Oviglio

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2002
Provincia
Alessandria
Area storica
Abitanti
1312 (censimento 1991); 1303 (dati comunali 1999).
Estensione
2731 ha (ISTAT); 2680 ha (SITA).
Confini
A nord Felizzano e Solero, a est Alessandria e Castellazzo Bormida, a sud Borgoratto Alessandrino, Carentino e Bergamasco, a ovest Incisa Scapaccino e Masio.
Frazioni
Secondo i dati del censimento del 1991, Oviglio comprende un «centro», che raccoglie il 75 per cento della popolazione, e tre «nuclei» con circa il 15 per cento degli abitanti, più «case sparse».
Toponimo storico
Le forme più ricorrenti nella documentazione medievale sono «Ovilia» e «Ovilium» (anche con la variante «Uvilium»), sin dalla prima attestazione del toponimo nel 962 (Cartario alessandrino, vol. III, docc. 451 e 454 del 967); rara invece la variante «Uviliola», attestata ad esempio nel 1040 (Le carte medievali, doc. 16; Gasca Queirazza 1997, p. 463).
Diocesi
Alla fondazione della diocesi di Alessandria (del 1175), entrò a far parte della nuova circoscizione, come attesta una conferma pontificia dei possessi della chiesa alessandrina del 1178, fra i quali figura la chiesa della Santa Trinità di Oviglio. In precedenza, appartenne probabilmente alla diocesi di Asti. Sono tuttavia documentati atti di giurisdizione esercitati dal vescovo di Acqui su chiese ovigliesi, così come diritti su di esse riconosciuti dai papi – prima e dopo l’erezione della diocesi alessandrina - allo stesso vescovo e al capitolo acquesi (cfr. i lemmi ‘Pieve’ e ‘Altre presenze ecclesiastiche’; Bosio 1894, p. 103; Cartario alessandrino, vol. I, doc. 83; Chenna 1819, pp. 57 e 110; Le carte medievali, docc. 16, 28, 181 e 184; AST, Corte, Vescovati e arcivescovati, Alessandria, Mazzo 1, fasc. 17, Stato delle terre che sono dipendenti dal vescovado d’Alessandria, ed altre del medesimo contado soggetto a Diocesi di diversi vescovi, tanto sudditi che stranieri [25 Gennaio 1728]; AST, Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, Contado di Alessandria, Mazzo 3, fasc. 22, Nota delle terre del Contado d’Alessandria e delle terre separate ed aggregate e sotto qual diocesi sono soggette [s.d. ma attorno agli anni 1707-1708]).
Pieve
Oviglio fu probabilmente sede plebana. Testimonianze sicure si hanno tuttavia solo in una bolla di Eugenio III del 1153, in cui, fra le altre pievi astesi citate, è menzionata la «plebs Uviliensis cum omnibus ecclesiis ad se pertinentibus» e in un breve di Onorio III del 1224, nel quale si ordinava al capitolo e al comune di Alessandria di consegnare alla chiesa astese la «plebs de Uviliis» (Cartario alessandrino, vol. II, doc. 430; Bosio 1894, p. 103; Chenna 1819, p. 57). Nell’età moderna, Oviglio fu sede di vicariato foraneo (Chenna 1819, p. 56; Canestri 1835, p. 43).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Nel 962, l’imperatore Ottone I donò alcune terre al monastero di San Pietro in Ciel d’Oro di Pavia, confermando tutte le terre già concesse dal re Liutprando, tra le quali compare la «curtis Ovilias» con due chiese, una «in villa» e l’altra «extra villam» (Cartario alessandrino, vol. III, docc. 451 e 452). Una di queste potrebbe essere la chiesa di Sant’Andrea, che il vescovo di Acqui avrebbe più tardi (1040) donato allo stesso monastero (Le carte medievali, doc. 16). Un’altra chiesa esistente nel luogo era quella di Sant’Agata, nella quale venne firmata l’alleanza stipulata nel 1197 fra alessandrini e astigiani (Cartario alessandrino, vol. I, doc. 143). Un’arcipretura di Sant’Agata è poi citata in un breve di Clemente V del 1309, mentre nelle «rationes decimarum» alessandrine della metà dello stesso secolo figura una chiesa con la doppia intitolazione ai Santi Felice e Agata, che le rimase anche in epoca posteriore (Chenna 1819, p. 60). Nel 1156, Adriano IV confermò ai canonici di Acqui i diritti su una chiesa dedicata a San Giorgio (Le carte medievali, doc. 28), che risulta loro sottoposta anche verso la fine del secolo XIII, unitamente a un’altra, intitolata a San Lorenzo, come attestano due atti, uno risalente al 1279 e l’altro al 1299. In particolare, con quest’ultimo, il rettore delle due chiese ovigliesi provvedeva all’elezione dei chierici, previa approvazione da parte del capitolo acquese (Le carte medievali, docc. 181 e 184). Nella visita pastorale compiuta dal vescovo di Alessandria Gallarati nel 1566, è menzionata la presenza «extra locum» di una chiesa diruta, della quale è detto fosse un tempo la parrocchiale del luogo, sotto il titolo di Sant’Agata, forse l’antica chiesa, sostituita, probabilmente nel corso del secolo XIV, alla nuova parrocchia, che aggiunse a quella primitiva la dedicazione a San Felice (Chenna 1819, p. 59). Nelle visite pastorali svoltesi nel corso dell’età moderna la parrocchia venne talvolta designata come «collegiata» ma tale dignità appariva controversa anche agli occhi dei contemporanei, frutto della consuetudine più che di un’attribuzione formale. Alla fine del secolo XVI, in ogni caso, risultavano eretti in essa tre canonicati, tutti di libera collazione, ai quali se ne aggiunsero altri due, di patronato laicale, tra gli ultimi anni del secolo XVII e i primi del successivo (Chenna 1819, pp. 60-61). Nelle «rationes» alessandrine della metà del Trecento compare inoltre una chiesa intitolata a San Pietro, che si ritrova in un atto notarile del 1480 come chiesa dei Santi Pietro e Filippo e infine, negli atti della visita pastorale del 1566, con la dedicazione ai Santi Pietro, Giacomo e Filippo. La chiesa, forse l’altra delle due appartenenti fin dal secolo X al monastero pavese di San Pietro in Ciel d’Oro, fu assegnata al patronato del protettore