Lagnasco

AutoriFiore, Alessio
Anno Compilazione2008
Provincia
Cuneo.
Area storica
Saluzzese.
Abitanti
1282 (ISTAT 2001).
Estensione
1772 ettari.
Confini
Da nord a sud, in senso orario, Scarnafigi, Savigliano, Verzuolo, Manta (isola amministrativa di Mattone), nuovamente Verzuolo, Manta e Saluzzo.
Frazioni
Nessuna frazione. Il censimento del 2001 riconosce un centro e quattro nuclei abitati, di piccole dimensioni (La Grangia, Tetti Grangia, Cascine Cerio, Cascine Brero), a cui vanno aggiunte un certo numero di case sparse.
Toponimo storico
A prima attestazione, nel 1064, è di Luagnas. Gli statuti del XV secolo riportano la forma Liagnaschum, che nei secoli successivi si trasforma in Lagnasco.
Diocesi
Torino e dal 1811, con la riorganizzazione dei confini diocesani, Saluzzo (Dao 1963).
Pieve
Sembra molto probabile che, fino almeno all'inizio del '300, le chiese locali (la parrocchiale S. Maria delle Grazie e S. Giorgio), in conseguenza della donazione adelaidina del 1064, dipendessero dal monastero di S. Maria di Pinerolo (Novellis 1845, pp. 3-4). I diritti di decimazione rimanevano però nelle mani del vescovo di Torino, che nel 1200 cedette le decime di S. Maria delle Grazie a un certo Corrado di Sommariva.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Fino al 1722 risulta attiva come chiesa parrocchiale S. Maria delle Grazie, riedificata sul sito della precedente e omonima chiesa prima del 1422, anno della riconsacrazione (Novellis 1845, pp. 11 sgg.). Poco prima del 1750 viene costruita una nuova chiesa parrocchiale, intitolata come la precedente. Il trasferimento delle funzioni parrocchiali alla nuova chiesa provoca l'insorgere di una serie di liti tra signori, comunità e parroco, risolte con un accordo nel 1750 (ACLagnasco, fald. 134, n. 1). Nel 1632 risulta attiva la chiesa di S. Giorgio, attigua al castello e all'epoca sottoposta al patronato dei Tapparelli (ACLagnasco, fald. 134, n. 1). Sotto il profilo patrimoniale piuttosto rilevante la presenza dell'abbazia cistercense di Staffarda, che era proprietaria di un'ampia azienda agraria (“La Grangia”) nell'area di confine con Scarnafigi, in seguito passata, come il resto del patrimonio dell'ente, all'Ordine Mauriziano (ACLagnasco, fald. 81, fasc. 3).
Assetto Insediativo
La prima menzione di Luagnas, risalente al 1064, definisce il centro come curtis. Tra le pertinenze della curtis sono però menzionate casis, cappellis, vineis, campis, pratis, molandinis, il che indurrebbe a pensare a un insediamento già di un qualche rilievo (Diplomi Adelaidini, n. 2). La menzione certa di un castello, e quindi di un insediamento fortificato risale solo all’inizio del XIII secolo, ma tale mutamento nella struttura dell’insediamento doveva risalire ad almeno un secolo prima, probabilmente nel quadro di militarizzazione degli insediamenti e di ristrutturazione del tessuto insediativo seguito al collasso della marca arduinica dell’ultimo decennio dell’XI secolo.
Luoghi Scomparsi
Nella prima menzione di Lagnasco, nel già citato diploma adelaidino del 1064, si parla di curtes due scilicet Luagnas et Mirandolis. Si può ipotizzare (con buona sicurezza) che questa Mirandola, oggi scomparsa, fosse situata nell'attuale territorio lagnaschese (Novellis 1845, pp. 3-6).
