Vernante

AutoriPalmero, Beatrice
Anno Compilazione1998
Provincia
Cuneo.
Area storica
Cuneese.
Abitanti
1477 (censimento 1991)
Estensione
6193 ha (ISTAT 1991); 6158 ha (SITA 1991).
Confini
A nord Robilante, a nord-est Boves, a sud-est Limone Piemonte, a sud-ovest Entracque, a ovest Roaschia.
Frazioni
A seguito della legge di soppressione delle frazioni, sul territorio di Vernante si trovano dei nuclei abitati e case sparse: Folchi, Palanfré, Tetti Maron, Tetto Caia, Tetto Mariné, Case Sparse e Alpe (CSI 1991, Piemonte). A metà Ottocento sia Folchi che Palanfré costituivano «villata» e ad esse si aggiungeva una terza: Castellare.
Toponimo storico
Tra le prime attestazioni «Alvergnando», «Alvernando», come nel diploma imperiale del 1041 di confermazione dei territori del comitato di Bredulo al vescovo astense (Libro verde della chiesa di Asti, fol. 319). «Alvernante» attestato nel territorio dei Vagenni (Casalis 1854, vol. XXV, p. 23). Si vuol ricondurre il toponimo alla «verna», pianta molto diffusa sul territorio e ricordata anche nello stemma municipale, con la citazione «in silvis salus» (Massa, Ternullo 1996).
Diocesi
A partire dal X secolo si trova tra le località elencate nei possessi del vescovo di Asti. Fu unito nel 1592 alla diocesi di Fossano e per un breve periodo (fine XVIII-inizi XIX secolo) a quella di Mondovì. Costituito il distretto episcopale di Cuneo (1816-1817) passò sotto questa diocesi (Berra 1955, pp. 57-58).
Pieve
Probabilmente la sua era una delle cappelle che vengono attribuite all'antica pieve di Pedona e pertanto si suppone una precedente appartenenza alla diocesi di Torino. La chiesa di Vernante è nominata nel registro episcopale di Asti del 1345 come appartenente alla pieve di S. Maria di Cuneo. Si è a conoscenza della sua intitolazione a S. Nicolao grazie ad una procura stipulata sotto il suo portico nel 1367 (Giacchi 1976, pp. 421 e 428).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La chiesa parrocchiale è intitolata a S. Nicola, mentre la confraternita locale tiene la cappella di S. Sebastiano. Esiste inoltre un santuario dedicato a Nostra Signora dell'Assunzione, detto anche «Madonna della Valle» (Casalis 1854, vol. XXV, p. 23). Si ha già notizia a metà XVIII secolo di una cappella «fuori dal recinto» del paese con tale intestazione, luogo di devozione e culto assiduamente frequentato da «tutti gli abitanti della Val Vermenagna».
Nella chiesa parrocchiale, dove i marchesi Guillers avevano il patronato, esistevano due compagnie: del Santissimo Sacramento e del Rosario. La confraternita di S. Spirito aveva invece una propria chiesa dedicata alla S. Croce (BRT, Storia patria n. 855, Brandizzo1753, pp. 65-66).
Assetto Insediativo

                                     

Luoghi Scomparsi
Non si hanno informazioni in merito, salvo segnalare la disgregazione della «villata» ottocentesca di Castellare in unità abitative più piccole (tetti) (cfr. la scheda dedicata a Robilante).
Comunità, origine, funzionamento
La prima attestazione dell'attività politica del luogo si ha nel trattato del 1221. In esso infatti i consoli di Vernante insieme a quelli delle altre comunità della val Roya costituiscono un corpo militare difensivo contro Genova. Nel 1276 il conte Pietro Balbo di Ventimiglia, riconquistata Tenda e la val Vermenagna, concede statuti a Limone e Vernante (Beltrutti 1954, pp. 45 e 66).
Nel secolo XIV la comunità del Vernante contratta presso i conti di Ventimiglia, signori locali, il diritto di mortalagium con una pensione annua (AST, Città e contado di Nizza, Tenda mazzo 51, fasc.8: Patti e convenzioni seguite tra Pietro Balbo dei Conti di Ventimiglia a suo nome e di Guglielmo Pietro di lui fratello e la Comunità ed uomini del Vernante per forma de ' quali detta Comunità si è obbligata a pagare alli Signori fiorini 25 d'oro annui in perpetuo per la remissione da medesimi fattagli di totum mortalaggium che erano soliti percevere in detto luogo [19 luglio 1380]).