del collegio Ghislieri di Pavia con bolla di Pio V del 1569. Nel 1615, tuttavia, il beneficio appare ormai di libera collazione. Al rettore venne attribuito talvolta il titolo di priore. Nell’età moderna, l’esercizio della cura d’anime connesso con il beneficio era definito secondo un criterio non territoriale, ma personale, essendo limitato ai membri di due famiglie eminenti del luogo, i Baldini e i Balbi, e, in seguito, ai loro massari, fittavoli e servitori. L’intricata questione dei limiti tra la giurisdizione spirituale del priore della chiesa dei Santi Pietro, Giacomo e Filippo e quella dell’arciprete della chiesa dei Santi Felice e Agata fu oggetto di frequenti controversie, particolarmente intense negli anni attorno al 1720, quando fu reinnescata dall’acquisizione di nuove case e masserie da parte delle famiglie originariamente afferenti alla cura d’anime del priore, ma perdurante per tutto il Settecento (Chenna 1819, pp. 62-63). Attorno alla metà del Settecento, l’arcipretura dei Santi Felice e Agata disponeva di un cospicuo reddito di oltre 1500 lire di Piemonte annue, mentre la «rettoria» dei Santi Pietro, Giacomo e Filippo poteva contare su circa 850 lire all’anno (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province d’ultimo acquisto, Paragrafo I, Censimento, Mazzo 59, Alessandria, tab. 1, c. 6 [s.d. ma attorno al 1760]). L’antica chiesa diruta di Sant’Agata fu dapprima, nel 1584, aggregata all’arcipretura dei Santi Felice e Agata; in seguito, nel 1606, venne assegnata ai Servi di Maria, che la riedificarono e vi annessero un piccolo convento, soppresso nel 1802 e poi abbattutto (Chenna 1819, p. 64; Canestri 1835, p. 44).
Nel territorio di Oviglio, sorsero inoltre: una chiesa dedicata alla Trinità, antico possesso del monastero di San Gaudenzio di Santo Stefano Belbo, menzionata come ancora esistente dalle visite pastorali del 1584 e del 1605; una cappella dedicata a San Rocco e una ai Santi Giovanni e Paolo, entrambe di patronato della comunità, ma risultanti, nelle visite pastorali della seconda metà del secolo XVI, in pessimo stato e prive di beneficio. Nel 1766 sorsero due nuove cappelle: una, dedicata a Sant’Antonio da Padova, presso la masseria del Cassinone, di proprietà dei conti Balbi di Robecco; un’altra, eretta nel 1789, all’interno del castello, sotto il titolo dell’Addolorata. Nelle «rationes decimarum» alessandrine della metà del secolo XIV figurava anche una chiesa di San Giovanni Gerosolimitano, commenda dell’ordine di Malta, quest’ultima ancora presente alla fine del XVIII secolo, ma ormai priva di chiesa.
Tra i sodalizi religiosi attivi in Oviglio durante l’età moderna si possono segnalare: la confraternita della Santissima Trinità, già esistente nel 1566 e aggregata nel 1610 all’arciconfraternita romana della Santissima Trinità dei Pellegrini; la confraternita denominata dapprima della Beatissima Vergine e di San Rocco e poi, dall’inizio del secolo XVII, della Santissima Annunziata, titolare di un omonimo oratorio (Chenna 1819, pp. 66-67). La chiesa parrocchiale del «tenimento» di Redabue, di patronato dei marchesi Scarampi, possiede, nella seconda metà del secolo XVIII, una quota pari a circa 8 giornate e mezza di terra del suo patrimonio complessivo di circa 26 giornate ubicata sul territorio di Oviglio (AST, Corte, Materie economiche, Censimento dei paesi di nuovo acquisto, Mazzo 6 di II addizione).
Assetto Insediativo
L’esistenza di un «castrum» vero e proprio è attestata soltanto nel 1413, quando Filippo Maria Visconti infeuda a Giacomino di Arpiasco un «castrum Uviliarum» (ASM, Feudi camerali, parte antica, mazzo 427). Alla metà del secolo XIX, le circa 250 case del villaggio apparivano distribuite in sei quartieri: Raffera, Belbo, Rossi, Morra, Campo, Castello (Casalis 1845, p. 742). Attorno agli anni Quaranta dello stesso secolo, il territorio di Oviglio appare fortemente segnato dalla gestione dinamica del possedimento del Castello, allora appartenente alla regina di Sardegna Maria Cristina e dalle iniziative intraprese da altre importanti aziende agricole, in primo luogo la cosiddetta Cascina delle Monache, di proprietà della Congregazione delle Orsoline di Alessandria, fortemente interessate ad apportare migliorie alle principali infrastrutture territoriali e direttrici viarie, talvolta con effetti contraddittori rispetto agli altri interessi e usi presenti e consolidati sul territorio. Così, la costruzione di argini lungo il fiume Belbo e le opere di canalizzazione intraprese da entrambe le aziende suscitarono l’opposizione di diversi altri proprietari, in quanto apparentemente ostacolavano l’adacquamento dei terreni vicini e il transito sulla strada comunale per Carentino. L’azienda della regina Maria Cristina si fece inoltre promotrice della sistemazione della strada per Felizzano e dell’acquisto del suo porto sul Tanaro. Nel territorio di Oviglio provvide poi alla ricostruzione del ponte sul Belbo, sul quale possedeva il diritto di pedaggio. Il comune di Oviglio ottenne nel 1842, dopo un lungo contenzioso, l’esenzione dal pagamento di tale diritto per i suoi abitanti e i possessori di beni nel suo territorio, in cambio di 7000 lire, che risultavano tuttavia ancora non corrisposte nel 1844, quando la tenuta del Castello fu ceduta, compreso il credito verso il comune, al conte Giuseppe Archinto di Milano (ASA, Intendenza Generale di Alessandria, Mazzo 220, Mandamento di Oviglio, Comune di Oviglio, 1814-1840, Tenimento d’Oviglio di S. M. la Regina Vedova Maria Cristina; 1841-1859, Opere di fatto dell’economo del tenimento di S. M. la Regina Maria Cristina lungo la strada di Carentino; Pedaggio sul ponte del Belbo).