Comunità, origine, funzionamento
Già alla fine del XIII secolo è osservabile in loco un comunità strutturata e istituzionalizzata. Nel 1297 la comunità e gli uomini di Lagnasco giurano infatti fedeltà a Manfredo, marchese di Saluzzo, in seguito al patto stipulato tra i marchesi di Busca e quelli di Saluzzo. (AST, Marchesato di Saluzzo, 4 Categoria, mazzo 9, n. J, fol. 293). Nel 1463 vendono redatti i primi statuti, grazie ai quali è possibile farsi un'idea più chiara del funzionamento istituzionale della comunità. La comunità era retta da un consiglio allargato, dove erano rappresentati i capifamiglia e da uno ristretto di dieci membri, eletti dai residenti, insieme al rettore e ai sindaci ma comunque sottoposti all'approvazione da parte del consortile signorile. Gli altri ufficiali, castellano, clavario e notaio erano invece nominati direttamente dai signori (Plano 2000-2001). Il consiglio rimane nel periodo successivo l’istituzione cardine della comunità. Nei primi decenni del Settecento si riscontra però un conflitto all’interno della comunità che mostra come una fazione si fosse ormai stabilmente impadronita ddelle magistrature comunitarie. Nel 1732 infatti parecchi particolari di Lagnasco denunciano all’intendente sindaci e consiglieri in carica che (a loro dire) da 30 o 40 anni amministrano la suddetta comunità con inveterata autorità e capriccio senza neppure adunare il consiglio (ACLagnasco, fald. 7, fasc. 10) Nel Seicento comunità raggiunge un accordo con i feudatari, conti Tapparelli, dopo una lite sui banchi della chiesa e su altri argomenti. I diritti di conferma da parte del consortile sui membri del consiglio vennero progressivamente obliterati e nel XVIII risultavano ormai completamente dimenticati (AST, I archiviazione, Provincia di Saluzzo, n. 13, Inchiesta sovra i diritti de feudatari e vassalli).
Statuti
Una serie di franchigie, patti con i signori e statuti redatti tra XIV e XVII secolo è trascritta in copia settecentesca in un fascicolo. Gli statuti più antichi risalgono al 1463, sono conservati presso l'Archivio dell'Opera Pia Tapparelli di Saluzzo (m. 187, fasc. 9), e sono stati editi a stampa a Torino nel 1613. Un'altra e più recente edizione è quella fornita da F. Plano (Plano 2000-2001).
Catasti
Per quanto riguarda le fonti di carattere statico e descrittivo, un primo Brogliaccio del libro di catasto risale al 1602; una seconda versione risale al 1625 e una terza al 1679. Un ulteriore Libro di catasto fu prodotto nel 1720 e rivisto nel 1746 (ACLagnasco, fald. 79, fasc. 1-6). Per quanto riguarda il XIX secolo disponiamo della Matrice des propriétaires redatta in epoca napoleonica nel 1807 (ACLagnasco, fald. 83), la Nuova matrice del catasto di Lagnasco del 1860 (ACLagnasco, fald. 93) e il Libro catastale in tre volumi, risalente al 1895 (ACLagnasco, fald. 95). Esistono poi nell'archivio comunale fonti più dinamiche, dedicate alla registrazione delle variazioni del possesso fondiario. Un Libro delle mutazioni di proprietà copre il periodo 1747-1781 (ACLagnasco, fald. 80), altri due volumi coprono il periodo 1771-1798, sovrapponendosi quindi in parte al volume citato in precedenza (ACLagnasco, fald. 82, fasc. 1-2). Un primo Libro dei trasporti registra i mutamenti di proprietà nel periodo 1838-1852 (ACLagnasco, fald. 82, fasc. 3), mentre per il periodo successivo disponiamo di fonti piuttosto abbondanti e diversificate, come gli Stati generali di mutazioni di proprietà certificati dall'ufficio di Insinuazione (1839-1879), al Registro di mutazione (1858-1874), alle Note dei passaggi di proprietà (1880-1905), per citare solo alcune delle fonti disponibili (ACLagnasco, fald. 83-100).
