Coazzolo

AutoriMorandini, Cesare
Anno Compilazione2005
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Asti.
Area storica
Astigiano.
Abitanti
300 (ISTAT 2001), 306 (SITA 2004).
Estensione
4,12 Kmq (ISTAT 2000).
Confini
Castagnole Lanze, Neive, Mango, Castiglione Tinella.
Frazioni
Non sono presenti frazioni amministrative.
Toponimo storico
“Covazolio” nel tardo ‘200 (AST corte, Provincia di Asti, m. 11, Coazzolo, n. 19, 1287, 20 aprile, Giuramento di fedeltà, con ricognizione passata da Pietro da Becco, e Pietro da Capo Villa verso Raimondo Cacherano sig. di Coazzolo per diversi beni ivi specificati situati nelle fini di d. luogo di Coazzolo, Neive, e Castagnole delle Lanze).
Diocesi
Collocata nella zona di confine tra le diocesi di Alba, di Asti e l’antica enclave appartenente a Pavia; compresa da sempre in quella di Alba come le terre al di qua del corso del Tinella fino alla foce del Belbo [Conterno 1986, pp. 92-93, p. 147].
Nelle Constitutiones Synodales del vescovo Isardi della diocesi di Alba del 1323 manca qualunque citazione di Coazzolo, anche se la linea del confine della diocesi (Castiglione Tinella, Neive, Castagnole Lanze), appunto, la comprenderebbe. Il Conterno, ponendo in evidenza l’assenza di Coazzolo e di altre ecclesiae dell’area, ipotizza fondatamente che dovesse trovarsi nel secondo foglio, mancante, del manoscritto detto “di Guarene” recante le Constitutiones [Conterno 1986, pp. 96-97]. In questo l’ipotesi è supportata dal fatto che comunque la chiesa di Coazzolo viene citata in un documento successivo (segnatamente il Minutario di Alerino relativo agli anni 1439-1442) proprio nel gruppo territorialmente compatto delle chiese mancanti nelle Constitutiones [Conterno 1986, n.74, p. 124-125]. Nel primo ‘700 è appieno appartenente all’area albese, facendo parte sia di Provincia che Diocesi. Nel secolo XIX è ormai tornata la doppia appartenenza: nella diocesi di Alba ma nella provincia amministrativa di Asti [Casalis, p. 284, Coazzolo d’Asti].
Pieve
Non è mai segnalata alcuna pieve coazzolese. Attestata l’appartenenza della chiesa locale alla diocesi di Alba nell’alto Medioevo, rimane la questione di quale potesse essere il suo plebatus di dipendenza. Il Conterno ipotizza in Cortemilia, Castino, Cossano Belbo, Castagnole Lanze le possibili sedi di plebato delle chiese mancanti nel manoscritto delle Constitutiones synodales del vescovo Isnardi. Coazzolo verosimilmente – per contiguità territoriale – potrebbe appartenere alla plebs di Castagnole Lanze [Conterno 1985, nn.74-82].
Nel secolo XIX la Parrocchiale di San Siro appare officiata dai confratelli disciplinanti di S.Giovanni Battista, dunque senza la presenza stabile di un sacerdote, probabilmente a motivo del basso numero i abitanti [Casalis, p. 284, Coazzolo d’Asti]. La parrochia è oggi priva di parroco titolare, ma è amministrata in solidum dai parroci delle due parrocchie di Castagnole Lanze.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Non attestate.
Assetto Insediativo
Coazzolo emerge nel XIII secolo come castrum posto a guardia della valle del torrente Tinella, nell’estremità meridionale del posse di Asti. Fin da quell’epoca, però, si manifesta anche la presenza di un “caput villae” che appare altro rispetto all’insediamento radiale – pur presente – attorno al castello. Il “caput villae” è centro di riferimento di un’organizzazione del territorio articolata in più contrade: una villa covazolii soto cui si cela un’organizzazione spazialmente articolata che si pone all’attenzione documentaria notarile e feudale come seconda polarità dopo il castrum. In tale definizione bipolare a perdere vigore è la natura di Coazzolo come luogo unitario, e parallelamente come feudo [AST di Corte, Provincia di Asti, m. 11, Coazzolo, n. 19, “1287, 20 aprile, Giuramento di fedeltà, con ricognizione passata da Pietro da Becco, e Pietro da Capo Villa verso Raimondo Cacherano sig. di Coazzolo per diversi beni ivi specificati situati nelle fini di d. luogo di Coazzolo, Neive, e Castagnole delle Lanze]. Un simile esito parrebbe giustificato dalla particolare esiguità territoriale complessiva, e dallo scarso rilievo economico delle sue risorse.
Con il trascorrere dei secoli Coazzolo perde tale sua natura articolata in contrade, semplificandosi nell’assetto del borgo unico e compatto, sia per la scomparsa – perché probabilmente distrutto nelle guerre cinquecentesche – del castrum come eminenza polare del territorio, sia per il declino demografico che culmina nel’700 [B.R.T., Relazione generale dell’ Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753, f. 93v.].