Luoghi Scomparsi
Non si hanno attestazioni.
Comunità, origine, funzionamento
Non si hanno testimonianze dirette dell’esistenza di una comunità organizzata nel medioevo. Nel 1176, l’imperatore Federico I vietò alla città di Tortona di ricevere (come cittadini) abitanti provenienti da otto località, tra le quali Oviglio (Cartario alessandrino, vol. I, doc. 76). Lo stesso divieto venne ribadito nel 1193 da Enrico VI, in seguito alla pace stipulata con la città (Cartario alessandrino, vol. I, doc. 128). Ancora alle soglie degli anni Settanta del secolo XVIII, a Oviglio vigeva ancora la consuetudine di convocare il consiglio generale dei capi di casa, benché ormai solo una volta all’anno, «in occasione dell’imposta generale» e con il consenso scritto dell’intendente provinciale. Il consiglio ordinario era invece riservato alle famiglie «più antiche del luogo, solite aver voce in Consiglio», oltre che ai «più probi e migliori registranti» (AST, Corte, Materie economiche, Censimento dei paesi di nuovo acquisto, Mazzo 5 di II addizione, fasc. 14, Risposte dell’Intendente Generale della Provincia d’Alessandria sugli eccitamenti fattigli dall’Uffizio del Censimento, relativamente al modo di amministrazione di quel Contado [16 aprile 1769]).
Statuti
Non si hanno attestazioni di produzione statutaria.
Catasti
Presso l’archivio storico del comune non sono conservati catasti o altra documentazione antica riguardante la materia, anche se è attestata una misura del territorio del 1682 (AST, Camera dei conti, II Archiviazione, Capo 13, n. 34). Un esemplare di catasto risalente all’epoca del «censimento» dell’Alessandrino, ossia dell’opera di catastazione promossa dalle autorità sabaude negli anni Sessanta e Settanta del secolo XVIII si trova in AST, Camera dei conti, Catasti, Oviglio (D 203/1); esso comprende una parte del territorio di Redabue, all’epoca oggetto di contenzioso con il comune di Masio e di giurisdisione incerta (AST, Camera dei conti, II Archiviazione, Capo 13, Province di ultimo acquisto, paragafo 1, Censimento, fasc. 58, Tabelle sovra la Provincia d’Alessandria. A quali resta appoggiata la relazione del Signor Commendatore Mallone sovra la necessità del Censimento e Misura in detta Provincia d’Alessandria [s.d. prima 15 Aprile 1760]).
Ordinati
L’archivio storico comunale conserva, in serie pressoché ininterrotta, gli ordinati, convocati e deliberamenti del consiglio della comunità a partire dal 1635 (AC Oviglio, Atti antichi, Deliberamenti, nn. 3-105).
Dipendenze nel Medioevo
Alla metà del X secolo (967), il luogo fu donato dall’imperatore – con tutti i diritti precedentemente spettantigli – al marchese Aleramo, insieme con altre località poste tra i fiumi Tanaro e Orba e il mare (Cartario alessandrino, vol. III, doc. 454). Nell’atto di pacificazione stipulato nel 1178 tra il comune di Alessandria e il marchese del Monferrato, gli uomini di Oviglio sono indicati fra coloro che erano tenuti a rispettare la fedeltà dei loro signori, molto probabilmente gli Alessandrini (Cartario alessandrino, vol. I, doc. 82). Tale supposizione sembra confermata da un documento in cui Oviglio risulta fra i sette luoghi da cui vennero tratte le famiglie necessarie alla rifondazione di Alessandria da parte dell’imperatore Federico I nel 1184 (Cartario alessandrino, vol. I, doc. 101). In un atto del 1210 Ottone IV confermò a favore di Alessandria – ossia dei luoghi che avevano contribuito alla sua fondazione, tra i quali Oviglio – tutti i privilegi di città nobile alla stregua delle città lombarde (Cartario alessandrino, vol. II, doc. 305). Nei primi decenni del secolo XIII, troviamo alcuni abitanti di Oviglio fra i consiglieri del comune di Alessandria, talvolta con incarichi importanti (cfr. ad esempio Cartario alessandrino, vol. III, doc. 495 del 1227). Non appare tuttavia chiaro quali fossero precisamente i poteri che esercitavano allora giurisdizione sul luogo, in quanto sembra che, nel frattempo (1204), i marchesi di Incisa avessero ceduto al marchese di Monferrato i loro possessi al di qua del Tidone, salvo Oviglio e Sezzé (Cartario alessandrino, vol. II, doc. 254). Oviglio fu comunque certamente oggetto di contesa fra Alessandria e i marchesi di Monferrato, come appare anche dal tentativo di pacificazione compiuto verso il 1234 dalle due parti in guerra. In quell’occasione, infatti, il comune alessandrino chiese un risarcimento per i danni provocati dall’occupazione di alcuni luoghi da parte monferrina, tra i quali figura Oviglio, che il marchese aveva occupato e distrutto, nonostante il divieto delle leghe lombarde e romagnole che avevano sentenziato la pace fra le due parti (Cartario alessandrino, vol. I, doc. 174). Nel 1367 Oviglio fu occupata da Gian Galeazzo Visconti e nel 1404 venne presa e distrutta dalle truppe di Facino Cane (Casalis 1845, p. 743).
Feudo
Signori di Arpiasco (1413); Simonetta (1450); Fieschi; Raverta (1563). Dagli inizi del XVI secolo all’estinzione della linea maschile nel 1781, i feudatari del luogo furono i Perboni (Guasco 1911, vol. III, pp. 1195-1196; AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province d’ultimo acquisto, Paragrafo I, Censimento, Mazzo 59, Alessandria [s.d. ma prima del 1760], c. 6).
