Caprauna

AutoriPalmero, Beatrice
Anno Compilazione1998
Provincia
Cuneo
Area storica
Monregalese.
Abitanti
171 (censimento 1991)
Estensione
1104 ha (ISTAT 1991); 1202 (SITA 1991).
Confini
A nord e a ovest Ormea, a nord e a est Almo, Moano e Alto, a sud Aquila d’Arroscia, Gavenola e Pieve di Teco.
Frazioni
Non ha frazioni, bensì si distinguono vari insediamenti: Poggio, Case Mezzane, Ruora, Chiazzuola, Case sottane, di cui solo gli ultimi tre conservano rilievo abitativo. Vedi mappa.
Toponimo storico
«Caprania», «Capraunia» (Casalis 1836, vol. III, p. 452).
Diocesi
La giurisdizione ecclesiastica rientrava nei confini della diocesi di Albenga, e solo dopo la riorganizzazione delle province e diocesi del 1816 la parrocchia di S. Antonino con le sei cappelle vengono annesse alla giurisdizione del vescovo di Mondovì (Manno 1894, vol. IV, p. 35).
Pieve
Non si hanno attestazioni.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Si segnalano sul territorio le cappelle intitolate alla Madonna della Neve e a S. Bartoiomeo (Casalis 1836, vol. III, p. 452).
Assetto Insediativo
               
Luoghi Scomparsi
Non si hanno segnalazioni.
Comunità, origine, funzionamento
La sentenza arbitrale trascritta nel XVII secolo, e in seguito attribuita al 1641, è invece del 1401, come si corregge sul regesto, grazie ad una verifica dell’indizione. In questa attestazione compare la traccia evidente di un’organizzazione comunitaria del luogo. Vengono infatti citati i «consules ville Capraune, Franciscus Thomatus et Daniel Bertonus, insieme a homines dicti loci» per rappresentare l’unirersitas nella controversia per il territorio detto Bandita contro altra comunità (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc. 6).
L’intendente Corvesy descrive il consiglio comunale composto da 12 membri, dove, a differenza di Alto, si nomina un procuratore. Qui si rinnovano annualmente, «alle feste del Santissimo Natale», le cariche di sindaco, consoli e procuratore, che passano di diritto in consiglio, facendo uscire i quattro consiglieri più anziani e permettendo l’ingresso di altrettanti nuovi membri (BRT, Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753, pp. 360-361).
Statuti
L’archivio comunale di Caprauna è costituito dagli atti conservatisi a partire dal 1814 (Manno 1894, vol. IV, p. 35). Non si hanno altrimenti notizie di statuti comunali. Statuto comunale 2005. Vedi testo.
Catasti
Dal 1816 (AC Caprauna-scheda soprintendenza 1994). Si è prodotta una notevole cartografia, a seguito del contenzioso territoriale sul versante delle Alpi al confine genovese. Si distinguono le due fasi della misurazione, corrispondenti agli episodi settecenteschi di guerra contro la Repubblica di Genova (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fascc. 1-2: Contro Almo. Tipi delle differenze territoriali [1738]; mazzo II d’addizione n. 2, fasc. 2; Carta topografica in misura fatta e concordata sopra il luogo dagli ingegneri di S.M. e della Repubblica di Genova Durieu e Gustavo riguardante la regione di Capraunetta per Caprauna e Bandita d’Almo per Almo ed altri siti giacenti con copia d’indice [1771]; fasc. 3: Carta geometrica de’ territori di Caprauna e Alto unitamente ai terreni ad essi adiacenti nella quale si e compreso il territorio contenzioso tra Caprauna, Almo e Moano nella regione di Capraunetta ed altre ivi coerenziate come dal suo indice a parte [29 febbraio 1772]; fasc. 4: Carta topografica in misura fatta e concordata sopra il luogo dagli ingenieri di S.M. e della Repubblica di Genova Durieu e Gustavo riguardante il tenimento della Ferraia colle sue adiacenze sulle contese territoriali tra Caprauna ed Aquila [23 febbraio 1780]).