 
Luoghi Scomparsi
Non attestati.
Comunità, origine, funzionamento
A dispetto dell’identità bipolare duecentesca (cfr. voce precedente), la comunità di Coazzolo non mostra un rilievo politico tale da costituire una controparte all’elemento feudale. Esiste sulla base della gestione di relativamente ampi beni comunitativi, ma nei documenti la definizione giuridicamente qualificante ma astrutturata “homines” prende sempre il posto di “communitas”, che comporterebbe il riconoscimento di una struttura politica. L’insignificanza politica comunitativa si evince anche da altri elementi. La comunità manca, ancora ad inizio ‘700, di un luogo specificatamente adibito alle riunioni [AST camerale, art. 737/1, Consegne delle comunità 1700 in 1716, n. 295, Quazzolo, ff. 70-71-72]. I primi consegnamenti dei beni della comunità sono abbastanza tardi, e risalgono al ‘700 [AST camerale, Indice Consegnamenti art. 737/1, n. 295 f. 70, 1715, 7 giugno, Consegnamento della comunità di Coazzolo, provincia d’Alba; n. 747, f. 109; 1715, 31 luglio, Consegnamento della medesima per beni, e pascoli nel di lei territorio]. L’Intendente settecentesco, poi, evidenzia la mancanza di liti sia tra elemento comunale e feudale che a carattere territoriale con terzi [B.R.T., Relazione generale dell’ Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753, f. 93v.]. In Età moderna, infine, i due poteri risultano letteralmente sovrapposti: l’elemento comunitativo appare per tradizione come una semplice appendice del potere feudale. I Cacherano occupano di diritto un posto da consigliere, e i due sindaci appartengono alla piccola nobiltà della loro cerchia. Nell’800 la poltrona di sindaco di Coazzolo spetta esplicitamente al feudatario [AST corte, Paesi per A e B, “C”, m.63, n. 1, 1828, Dispensa al sig. conte Cacherano della Rocca dal sindacato di Coazzolo].
Statuti
Non v’è traccia della produzione autonoma di Statuti.
Catasti
In Archivio comunale non sono conservati catasti antichi. Nella Relazione dell’Intendente del 1753 si afferma che “la comunità (…) resta in necessità di far procedere alla misura generale di tutto il territorio per poter riformare li cadastri, i libri di Transporti che più non servano per essere confusi e mal tenuti”: un riferimento dunque all’uso di catasti forse ancora seicenteschi, o più antichi ancora [B.R.T., Relazione generale dell’ Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753].
Ordinati
Non sono conservati ordinati antichi. La documentazione nell’Archivio comunale di Coazzolo relativa all’attività del Consiglio comunale risale alla metà dell’800.
Dipendenze nel Medioevo
Nel tredicesimo secolo Coazzolo appare infeudata alla famiglia astese dei Cacherano [AST corte, Provincia di Asti, m. 11, Coazzolo, n. 19, 1287, 20 aprile, Giuramento di fedeltà, con ricognizione passata da Pietro da Becco, e Pietro da Capo Villa verso Raimondo Cacherano sig. di Coazzolo per diversi beni ivi specificati situati nelle fini di d. luogo di Coazzolo, Neive, e Castagnole delle Lanze] i quali probabilmente già all’epoca prestavano omaggio alla città stessa per il loro feudo. Il posse astese si estendeva in effetti nel tredicesimo secolo “in valle tinelle usque ad trezium”, ovvero fino a Trezzo Tinella, a Sud di Coazzolo e dunque verosimilmente comprendendolo. All’epoca, però, Coazzolo non compare in alcun modo come “villa” o semplice “locus” o “castrum” [Ogerii Alferii, § 51, p.67]. Non vi sono attestazioni della partecipazione, precedente all’infeudazione, degli uomini di Coazzolo al cittadinatico astese come parte del locus novus di Castagnole Lanze, finitima a Coazzolo [Bordone 2001].
Nel 1379 “Covazolio” compare esplicitamente come membro del posse astese, su cui la città ha piena giurisdizione: “quod infrascripte ville castra et loca intelligantur de posse asten” [Rubrice statutorum civitatis Ast, cap. 44]. In quanto feudo del comune astese, passa con tutto il posse della città sotto il dominio dei Visconti. I Cacherano dunque ad essi prestano omaggio per il castrum di Coazzolo e per Castagnole Lanze nel 1372 e 1379, con amplissime giurisdizioni, e sempre esibendo gli obblighi nei confronti di Asti [AST corte, Provincia di Asti, m. 11, Coazzolo, 1372, 28 settembre, Ordine di Galeazzo Visconti di Milano per l'immissione in possesso di Petrino Cacherano della porzione del castello e luogo di Coazzolo, che altrevolte era del fu Guglielmo di lui padre; 1379, 18 luglio, Investitura concessa da Gio Galeazzo Visconti di Milano a favore di Petrino Cacherano del castello, luogo, giurisdizione, beni e redditi feudali di Coazzolo].