Mutamenti di distrettuazione
Tra il medioevo e la prima età moderna, Oviglio fece parte del contado di Alessandria e in quanto tale fu interamente subordinata alla città dal punto di vista giurisdizionale e nella ripartizione degli oneri fiscali. L’infeudazione quattrocentesca aveva comunque già rappresentato, nel quadro del consolidamento dello stato regionale milanese, un primo parziale allentamento dei vincoli di dipendenza diretta della comunità da Alessandria, con l’interposizione, ad esempio, di una sfera di competenza di un podestà locale di nomina feudale, rispetto alla giurisdizione del «maggior magistrato» cittadino. L’età spagnola portò un ulteriore decisivo mutamento nel 1561, con l’istituzione nella provincia di Alessandria, come in tutte le altre otto province del ducato di Milano, di un nuovo corpo intermedio che prese il nome di Congregazione del Contado. Questo organismo, costituito esclusivamente dai rappresentanti delle comunità rurali, ebbe l’intera responsabilità della ripartizione interna e dell’esazione della quota di tributi imposta al Contado, separatamente dalla città capoluogo. La provincia alessandrina passò negli anni conclusivi della guerra di successione spagnola (1707-1708) sotto il controllo dei Savoia, in virtù della cessione prevista dal trattato segreto concluso con gli alleati Imperiali nel 1703 (AST, Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Alessandria e Lomellina, Mazzo 1, Cognitioni prese sopra le gravezze, pesi e carighi che pagano la Città e Contado d’Alessandria alla Camera di Milano et altri [s.d. ma dopo il 1707]; Notizie per Alessandria [s.d. ma 1707]; AST, Corte, Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, Contado di Alessandria, Mazzo 4, fasc. 8, Informazioni di quanto anticamente è sempre stato stillato farsi dal contado d’Alessandria ogn’anno nel suo governo economico [1714]; AST, Corte, Materie economiche, Censimento dei paesi di nuovo acquisto, Mazzo 5 di II addizione, fasc. 14, Risposte dell’Intendente Generale della Provincia d’Alessandria sugli eccitamenti fattigli dall’Uffizio del Censimento, relativamente al modo di amministrazione di quel Contado [16 aprile 1769]; fasc. 16, Rappresentanza dell’Ufficio del Censimento per il sistema delle pubbliche amministrazioni [20 giugno 1769]; AST, Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, Contado di Alessandria, Mazzo 3, fasc. 12, Stato delle terre del contado e provincia d’Alessandria e terre adiacenti [12 marzo 1707]; fasc. 20, Memoriali e risposte sporte a S.A.R. dalle infrascritte Città e Communità, cioè Città d’Alessandria, Terre del Contado d’Alessandria [1707]). Pur se ridimensionati nella loro rilevanza dal più saldo profilo amministrativo della provincia sabauda, il contado e le sue istituzioni rimasero in vita sotto i nuovi sovrani fino al 1775. Dopo la caduta dell’antico regime in Piemonte (1798), entro la maglia amministrativa francese, Oviglio seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Alessandria. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1801, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Alessandria. Non toccato dal successivo rimaneggiamento del 1805, l’inquadramento amministrativo del circondario e quindi di Oviglio non mutò fino alla Restaurazione, anche se nel 1805 Oviglio chiese di costituire un nuovo cantone con Masio e Borgoratto (Sturani 2001; ANP, F2 I 859; F2 I 863 [Montenotte]). Dopo la parentesi napoleonica, Oviglio rientrò a far parte della ricostituita provincia di Alessandria, parte dal 1818 della più vasta «divisione» facente capo alla città. A livello subprovinciale, fu capoluogo di mandamento. Nel 1843 il comune fece istanza perché fosse conservato il mandamento di cui era capoluogo, che includeva Masio (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e per B, Mazzo 7, n. 19). Nel 1859, la divisione di Alessandria ridivenne, con le altre divisioni piemontesi, provincia, mentre l’area dell’ex provincia costituì un circondario (Sturani 1995; Casalis 1845, p. 741). In anni recenti, Oviglio ha aderito alla Comunità Collinare Il Girasole.
Mutamenti Territoriali
Non si hanno attestazioni.
Comunanze
L’esistenza di terre comuni in età medievale è suggerito da un atto di vendita di un bosco della comunità di Oviglio denominato il Bosco del Conio di Balcanisio a Giacomo Zucca nel 1267 (AST, Corte, Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino). Entro la prima metà del secolo XIX, non risulta alcuna significativa estensione di beni comuni (AST, Corte, Paesi, Paesi in genere in generale, Mazzo 18, fasc. 3, Terreni comunali incolti esistenti nella Provincia di Alessandria, 30 Ottobre 1838). Nel 1990 il territorio gravato da usi civici è calcolato in circa 0,6 ha (CLUC).