Ordinati
Il più antico Libro delle proposte conserva verbali del periodo 1531-1571 (ACLagnasco, Propositari-Ordinati-Deliberazioni, fald. 1); il secondo le annate 1601-1607 (fald. 2) e il terzo quelle 1615-1618 (fald. 3). Dal quarto volume la serie procede senza rilevanti soluzioni di continuità fino ad oggi, anche se sussistono alcune lacune di minor conto (mancano ad esempio le annate 1626 e 1684).
Dipendenze nel Medioevo
All'inizio dell'XI secolo la curtis di Luagnas faceva parte del patrimonio dei marchesi di Torino. Nel 1064 Adelaide ne donò un terzo all'abbazia di S. Maria di Pinerolo. Il periodo successivo è poco chiaro ma sembra certo che, in seguito allo sfaldamento della marca di Torino, sopravvenuto dopo il decesso di Adelaide, Lagnasco come tutta l'area circostante entrasse nei domini del marchese Bonifacio del Vasto. Dopo la sua morte, e la spartizione tra i figli del suo vasto dominato, Lagnasco entrò probabilmente nei possedimenti dei marchesi di Busca; rimaneva comunque significativa in loco la presenza patrimoniale del vescovo di Torino (Provero 1992, pp. 142-43, 154). Nel 1214 i diritti signorili su Lagnasco furono acquisiti da un altro ramo dei discendenti di Bonifacio, i marchesi di Saluzzo. Questi ultimi si contentarono però solo dell'alta sovranità su Lagnasco, retrocedendo in feudo ai Busca i diritti signorili sul luogo (Plano 2000-2001, pp. 9-10). Se il ruolo dei Busca come domini loci sembra stabile più mossa appare invece la situazione a livello superiore: verso la metà del XIII secolo ai Saluzzo subentrarono per un certo periodo gli Angioni. Nel 1274 fu infatti il senescalco angioino del Piemonte investire feudalmente i Busca dei diritti su Lagnasco. Negli anni successivi, con lo sfaldamento della dominazione angioina sul Piemonte meridionale i Saluzzo riuscirono a riaffermare i propri diritti di signori eminenti dei Busca, come risulta dall'investitura feudale del 1302 (AST, Marchesato di Saluzzo, 4 Categoria, mazzo 9, n. J, fol. 294). Nei decenni successivi la pressione dei Saluzzo su Lagnasco crebbe, al punto da estromettere in maniera definitiva i Busca. Al 1337 risale infatti la vendita di Lagnasco dai marchesi di Busca ai Marchesi di Saluzzo (AST, Marchesato di Saluzzo, 4 Categoria, mazzo 9, n. J, fol. 297), dopo un conflitto con gli stessi Busca e con i del Carretto, che negli anni immediatamente precedenti avevano acquisito alcuni diritti su Lagnasco. Il diretto dominio dei Saluzzo sulla località fu però di breve durata. Nel 1341 i Saluzzo, in grosse difficoltà finanziarie, infeudano, dietro il pagamento di 25000 fiorini il villaggio in parti uguali ai Falletto di Alba e ai Tapparelli di Savigliano (Novellis 1845, p. 15).