Ordinati
La serie è presente a partire dal XIX secolo con le delibere del consiglio dal 1819 al 1946 (AC Caprauna- scheda soprintendenza 1994, 7 voll.); e con le delibere della giunta dal 1875 al 1926 (AC Caprauna, 3 voll.).
Dipendenze nel Medioevo
Caprauna si trova inclusa nei domini dei Clavesana, che esercitano giurisdizione sulla contea di Albenga e su vari altri castelli. Nel corso del XII secolo insieme ad Alto viene assegnato con il titolo comitale alla famiglia Cepollini di Albenga. La contea di Alto e Caprauna viene assoggettata dalla famiglia del Carretto di Savona nel corso del XIII secolo.
Feudo
Castello dei possessi dei Clavesana, viene infeudato ai Cepollini di Albenga. In seguito passa ai marchesi del Carretto, che lo tengono in consignoria (Casalis 1836, vol. III, p. 452; cfr. la scheda dedicata ad Alto).
Mutamenti di distrettuazione
La contea di Alto e Caprauna presta vassallaggio ai Savoia. Dopo la costituzione delle province dello Stato sabaudo, il comune resta incluso nel mandamento di Ormea e nella provincia di Mondovì. Nel periodo di occupazione francese entra nel dipartimento del Tanaro (1797-1815) e torna nei domini dei Regno sardo dopo la Restaurazione (1816). In seguito alla soppressione e all’accorpamento della provincia di Mondovì passa a quella di Cuneo (1859).
Mutamenti Territoriali
Il sistema dei compascui e degli usi civici che dominano la gestione del territorio comunale di Caprauna ha generato nel corso dei secoli numerose liti tra paesi limitrofi. Il commissariato agli usi civici non fa altro che attestare la giurisdizione comunale sulle Alpi dell’economia medievale. Il comune risulta avere un’estensione non contigua, poiché mantiene la proprietà sulla regione Bandia-Guardia, verso Ormea che viene affittata annualmente, ed il possesso di Ferraia, sito sul territorio di Aquila d’Arroscia (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 39).
Comunanze
Attualmente iscritte alla categoria «A» per 361,2318 ha (CSI 1991, Piemonte). La relazione di accertamento degli usi civici del 1926 riscontra nelle regioni di Capraunetta (Bandia-Aquila d’Arroscia) e Bandia (Guardia), l’esercizio delle consuetudini di bosco e pascolo; mentre a Ferrala, in territorio di Aquila d’Arroscia, gli abitanti di Caparauna «pascolano, abbeverano, pernottano» (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 39).
Liti Territoriali
Caprauna si distingue per una plurisecolare faziosità con i limitrofi comuni di Almo, Moano e Aquila D’Arroscia, dipendenti politicamente dalla Repubblica di Genova. Perciò in età moderna, il contenzioso per lo sfruttamento delle risorse territoriali si trasforma in un problema di confini tra stati. Lo Stato sabaudo, nei suoi tentativi espansionistici, era solito appoggiare le contese tra comuni, eseguire quindi verifiche dei confini per creare degli espedienti (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc. 6: Pozzo d’Almo o Campo, sentenza arbitrale; fasc. 7: Atto consiliare per capi casa della Comunità di Caprauna per compromettere le differenze che vertivano tra detta comunità per li confini col territorio d’Almo [1642]; fascc. 8 e 9: Piantamento termini [1643]; fascc. 11, 13 e 14: Regione Capraunetta [1737]; mazzo 8, fascc. 1-27: Testimoniali ed Informazioni sui campi seminati [1738-1740]; AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 11, fasc. 1: Rappresaglia in Capraunetta [1777]; fasc. 2: Vertenza con Armo per l’appartenenza della regione Capraunetta [1815]).