Liti Territoriali
Nel 1414 il territorio di Oviglio viene definito «con apposizione de’ termini» rispetto a quelli di Bergamasco e Carentino (AST, Corte, Monferrato, Feudi per A e per B, Mazzo 7). I confini vengono dichiarati «antichi» nel 1437, quando il riacuirsi della controversia verte sul pagamento dei «carichi» a Oviglio da parte dei Bergamaschesi «che possiedono beni in quel territorio»; la loro condanna da parte del delegato milanese è accompagnata dall’ordine di piantare nuovi termini divisori dalla «ripa del Belbo in mezzo la bocca di Stampasso» lungo la «Valle Fredda» e fino al «sentiero che tende» da Oviglio a Gamalero. Durante l’età moderna le vertenze intorno ai confini con Oviglio sono un fulcro di contenzioso giurisdizionale tra il marchesato del Monferrato e lo stato di Milano «per la gran quantità de’ terreni che sono in contesa tra i due Stati» (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche e altre, Mazzo 7, Confini, fasc. 15, Relazione delle vertenze de’ confini de’ luoghi distintamente ivi specificati, le quali restano indecise fra lo Stato del Monferrato e quello di Milano [s.d. destinatario della nota: ambasciatore Pomponazzi?]). Verso gli anni Sessanta del secolo XVIII Oviglio appare impegnata in una duplice controversia territoriale con la comunità di Bergamasco. La prima riguardava un’appezzamento di terreno in prossimità del «rittano» detto dello Stampasso, rivendicato dalla comunità di Oviglio, in quanto di proprietà del marchese Perboni, proprio feudatario e parte di un’appezzamento più grande che si estendeva al di là del «rittano», dalla parte di Oviglio. L’appezzamento sarebbe risultato iscritto nel catasto di Oviglio, anche se al momento si trovava sulla sponda del «rittano» contigua al territorio di Bergamasco, ma solo perché separato dalla restante estensione dallo spostamento in direzione di Oviglio dell’aveo del torrente. La comunità di Bergamasco argomentava, al contrario, in favore del fatto che lo Stampasso dividesse i territori dei due comuni e sosteneva il suo diritto ad annettersi la nuova porzione di terreno, «perché separata dall’altra pezza per accidentale caso della corrusione, ella pretende appartener al suo Territorio, come acquisto d’alluvione del ritano». La seconda controversia riguardava invece una vigna nella regione della Battaglia, anch’essa ubicata «al di là di un fosso verso Bergamasco». Bergamasco pretendeva che l’appezzamento le fosse riconosciuto, in quanto il suo proprietario, un ovigliese, pagava comunque regolarmente le taglie al comune ospite. Al contrario, Oviglio pretendeva l’aggregazione dell’appezzamento al suo territorio, allegando il fatto che esso vi fosse stato compreso in occasione della «misura» effettuata nel 1682 e portando a sua volta a sostegno della propria richiesta la pacifica riscossione dei carichi fiscali ricadenti sull’appezzamento in discussione (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province d’ultimo acquisto, Mazzo 25, Stato delle questioni territoriali limitrofe con le comunità della Provincia d’Alessandria per la misura generale incominciata nell’anno 1761, s.d., cc.12-14).
La seconda metà del secolo XVIII vede aprirsi un contenzioso tra la comunità di Oviglio e quella di Masio intorno al territorio di Redabue, un vasto possedimento, o «tenimento feudale separato», dei marchesi Scarampi di Camino, che appare, a quell’epoca, «come una specie di fortezza», dotata di «territorio, giurisdizioni, terre, prati ecc.». Concesso agli Scarampi da Francesco Sforza forse nel 1445, Redabue era stato oggetto nel 1451 di una investitura agli stessi Scarampi che comprendeva, tra l’altro, la «immunità da daciti, gabelle e pesi». Redabue ha una estensione stimata in oltre 1300 giornate di Piemonte, di cui i funzionari statali incaricati della riforma della fiscalità terriera nota come Perequazione generale, che viene applicata nell’Alessandrino con una operazione di Censimento, propongono l’iscrizione per circa 921 giornate al territorio di Oviglio e per circa 412 giornate a quello di Masio. Questa prospettata ripartizione ricalca in parte le «convenzioni» stipulate a più riprese, soprattutto nel corso del secolo XVII, dai marchesi Scarampi con la Congregazione del Contado e con le singole comunità, ma rientra in un contenzioso estremamente complesso e, nelle intenzioni dei funzionari sabaudi, risolutivo di una «controversia continuata già in più secoli», che vedrà finalmente le massime magistrature dello stato smantellare gradualmente le prerogative dei marchesi Scarampi. Le controversie riguardano il perimetro, l’estensione, i titoli di possesso e l’inquadramento amministrativo dell’area («le contese si raggirano non meno sovra la feudalità, la periferia del tenimento et rata de’ carichi, quanto sovra la pertinenza della territorialità»). Sia Masio sia Oviglio chiamano in causa le premesse giurisdizionali delle «convenzioni» stipulate con gli Scarampi, chiedendone la «nullità» e accusando, tra l’altro, i signori di avere «usurpato molte terre» (AST, Corte, Antichi inventari di archivi comunali piemontesi [sec. XVIII], Mazzo 17, fasc. Redabue, Copia d’inventaro de’ libri e scritture del tenimento di Redabue aggregato all’amministrazione di questo pubblico di Masio, archiviati nell’archivio della medemma, formato dal notaio Domenico Traversa, segretario di detto tenimento, 17 Giugno 1779; Corte, Materie economiche, Censimento dei paesi di nuovo acquisto, Mazzo 6 di II addizione; Corte, Paesi, Paesi per province, Alessandria, Mazzo 32, n. 2, Sommario degli atti, e causa vertente tra Il Contado d’Allessandria contro L’illustrissimo Signor Conte Paolo Scarampi di Camino Gentiluomo di Camera di S. S. R. M; Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province di ultimo acquisto, Paragrafo 1, Censimento, Mazzo 25, Questione territoriale. Mazio, ed Oviglio; Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province d’ultimo acquisto, par. 1, Censimento, Mazzo34, Sulla ideata unione dei cassinali e compartimento territoriale delle due Provincie d’Alessandria e Lumellina. Parere del Conte Di Brandizzo Intendente Generale [01-08-1764]).
Fonti
A.C.O. (Archivio Storico del Comune di Oviglio), Atti antichi, Deliberamenti, nn.1-105.
 
A.N.P. (Archives Nationales, Paris), F2, Administration Départementale, I, 863 [Montenotte], Département de Marengo, Tableau de la Population par commune d’après le récensement fait par ordre du Préfet dans les derniers mois de l’an XII (1804).
 
A.S.A. (Archivio di Stato di Alessandria).
A.S.A., Intendenza Generale di Alessandria, Mazzo 220, Mandamento di Oviglio, Comune di Oviglio, 1814-1840, Tenimento d’Oviglio di S. M. la Regina Vedova Maria Cristina; 1841-1859, Opere di fatto dell’economo del tenimento di S. M. la Regina Maria Cristina lungo la strada di Carentino; Pedaggio sul ponte del Belbo.