Il centro segue dunque le vicende del Contado astese. Quest’ultimo viene diviso in due parti dal duca di Milano Gian Galeazzo Visconti, per costituire la dote alla figlia Valentina per il suo matrimonio con Luigi di Valois nel 1386. Nella dote, e dunque nel gruppo di terre che passano agli Orléans non appare citata Coazzolo, anche se è invece compreso un altro feudo dei Cacherano, Moasca [Gnetti 1992-93, p. 79]. Nel 1409 concede però investitura per Coazzolo e Moasca ai fratelli Raffaele, Petrino e Domenico Cacherano il governatore di Asti, per conto di “Carlo duce aurelianense”, il figlio di Valentina e Luigi: segno dunque che comunque Coazzolo era stata considerata tra le terre orleanesi [AST corte, Provincia di Asti, m. 11, Coazzolo, 1409, 6 luglio, Investitura concessa dal duca Carlo d'Orleans sig. d'Asti, a favore di Raffaele di Pietro, e Petrino e Domenico fu Giovanni Cacherani, de castelli, luoghi, giurisdizioni, beni, e redditi feudali di Coazzolo, e Moasca].
Carlo d’Orléans, prigioniero ad Azincourt nel 1414, sarà in carceri inglesi fino al 1431, ed in quel periodo le terre dotali orléanesi sono sotto la reggenza di Filippo Maria Visconti, duca di Milano, fratello di Gian Galeazzo [Nebbia 1995, p. 77; AST corte, provincia di Alba, m. 5 “Coazzolo”, Investitura concessa dal Conte delle virtù Luogotenente Generale del duca d’Orleans a favore di Raffaele Cacherano cittadino d’Asti, consignore di Coazzolo, e Noasca, tanto a suo nome che di Domenico, e Petrino Cacherani suoi nipoti delle luoghi di Coazzolo, e Noasca, Giurisdizione, Beni, e redditi dalli medesimi alla forma delle precedenti delli 10.1.1416 dei castelli, giurisdizione, mero e mmisto imperio, diritti, ragioni, accensioni, e dipendenze].
Feudo
Nel tredicesimo secolo Coazzolo è infeudata alla famiglia astese dei Cacherano, i quali probabilmente prestavano già omaggio alla città stessa per il feudo, come avverrà esplicitamente in seguito. I Cacherano operano delle ampie sottoifeudazioni in enfiteusi [AST corte, Provincia di Asti, m. 11, Coazzolo, n. 19, 1287, 20 aprile, Giuramento di fedeltà, con ricognizione passata da Pietro da Becco, e Pietro da Capo Villa verso Raimondo Cacherano sig. di Coazzolo per diversi beni ivi specificati situati nelle fini di d. luogo di Coazzolo, Neive, e Castagnole delle Lanze].
L’investitura ai Cacherano appare indivisa, per “castello, giurisdizione, beni, redditi e ragioni” fino alla metà del ‘500 [AST camerale, Indice dei feudi, n. 307, pp. 968v.-970, 1516, 23 agosto, Annibale de’ Cacherani, Investitura del castello, giurisdizione, beni, redditi e ragioni; 1524, 24 maggio, Annibale de’ Cacherani, Investitura per castello, giurisdizione, beni, ragioni e redditi; 1531, 14 maggio, Giovanni Cacherano; 1561, 26 maggio, Gio Francesco et Ottaviano fratelli Cacherani, Investitura per giurisdizione, beni e ragioni], poi per due distinte linee di fratelli, di cui una è contraddistinta dal cognome Cacherano Osasco, quella del Gran Cancelliere di Savoia Ottaviano, protagonista, per questo come per altri suoi feudi – Rocca d’Arazzo, ad esempio – di una gestione energica delle contrapposizioni nelle liti con le comunità confinanti [A.S.T. di corte, paesi AB, “A”, n. 37, 1 settembre 1578, Transazione fattasi tra la comunità di Azano e quella di Rocca d'Arazzo nella questione tra esse insorta circa la spettanza di un terreno alluvionale formatosi nel fiume Tanaro]. Tra il 1575 e il 1581 scompare la citazione del castello nelle infeudazioni, probabilmente perché distrutto o reso inutilizzabile dal punto di vista militare. [1565, 16 giugno, Ottaviano Cacherano Osasco, Investitura per porzione del feudo, castello, beni e ragioni; 1575, 26 febbraio, Ottaviano Cacherano Osasco, Investitura per metà del castello, giurisdizione, beni e redditi e ragioni; 1581, 28 maggio, Carlo Cacherano. Investitura per porzione del Feudo, beni redditi e ragioni; 1617, 22 aprile, Emanuel Cacherano, Investitura, porzione del feudo, ragioni e redditi].