Feudo
Ai Saluzzo subentrano verso la metà del XIV secolo i Savoia-Acaia che in quegli anni, con una serie di decise azioni militari prendono il controllo di parecchi centri dell’area, in particolare a danno dei Saluzzo. L’alta sovranità su Lagnasco risale probabilmente già al 1347, anno in cui gli Acaia prendono il controllo dei beni angioini (di cui Lagnasco aveva fato parte), ma sicuramente al 1358, anno a cui risale una prima convenzione feudale con i Tapparelli. Dal 1358 al 1508 gli alti signori feudali del luogo risultano prima i Savoia-Acaia e poi, dopo l’incorporazione dei beni del ramo cadetto, i Savoia. (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 6, Lagnasco, n. 3). Tuttavia negli anni '60 del Trecento i Saluzzo, appoggiati dai Visconti milanesi cercano di riprendere militarmente il controllo di Lagnasco. Alla rivalità tra gli Acaia e i Saluzzo per il controllo di Lagnasco si interseca la rivalità tra le due famiglie di vassalli locali, Tapparelli e Falletto, i primi tendenzialmente schierati con i Saluzzo, i secondi con gli Acaia. La rivalità tra le due famiglie di signori locali assume connotati militari e si protrae fino al 1376, ben dopo la definitiva affermazione degli Acaia. Solo con il 1376 si assiste infatti a una pacificazione locale, promossa proprio dagli Acaia, che vede i Falletto cedere a titolo oneroso la loro quota parte di Lagnasco ai Tapparelli, che rimangono dunque gli unici signori del luogo (Novellis 1845, pp. 15-19). Fino al 1508 si susseguono regolarmente le conferme del feudo ai Tapparelli da parte degli Acaia-Savoia prima, e dei Savoia poi. Il feudo rimane interamente nelle mani del gruppo familiare, che assume sempre più i connotati di un consortile molto ramificato. Alcune quote parte del feudo sono vendute e acquistate ma sempre all'interno del gruppo dei consorti. Alla metà del XVI secolo Lagnasco è sempre nelle mani dei Tapparelli, che però, in seguito all’espansione francese nell’area, la detengono però in feudo dai Marchesi di Saluzzo, come risulta da un’infeudazione del 1536 e dai relativi giuramenti di fedeltà (AST, Marchesato di Saluzzo, 4 Categoria, mazzo 9, n. J, fol. 294). Solo con il 1559 i Savoia recuperano l’alta sovranità feudale, mentre il possesso rimane sempre nelle mani dei Taparelli (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 6, Lagnasco, n. 17), che lo mantengono fino alla fine dell'ancien regime.
Mutamenti di distrettuazione
Nel 1619, dopo la riorganizzazione del sistema provinciale, è Lagnasco viene inquadrata nella provincia di Savigliano. Nel 1653, in seguito ad una nuova ripartizione delle circoscrizioni provinciali passa a Saluzzo. In epoca napoleonica Lagnasco fa parte del Dipartimento della Stura, i cui confini corrispondono grossomodo con quelli dell’attuale provincia di Cuneo. La Restaurazione vede il ripristino del tradizionale ordinamento provinciale, con la ricostituzione della vecchia provincia di Saluzzo a cui Lagnasco è assegnata. Nel 1859 Lagnasco entra a far parte della nuova provincia di Cuneo, alla quale appartiene ancora oggi (Sturani 2001).
Mutamenti Territoriali
Nel 1946-49 il confine con il comune di Manta è stato rettificato (ACLagnasco, fald. 9, fasc. 7).
Comunanze
Nel 1591 comunità e signori vendono a Claudio Tapparelli, membro del consortile signorile, i diritti di pascolo e di taglio dei boschi per la somma di l660 fiorini (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 6, Lagnasco, n. 19) Nel 1644 la comunità vende oltre 30 giornate di terra e una cascina esente (S. Michele), al prevosto del luogo, membro della famiglia Taparelli (AST, Provincia di Saluzzo, 26, Mazzo 6, Lagnasco, n. 20). Secondo una ricognizione catastale del 1721 il comune possiede 35 giornate di gerbido (ACLagnasco, fald. 2, fasc. 1); secondo la stessa misurazione uno dei consignori del luogo, Alfonso Tapparelli, possedeva invece ben 