Da una questione, sviluppatasi nel corso del secolo XVIII, relativa al funzionamento della comunità, emerge che il consiglio comunale era composto da consiglieri «del luogo» e «consiglieri di campagna» in maniera proporzionale all'abitato. Delle 2700 persone che risiedevano nel comune di Vernante, solo 900 abitavano nel borgo urbano, mentre le altre vivevano «alle montagne» (BRT, Storia patria n. 855, Brandizzo1753, p. 68). Preso atto della cattiva amministrazione, i funzionari governativi appoggiano la trasformazione del consiglio. Pertanto a partire da metà Settecento si potrà accedere all'amministrazione del comune solo un «consigliere di campagna» (AST, Camera dei Conti, I archiviazione, tomo III, mazzo I, fasc. 14: Informativa dell'intendente generale di Cuneo sovra li motivi esposti da diversi particolari del Vernante contro l'amministrativa di quel pubblico [1742]).
Statuti
Un codice cartaceo del 1554 è segnalato nell'Archivio comunale (Sacco 1952, p. 15) ed è qui conservato in due fascicoli. Si attesta inoltre la riscossione dei bandi campestri in Ancien Régime (BRT, Storia patria n. 855, Brandizzo1753, p. 65), di cui si conserva in Archivio comunale una copia del 1741 (AC Vernante, fald. 2, fasc. 37). Si segnala inoltre un Regolamento per i diritti piantativi, redatto nel 1928 (CLUC, cartella 239).
Catasti
Benché necessiti di restauri, la serie antica dei catasti conservata in Archivio comunale riporta il Catasto vecchio del 1597. A questo si affiancano un Registro delle consegne dei beni (1584-1715) e un Catasto (1606). La redazione di ben tre registri, che si accavallano tra la seconda metà del XVI secolo e il primo decennio del 1610, mettono in evidenza la difficoltà di adeguare la realtà articolata dei possessi territoriali con le esigenze fiscali di misurazione. A ulteriore dimostrazione del conflitto per la gestione del territorio si segnalano inoltre un Libro di misura del territorio di Vernante del 1606, corredato in capitoli di «tavollere di finaggio»; «misure della villa e della campagna»; «errori del catasto del 1606». Seguono altri Libri di misura del 1699 e del 1730. L'accatastamento dei boschi avviene solo nel 1771, mentre nel 1748 si ebbe la necessità di produrre una «carta di visura dell'area boschiva» per ristabilire il controllo su tale patrimonio demaniale (Inventario comunale Vernante, 1996).
Ordinati
La serie degli ordinati comunali è conservata in comune a partire dal 1581. Segue con regolarità fino al 1855 in 32 volumi, poi in base alle riforme amministrative raccoglie i verbali delle sedute di Giunta e Consiglio (Inventario comunale Vernante, 1996).
Dipendenze nel Medioevo
Fece parte della contea di Bredulo e fu acquistato nel X secolo dai conti di Ventimiglia. A seguito dello smembramento della contea di Ventimiglia, Vernante viene acquisito dai Lascaris che governeranno la contea di Tenda (cfr. la scheda dedicata a Limone Piemonte).
Feudo
Vernante e il suo castello furono prima acquistati dai conti di Ventimiglia e poi passarono ai Lascaris di Tenda. Nel XIV secolo il marchese Manfredo IV di Saluzzo vanta diritti su detto feudo (Muletti 1972, p. 92). La giurisdizione feudale fu oggetto di spartizione ereditaria nel 1406 e ridusse la giurisdizione di Vernante in porzioni, dapprima tenute dai due rami dei Lascaris, di Tenda e di Briga, poi acquistate dal duca di Savoia in più riprese, tra la metà del XV ed il secolo successivo. Nel 1575 i Savoia acquisirono tutte le porzioni del feudo e su di esso vi collocarono Giovanni Nicolis da Varallo (1611). Nel XVIII secolo fu concesso il titolo marchionale al Guiller (Casalis 1854, vol. XXV, pp. 23-24; Beltrutti 1954, pp. 45-69).
Mutamenti di distrettuazione
Passato a pieno titolo nei feudi sabaudi è unito all'antica provincia di Cuneo, come attesta la regia patente del 1630. Tale accorpamento incontra notevoli opposizioni tra le popolazioni di Vernante e Limone, che nel 1639 riescono a farsi riconoscere lo "status" di cittadini del contado nizzardo (AC Vernante, Categoria unica, fald. 2 bis, fasc. 31). Ancora nelle statistiche di metà Settecento, benché compaiano ormai tra i comuni appartenenti alla provincia di Cuneo, continuano a godere dei privilegi degli abitanti del contado di Nizza. Questi consistevano nell'esenzione dalle gabelle di carne, corame, foglietta e tabacco; mentre l'imposta sul sale era ridotta a 2 lire per ciò che concerneva il «consumo del paese» (BRT, Storia patria n. 855, Brandizzo 1753, p. 58). Hanno inoltre la facoltà di scegliere l'appello al Senato di Torino o al Senato di Nizza e di regolamentare le sentenze civili e criminali con gli statuti (Casalis 1841, vol. IX, p. 460). Durante il periodo di dominazione francese costituiva dipartimento, a cui facevano capo Limone, Robilante e Roaschia. In seguito, presentò più volte richiesta per ottenere il capoluogo di mandamento ma il Regno sardo lo aveva assegnato a Limone (AST, Paesi A per B, V, mazzo 15, fascc. 4, 15 bis e 28: Richiesta della Comunità per ottenere il capoluogo di mandamento [1823; 1832-33; 1842]). Resta infine incluso nella provincia di Cuneo.