Nel 1605 il padre del conte Ottaviano Osasco attua il consegnamento dei beni feudali, ma “in confuso, senza espressione di siti, misure, e coerenze, e tampoco il numero delle giornate”. Nel 1625 Giovanni Gaj, “commissario ordinario delle recognitioni de’ beni feudali per SM nel Contado d’essa città et marchesato di Ceva” ordina la consegna dei beni, entro 20 giorni. Tale consegna non avviene, e la porzione del feudo viene ridotta alla Regia Camera. Il conte torna nel possesso del feudo solo dopo adeguata consegna dei beni [AST camerale, Consegnamenti art. 737/1, Coazzolo in Asteggiana, 1605, 13 febbraio, Carlo Osasco Cacherano, consegnamento del feudo, giurisdizione, beni, rediti e ragioni; AST camerale, art. 749, m. 56, n. 1, 1625, Atti fatti dal commissario delle recognitioni nell’Asteggiana Gaii contro l’Ill.mo sig. conte Ottaviano Osasco; AST camerale, Indice dei feudi, n. 307, pp. 968v.-970, 1627, 9 ottobre, Ottaviano Osasco Cacherano, investitura. Per porzione del feudo, beni e ragioni].
Dal 1729 una porzione del feudo passa nelle mani dei Milanesio. In quell’occasione, per la prima volta, l’infeudazione è associata esplicitamente al titolo comitale, anche se già nel 1625 Ottavio Osasco Cacherano si fregiava del titolo di conte [AST camerale, Patenti Controllo Finanze, 1729, 2 dicembre, Coazzolo, luogo di. Infeudazione di d. luogo con titolo comitale a favore del Vassallo Francesco Milanesio, Patenti 6, 171]. Proprio il titolo comitale è però oggetto di contestazione trent’anni dopo da parte del procuratore generale di Sua Maestà. Questi infatti non intende riconoscerlo a Giovanni Emiliano della Sala, che ha acquistato il feudo. Nonostante l’esibizione di vari diplomi imperiali, il diritto al titolo non viene riconosciuto, e praticamente revocato. [AST corte, Paesi per A e B, Coazzolo, m.63, n. 4, 27 novembre 1752, Parere del proc. generale conte Maistre sul ricorso del vassallo Gio Emiliano della Sala per essere decorato del titolo comitale nell'investitura che deve ricevere del feudo di Cuazzolo e di porzioni de' feudi della Sala, e di Casstelletto Merli in Monferrato].
Mutamenti di distrettuazione
Nel 1529 il trattato di Cambrai assegna Asti ed il suo territorio, già degli Orléans, a Carlo V, il quale ne fa dono a Beatrice del Portogallo, moglie del duca sabaudo Carlo III [Nebbia 1995, p. 79]: Coazzolo entra dunque a far parte degli stati dei Savoia. Ne è testimonianza l’inizio della serie delle infeudazioni sabaude agli Osasco-Cacherano [AST camerale, Indice dei feudi, n. 307, pp. 968v.-970].
La sua posizione di confine tra l’area di Alba e quella di Asti, nonché la diversa appartenenza religiosa (Alba) e storico-amministrativa (Asti) hanno fatto in modo che Coazzolo, in Età moderna, oscillasse tra le due provincie. Nel 1684 Coazzolo compare ancora nei registri della provincia di Asti, mentre nel 1703 è in quelli della provincia di Alba. Nella Perequazione del 1721 viene misurata all’interno della provincia albese, per tornare poi successivamente ad Asti [AST camerale, Consegnamenti art. 737/1, Coazzolo in Asteggiana, 1684, 26 giugno, Ottavio Cacherano Osasco, metà del feudo, beni e redditi (prov. Asti); 1703, 9 giugno, Ottavio Cacherano Osasco, porzione di feudo, redditi, ragioni e beni (provincia d’Alba)].
     In anni recenti ha aderito alla Comunità delle colline tra Langhe e Monferrato.
Mutamenti Territoriali
Nel censimento del 1933 il comune di Coazzolo risulta soppresso, ed i suoi abitanti accorpati a quello di Castagnole Lanze [VII Censimento generale della popolazione, 21 aprile 1931, vol. II, Comuni e frazioni di censimento, Italia Settentrionale, Provincia di Alessandria, Roma 1933]. Riprende la sua esistenza nel secondo dopoguerra, ma con il territorio leggermente ridotto, passato da una superficie di 432 ettari agli attuali 412.