146 giornate, in gran parte di campi coltivati. Nello stesso periodo il comune rivendicava però la proprietà di 55 giornate di bosco e gerbido, usurpate verso il 1695 dai Tapparelli. A inizio settecento la comunità possiede in comune con Verzuolo e Lagnasco, un terreno a gerbido e bosco, situato nel punto di incontro dei tre territori comunali. I diritti delle tre comunità sull'area, di 25 giornate, sono uguali, tanto che ciascun comune registra otto giornate tra i propri beni comuni. Si tratta probabilmente del residuo di un antico e più ampio bosco comune, eroso dai dissodamenti dei secoli precedenti. (AST, II archiviazione, capo 21, n. 38, Provincia di Saluzzo. Riflessi della Misura Generale). Nel 1823 il comune risulta proprietario di 3 ettari di bosco, sui 62 esistenti sul territorio comunale (ACLagnasco, fald. 101, fasc. 2), in gran parte proprietà dei marchesi Tapparelli. Tra la fine degli anni Venti e gli anni Trenta del XIX secolo il comune di Lagnasco intraprende una vigorosa opera di rivendicazione di terreni comunali usurpati, a seguito della quale si assiste a un’ondata di vendite nel 1838-39 (AST, Paesi per A e B, L, Mazzo 2, 3, Lagnasco, nn. 7, 11-13); al medesimo periodo risale anche una lunga vertenza con l'Ordine Mauriziano, proprietario della tenuta “La Grangia”, accusato dell'usurpazione di un ampio pascolo comunale adiacente ai terreni aziendali (ACLagnasco, fald. 81, fasc. 3). Attualmente il comune è proprietario di un paio di ettari di terreno, prevalentemente a seminativo, acquisiti nel 1994; il comune è anche proprietario di alcuni fabbricati siti nel concentrico (palazzo comunale, palestra, casa di riposo, asilo infantile) mentre sono in corso trattative per l'acquisto da parte dell'ente del complesso del castello Tapparelli-D'Azeglio, attualmente di proprietà dell'Opera Pia Tapparelli di Saluzzo.
Liti Territoriali
All'inizio del XV secolo si assiste a una lite con Saluzzo relativa al confine dei rispettivi territori, terminata con un compromesso nel 1417 (Muletti 1847, V, p. 20); una nuova disputa porta alla revisione del confine nel 1583 (ACLagnasco, fald. 81, fasc. 5). Una prima disputa confinaria con la città di Savigliano viene risolta con un arbitrato nel 1583 (ACLagnasco, fald. 3, fasc. 1). L'accordo è però provvisorio e nel corso del XVII secolo il conflitto si riaccende. Una nuova disputa con la città di Savigliano per i confini tra i rispettivi territori venne chiusa nel 1687 con un accordo tra le parti (ACLagnasco, fald. 1, fasc. 1). Nel XVII secolo il problema dei confini secolo da vita a nuovi conflitti con le confinanti comunità di Manta e Verzuolo (ACLagnasco, fald. 3, fasc. 1); il problema è rappresentato da un'area boschiva (25 giornate circa) situata al confine tra le tre comunità e su cui tutte e tre vantano antichi diritti d'uso. Si decide infine per un possesso comune, sciolto solo nel corso del Settecento (post-1721). Negli anni a cavallo del 1890 si assiste ad un'opera complessiva di rimisurazione e risistemazione dei confini comunali, nei confronti di tutti gli enti comunali confinanti, e cioè Saluzzo, Verzuolo, Manta, Savigliano e Scarnafigi (ACLagnasco, fald. 81, fasc. 5-9). Sul lungo periodo l'aera di confine più delicata e problematica rimane indubbiamente quella tra Lagnasco e l'isola giurisizionale mantese di Mattone. Nel 1860-1861 Lagnasco tenta di accorpare una vasta sezione dell'isola, per una superficie totale di 218 ettari, incluse tre cascine (ACLagnasco, fald 101, fasc. 3), ma il tentativo, stante la dura reazione mantese si risolve in un fallimento.
Fonti
Cartario della abbazia di Staffarda, 2 voll., a cura di F. Gabotto, G. Roberti, D. Chiattone, Pinerolo 1901-02.
Cartario di Pinerolo e Diplomi adelaidini, a cura di F. Gabotto, C. Cipolla, Pinerolo, 1899, doc. 2 (1064), pp. 318-332.
Il regesto dei Marchesi di Saluzzo, a cura di A. Tallone, Pinerolo, 1906.
