocchiali indica una spiccata autonomia. Escludendo le chiese dei due conventi, quello dei cappuccini e quello dei domenicani, risultano presenti sul territorio della parrocchia altre tredici cappelle. Le cappelle di cui si ha notizia, tra XVI e XVIII secolo, sono: cappella di S. Lucia alla Costa di Ovada, di S. Luigi, di S. Giovanni Neponuceno, di S. Venanzio, della Via Crucis, della Madonna del Buon Consiglio, di N. S. della Guardia, della N. S. Concezione contro la peste, della masseria di Marzolo (cappella pubblica), dei domenicani (eretta nella loro tenuta), dell’oratorio di S. Giovanni Battista e della confraternita della SS. Trinità per il riscatto degli schiavi, dell’oratorio dell’Annunziata e della confraternita del Carmine, della confraternita di S. Bastiano e della compagnia della Buona Morte (AVA, Parrocchie, Ovada, F. 1, c. 1, f. 8; F. 4, c. 1, f. 4-7 e 10-12; F. 4, c. 3, f. 1; F. 5, c. 1-3; F. 8, c. 1, f. 1). Questa grande proliferazione di centri cultuali esterni alla parrocchia descrive una frammentazione dello spazio cultuale in cui va colta una propensione all’autonomia anche se non necessariamente alla contrapposizione ad essa. Solo così si spiegano le uniche divergenze in materia devozionale che si riscontrano tra i parroci e gli ordini religiosi, mentre non si hanno attestazioni di conflitti nelle cappelle campestri o in piccoli centri abitati in cui ci si aspetterebbe un conflitto tra il clero secolare delle parrocchie e quello che officia nelle cappelle campestri. È presente pertanto un investimento devozionale decentrato.
Oltre alla parrocchia, nel 1647 viene eretta la compagnia del Suffragio, nel 1651 quella del Rosario e nel 1706 quella della Madonna del Carmine (AVA, Costa di Ovada Parrocchia di N. S della Neve, F. 1, c. 1. Relazioni parrocchiali).
Per comprendere appieno le vicende di luoghi come quello di Ovada così frammentato e di difficile aggregazione è interessante osservare le vicende del parroco della Costa di Ovada alle prese con un società locale che mal tollerava ingerenze esterne come i dettami vescovili. Una volta ottenuta la licenza per erigere la parrocchia, le due famiglie principali di Costa, i Torriello e i Grillo, tentano di svincolarsi dal parroco per creare centri cultuali più autonomi. La relazione parrocchiale del 1658 scritta dal parroco di Ovada Giacomo Francesco Bruno è molto eloquente: “La chiesa pare una stalla e tutti quelli che vi abitano voltano le spalle dicendo che tocca alla comunità et che essi non fanno comunità, essendo sotto il Comune di Ovada. In particolare non vogliono e non si vogliono tassare di cosa alcuna. La compagnia del Santissimo è povera e non ha reddito alcuno. Per la neve questo inverno si è rotto un trave sopra il coro e circa 60-70 coppi che nessuno ha intenzione di riparare. Adesso si è deciso di costruire una casassa o oratorio contiguo alla chiesa per officiare le funzioni e fare il suo officio. Come è stato decretato nell’anno 1653” (AVA, Costa di Ovada Parrocchia di N. S della Neve, F. 1, c. 1. Relazione parrocchiale 1658). La parrocchia inoltre ha due cappelle campestri una intitolata a S. Gottardo e l’altra a S. Rocco. A partire dalla fine del XVII secolo si ha notizia dell’oratorio dei disciplinanti intitolato a S. Fermo.
Lo scontro tra parroco e parrocchiani si inasprisce dopo la proposta, rifiutata, di costruire una nuova chiesa parrocchiale e di ripristinare la vecchia come oratorio. In seguito a questa vicenda il parroco non fornisce la licenza per iniziare i lavori dell’oratorio.