 
ASM (Archivio di Stato di Milano), Feudi camerali.
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Carte topografiche e disegni , Carte topografiche segrete, Redebò 6 A(II) Rosso, Mazzo 1, "Castello de Redebo / Castilo de rede / Bo". Pianta dimostrativa del Castello Redebò, fol. 1 Mss. senza data e senza sottoscrizione. s.d. Vedi mappa.
Camera dei conti, Catasti, Oviglio (D 203/1);
Camera dei conti, I archiviazione, Provincia di Alessandria e Lomellina, Mazzo 1, Cognitioni prese sopra le gravezze, pesi e carighi che pagano la Città e Contado d’Alessandria alla Camera di Milano et altri (s.d. ma dopo il 1707); Notizie per Alessandria (s.d. ma 1707);
Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province di ultimo acquisto, Paragrafo 1, Censimento, Mazzo 58, Tabelle sovra la Provincia d’Alessandria. A quali resta appoggiata la relazione del Signor Commendatore Mallone sovra la necessità del Censimento e Misura in detta Provincia d’Alessandria (1760);
Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province di ultimo acquisto, Paragrafo 1, Mazzo 59, Alessandria (s.d. ma prima del 1760);
Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province di ultimo acquisto, Paragrafo 1, Censimento, Mazzo 58, Stato delle Comunità della Provincia d’Alessandria li di quali Cattastri sono stati formati nel passato secolo et si ritrovano ancora in stato di servizio (s.d. ma prima del 1760);
Corte, Vescovati e arcivescovati, Alessandria, Mazzo 1, fasc. 17, Stato delle terre che sono dipendenti dal vescovado d’Alessandria, ed altre del medesimo contado soggetto a Diocesi di diversi vescovi, tanto sudditi che stranieri (25 Gennaio 1728);
Corte, Materie economiche, Censimento dei paesi di nuovo acquisto, Mazzo 5 di II addizione, fasc. 14, Risposte dell’Intendente Generale della Provincia d’Alessandria sugli eccitamenti fattigli dall’Uffizio del Censimento, relativamente al modo di amministrazione di quel Contado (16 aprile 1769); fasc. 16, Rappresentanza dell’Ufficio del Censimento per il sistema delle pubbliche amministrazioni (20 giugno 1769);
Corte, Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, Contado di Alessandria, Mazzo 3, fasc. 12, Stato delle terre del contado e provincia d’Alessandria e terre adiacenti (12 marzo 1707); fasc. 20, Memoriali e risposte sporte a S. A. R. dalle infrascritte Città e Communità, cioè Città d’Alessandria, Terre del Contado d’Alessandria (1707); fasc. 22, Nota delle terre del Contado d’Alessandria e delle terre separate ed aggregate e sotto qual diocesi sono soggette (s.d. ma attorno agli anni 1707-1708); Mazzo 4, fasc. 8, Informazioni di quanto anticamente è sempre stato stillato farsi dal contado d’Alessandria ogn’anno nel suo governo economico (1714);
 
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B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa.
 
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Descrizione Comune

Oviglio

         Oviglio è uno dei comuni piemontesi che confina con più comuni diversi: nove. Su un arco di tempo assai lungo, che va dal tardo medioevo fino alla tarda età moderna, questa caratteristica geografica e amministrativa, che possiamo definire di apertura virtuale del territorio comunale ai contatti verso l’esterno, è stata orientata in vario modo dall’esistenza di poteri e giurisdizioni di volta in volta inglobanti, esterne e concorrenti. In particolare, la forza dei legami politici ed economici che hanno unito Oviglio ad Alessandria, la città con cui confina, è stata senz’altro, nel corso dei secoli, un tratto dominante, e per certi aspetti crescente, entro questa rosa di contatti, sebbene le sue caratteristiche specifiche e il loro variare nel corso del tempo attendano studi sistematici.
Oviglio è famosa per essere stata una delle villae i cui uomini, nel 1168, fondarono la città di Alessandria, un aspetto della storia locale tradizionalmente rimarcato e glorificato dai cronisti cittadini, ma, nel corso dell’età moderna, Oviglio è anche una delle «terre» del Contado di Alessandria, unita alla città da legami di dipendenza amministrativa, economica e fiscale. Gli indizi affioranti nella documentazione storica suggeriscono un lungo ruolo predominante della élite patrizia alessandrina sia nell’orientamento sia nell’organizzazione diretta di molti aspetti della vita locale. Le inchieste condotte dagli amministratori statali nella seconda metà del Settecento, quando la riforma della fiscalità terriera nota come Perequazione generale venne estesa all’Alessandrino, insistono su più aspetti dei rapporti di subordinazione della comunità.
I due principali signori i cui interessi gravitano sul territorio di Oviglio nel secolo XVIII, i Perboni e gli Scarampi, hanno negoziato, nel corso del tempo e da posizioni di forza, particolari «convenzioni», o agevolazioni fiscali, in virtù delle quali le loro proprietà «allodiali», prive, cioè, delle esenzioni, o «immunità» in materia fiscale accordate alle terre «feudali», vengono tassate per quote di imponibile inferiori a quelle che vengono applicate alle terre degli altri proprietari del luogo; su queste terre dei signori, per di più, l’imponibile è fisso «sia per il tempo di pace che di guerra, senza mai, per qualunque causa, poter essere alterato». I patrimoni terrieri, assai vasti, in mano ai signori sono stimati all’epoca in misura di circa un quarto dell’estensione totale del territorio di Oviglio. Queste terre si aggiungono a quelle possedute a titolo «feudale», come anche alle proprietà ecclesiastiche fiscalmente esenti, che ammontano a loro volta a più del 15 per cento del territorio. Se la situazione è considerata «enormemente lesiva» da parte della comunità, i calcoli dei funzionari statali suggeriscono che i terreni attribuibili al territorio di Oviglio paghino poco meno della metà del gettito fiscale che spetterebbe loro versare.