Fonti
AST (Archivio di Stato di Torino):
Genova confini, mazzo 7, fascc. 3-9; mazzo 8, fascc. 1-27: Testimoniali ed Informazioni sui campi seminati [1738-1740];
Corte, Genova confini, mazzo II d’addizione n. 2, fasc. 2: Carta topografica in   misura fatta e concordata sopra il luogo dagli ingegneri di S.M. e della Repubblica di Genova Durieu e Gustavo riguardante la regione di Capraunetta per Caprauna e Bandita d’Almo per Almo ed altri siti giacenti con copia d’indice [1771]; fasc. 3:Carta geometrica de’ territori di Caprauna e Alto unitamente ai terreni ad essi adiacenti nella quale si e compreso il territorio contenzioso tra Caprauna, Almo e Moano nella regione di Capraunetta ed altre ivi coerenziate come dal suo indice a parte [29 febbraio 1772]; fasc. 4: Carta topografica in misura fatta e concordata sopra il luogo dagli ingenieri di S.M. e della Repubblica di Genova Durieu e Gustavo riguardante il tenimento della Ferraia colle sue adiacenze sulle contese territoriali tra Caprauna ed Aquila [23 febbraio 1780];
Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 11, fasc. 1: Rappresaglia in Capraunetta [1777]; fasc. 2: Vertenza con Armo per l’appartenenza della regione Capraunetta [1815].
BRT (Biblioteca Reale di Torino), Storia patria n. 853, Relazioni della provincia di Mondovì, relat. Corvesy 1753. La relazione dell’intendente Corvesy è edita: Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.
CLUC (Commissariato per la liquidazione degli usi civici), Provincia di Cuneo, cartella 39.
Bibliografia
Casalis G., Dizionario geografico storico-statistico commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino 1836, voll. III. Vedi testo.
Descrizione della Provincia di Mondovì: relazione dell’intendente Corvesy, 1753, a cura di G. Comino, Mondovì 2003.
Grendi E., La politica dei confini: Mioglia contro Sassello, 1713-45, in «Quaderni storici», 63 (1986), pp. 811-845.
Manno A., Bibliografia storica degli Stati della Monarehia di Savoia, Torino 1884-1896.
Olivieri L., Millesimo e i Carretto: documenti inediti di vita medievale (1253-1597), in «BSSSAACn», 100 (1989), pp. 167-197.
Olivieri L., Le pievi medievali dell’alta Val Bormida, in «Rivista Ingauna e Intemelia», 27 (1972), pp. 17-35.
Palmero B., Comunità, creditori e gestione del territorio. Il caso di Briga nel XVII secolo, in «Quaderni storici», 81 (1992), pp. 739-758.
Palmero B., Territori comunali: una controversia tra Dolceacqua e Ventimiglia (secc XIII-XVIII), in «Intemelion», 2 (1996), pp. 41-85.
Raggio O., Forme e pratiche di appropriazione delle risorse. Casi di usurpazione delle comunaglie in Liguria, in «Quaderni storici», 79 (1992), pp. 135-163.
Raggio O., Costruzioni delle fonti e prova; testimoniali possesso e giurisdizione, in «Quaderni storici», 91 (1996), pp. 135-156.
Descrizione Comune
Caprauna
     Il decreto commissariale di esecuzione della revisione degli usi cìvici, regolata dal R.D. n. 332/1928, assegna alle terre demaniali la destinazione di «bosco e pascolo permanente» per la superficie di 361 ettari circa (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 39 [16 dicembre 1934]). Nella relazione del sindaco emerge che la regione di cui si chiede il riconoscimento di uso civico è «lasciata a pascolo per la generalità degli abitanti e ciò gratuitamente». Si specifica in seguito che la località Bandia «è ammessa al godimento degli abitanti ai mese di ottobre per antichissima consuetudine», mentre il comune l’affitta annualmente e ne trae reddito demaniale (25 giugno-8 agosto 1925: Sindaco Ruaro, CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 39).