Comunanze
I beni della comunità all’inizio del ‘700 appaiono piuttosto consistenti, se commisurati con l’esiguità del teritorio coazzolese. Si tratta essenzialmente di due nuclei ben definiti sul territorio, ed individuati nella sua parte meridionale lungo il confine con Mango: evidentemente i resti di una - probabilmente ancora più ampia - regione comune mediovale compatta. Il principale è un bosco in regione Rocca – già conosciuta a fine ‘200 come luogo di territori concessi in enfiteusi dal feudatario - che contiene un gerbido. Si tratta di una lunga striscia di terreno di ben 18 giornate. Sulla parte collinare più alta del territorio, nella regione Vinaia - la duecentesca regione “Vignatiis” - un bosco con gerbido, della consistenza di metà della precedente; un esiguo gerbido in regione Prato Rotondo nonché un “ripazzo” con 23 piante di “moroni” (gelsi), affittato annualmente per 3 o 4 lire coerente la chiesa parrocchiale, completano il panorama [AST camerale, art. 737/1, Consegne delle comunità 1700 in 1716, n. 295, Quazzolo, ff. 70-71-72].
La gestione comunale è nel ‘700 evidentemente carente: i pascoli comuni non vengono affittati ai particolari, e la comunità non ne pecepisce alcun reddito; inoltre il pascolo diminuisce il valore dei boschi limitrofi o frammisti al pascolo, per la mancanza di una disciplina dello sfruttamneto comune [AST camerale, 2° archiviazione, capo 21, n. 84 “Province di Alba, immuni e comuni” (mazzo unico n. 84-87), “Coazzolo”; “Alba, Consegna immuni e comuni”, n. 72, f. 90 Coazzolo].
Nel corso della Restaurazione si verifica l’erosione dei beni antichi, con cessioni ai privati usurpanti, nonostante le rimostranze degli abitanti delle borgate [AST corte, Paesi per A e B, C, m.63, n. 4, Coazzolo comune. Opposizione alla vendita di una cascina di sua proprietà. 1837].
Liti Territoriali
Non attestate. Nella relazione dell’Intedente si fa cenno peraltro ad un bassissimo tasso di conflittualità territoriale.
Fonti
ASCC (Archivio storico del comune di Coazzolo) (l’archivio non è inventariato, e contiene documenti amministrativi dalla metà ‘800 in poi)
AST corte, Paesi per A e B, “C”, m.63, “Coazzolo”; “A”, n. 37, 1 settembre 1578, Transazione fattasi tra la comunità di Azano e quella di Rocca d'Arazzo nella questione tra esse insorta circa la spettanza di un terreno alluvionale formatosi nel fiume Tanaro
AST corte, Provincia di Asti (inv. n. 18), m. 11, Coazzolo
AST corte, Provincia di Alba (inv. n. 17), m. 5 “Coazzolo”AST camerale, art. 749, m. 56, n. 1 1625, Atti fatti dal commissario delle recognitioni nell’Asteggiana Gaii contro l’Ill.mo sig. conte Ottaviano Osasco
AST camerale, art. 737/1, Consegne delle comunità 1700 in 1716, n. 295, Quazzolo, f. 70-71-72
AST camerale, 2° archiviazione, capo 21, n. 84 “Province di Alba, immuni e comuni”, mazzo unico n. 84-87, “Coazzolo”
AST camerale, 2° archiviazione, capo 21, Alba, Consegna immuni e comuni, n. 72, f. 90, “Coazzolo”
AST camerale, Indice dei feudi, n. 307, pp. 968v.-970, “Coazzolo”
AST camerale, Consegnamenti art. 737/1, “Coazzolo in Asteggiana”
AST camerale, Indice Consegnamenti art. 737/1, n. 295 f. 70, 1715, 7.06, Consegnamento della comunità di Coazzolo, provincia d’Alba, n. 747, f. 109; 1715, 31.07, Consegnamento della medesima per beni, e pascoli nel di lei territorio, 1720, Consegnamento del conte Pietro Ignazio Caroccio Fiochetto, n. 404 f. 72, 1757, 27.04, Consegnamento di d. Michele Calza di un molino nel territorio del luogo suddetto
AST camerale, Atti per feudi, art. 749, m. 56, “Coazzolo”, 1625, Atti sr. Patrimoniale contro ill. s.r conte Ottaviano Osasco, per dover consegnare, e far fede de titoli, et investiture de’ beni, redditi, e ragioni feudali da esso tenuti nel luogo e territorio di Coazzolo, sotto pena di riduzione
AST camerale, Patenti Controllo Finanze, 1729, 2.12 Coazzolo, luogo di. Infeudazione di d. luogo con titolo comitale a favore del Vassallo Francesco Milanesio, Patenti 6, 171
B.R.T., Relazione generale dell’ Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753
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Descrizione Comune
Coazzolo
     Il territorio di Coazzolo nel ‘200 è caratterizzato da un “posse” articolato in più generici luoghi, indicati con un toponimo. [AST di Corte, Provincia di Asti, m. 11, Coazzolo, n. 19, “1287, 20 aprile, Giuramento di fedeltà, con ricognizione passata da Pietro da Becco, e Pietro da Capo Villa verso Raimondo Cacherano sig. di Coazzolo per diversi beni ivi specificati situati nelle fini di d. luogo di Coazzolo, Neive, e Castagnole delle Lanze]. Questi a loro volta appaiono appartenenti per così dire a due classi. Vi sono innanzitutto i luoghi semplici prediali, usati per localizzare proprietà agricole, identificati dai nomi relativi a caratteristiche del terreno (Ronchi, Vallegià, Valzer, Monte de Scapita, Vignatiis, Ad Boschum commune). Vi sono poi luoghi in varia misura abitati, riconoscibili nel toponimo da riferimenti a presenze edili di diverso genere - Ad Rocham, Capite villae, Cortixellos, Ad Sanctum Martinum, Valder ad sanctum (…). All’interno di questo gruppo, infine, spiccano i luoghi cui è associata l’apposizione “contrata” (Cencurea, Ad Rocham, Capite Villae, Ad Sanctum Martinum) che indica la presenza di un insediamento agglomerato, o meglio, una entità micropolitica cellulare, probabilmente basata sul lignaggio.