Appendice di documenti inediti, a Il regesto dei Marchesi di Saluzzo, a cura di A. Tallone, Pinerolo, 1906.
AST, I archiviazione, Provincia di Saluzzo, n. 13, Inchiesta sovra i diritti de feudatari e vassalli (1773).
AST, II archiviazione, capo 21, n. 38, Provincia di Saluzzo. Riflessi della Misura Generale (1721).
AST, II archiviazione, capo 21, n. 80, Provincia di Saluzzo. Consegna beni immuni e comuni (1721).
AST, II archiviazione, capo 23, n. 23, Ricavo de consegnamenti della provincia di Saluzzo (1717).
AST, Consegnamenti, reg. 331, ff. 335-36, Consegna de beni della comunità di Lagnasco (1715).
ACLagnasco, fald. 3, fasc. 3 (1584), Registro de li molti magnifici signori di Liagnascho di beni rusticali et allodiali...e di beni di la baddia di Staffarda.
ACLagnasco, fald. 7, fasc. 10 (1732), Supplica di particolari di Lagnasco contro i sindaci e i consiglieri che da 30 o 40 anni amministrano con inveterata autorità e capriccio senza adunare il consiglio.
ACLagnasco, fald. 81, fasc. 3 (1500-1871), Differenze circa delimitazioni di beni comunali confinanti con “La Grangia”.
ACLagnasco. fald. 81, fasc. 5, (1583-1888), Delimitazione territorio con Saluzzo.
ACLagnasco, fald. 81, fasc. 6 (1777-1889), Delimitazione territorio con Verzuolo.
ACLagnsco, fald. 81, fasc. 7 (1729-1888), Delimitazione territorio con la Manta.
ACLagnasco, fald. 81, fasc. 8 (1781-1892), Delimitazione territorio con Savigliano.
ACLagnasco, fald. 81, fasc. 9 (1889), Delimitazione territorio con Scarnafigi.
ACLagnasco, fald. 134, fasc. 1 (1632), Attestazioni circa il funzionamento della chiesa di S. Giorgio attigua al castello.
ACLagnasco, fald. 134, fasc. 1 (1750), Convenzione tra gli illustrissimi conti Tapparelli di Lagnasco, la comunità di detto luogo e il signor paroco del medesimo luogo di Lagnasco.
Bibliografia
Casiraghi G., La diocesi di Torino nel medioevo, Torino, 1979.
Miscellanea di studi storici lagnaschesi, Savigliano 1987.
Novellis C., Cenni storici sul villaggio di Lagnasco, Torino 1845.
M.L. Sturani, Innovazioni e resistenze nella trasformazione della maglia amministrativa piemontese durante il periodo francese (1798-1814): la creazione dei dipartimenti ed il livello comunale, in Id. (a cura di), Dinamiche storiche e problemi attuali della maglia istituzionale in Italia. Saggi di Geografia amministrativa. Atti del Seminario (Torino, 18 settembre 1998), Alessandria 2001, pp. 89-118.
Descrizione Comune
Lagnasco
     La vicenda del territorio di Lagnasco mostra molto bene la complessità delle interrelazioni tra signoria locale, enti religiosi e comunità locali nella produzione e nella riproduzione dello spazio politico locale.
     La prima menzione di Lagnasco risale al 1064, ed è contenuta in un diploma con cui la marchesa di Torino Adelaide dona la curtis di Lagnasco con le sue pertinenze all’abbazia di S. Maria di Pinerolo, da lei fondata come monastero di famiglia. Nel documento si menzionano come pertinenze della curtis case, cappelle, vigne, campi arabili e mulini, restituendo così l’immagine di un insediamento già di una qualche complessità. Della curtis di Mirandola, ricordata come gemella di quella di Lagnasco nello stesso atto del 1064, non c’è più traccia nella non fitta documentazione dei secoli successivi. Si è ipotizzato che la curtis scomparsa si trovasse nell’attuale territorio lagnaschese e fosse abbandonata pochi decenni dopo nel quadro dei processi di riorganizzazione e di concentrazione dell’habitat che interessano in modo intenso la pianura nel periodo successivo al 1100, segnato anche da una netta militarizzazione del territorio. Il fatto che le due curtes appartenessero ai medesimi signori avrebbe indubbiamente favorito un processo di accorpamento tra le due realtà insediative, con la cannibalizzazione di un centro a favore dell’altro. L’area infatti, dopo la dissoluzione della marca di Torino seguita alla morte di Adelaide, cade nelle mani di Bonifacio del Vasto, stipite dei marchesi di Busca, che controlleranno la zona fino all’inizio del XIII secolo, quando subentreranno loro i marchesi di Saluzzo, un altro ramo dei discendenti di Bonifacio.