     L’antichissima consuetudine del pascolo comunitario nella regione Bandia è documentata da una sentenza arbitrale del 1401, in cui i «consules ville Capraune, Franciscus Thomatus et Daniel Bertonus», rappresentano l’universitas nella controversia contro le limitrofe comunità di Almo e Moano (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc. 6). Questo territorio ha la caratteristica di essere adibito da Caprauna ad uso civico, con concessione di pascolo anche ad Almo e Moano. Si giunge così ad una sentenza poiché tale regione detta anche Bannita, ha cambiato i connotati nella sua parte più esterna, verso le comunità limitrofe che avevano acquisito la concessione del transito e pascolo del bestiame. Si distingue infatti in due località, una detta Campo di Almo – per arrivare al Colle di Caprauna – e l’altra Puozo di Baudoin, toponimo non localizzato al di sotto di detto colle. Il compromesso raggiunto nel XV secolo evidenzia innanzitutto un utilizzo promiscuo dei pascolo, che – come sottolinea il toponimo riconosciuto dalle parti – indica l’impiego a coltura di una parte dell’area. Caprauna vuole ribadire la sua giurisdizione sulla Bandia, precisando che le colture temporanee, tenute dagli abitanti di Almo, sono state tollerate in quanto questi avevano trasferito la loro residenza a Caprauna. Quindi i termini che si scorgono sulla zona detta Campo d’Almo fino al Colletum Caprane segnalano le coltivazioni e non i limiti giurisdizionali, che si trovano invece nella parte inferiore del Poggio di Baldoino.
     È bene soffermarsi sulle informazioni specifiche che l’arbitrato rivela – in assenza degli statuti, che non sono stati rinvenuti – ossia che l’area demaniale di giurisdizione comunale può essere concessa in utilizzo ad altra comunità, nel rispetto degli usi consuetudinari. Inoltre l’uso di detti pascoli può essere adibito a coltivazioni da tutti coloro che possiedono titolo di residenza nel comune a cui appartiene il territorio. Pertanto è chiaro che Caprauna, con tali concessioni, ha cercato di aggregare la popolazione rurale circostante, in uno sforzo di potenziamento e sviluppo demografico dell’area, e che allo stesso tempo si trovi nell’esigenza di ribadire la propria supremazia sulle risorse locali.
     Il territorio della Bannita di Caprauna, oltre ad avere una vasta estensione, si avvale di denominazioni differenti, che localizzano in modo più preciso la zona di riferimento. Gli usi civici attualmente specificano infatti Bandia-Guardia; Bandia-Capraunetta, oltre ad un’altra area di uso civico al di fuori degli odierni confini giurisdizionali di Caprauna: Ferraia, sul territorio di Aquila d’Arroscia. Attraverso la documentazione storica si può collegare l’impiego di una toponomastica plurima su uno stesso territorio in relazione alle convenzioni che storicamente si sono susseguite con varie comunità del comprensorio. Sulla stessa bandita infatti si distingue l’area detta Capraunetta – di cui si era ceduto uso civico anche agli abitanti di Almo e Moano – oltre a Guardia, di cui si era concesso l’utilizzo alla comunità di Aquila d’Arroscia.
     Il proliferare di toponimi attorno al patrimonio comunale ha generato spesso la confusione tipica di un’estensione mai misurata ne sostanzialmente circoscritta. Le vertenze secentesche incontrano le prime difficoltà nella delimitazione del territorio, dovute essenzialmente alla confusione dei cippi in pietra, utilizzati allo stesso modo dai privati per difendere le coltivazioni dal pascolo, che dai sindaci per disegnare l’ambito di giurisdizione (Raggio 1996, pp. 135-156; Palmero 1996, pp. 41-85). A questo proposito nel 1643 viene prodotta – per volere congiunto dei «Parlamenti di Almo e Moano» e della comunità di Caprauna – una sentenza arbitrale per «terminare le differenze territoriali». L’arbitro eletto dalle parti, notaio Paolo Giordano, insieme ai sindaci e ai procuratori delegati dalle comunità, partono per una ricognizione del territorio, alla ricerca di testimoniali, atti possessori e cippi. Sono queste le prove su cui si basa la sentenza che pianta un termine sulla Rocca dell’Armilla, altri al Piano detto Chiazze e per conto di Almo e Moano «lungo i prati che scendono fino al territorio di Ormea» (AST, Corte, Genova confini mazzo 7, fascc. 3-9). Ancora, le canne e i palmi di misurazione utilizzati nelle visite ai confini non sono convalidati da un censimento globale del territorio, e quindi restano legati all’esistenza precaria di questi termini in pietra. Solo nel corso del Settecento i cippi hanno una vera e propria attestazione cartografica (sulle visite ai confini si veda Grendi 1986, pp. 811-845 e Palmero 1996, pp. 58-61). Con il sostegno degli stati, che inviano ingegneri e misuratori per redigere i «tipi», nella seconda metà del Settecento il territorio comincia ad assumere una configurazione spaziale più precisa (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc. 1; mazzo 2, fasc. 4). Nonostante la formazione dei catasti su tutto il dominio sabaudo, le fonti informative circa la conformazione del territorio non si discostano da quelle secentesche, per cui la documentazione è ricca di «testimoniali». Inoltre gran parte degli atti giungono in copia ad uso delle vertenze settecentesche.