Non sono noti documenti a proposito dell’incastellamento di Coazzolo. Il castello controlla la valle Tinella, ma non è direttamente da porre ad origine dell’insediamento. Solo una contrada è quella attorno al castello (“ad Rocham”); non è la principale in quanto a presenza umana, e non è nemmeno la sede della comunità, al contrario di un’altra “contrata” di dignità superiore, data la sua qualifica esplicita di “caput villae”, dalla prima fisicamente separata. La struttura insediativa – e larvatamente politica - è dunque esplicitamente basata sulla cellula della contrada, e non su quella della comunità articolata o della “villa”, a conferma delle intuizioni della storiografia più recente [Torre 2002, pp.456-458].
Nei secoli successivi tale articolazione si perde a poco a poco, agevolata anche dall’inerzia delle definizioni burocratiche. Rimane però una peculiarità evidente. Parlando di Coazzolo per infeudazioni, giuramenti di fedeltà o consegnamenti, risulterà di prassi indicarne la totalità non come “luogo”, o come “castello e luogo” o “castello e territorio”, ma come “castello e villa”. Evidentemente il territorio coazzolese risultava già prima della settecentesca Relazione dell’Intendente – che porrà in evidenza tali caratteri - particolarmente esiguo sia dal punto di vista quantitativo che della qualità dei terreni, ed in tale panorama la presenza di un insediamento agglomerato separato dalla rocca appariva la qualità saliente del feudo. A destare curiosità è infatti l’enfasi (“in villa covazolii”) sull’abitato distinto dal castello, parlando comunque, in tutti i secoli, di un grappolo di poche case, laddove altrove, in circostanze paragonabili a questa, l’enfasi scivola invece sul territorio. Si veda ad es.: "castris covazzoli (...), villae, hominum, iurisdictionis, meri et mixti imperii…” [AST corte, Provincia di Asti, m. 11, Coazzolo, 1372, 28 settembre, Ordine di Galeazzo Visconti di Milano per l'immissione in possesso di Petrino Cacherano della porzione del castello e luogo di Coazzolo, che altrevolte era del fu Guglielmo di lui padre], “castrum et villa covazolii", e solo in un caso “castro, villa, territorio et posse covazolii” [1379, 18 luglio, Investitura concessa da Gio Galeazzo Visconti di Milano a favore di Petrino Cacherano del castello, luogo, giurisdizione, beni e redditi feudali di Coazzolo].
Sull’altro versante, come si accennava, è attestato il rilevo di un territorio particolarmente infruttuoso. La Relazione settecentesca dipinge la situazione di un terreno agricolo genericamente “di sua natura sterile ed infecondo” che costringe gli agricoltori all’emigrazione stagionale. Si tratta di appezzamenti in “mala situazione”, “in alpestri e rapidi colli ed in profonde ed arenose valli”. I gerbidi lasciati al pascolo sono anch’essi “infecondi e sterili d’erbaggio”, ed i boschi servono soltanto “per il foccaggio degl’Abbitatori che li possedano”, ossia non danno spazio a nessuna attività remunerativa.
Sempre nella Relazione risulta ormai definitivamente appiattita – probabilmente anche per la diversa prospettiva comparativa provinciale - l’articolazione duecentesca dell’assetto insediativo nelle diverse “contrate”: Coazzolo è infatti “unito e non diviso in borgate” [B.R.T., Relazione generale dell’ Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753, f. 93v.].