Mutamenti Territoriali
Il territorio comunale confinava anche verso il col di Tenda e Chiusa, come attestano gli antichi fini rilevati dalle statistiche settecentesche. Per quel che concerne il confine con Tenda probabilmente la contrazione non è tanto del territorio comunale di Vernante, quanto piuttosto dell'estensione del dominio della contea. In età moderna infatti i diritti sul colle di Tenda sono stati ridefiniti a favore di Limone, a cui è stata riconosciuta la giurisdizione su detta zona (cfr. la scheda dedicata a Limone Piemonte). Per quel che concerne il versante di Chiusa Pesio la situazione effettivamente è più complicata per la presenza dei beni dei Certosini, che risultano insediati sugli alpeggi e per gli usi consuetudinari rivendicati da Briga e da Peveragno. In particolare Vernante stringe una convenzione con quest'ultima comunità nel 1451, in una fase in cui Peveragno definiva usi e limiti comunitari con Chiusa (AC Vernante, categoria unica, fald. 1, fasc. 12; cfr. la scheda dedicata a Chiusa Pesio). La variazione dei confini del territorio comunale sembrerebbe riguardare in generale la ridefinizione degli usi civici di un più ampio comprensorio alpino, piutosto che specificatamente una contrazione dell'autorità giurisdizionale di Vernante. A sostegno di ciò inoltre, le ricognizioni del commmissariato per la liquidazione degli usi civici non riportano notizie in merito e non segnalano alcuna sorta di accorpamenti o distacchi di porzioni di territorio.
Comunanze
Attualmente il comune dichiara di possedere 2100,2549 ettari in categoria «N», che per il commissariato agli usi civici sono alienabili, mentre a quest'ultimo risultano 31,6102 ettari di beni effettivamente alienati (CSI 1991, Piemonte). La notevole estensione delle comunaglie di Vernante era organizzata in regime di promiscuità, sostanzialmente di due tipi: tra il comune e i privati, ovvero di beni intestati al catasto comunale e sfruttati dai comunisti locali; condominio per i castagneti da frutto gravati inoltre dagli usi civici, cioé per quei terreni accatastati ai singoli proprietari per le piante, ma intestati al comune per il terreno sottostante (CLUC, cartella 239: relazione 1 aprile 1926).
Liti Territoriali
Il territorio di Vernante scaturisce da una serie di accordi e convenzioni con i limitrofi comuni di Limone e Robilante. Le carte tardomedievali documentano le transazioni e i patti di sfruttamento che questo comune ha stipulato, non senza conflitti, con le forze del territorio. Da questa contrattazione deriva un vasto ed articolato comprensorio di risorse territoriali e diritti d'uso che si estende tra val Vermenagna e valle Gesso, spingendosi anche verso Peveragno e Boves (AC Vernante, categoria unica, fald. 1, fasc. 1: Transazione con la comunità di Robilante per l'ubay di Bialongia [28 maggio 1338]; fasc. 2: Compromesso tra Vernante e Robilante per differenze sui limiti del finagio di Bralongio [6 giugno 1356]; fasc. 3: Accusa di Robilante a uomini di Vernante per taglio di alberi in Valmanera [24 giugno 1359]; fasc. 5: Convenzione tra Vernante e Robilante per pascoli dell'alpe [21 settembre 1401]; fasc. 10: Transazione tra Vernante e Robilante per rapporto di tributi verso possessioni di Vernante su quel territorio [2 agosto 1432]; fasc. 11 bis: Arbitrato e convenzione tra Vernante e Limone per divisione della montagna della "Motta " [20 settembre 1436]; fasc. 12: Convenzione con Peveragno [18 ottobre 1451]; fasc. 14: Transazione tra Vernante e Boves e convenzione per gabelle e pascaggio [12 dicembre 1469]). Nel corso del Quattrocento dunque, probabilmente sotto la spinta demografica, Vernante consolida il suo territorio cercando di trovare un equilibrio tra le esigenze di coltivazione dell'aumentata popolazione e l'attività pastorizia in mano a una élite comunale (AC Vernante, categoria unica, fald. 1, fasc. 9: Instrumento di convenzione, statuti e patti tra il comune di Vernante e Robilante circa boschi di castagna e di non metter fuoco in essi [2 marzo 1406]; fasc. 11: Deliberamento del conte di Vernante che assolve dall'obbligo di consegna di bestie salvatiche [s.d.]; fald. 2 bis, fasc. 30: Supplica e lettere per raccogliere le castagne nel territorio di Robilante [1630]). In seguito la comunità cede i redditi delle montagne di Crosa, Albergo e Colombo ai signori del luogo con un appalto di 18 anni, i cui proventi rinpinguano le casse del comune (AC Vernante, categoria unica, fald. 1, fascc. 18-20 [1502-1509]). L'alienazione del patrimonio comunale, non manca di creare tensioni con le rendite signorili. Prima sotto forma di asseganzioni pluridecennali ed in seguito con veri e propri tentativi di vendita, i boschi comunali sono oggetto di contese per tutto il XIX secolo (AST, Paesi A per B, V, mazzo 15, fasc. 2: Ricorso della Comunità a proposito di una controversia con il feudatario Marchese Guillers [1818]; fasc. 9: Vendita di due tenimenti boschivi [1830]; fasc. 12: Richiesta del comune di una disposizione che impedisca l'uscita del legname dal suo territorio [1831]; fasc. 18: Vertenze tra Vernante, Boves e Limone per la collettazione del registro di 1222 giornate di boschi e per i diritti di fodro [1830-1833]; fasc. 19: Concessione di bosco in enfiteusi a favore di alcuni proprietari [1833-1834]; fasc. 23: Pascolo del bestiame nei boschi comunali [1838]; fasc. 24: Vendita di alcune selve comunali [1839]; AST, Camera dei Conti, art. 501, mazzo V, fasc. 22: Vernante contro affittaioli di beni ecclesiastici [1702]).