     Le consuetudini d’uso, alpeggio e silvicultura, che si esercitano sui beni comunali, fanno di questi le principali risorse territoriali, attorno alle quali si concentrava l’attività economica della comunità. E non solo: le convenzioni che si stipulano con i paesi vicini – ai quali sostanzialmente si concedono titoli di sfruttamento – danno l’idea di un sistema di interscambio risorse-prodotti e di circuiti commerciali, su cui i limiti giurisdizionali non rappresentano alcun ostacolo. Interessante a questo proposito la vendita da parte di privati – sempre dietro concessione comunale – del territorio di Caprauna, vicino al riano del Boschetto, per acquistare un altro appezzamento sul territorio di Moano detto Lenzani. I procuratori per il Parlamento di Moano, Brunengo e Massa, vendono il loro appezzamento («terram seminatilem et boschilem») di Caprauna ai fratelli Ruaro di questa comunità, e acquistano la regione di Lenzano. Il pubblico interesse all’acquisto è dimostrato dal fatto che, nonostante il prezzo di lire 1200 non copra la spesa per un disavanzo di lire 50, la comunità di Caprauna esorta all’acquisto «anche prendendo denari in prestito». E più avanti si specifica che il territorio acquisito, oltre ad essere vicino, è soprattutto un investimento economico «avendo [il comune] poco terreno salvatico» (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc. 5: Vendita della Comunità di Moano alla Comunità di Caprauna ivi coherenziato, per il mezzo di £. 1200 di Genova e £. 75 di guadagno [18 ottobre 1722]).
     Tale documento pone due differenti problematiche legate alla gestione dei beni comunali: il patrimonio demaniale per sua natura inalienabile è di fatto venduto – resta in vendita parte del territorio di Moano – e su di esso i privati hanno il “possesso” di terre seminate (si vedano a questo proposito gli studi su altre comunità: Raggio 1992, pp. 135-163; Palmero 1992, pp. 739-758). Senza soffermarci sulla questione della formazione della proprietà privata e delle usurpazioni di beni collettivi, che imporrebbe altre analisi, interessa qui piuttosto evidenziare la genesi del territorio comunale.
      Il commissariato agli usi civici determina per il tenimento della Bandia che «non esistono promiscuità, terreni demaniali occupati da privati, né terreni di proprietà privata gravati di uso civico, né demani collettivi» (CLUC, Provincia di Cuneo, cartella 39 [23 dicembre 1940]). Tale elencazione non è una formula rituale delle approvazioni commissariali, poiché compare limitatamente a questa concessione: risponde pertanto all’esigenza di escludere precedenti consuetudini, che con tale atto definitivo sono revocate. Si è detto infatti che fino al 1400 la Bandia era usufruita da comunità limitrofe, mentre il «tipo» del 1738 – redatto dall’ingegnere Volti per delimitare l’area di giurisdizione comunale – rilevava sia proprietà private che zone di sfruttamento collettivo del pascolo.