Un ruolo non di secondo piano in tale appiattimento della struttura insediativa deve averlo giocato l’impoverimento demografico, che pare avere avuto il suo culmine nel ‘700. Proprio tale vicenda è degna di nota, per le sue evoluzioni nell’Età contemporanea. Coazzolo nel 1828 raggiungeva a stento i trecento abitanti [AST corte, Paesi per A e B, C, m.63, n. 1, 1828, Dispensa al sig. conte Cacherano della Rocca dal sindacato di Coazzolo], già cresciuti di un 30% vent’anni dopo (388 nel Censimento della popolazione del 1838, 387 dieci anni dopo), e saliva a 552 al Censimento del 1881. La tendenza alla crescita culmina con il nuovo secolo, segnando il massimo dei due secoli nel 1901 con 660 abitanti. Si inverte infatti nel 1911, con 638, che scendono a 571 nel 1921.
Oggi, per l’estrema esiguità della popolazione, Coazzolo ha stretto legami sempre più forti con il ben più consistente centro di Castagnole Lanze, sulla sponda opposta del Tinella, cui tra l’altro Coazzolo è già stato accorpato in epoca fascista. La stessa amministrazione della parrocchia è svolta “in solidum” dai parroci di Castiglione, sotto il coordinamento di un “moderatore”.
A dispetto della polarità castello-villa riconosciuta nel tardo ‘200, la Comunità coazzolese ha sempre avuto una presenza politica debolissima. Nelle infeudazioni trecentesche non viene però mai citata una qualche “communitas”, ma soltanto gli “homines”. La sua sussistenza pare legata esclusivamente alla gestione dei beni territoriali comuni. Fin dai documenti duecenteschi (1287) il piccolo feudo evidenzia un “boschum comune covazolii”. I primi consegnamenti dei beni della comunità sono abbastanza tardi, e risalgono al ‘700 [AST camerale, Indice Consegnamenti art. 737/1, n. 295 f. 70, 1715, 7 giugno, Consegnamento della comunità di Coazzolo, provincia d’Alba; n. 747, f. 109; 1715, 31 luglio, Consegnamento della medesima per beni, e pascoli nel di lei territorio]. L’insignificanza politica di una struttura politica comunitativa si evince anche dal fatto che non sono registrate liti tra elemento comunale e feudale, così come – è l’indicazione anche della Relazione settecentesca - dall’inesistenza nei secoli di liti territoriali di rilievo, che potessero suscitare una consistenza politica comunale a sostegno contro terzi o di argine a difesa dei beni comuni. Tutto questo, a dispetto della collocazione potenzialmente “calda” di Coazzolo: appartenente sotto il profilo religioso alla diocesi di Alba ma politicamente al posse, e all’amministrazione provinciale poi, della lontana Asti.
In questa debolezza della comunità rispetto all’elemento feudale trova probabilmente le sue radici tradizionali la vera e propria sovrapposizione moderna dei due poteri. All’inizio del ‘700 l’elemento comunitativo appare come una semplice appendice del potere feudale. I Cacherano occupano di diritto un posto da consigliere, e i due sindaci appartengono alla piccola nobiltà della loro cerchia. In quell’occasione la comunità è priva di una sede per le riunioni abituali, e si raduna “sotto il forno” “luogo solito congregarsi” per il Consiglio [AST camerale, art. 737/1, Consegne delle comunità 1700 in 1716, n. 295, Quazzolo, ff. 70-71-72].
I beni della comunità all’inizio del ‘700 appaiono piuttosto consistenti, se commisurati con l’esiguità del teritorio coazzolese. Sono tutti “antichi”, ossia di derivazione originaria medievale, e “immuni”, ovvero non sottoposti ad alcuna tassazione prediale, e di uso comunitativo. Risultano elencati nei catasti comunali. Si tratta essenzialmente di due nuclei ben definiti sul territorio, ed individuati nella sua parte meridionale lungo il confine con Mango: evidentemente i resti di una probabilmente ancora più ampia regione comune mediovale compatta. Il principale è un bosco in regione Rocca – già conosciuta fine ‘200 come luogo di territori dati in enfiteusi - che contiene un gerbido. Si tratta di una lunga striscia di terreno di ben 18 giornate. Sulla parte collinare più alta del territorio, nella regione Vinaia - la duecentesca regione “Vignatiis” - anch’essa con bosco e gerbido, della consistenza di metà della precedente. Un esiguo gerbido, infine, in regione Prato Rotondo, nonché un “ripazzo” con 23 piante di “moroni” (gelsi), affittato annualmente per 3 o 4 lire coerente la chiesa parrocchiale [AST camerale, art. 737/1, Consegne delle comunità 1700 in 1716, n. 295, Quazzolo, ff. 70-71-72].