Fonti
AC Robilante (Archivio Storico del comune di Robilante), C I, cl. 9, fald. 122, fasc. 27. AC Vernante (Archivio Storico del comune di Vernante):
categoria unica, fald. 1, fasc. 1: Transazione con la comunità di Robilante per l'ubay di Bialongia [28 maggio 1338]; fasc. 2: Compromesso tra Vernante e Robilante per differenze sui limiti del finagio di Bralongio [6 giugno 1356]; fasc. 3: Accusa di Robilante a uomini di Vernante per taglio di alberi in Valmanera [24 giugno 1359]; fasc. 5: Convenzione tra Vernante e Robilante per pascoli dell'alpe [21 settembre 1401]; fasc. 9: Instrumento di convenzione, statuti e patti tra il comune di Vernante e Robilante circa boschi di castagna e di non metter fuoco in essi [2 marzo 1406]; fasc. 10: Transazione tra Vernante e Robilante per rapporto di tributi verso possessioni di Vernante su quel territorio [2 agosto 1432]; fasc. 11: Deliberamento del conte di Vernante che assolve dall'obbligo di consegna di bestie salvatiche [s.d.]; fasc. 11 bis: Arbitrato e convenzione tra Vernante e Limone per divisione della montagna della "Motta" [20 settembre 1436]; fasc. 12: Convenzione con Peveragno [18 ottobre 1451]; fasc. 13; fasc. 14: Transazione tra Vernante e Boves e convenzione per gabelle epascaggio [12 dicembre 1469]; fascc. 18-20 [1502-1509]; fald. 2, fascc. 28, 31, 39;
fald. 2 bis, fasc. 30: Supplica e lettere per raccogliere le castagne nel territorio di Robilante [1630]; fascc. 31 e 37;
fald. 258-260: donazioni [1646]; Libro dei conti cappelle comunali [1716-1768; 1768- 1802].
AST (Archivio di Stato di Torino):
Camera dei Conti, art. 501, mazzo V, fasc. 22: Vernante contro affittaioli di beni ecclesiastici [1702];
Camera dei Conti, I archiviazione, tomo III, mazzo I, fasc. 14: Informativa dell'intendente generale di Cuneo sovra li motivi esposti da diversi particolari del Vernante contro l'amministrativa di quel pubblico [1742]; mazzo II, fasc. 2; Città e contado di Nizza, Tenda mazzo 51, fasc.8: Patti e convenzioni seguite tra Pietro Balbo dei Conti di Ventimiglia a suo nome e di Guglielmo Pietro di lui fratello e la Comunità ed uomini del Vernante per forma de' quali detta Comunità si è obbligata a pagare alli Signori fiorini 25 d'oro annui in perpetuo per la remissione da medesimi fattagli di totum mortalaggium che erano soliti percevere in detto luogo [19 luglio 1380];
Paesi A per B, V, mazzo 15, fasc. 2: Ricorso della Comunità a proposito di una controversia con il feudatario Marchese Guillers [1818]; fascc. 4, 15 bis e 28: Richiesta della Comunità per ottenere il capoluogo di mandamento, 1823; 1832-33; 1842; fasc. 9: Vendita di due tenimenti boschivi [1830]; fasc. 12: Richiesta del comune di una disposizione che impedisca l'uscita del legname dal suo territorio [1831]; fasc. 18: Vertenze tra Vernante, Boves e Limone per la collettazione del registro di 1222 giornate di boschi e per i diritti di fodro [1830-1833]; fasc. 19: Concessione di bosco in enfiteusi a favore di alcuni proprietari [1833-1834]; fasc. 23: Pascolo del bestiame nei
boschi comunali [1838]; fasc. 24: Vendita di alcune selve comunali [1839]. BRT (Biblioteca Reale di Torino), Storia patria n. 855, Brandizzo1753. CLUC (Commissariato per la liquidazione degli usi civici), cartelle 239 e 239 bis.