     Questa regione è descritta dal tecnico del commissariato usi civici, incaricato dei rilievi, in 151 parcelle per un’estensione di 361 ettari e 2318 metri, la cui destinazione colturale è registrata in massima parte ad «incolto produttivo» e pascolo, a cui vengono affiancati bosco ceduo e di alto fusto con pascolo a cespugli. Confrontando questa descrizione del 1940 con il tipo realizzato nel 1738 si nota che la principale estensione è a prato, con la presenza di 9 appezzamenti seminati. I toponimi Colla e Fossa del Boschetto e la rappresentazione pratica di dette località attestano l’esistenza di bosco, che peraltro rientrava in una politica d’incremento boschivo del comune, come si è visto dall’acquisto di una porzione di territorio da Aquila d’Arroscia.
     Gli usi civici costituiscono parte integrante del territorio comunale e contribuiscono alla delimitazione dell’area giurisdizionale del comune. Un memoriale del 1730, che ripercorre «transazione, divisione e piantamento de’ termini» del 1648, relativi all’area su cui esercitano gli usi civici (Almo, Moano e Caprauna) non solo elenca i cippi piantati nelle varie località, ma riferisce di un vero e proprio mutamento territoriale. La determinazione dei confini sulle Chiazze di Andrei, caratterizzati da campi seminati riduce la fruizione degli abitanti di Almo al solo Pian dell’Arma, mentre il resto è riconosciuto territorio antico di Caprauna. Si prevede quindi una forma d’indennizzo, con la cessione da parte dei isndaci di una «terra boschile e campile» nei pressi del colle di Caprauna, nominata Boschetto ossia Favella. Inoltre, per operare tale variazione al territorio si cita l’approvazione sia del conte Cepollino «padrone della comunità di Caprauna», sia della Repubblica di Genova, sotto il cui dominio si trovano le altre comunità. Il rispetto del compromesso è poi vincolato ad una pena pecuniaria, di cui metà spetta a Pieve e Alto e l’altra metà alla parte osservante la sentenza (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc. 11).
     L’area in esame infatti in età medievale era parte della contea di Alto, infeudata ai Cepollini di Albenga. Nel 1380 la Repubblica di Genova concedeva altri diritti feudali a Carlo del Carretto, marchese di Savona (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc. 2: Investitura di Genova a Carlo del Carretto [1380]; cfr. la scheda dedicata ad Alto). La controversia territoriale documentata al 1401 distingue infatti la comunità di Caprauna appartenente alla castellania di Alto e le comunità di Almo e Moano del distretto della Pieve di Teco, marchionatus Gianuensis. Nel XVI secolo, epoca di crisi del marchesato dei del Carretto, si assiste ad un potenziamento della contea di Alto e Caprauna a favore del consignore Cepollini, al quale anche la comunità di Aquila d’Arroscia, sottomessa ai del Carretto, è legata per un capitale censo. In seguito, prima della vendita del marchesato di Finale alla Spagna, l’ultimo marchese Sforza-del Carretto redistribuisce redditi e diritti su detto territorio ai conti e governatori in seno alla famiglia (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fascc. 3-5: Obbligo della Comunità d’Aquila d’Arroscia verso Cepollino consignore di Caprauna [1572]; Investitura Uncio, Alto, Caprauna ai Del Caretto [1576]; Divisione della Cepollina di Masino tra i Del Carretto di Zuccarello e di Bardinetto [1584]). Nel secolo successivo la contea di Alto e Caprauna gravita sempre più attorno al marchesato d’Ormea e i suoi signori si schierano con il duca di Savoia, la comunità di Caprauna appare comunque consolidata in un parlamento costituito da 47 capi-casa, che interloquisce con il Cepollini (AST, Corte, Genova confini, mazzo 7, fasc.7). Nel Settecento è il giudice del marchesato di Ormea a dirimere il conflitto territoriale succitato, da cui scaturisce tutta la documentazione anteriore, tranne qualche originale della questione, tornata alla ribalta nel Seicento.