Maggiori particolari sull’uso settecentesco di simili beni comuni possono essere evinti dal confronto con le diverse misurazioni, del 1701, del 1715 e della Perequazione del 1721. Si intende, ad esempio, che i pascoli comuni vengono utilizzati come tali, ossia non affittati a particolari; senza, pertanto, che la comunità ne percepisca alcun reddito. La gestione stessa dei beni da parte del Comune è inoltre, evidentemente, carente. Ad esempio l’uso comune indiscriminato dei pascoli pubblici impedisce uno sviluppo del bosco a cui i pascoli sono in qualche modo coerenti o addirittura frammisti, nelle due regioni della Rocca e di Vinaia. Così il bestiame – probabilmente ovino - in assenza di recinzioni, o comunque di limiti tra il pascolo ed il bosco, divora i germogli nuovi insterilendo progressivamente il bosco. In tal modo “non può fruttare il bosco e virgulti ivi esistenti, e quando ve ne cresce qualche parte è asportata da’ particolari, essendo per altro di poco rilievo” [AST camerale, 2° archiviazione, capo 21, n. 84 “Province di Alba, immuni e comuni”, mazzo unico n. 84-87, “Coazzolo”; capo 21, “Alba, Consegna immuni e comuni”, n. 72, f. 90 Coazzolo].
Nella successiva età della Restaurazione la poltrona di sindaco di Coazzolo spettava esplicitamente al feudatario. Che tale diritto di consuetudine – una pacifica subordinazione – fosse un lascito del passato, oltretutto non particolarmente ambito dai Cacherano, è testimoniato da una vicenda del 1828. Il feudatario cui sarebbe spettato di diritto il posto di sindaco, residente a Torino e lontano dalle questioni di un luogo demograficamente debolissimo (aveva in quell’anno lo stesso numero di abitanti attuale, 300) chiede ed ottiene dal Consiglio comunale la dispensa, a vantaggio del “maggior possidente” del luogo, tale Paolo Gambino, più disposto ad assumersi gli oneri della carica [AST corte, Paesi per A e B, C, m.63, n. 1, 1828, Dispensa al sig. conte Cacherano della Rocca dal sindacato di Coazzolo]. La surroga conclude di fatto la tradizione della subordinazione feudale, perché da quell’anno i sindaci si succederanno prelevati dalla microsocietà coazzolese, con la semplice approvazione del governatore di Alessandria [n.3, documento del 21 luglio 1837].
In questo modo, però, si genera un potere da parte dell’amministrazione comunale che è legittimato da tale sorta di ideale investitura del feudatario e non rappresenta più, perciò, la controparte comunitativa nei confronti di questa, quanto piuttosto il gruppo dei maggiori possidenti impegnati nella tutela, e se possibile, nell’incremento dei propri beni e delle proprie prerogative. La controparte di una simile oligarchia risulta essere allora proprio la comunità che i maggiorenti stessi presiedono, con i suoi diritti tradizionali di stampo collettivo e i suoi beni antichi. Il risultato di un simile meccanismo – una sorta di corto-circuito politico - è la inevitabile erosione dei beni comunitativi, senza alcun argine. Già nel primo ‘700 erano state segnalate case di abitazione usurpate da privati da tempo immemorabile, e per cui non esistevano ormai documenti impugnabili da parte del Comune. Adesso si procede con cessioni agli usurpatori, dietro compenso, anche per rimpolpare le casse comunali messe di fronte a nuove necessità, non ultima il ridotto gettito fiscale locale dovuto alla flessione demografica ottocentesca di cui si è visto a parte.
E’ evidente nella vicenda della cascina “La Bettola” del 1837. Di origine secolare è la proprietà da parte del Comune di una cascina e dei suoi pascoli, che tradizionalmente affitta a privati con asta pubblica, di nove anni in nove anni, in cambio di una goldita consistente. Nel 1831 il Comune presenta ricorso presso il Tribunale della Prefettura contro i fratelli Barone, che, dopo il regolare periodo di affitto, l’hanno di fatto usurpata. Si giunge ad un accordo: i Barone offrono £ 15.000, con un mora di nove anni, per l’acquisto della cascina. Il Comune accetta: preferisce, al reddito dei pascoli (la “goldita della praterie”), il denaro sonante immediato. Quasi allo scadere del novennio di mora, ossia quando l’operazione sarebbe stata perfezionata, insorge la borgata circostante la cascina. In quanto bene comunitativo, per secoli i pascoli della cascina erano stati usati prevalentemente dai borgatari, che sono dunque quelli più colpiti dalla vendita. Rivendicano “diritti di pascolo sovra una parte dei beni ad essa cassina annessi" e offrono di acquistare loro la cascina – dopo una sorta di sostanziosa colletta - per £ 8.000. Se accettata dal Comune, tale vendita ai borgatari avrebbe probabilmente generato una sorta di “comunità nella comunità”, o meglio avrebbe creato una nuova microentità politica in sostituzione di quella comunale, con beni appartenenti ad una borgata ma non alla totalità del Comune. La questione, passata per competenza all’Intendenza di Asti, trova d’accordo l’amministrazione provinciale e quella comunale, nel valutare la differenza nelle due offerte come discriminante, senza alcuna considerazione per “l’interesse comune”. La vendita ai fratelli Baroni viene così perfezionata [n. 4, Coazzolo comune. Opposizione alla vendita di una cascina di sua proprietà. 1837].