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Descrizione Comune

Vernante

     L'evoluzione del territorio comunale di Vernante si caratterizza per la costruzione di un comprensorio atto a garantire in particolare il sostentamento cerealicolo alla popolazione. Si rivela dunque la vocazione stanziale di questo villaggio alpino, dove l'attività pastorizia rappresenta soprattutto una fonte di reddito comunale piuttosto che attività transumante degli abitanti. L'appalto dei boschi e l'affitto dei pascoli estivi attraggono popolazione, un flusso demografico che non manca di assumere carattere residenziale laddove il regime comunitario mette a disposizione le risorse territoriali. I movimenti umani, che nel corso del Quattrocento hanno determinato il popolamento della montagna, hanno indotto il comune di Vernante ad attivarsi per consolidare ed estendere il proprio territorio attraverso una serie di convenzioni e transazioni con le comunità limotrofe. Sicuramente vanno riconsiderati, alla luce dei nuovi orientamenti degli studi migratori (Alnera 1995, pp. 28-30), gli insediamenti di nuclei abitati sugli alpeggi, a fronte di un borgo di tradizione comunale. I secoli XV e XVI rappresentano un momento di massima "espansione" per Vernante: si susseguono arbitrati e transazioni attraverso i quali il comune si assicura la metà della montagna della Motta verso Limone, il diritto di pascolo su altri alpeggi verso Peveragno e Boves, mentre, con la stipulazione di norme statutarie a salvaguardia dei boschi di Robilante, si riserva l'accesso ai castagneti di questa comunità. Inoltre riesce a legittimare, dietro pagamento dei tributi comunitari, alcune possessioni sia sul territorio di Robilante che di Boves (AC Vernante, categoria unica, fald. 1, fascc. 9, 11 bis, 12, 14). Ancora a metà Settecento risulta possedere alcuni boschi sul territorio di Robilante, a cui paga le taglie, ed altri sul territorio di Boves dove invia propri esattori a riscuotere le imposte da consegnare a Boves (AST, Camera dei Conti, t. III, Provincia di Cuneo, mazzo II, fasc. 2). Tale pratica tra XVIII e XIX secolo ha determinato liti tra le due comunità, poiché poneva la questione del riconoscimento dell'autorità giurisdizionale di esazione e riscossione tributaria (AST, Corte, Paesi A per B, V, mazzo 15, fasc. 18).
Se da una parte le convenzioni di sfruttamento dei pascoli ampliavano le possibilità per l'attività pastorizia, le transazioni erano piuttosto rivolte a garantire l'accesso ai castagneti di Robilante, a riconoscere i disboscamenti fatti su quel territorio e a legittimare gli appoderamenti. La necessità di approvvigionamento del comune si manifesta già con una concessione speciale di importazione di grani (1460) e con suppliche successive per la raccolta supplementare di castagne (1630) (AC Vernante, categoria unica, fald. 1, fasc. 13; fald. 2 bis, fasc. 30). Vernante si distingue a metà Settecento tra i comuni della val Vermenagna come il paese dalle più alte consegne per consumo cerealicolo. In castagne e cereali annota più del doppio delle altre comunità, mentre per il frumento ha un consumo nettamente inferiore ai villaggi della valle, fino a 7 volte meno di quello di Borgo S. Dalmazzo, maggior consumatore di grano (AST, Camera dei Conti, I archiviazione, t. III, Provincia di Cuneo, mazzo II, fasc. 2).
La politica territoriale di Vernante si muove da un lato per costruire un'area ampia di sussistenza, e dall'altro per creare una rete di esenzioni atta a favorire lo sviluppo dei traffici e dei negozi. A metà del secolo XV, Vernante si accorda con Boves per la realizzazione di un percorso che esuli dal pedaggio di Roccavione. Nonostante i privilegi fiscali che godeva in Piemonte come comunità appartenente al contado di Nizza, comunque era obbligata da Cuneo all'averaggio, ovvero al pagamento di una tassa sull'introduzione del bestiame. Per cui, con il nuovo percorso, Vernante garantisce un passaggio "franco" alla transumanza e al commercio di bestiame (Comba 1976, pp. 90-91). Quest'attività è tra le più floride del comune, che è sede di una notevole fiera alpina il giorno successivo la festa di S. Michele. La fiera si protrae per tre giorni e ad essa affluiscono i negozianti del Piemonte meridionale, della Provenza e del contado di Nizza.