In particolare, la famiglia del marchese Scarampi di Camino, abitante a Casale, è protagonista di un lungo contenzioso con la comunità di Oviglio per la grande tenuta, o «tenimento», di Redabue, di cui sono incerti il perimetro, l’estensione e la giurisdizione. Mentre la comunità di Oviglio sosteneva che «delli beni posseduti dal detto Signor Marchese o sia da suoi Signori Antenati ed annessi al loro Castello di Redabue per la quantità di moggia 1154 fossero dell’indubitato suo Territorio», «la famiglia» del marchese Scarampi aveva riconosciuto, o «convenuto», con diversi accordi stipulati nel corso del secolo XVII «la dimanda della Comunità per moggia 322, ma, in quanto al soprapiù, lo pretendeva dipendente «et del suo Territorio di Redabue, et per riguardo alla quantità che riconosceva di detto Territorio d’Oviglio intendeva non potesse importare il Registro che dalla Comunità si pretendeva addossarle» (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province di ultimo acquisto, Paragrafo 1, Censimento, Mazzo 58, Tabelle sovra la Provincia d’Alessandria. A quali resta appoggiata la relazione del Signor Commendatore Mallone sovra la necessità del Censimento e Misura in detta Provincia d’Alessandria [1760]).
In questo contesto, i signori e altri proprietari alessandrini, tra cui soggetti collettivi, o «corpi», quali le istituzioni ecclesiastiche, sono detentori di ingenti crediti nei confronti dell’amministrazione comunitaria come conseguenza degli anticipi di denaro fatti in occasione di esazioni straordinarie, come, per esempio, «nel 1745, in occasione dell’ultima guerra». Per molti di questi crediti, secondo il funzionario statale estensore dell’inchiesta (forse il commendatore Mallone), «si vedrà mancare la data del contratto, che non è riuscito di trovare, e di molti anche si vede fatta la fondazione con diverse specie di monete, delle quali non mi è riuscito d’aver più chiaro ragguaglio». Una notevole pressione esterna sulle cariche elettive della Congregazione del Contado, di cui Oviglio fa parte, nonché di quelle comunitative deriva dal sistema creditizio costruito sulla fiscalità terriera. Così, sullo scorcio del secolo XVIII, i creditori laici si annoverano anche il conte Geuna e il marchese Cuttica. Proprietario di «tenute» a Quargnento, oltre che a Oviglio, quest’ultimo sarà sindaco di Oviglio durante gli anni della dominazione francese (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Province di ultimo acquisto, Paragrafo 1, Censimento, Mazzi 33-36; AST, Corte, Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, Mazzo 7, n. 21; ANP, F3 II Marengo 1].
Gli stretti rapporti di Oviglio con i proprietari terrieri alessandrini contribuiscono a determinarne la vocazione produttiva, fondata sulla cerealicoltura. La crescente diffusione della vite, attestata dalle inchieste del secolo XVIII come uno dei fattori di incremento del valore della terra in loco, è forse prefigurata da quella malcelata invidia che traspare dagli Annali di Giovanni Ghilini, patrizio alessandrino che, scrivendo verso la metà del Seicento, additava l’area di confine alberata e coltivata a vite tra il territorio di Oviglio e quello di Bergamasco:
poco distante da Oviglio s’ammirano alcune colline abbondanti di frutti e di belle vigne ornate, che producono dilicati e generosi vini (cit. in Sergi 1986, p. 321).
 
Almeno due motivi contribuiscono, a partire dal tardo medioevo, ad alimentare i conflitti lungo la linea di confine tra Oviglio, Bergamasco e, in parte, Carentino, un confine che, fino alle annessioni sabaude, delimita lo stato milanese di cui Oviglio fa parte dal marchesato d’Incisa dapprima e quindi da quello del Monferrato.
Da un lato, vi è, appunto, la ricerca di risorse produttive atte ad assicurare una integrazione a favore dell’agricoltura ovigliese: così nei frequenti episodi di «furto» o «danneggiamento», come, per esempio, quando, nel 1554, gli «affittavoli de’ beni del Marchesato d’Incisa» intentano una causa «contro alcuni, che, avendo accomprato la taglia di certe legna alla Zucca, ne tagliarono maggiore quantità del convenuto e la tradussero senza il dovuto pagamento e frodando eziandio il pedaggio», o quando, nel 1675, il camparo di Bergamasco muove accuse contro due d’Oviglio, colti a tradurre legna dalla Contrada denominata «La Strada del Bosco». Più in generale, come nel 1588, le descrizioni del contenzioso tra le comunità e tra le giurisdizioni statali sottolineano che «quelli d’Oviglie pretendevano inchiudere nei lor confini le Contrade della Zucca e delle Franchiggie, ascendenti a 1500 giornate, ov’eravi la Massaria della Camera di Monferrato» (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e per B, B, n. 9, Documenti ed atti circa la differenza tra il Milanese e il Monferrato per le contrade delle Franchiggie e degli Zucchi, pretese dalla comunità d’Oviglio da una parte e da Bergamasco e Carentino dall’altra [1247-1675], cc. 74- 82, 114 e 256).
Vi è infatti, d’altro lato, una tendenza espansiva tesa ad assicurare risorse integrative in senso più ampio, in particolare per quanto riguarda la commercializzazione e il trasporto dei cereali e di altre merci. La storia di Oviglio nei secoli più recenti tende a oscurare la lunga tensione di apertura del suo territorio alle vie di transito e ai commerci. Il lungo contenzioso territoriale con le comunità monferrine confinanti rimanda, esso stesso, alla posizione di Oviglio come punto d’innesto – o meglio, come ricerca di un punto d’innesto – sulla cosiddetta «strada franca», «detta di Felizzano», che tocca Bergamasco, e sulle direttrici viarie atte a consentire una triangolazione commerciale tra la città di Alessandria e i flussi commerciali che collegano le due sezioni del Monferrato, Alto e Basso, da e verso la riviera genovese.