Il risvolto interessante della vicenda è che gli uomini della Costa, qualora il parroco si rifiuti di dare la licenza, si rivolgeranno al Senato della Repubblica che gli concederà ogni cosa. L’appoggio incondizionato della Repubblica agli uomini della Costa sembra dettato da un progetto di consolidamento della frontiera settentrionale in prossimità dei passi vicini alla Costa. I presidi su quelle strade e su quei valichi si erano rivelati strategici nella guerra del 1625.
Ovada risulta essere per lungo tempo un dominio feudale della Repubblica di Genova. Le antiche consuetudini di origine feudale sono utilizzate nella dialettica politica fino al XIX secolo. Le esenzioni e le speciali franchige godute dagli ovadesi vengono ancora chiamate in causa nelle dispute di metà ottocento relative all’organizzazione in province del Regno d’Italia.
I mutamenti amministrativi più significativi non avvengono tra il XII e il XVI secolo quando Ovada alternativamente si trova sotto il dominio del Ducato di Milano e della Repubblica di Genova ma a partire dal 1528 quando risulta stabilmente un dominio della Repubblica. Nel 1576 il Senato della Repubblica e separa i territori di Ovada e Rossiglione dal vicariato di Gavi concedendo ad Ovada un pretore e istituendo così la podesteria. Nel 1664 viene istituito il capitanato di Ovada con giurisdizione sui territorio dell’antica podesteria, circa 80 kmquadrati comprendenti i territori delle comunità di Ovada e Rossiglione.
Fino alla dominazione francese il territorio ovadese resta pressoché immutato. A livello istituzionale invece nel XIX secolo, dopo la permanenza di Ovada nel dipartimento di Genova, avvengono alcuni significativi cambiamenti amministrativi mirati a ricontestualizzare Ovada in una diverso contesto produttivo. Forse in ragione di una valorizzazione della vocazione agricola dell’area, da una relazione stretta con la Riviera si tenta di inserire Ovada in un contesto industriale e produttivo più orientato verso la pianura, l’acquese e l’alesssandrino. Nel 1815, in seguito all’annessione del territorio della Repubblica di Genova al Regno di Sardegna, viene istituito il Circondario e la Provincia di Genova che sostituisce il dipartimento. Ovada viene scorporata da Genova e aggregata alla provincia di Alessandria. Nel 1817 viene da essa distaccata e inserita nella provincia di Acqui per essere nel 1859, successivamente e definitivamente, integrata nuovamente con la stessa Acqui nella provincia di Alessandria. Il consiglio comunale già nel 1816 richiede di essere aggregato al Ducato di Genova vantando ragioni storiche, culturali e fiscali. Nel 1831 e 1832 il consiglio richiede ancora invano che il mandamento di Ovada venga aggregato alla Provincia di Genova. Nel 1848 il ministro dell’agricoltura l’ovadese Domenico Buffa promuove la causa ovadese ma senza risultati (cfr. corrispondenza archivio Buffa in Accademia Urbense Ovada). Nel 1859 il ministro Rattazzi rende esecutivo il suo piano di razionalizzazione delle province e Ovada. Le lettere di protesta dei sindaci e del consiglio comunali ovadesi accusano i politici locali (in particolare Buffa) di non aver saputo difendere le loro richieste ovadesi dimostrandosi troppo deboli nelle discussioni politiche che determinarono gli assetti attuali (come aveva invece fatto l’alessandrino Rattazzi). Tra i criteri del piano di razionalizzazione di Rattazzi c’erano senza dubbio la vocazione agricola dell’area e soprattutto le infrastrutture di comunicazione tra i centri urbani. I politici ovadesi, al momento dello scorporo della provincia di Acqui, non riuscirono a rivendicare un’appartenenza genovese forse anche perché la discussione sul destino della provincia di Acqui prevedeva solo due direzioni: o confluire nella provincia di Savona o di Alessandria. Genova rimase estranea a queste vicende e le richieste ovadesi non vennero quindi accolte.