     La posizione di confine della località contesa, limitrofa nella parte superiore al marchesato d’Ormea, rappresenta un punto di transito fondamentale per gli abitanti della val Arroscia per accedere agli alpeggi piemontesi. Inoltre la «terra banniva», parte integrante del territorio di Caprauna, su cui si sono insediati abitanti di Almo e Moano, ha reso l’area un centro di gravitazione economica dei due versanti della valle. In una contea il cui il «fulcro politico» è distante, ovvero il signore risiede ad Albenga ed in un primo tempo interloquisce con il governo genovese, i due paesi sono difficilmente controllabili e favoriti nelle loro tendenze autonomiste. Alto si organizza in un sistema corporativo di gestione del territorio estremamente chiuso all’esterno, e mal sopporta ingerenze feudali (cfr. la scheda dedicata ad Alto). Caprauna invece, per le risorse del territorio e per la posizione geografica, si distingue come «centro economico e difensivo». Le liti territoriali, come abbiamo visto, hanno un profondo fondamento economico, anche se nel Settecento il consolidarsi degli stati trasferisce il problema dei limiti tra comuni sul piano più strettamente politico dei confini tra potenze contrapposte e rivali (Stato Sabaudo e Repubblica di Genova). La gravitazione economica degli abitanti del distretto della Pieve sugli alpeggi della contea aveva fatto di Caprauna una zona di attrazione demografica e proprio quegli insediamenti, documentati dai tipi del 1738 e poi del 1771, creano i problemi giurisdizionali.
     Nel 1772 si segnalano nella località di Capraunetta ancora le proprietà private, in cui si distinguono i campi dei Ruaro, dei Rolando e dei Bertone, che risultano come terreni adiacenti al territorio conteso tra Caprauna, Almo e Moano (AST, Corte, Genova confini, mazzo II d’addizione, fasc. 3; Carta geometrica [29 febbraio 1772]). Il carattere di area di confine tra stati è ormai prevalente, tanto che nel 1815 Caprauna invia una lettera al ministro Cerrutti per definire ulteriormente la natura del sito, ovvero si chiede se il comune può affittarlo interamente o se deve considerarlo «in comunione con quelli di Almo». Il podestà in definitiva vuole conferma dei diritti sul territorio che è stato riorganizzato in seguito alla guerra che segna la fine della Repubblica genovese. Alto e Caprauna infatti vengono annesse alla provincia di Mondovì, nonostante Albenga invocasse l’annessione di detta area montana al suo distretto (AST, Corte, Paesi per A e B, C, mazzo 11, fasc. 2: Vertenze tra il comune di Caprauna e Armo per l’accertamento dell’appartenenza della regione Capraunetta [25 febbraio 1815]). Caprauna mantiene abbastanza costante l’indice demografico e soprattutto, grazie ai nuovi assetti politici della zona, riafferma la sua estensione territoriale a scapito dei comuni genovesi con cui ha avuto contrasti secolari.
     Il segretario comunale Pelazza descrive i limiti del territorio comunale segnato dai beni siti «sulla riva destra del torrente Pennavaira, dalla regione Capraunetta o Bandia al territorio del comune di Aquila d’Arroscia; sulla riva sinistra dello stesso torrente dalla regione Bandia fino a Guarnero, continuando al passo di Mozza, Caranche e chinando fino a Castelletto e Montegrosso, Comune di Alto». Verso Ormea si hanno pascoli di proprietà comunale e privata, con qualche prato e coltivo, e la regione Bandia-Guardia, che viene affittata annualmente. Si mantiene inoltre il possesso di Ferraia, sito sul territorio di Aquila d’Arroscia (C.U.C., Provincia di Cuneo, cartella 39 [11 aprile 1926]).
     Alla fine dell’Ottocento le informazioni di Manno mostrano il comune di Caprauna meno popoloso di quello di Alto, che raggiunge una popolazione di 2344 abitanti contro i suoi 354. Probabilmente nel centro alpino di Alto le ripercussioni della crisi dell’economia montana sono invece contenute grazie alla solida organizzazione comunitaria di Alto, che nonostante l’indebitamento pubblico gode di un’alta densità abitativa (cfr. la scheda Alto).