Proprio al periodo di dominio dei Saluzzo risalgono le prime notizie certe relative alla strutturazione di una comunità locale, che verso il 1300 ha già preso forme istituzionali comunali. Nel 1341 avviene l’infeudazione del luogo ai Tapparelli e ai Falletto in parti uguali. Le due famiglie manterranno la signoria locale anche dopo l’incapsulamento di Lagnasco nei domini dei Savoia-Acaia, nel 1358. Nei due decenni successivi sarà però la rivalità tra i Savoia e i Visconti di Milano a frantumare l’unità del consortile signorile, con le due Famiglie Schierate sui fronti opposti. Le due famiglie si affronteranno anche con le armi e tale rivalità, trasferitasi anche a livello della comunità grazie ai due sistemi clientelari locali imperniati sulle due stirpi si ripercuoterà anche duramente sulla vita della comunità aprendo una fase di incertezza e di conflitti. la definitiva affermazione dei Savoia porterà ad una semplificazione dei rapporti di potere locali, con l’allontanamento dei Falletto e la concessione in feudo di Lagnasco nella sua interezza ai Tapparelli, nel 1376. Anche tale consortile signorile si ramificherà in modo rilevante nei secoli successivi mantenendo però una sostanziale compattezza di fronte alla comunità e al potere centrale.
La ramificazione del consortile dei Tapparelli, e la sua rilevanza locale, trova una loro espressione plastica nella complessità architettonica e spaziale, oltre che nelle stesse dimensioni, del complesso edilizio del castello di Lagnasco (o meglio, dei castelli di Lagnasco, dal momento che si tratta di una pluralità di edifici tra loro collegati), che occupa una parte molto rilevante della superficie del concentrico lagnaschese. La rilevanza della presenza fondiaria locale del consortile appare estremamente elevata già da un Registro del 1564, dove sono elencati i beni appartenenti ai 12 nuclei familiari in cui si divideva all'epoca il consortile signorile (ACL, fald. 3, fasc. 3). La politica di espansione fondiaria da parte del consortile si sviluppa lungo tutto il XVII secolo, a danno delle terre della comunità e dei beni dei particolari. I Tapparelli riescono inoltre a fare registrare come feudali e immuni la gran parte delle nuove acquisizioni; tentativi di verifica della situazione da parte del governo centrale, attuati intorno al 1715 non portano a risultati di rilievo e il potenziamento fondiario del consortile può proseguire sostanzialmente indisturbato (AST, II archiviazione, capo 23, n. 23, Ricavo de consegnamenti della provincia di Saluzzo). Verso la metà dell'800, prima dell'istituzione dell'Opera Pia Tapparelli, che avrebbe ricevuto l'intero complesso immobiliare dei Marchesi Tapparelli-D'Azeglio, questi ultimi risultavano proprietari di circa la metà delle terre di Lagnasco a seguito di un ulteriore incremento delle terre familiari con ulteriori acquisizioni da particolari.