I vantaggi fiscali con cui si era sviluppato il commercio in genere e il negozio di bestiame in particolare hanno rischiato di essere compromessi con l'avvento dei Savoia sui domini dei Lascaris. Nel corso di un primo assetto amministrativo, probabilmente con grande pressione di Cuneo, si pose la questione delle competenze fiscali. Nel trattato del 1279 i Lascaris avevano pattuito con Cuneo un censo forfettario di 25 lire, 15 lire per Limone e 10 lire per Vernante (AST, Corte contado di Nizza, Tenda, mazzo 51, fasc. 2). Tale omaggio, oltre all'esenzione reciproca da gabelle sul traffico commerciale, ponevano i due comuni della val Vermenagna in una posizione fiscale avvantaggiata rispetto alle terre «iurisdictio Cunei», che invece dovevano alla città un annuo censo di lire 50 a titolo ricognitivo degli antichi diritti marchionali, come sancito nella pace del 1281 tra il marchese di Saluzzo e Cuneo (Guglielmotti 1995, p. 38). Sulla base di tali convenzioni Limone e Vernante, su cui inoltre i Lascaris avevano mantenuto porzioni di rendite signorili fino al 1575, rivendicavano l'appartenenza al contado di Nizza, mentre la città di Cuneo insisteva perché gli fossero riconosciuti come ambito distrettuale in cui riscuotere le gabelle.
Se è riconosciuto che in età medievale Cuneo non è riuscita ad imporsi come centro coordinatore di un districtus, consentendo dinamiche autonome alle valli limitrofe (Guglielmotti 1995, p. 44), a maggior ragione rivendicano tale autonomia Vernante e Limone, che conservano diritti signorili ai Lascaris fino a XVI secolo inoltrato, e mantengono legami con la Provenza e la Francia. Inizialmente però entrambi i comuni furono costretti a pagare alla città di Cuneo per il trasporto delle merci (1605), nonostante il ricorso contro il gabelliere di Cuneo e l'esattore di Robilante (AC Vernante, categoria unica, fald. 2, fascc. 28, 39). In seguito la questione del riconoscimento dei due comuni nel contado di Nizza viene affrontata in Senato e la richiesta accolta con regia patente del 1630 (AC Vernante, categoria unica, fald. 2, fasc. 31). Si confermano dunque tutte le esenzioni di pedaggio e dazio sulle merci, nonché il privilegio di riduzione sulla gabella del sale, mentre resta fissata a Vernante la dogana di uscita delle merci dirette a Nizza, e a Limone si colloca la dogana per le merci in entrata verso i mercati piemontesi. Tra XVI e XVII secolo la zona transalpina conserva la caratteristica di area franca per il transito del bestiame e il flusso delle merci, mentre dal punto di vista politico-amministrativo gli è riconosciuta l'indipendenza da Cuneo.
Come già accennato, Vernante individua nelle risorse boschive e sui castagneti di Robilante un comodo e prospero ambito di espansione. La confraternita di Santo Spirito tra il 1541 e il 1562 aveva acquistato sul territorio di Robilante sia un bosco di castagne che altri beni. Assume carattere giurisdizionale per il comune di Robilante la questione contro la compagnia dei Disciplinanti che gestisce le cappelle dei SS. Antonio e Macario per l'intercessione dell'ospedale e confreria del comune di Vernante (AC Vernante, categoria unica, fald. 1, fascc. 21-22; AC Robilante, C I, cl. 9, fald. 122, fasc. 27). Sull'area soggetta alla giurisdizione comunale di Robilante, i Disciplinanti locali avevano affidato la cura delle cappelle alla confraternita di Vernante, che qui pagava le taglie per suoi possessi (cfr. la scheda dedicata a Robilante). Il potere della confratria è costituito da una prosperità economica, da possessi territoriali e dalla cura di luoghi devozionali, che conferisce a tale associazione solidaristica espressione simbolica di leadership tra gruppi sociali omogenei, appartenenti a comunità differenti (Torre 1995; cfr. il caso di Entracque: Comino 1997, pp. 87-91). La confratria di S. Spirito di Vernante infatti si dimostra in grado di sostenere degli appoderamenti, di allearsi e "guidare" altre associazioni laicali al controllo e allo sfruttamento delle risorse del territorio "dominato" dalle cappelle campestri.