A essere in causa, sotto il nome di strada franca, è un diritto di transito di merci esente dal pagamento del cosiddetto dazio di Alessandria, fra due sezioni dello Stato del Monferrato, quella situata a nord del Tanaro e quella posta a sud del fiume, prive di continuità territoriale perché ormai totalmente separate dall’incunearsi del territorio milanese. La questione riguarda una breve sezione – tra Fubine, ultima terra monferrina a nord del Tanaro, e Bergamasco, prima terra monferrina a sud del fiume – dell’importante asse di comunicazione che unisce Casale alla riviera genovese. Il mezzo principale di attraversamento del Tanaro è per chi segue questa strada il traghetto che unisce le sponde in un punto variabile a seconda delle condizioni delle acque, ma approssimativamente in corrispondenza dell’abitato di Felizzano, situato sulla riva sinistra del fiume. Felizzano, che in tal modo presta il suo nome alla denominazione della strada franca, non ha soltanto una centralità geografica. Terra immediata per gran parte dell’età moderna, dalla metà del XV secolo è sede di una fiera e di un mercato, ma soprattutto i suoi abitanti godono di un altro importante privilegio, quello di esportare liberamente e senza dover pagare dazi i loro grani. Una condizione di privilegio che sanziona e promuove una duratura vocazione all’esportazione di una parte significativa della sua produzione cerealicola.
Attorno all’importante mercato di Felizzano, ai traffici di diverso raggio che lungo la via per la costa genovese si svolgono o dalla quale si irradiano, si innestano interrelazioni di scala locale che hanno un ruolo fondamentale nel compensare gli squilibri produttivi anzitutto dell’area immediatamente circostante e consentirle di affrontare un carico fiscale di perdurante pesantezza, a causa soprattutto delle vicende belliche che ripetutamente la interessano. Quest’area comprende importanti centri agricoli situati a Nord del Tanaro, a Ovest e a Est rispetto all’asse della strada, nello Stato di Milano, come Annone, Quargnento, Quattordio, Solero e, nel Monferrato, come Montemagno, Altavilla, Cuccaro e soprattutto San Salvatore. Da queste località si dipartono strade e cammini che convergono radialmente su Felizzano e sul grande asse di comunicazione Nord-Sud.
La rete dei traffici si interseca con quella delle giurisdizioni signorili. A differenza di Felizzano, quasi tutte le altre terre dell’area sono infeudate. Ai signori appartengono la maggior parte dei pedaggi riscossi lungo i cammini, anzitutto la strada per il Genovese, oltre che luoghi di sosta e di deposito per gli uomini, gli animali e le merci che transitano sulle lunghe distanze. Alcuni esponenti delle famiglie signorili della zona appaiono direttamente impegnati ad accompagnare i convogli. Si tratta di famiglie che appartengono a configurazioni potenti, estese e ramificate, quali gli Incisa, gli Scarampi, i Faà, talvolta impegnate in faide (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Materie economiche e altre, Mazzo 7, Confini, fasc. 15, Relazione delle vertenze de’ confini de’ luoghi distintamente ivi specificati, le quali restano indecise fra lo Stato del Monferrato e quello di Milano [s.d. destinatario della nota: ambasciatore Pomponazzi?]; AST, Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Contado di Alessandria, Mazzo 2, fasc. 13, Sommaire des papiers qui servent à prouver que les cinq terres d’Annone, Cassine, Felissan, Rifrancor, Pasturana sont de la Province d’Alexandrie [s.d. ma attorno al 1707-1708]; Giorcelli 1963).
Il territorio di Oviglio si colloca talvolta aggressivamente entro questo contesto commerciale. Nel 1563, l’infeudazione ai Raverta, conseguenza di una deroga concessa da Filippo V ad Angelo Simonetta per gli obblighi di primogenitura, apre la strada a un tentativo di percorso alternativo verso Cassine attraverso Gamalero (AST, Corte, Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino, Mazzo 12). Nei secoli XVII e XVIII i signori di Oviglio riscuotono i censi in frumento e spelta e sono gelosi detentori dei diritti sui dazi, sui pedaggi e sui passaggi attraverso il torrente Belbo (AST, Corte, Paesi, Paesi per A e per B, O, Mazzo 7, n. 2; Paesi, Paesi di nuovo acquisto, Alessandrino). Ancora in questo contesto, nella seconda metà del Settecento gli abitanti sono considerati «poco dediti all’agricoltura» (AST, Camera dei conti, II archiviazione, Capo 13, Paesi d’ultimo acquisto, Censimento. Alessandria. Provincia d’Alessandria (1763), c. 30v). Alcuni indizi affioranti nelle attività di controllo dei transiti esercitata dai marchesi Scarampi suggeriscono che la gelosa difesa delle “immunità” di Redabue debba essere inquadrata entro l’esercizio di attività mercantili, oltre che agricole.
La stessa zona degli «Zucchi» e delle «Franchiggie» che Oviglio contende, peraltro senza successo, a Bergamasco appare un itinerario privilegiato per i flussi di merci che percorrono sia la «strada franca» sia i boschi cosiddetti della «Comuna» verso le valli del Belbo e del Bormida, come, fra i molti esempi, quando, nel 1550, la camera marchionale del Monferrato intenta una causa contro «alcuni Alessandrini che furono colti a passar con cavalli carichi nel fondo di Tiberio Gambaruto al Bosco di Barella o sia alla Gerbida», oquando, nel 1583, «quelli d’Uviglie [Oviglio] vengono colti a passar con bestie nella Valle di Zucca, frodando il pedaggio» (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e per B, B, vol. n. 9, Documenti ed atti circa la differenza tra il Milanese e il Monferrato per le contrade delle Franchiggie e degli Zucchi, pretese dalla comunità d’Oviglio da una parte e da Bergamasco e Carentino dall’altra [1247-1675], cc. 46-73 e 116-19; vol. n. 10, 1360-1600. Volume di documenti ed atti sopra le diferenze che nacquero tralla Comunità di Cassine, Stato di Milano, da un canto, e quella di Mombaruzzo e liti consorti Fontanile, Quaranti e Castelletto Mollina del Monferrato, dall’altro, in ordine alla Comuna, terminato con abitramento delli 28 Giugno 1599. Coll’indice e tipo; Guglielmotti 2001).