Il fatto che la potente famiglia dei signori del luogo non abbia il controllo di nessuno dei villaggi confinanti e si muova quindi attivamente per tutelare i confini lagnaschesi, che corrispondono anche ai confini della propria autorità, costituisce indubbiamente un elemento positivo nel processo di fissazione e di conservazione del territorio comunale di Lagnasco. Comunità e signori cooperano infatti per conservare e dove possibile per dilatare il territorio lagnaschese. Le liti con le comunità contermini, come Manta o Verzuolo, vedono infatti agire in modo solidale la comunità e il consortile.
Tracce di un’area di confine non lineare rimangono visibili ancora all’inizio del ‘700, nell’area di confine tra i territori di Lagnasco, Manta e Verzuolo. Risulta infatti l’esistenza di un'area boschiva (25 giornate circa) situata al confine tra le tre comunità e su cui tutte e tre vantano antichi diritti d'uso. Il terreno boschivo non appartiene all’epoca a nessuna delle tre comunità che lo possiedono in indiviso. Si tratta con ogni probabilità dell’ultimo rimasuglio di un’antico bosco posseduto in comune dai tre villaggi e progressivamente eroso attraverso i disboscamenti e le messe a coltura. Nel corso del ‘700 il processo di linearizzazione dei confini portò alla scomparsa anche di quest’ultimo relitto, spartito tra i territori delle tre comunità AST, II archiviazione, capo 21, n. 38, Provincia di Saluzzo. Riflessi della Misura Generale (1721).
Le altre tensioni di confine con le comunità contermini hanno un carattere più comune e risultano caratterizzate dalle tradizionali dispute sul corretto posizionamento di cippi e segni confinari.
Una questione a sé è invece rappresentata dal contenzioso di lunga durata con il comune di Manta per il confine tra Lagnasco e l'isola amministrativa di Mattone, appartenente a Manta. Fin dal XV secolo particolari lagnaschesi, spalleggiati dalla comunità, contestano i diritti mantesi su settori dell'insula. Si può ipotizzare che il declino del villaggio di Mattone sia stato segnato da un esodo dei vecchi residenti, oltre che verso Manta, anche verso Lagnasco Verzuolo e Saluzzo. Particolari lagnaschesi continuavano quindi a risultare proprietari di terre nell'insula e a vantare diritti sulle antiche terre comuni e la comunità ne spalleggiava le pretese per cercare di erodere il territorio di Mattone. Ancora nel 1861 il comune di Lagnasco propone un'azione presso il ministero degli interni per modificare i confini comunali e incorporare gran parte dell'isola giurisdizionale di Mattone. Appare comunque significativo che Lagnasco, per giustificare le sue pretese non accampi diritti di un qualche tipo, ma solo ragioni di ordine pratico e topografico. Gli abitanti delle cascine di Mattone (poche decine di persone) risultano peraltro favorevoli all'accorpamento a Lagnasco, più vicina e comoda rispetto a Manta. Gli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale (1946-49) vedono un piccolo aggiustamento di confine a favore di Lagnasco. Dopo quella data i confini sono rimasti invariati.
Una prova di lungo periodo della vitalità della comunità e della sua capacità di ancorarsi ad uno specifico territorio è data dal rapporto con la rilevantissima presenza fondiaria locale del cenobio cistercense di Staffarda (e poi dell’ordine Mauriziano che assorbì i beni del monastero). Nonostante Staffarda cerchi di riqualificare in senso compiutamente territoriale la sua presenza fondiaria, costruendo, sulla base di e immunità un territorio autonomo imperniato sui suoi possessi, la comunità di Lagnasco riesce vittoriosamente a impedire la scissione dell’area sotto il controllo di Staffarda. Anche nei periodi in cui la capacità di intervento della comunità su quei settori del territorio risulta minima, se non addirittura nulla, come nel ‘300 la comunità di Lagnasco riesce infatti a mantenere viva la memoria dell’unità amministrativa del territorio, inibendone la frammentazione. L’uso dei beni comuni a cui gli abitanti del territorio controllato da Staffarda non vogliono (o non possono rinunciare) contribuisce in questo senso a mantenere vivo il senso di unità del territorio e della comunità cui appartengono tutti gli uomini che lo abitano.