Si è rivelato interessante cercare corrispondenza tra la localizzazione delle cappelle e chiese campestri di patronato comunale e le zone riservate agli usi comunitari. Si sottolinea innanzi tutto che la chiesa parrocchiale di S. Nicolao, nel borgo di Vernante, è un patronato del marchese di Guiller, mentre la chiesa di S. Croce così come quella della Beata Vergine Assunta del Vallon Grande, poste sul comprensorio alpino, sono tutte a carico della comunità. In esse si tiene un libro dei conti e i massari raccolgono le decime per il pievano del borgo (AC Vernante, categoria unica, fald. 258-260: donazioni [1646]; Libro dei conti cappelle comunali [1716-1768; 1768-1802]). La parrocchia del borgo è una chiara espressione del potere signorile, giacché il marchese ha facoltà di intervenire sulla nomina del parroco, mentre sulla montagna i vari nuclei abitati si curano della manutenzione della propria cappella. La configurazione stessa dell'abitato comunale si riflette dunque anche sul piano della decimazione: la riscossione delle decime delle cappelle del territorio da parte del pievano della parrocchia del borgo riflette il tentativo di subordinazione degli insediamenti della montagna al borgo. La parrocchia resta unica e solo alla fine del secolo XIX, l'insediamento più popoloso della montagna (Folchi) ottiene il titolo di parrocchiale per S. Bartolomeo. Qui curano i propri altari la confraternita di S. Croce, la compagnia delle Figlie di Maria e la compagnia di S. Giovanni. Nella situazione devozionale si distingue allo stesso modo la conformazione dei gruppi sociali di Vernante: il borgo si stringe attorno ai privilegi del marchese, mentre la montagna, dove risiede la gran parte della popolazione, guida il consiglio comunale e la politica territoriale di circolazione e scambio di risorse.
Agli albori dell'attività comunale, emerge un ceto commerciale fedele ai conti di Ventimiglia, alleati con la Provenza contro Genova e l'Impero (Beltrutti 1954, p. 45: anno 1221). I Lascaris, interessati alle relazioni economiche che vanno sviluppandosi attorno a Cuneo, stringono con questa un trattato di amicizia, che conduce però i possessi della val Vermenagna alla soggezione angioina. Sul finire del secolo, uomini delegati dalla comunità si pongono inoltre come fideiussori nelle questioni dei pascoli tra Tenda e Limone, per il rispetto dell'arbitrato territoriale concluso da Giovanni Lascaris (cfr. la scheda dedicata a Limone Piemonte; Crusi 1979, fol. 47, docc. 41-42). Mentre i conti di Ventimiglia stringono nel corso del Trecento nuove relazioni commerciali con Cuneo, il comune di Vernante stipula insieme a Briga, Tenda e Limone una convenzione di reciproco appoggio militare con Mondovì, accettando una serie di omaggi alla città in segno di sottomissione (Gazzola, Comino 1992, p. 128 [fol. 445, doc. 42]). Si evidenzia quindi una parte della comunità che porta avanti una politica territoriale di equilibrio delle risorse tra comuni limitrofi, cercando l'appoggio anche di altre forze territoriali (per esempio i marchesi di Saluzzo). In linea generale il comune sostiene gli interventi dei Lascaris atti a costruire sul dominio transalpino un'area di libera circolazione e scambio economico.
In età moderna Vernante si presenta come un comune alpino, in cui le risorse territoriali godono sostanzialmente del regime comunitario. I principali redditi comunali derivano dall'affitto ai margari degli alpeggi estivi e dal flusso della transumanza. Inoltre la sua ricchezza di pascoli gli consente di fornire l'approvvigionamento anche per i muli, essenziali mezzi di trasporto per l'attività commerciale. Sono destinati appunto a questo scopo i «prati volari», ossia «seissi», dove è consentito l'accesso ai muli. Sugli alpeggi il comune riscuote anche una gabella sulle bestie «forestiere», che gli abitanti del luogo erano soliti introdurre. Secondo le statistiche settecentesche le cifre dell'allevamento locale consistevano in 300 bovini e 1200 tra caprini e ovini, che a fronte di 600 famiglie circa rappresentano le bestie dell'economia domestica (BRT, Storia patria n. 855, Brandizzo1753, p. 64). Inoltre risulta che alla fine del Seicento le bandite di Vernante siano state assegnate ai margari di Entracque, che in quest'epoca si aggiudicano la gran parte degli alpeggi tra il Gesso e il Vermenagna, spingendosi lungo la val Roya (Arneodo, Deidda 1997, p. 137).
Nel XVI secolo, la difficoltà di gestione del patrimonio comunale, su cui gravavano molti debiti, aveva imposto il recupero di un capitale, ottenuto in breve dall'assegnazione delle montagne, per un ventennio circa, ai signori del luogo. Questa soluzione non manca in seguito di creare tensioni con le rendite signorili. Il riscatto dei beni comunali (attorno al 1522 circa) ha posto una serie di comunisti alla gestione delle alpi e allo stesso tempo ha creato quelle promiscuità che caratterizzano il patrimonio di Vernante. Si hanno quindi terre incolte accatastate ai comunisti, e terre comunali su cui sono mantenuti gli usi civici, mentre le piante di castagno che vi si trovano sono intestate a catasto a singoli proprietari. La situazione complessa si riflette nella tenuta dei catasti, dove a fronte dei registri cinquecenteschi, quello del 1606 è annullato, ovvero considerato come errato. Compare dunque la distinzione del territorio in «villa e campagna», a cui si adeguano le misurazioni del 1699 e del 1730.
Il processo di alienazione del patrimonio alpino ha avuto inizio con le assegnazioni pluridecennali, che hanno costituito un nuovo regime di possesso e sfruttamento delle risorse collettive. Si è dunque costituito un nuovo ceto dirigente, che non solo ha influito sull'assetto abitativo della montagna, ma ha anche condotto la politica comunale fino al XVIII secolo. Il conflitto per la gestione dei beni comunali passa attraverso la stipulazione dei bandi campestri (1741), concepiti proprio per arginare il depauperamento dei boschi e soprattutto per ribadire le prerogative giurisdizionali dei signori e del comune su di essi. Ancora nel 1924 si trova un Regolamento per i diritti piantativi, che a quanto risulta costituivano il presupposto e mettevano in discussione il regime demaniale, e pertanto andavano limitati.
I boschi comunali sono oggetto di contese per tutto il XIX secolo. In questa fase l'alienazione del patrimonio alpino del comune si connota di veri e propri tentativi di vendita (AST, Paesi A per B, V, mazzo 15, fascc. 9, 12, 19, 24 [1830-1839]), e si avvia ad una modernizzazione del territorio, sotto la spinta della vocazione "industriale" di quei ceti imprenditoriali che avevano individuato nell'esportazione dei prodotti e manufatti e nella produzione di tele e canapa attività più consona.
Lo smantellamento dell'economia alpina trova appoggio nell'intervento statale, a cui i gruppi imprenditoriali volgono istanza di riforma dell'amministrazione comunale. A metà Settecento l'autonomia comunale nella gestione del territorio viene assoggettata ai meccanismi burocratici dello Stato. Nella microanalisi della situazione emerge ancora una volta che non è tanto il ruolo statale che determina la modificazione dell'assetto delle cariche del consiglio comunale. Si tratta piuttosto della prevaricazione delle forze locali, legate agli interessi del borgo, che trovano sostegno governativo nella sopraffazione del sistema economico della montagna. Inizialmente in consiglio comunale sedevano 4 rappresentanti degli insediamenti alpini («consiglieri di campagna»), mentre a metà del secolo XVIII, grazie all'intervento statale, l'accesso all'amministrazione è riservato ad uno solo. La questione era stata portata innanzi al Senato di Torino con l'accusa di «cattiva amminstrazione» (AST, Camera dei Conti, t. III, Provincia di Cuneo mazzo I, fasc. 14). Considerato che il comune era abitato da 2700 persone di cui solo 900 risiedevano nel borgo, mentre il resto popolava la montagna, il nuovo consiglio avrebbe sicuramente portato avanti gli interessi dei ceti imprenditoriali. L'attività del commercio di bestiame e dell'esportazione di canapa grezza e «butirro» verso il contado di Nizza in sostanza riguarda al massimo 2 o 3 famiglie di Vernante (BRT, Storia patria n. 855, Brandizzo1753, p. 72): sono queste che rivelano la loro forza di contrattazione politica con lo Stato.
Vernante annovera inoltre tra i propri redditi comunali una cava da cui si estraggono «pietre da mulino» (AST, Camera dei Conti, t. III, Provincia di Cuneo, mazzo II, fasc. 2). I giacimenti di quarzite continuano ad essere assegnati con appalti comunali nel corso del XIX secolo. Nel 1977 la cava è oggetto di trattative di vendita in quanto dopo l'affitto trentennale sono state apportate notevoli migliorie e già altre porzioni della cava, appartenenti ai comuni limitrofi, hanno ottenuto il passaggio di proprietà (CLUC, cartella 239 bis: regione Cios del Sap, 1977).
Trasportando l'evoluzione politico-economica sul piano strettamente territoriale e di conformazione abitativa risulta particolarmente significativo il caso della «villata» di Castellare. L'esistenza di detto insediamento, attualmente scomparso, è strettamente connessa con il regime comunitario a cui erano soggetti i pascoli comunali. Gli abitanti infatti si riservavano sulle montagne comunali il diritto di «pascolare, stramare, raccogliere legna per qualsiasi uso, occuparvi il suolo per costruire abitazioni e per eseguirvi piantagioni (orzo e segala)». In autunno i pascoli erano comunque affittati ai pastori, da cui il comune traeva reddito. L'assenza di un codice scritto di questi usi, raccolti nella relazione per la legittimità di vendita dei terreni demianiali, porta dunque alla disgregazione delle promiscuità e in questo caso anche della borgata. Le famiglie infatti non hanno più la necessità di risiedere e «occupare» quelle terre, che con la delibera del 1939 vengono regolarmente cedute a titolo privato (CLUC cartella 239: relazione 1 aprile 1926; delibera 30 dicembre 1939).