Momo

AutoriColombo, Emanuele
Anno Compilazione2007
Provincia
Novara
Area storica
Novarese
Abitanti
2.732 (1.340 maschi, 1.392 femmine), dati ISTAT censimento 2001.
Estensione
23,68 kmq.
Confini
Barengo, Bellinzago Novarese, Briona, Caltignaga, Oleggio, Vaprio d'Agogna.
Frazioni
Il comune comprende le frazioni di Agnellengo, Alzate e Castelletto, di recente aggregate al comune. Inoltre comprende le cascine di Alessandrina, Apostolo, Baraggia, Barisella, Cascinetta, Colombarone, Crosa, Cugnolo, Fiscala, Linduno, Moretta, Nuova, Nuova di Momo, Rachelina, Secca, Ramella, Savonera, Vernino [dati provincia].
Toponimo storico
Deriva dal nome gentilizio romano Mummius. Il toponimo Momo compare la pri­ma volta il 7/8/892, in occasione della permuta di alcuni terreni tra il vescovo di No­vara Liuterio e Cuniberto detto Azzo [Maggiotti]. Nel 1087 compare la definizione di castrum di Momo, e altri due toponimi, Ravona e Camandona [Balosso].
Diocesi
Novara
Pieve
Originariamente faceva parte della pieve di Suno, di cui i Da Momo, principale famiglia del borgo, erano capitanei nel 1201. Ai da Momo era stata concessa dal vescovo anche i diritti di decima su Momo, Vaprio, Suno, Barengo, Romentino e sulla Val di Vedro. Inoltre i da Momo erano titolari dell' "avvocazia" cioè del diritto di nomina dei parroci e di controllare i patrimoni delle chiese di Momo, Romentino e Barengo. La pieve di Suno risultava così divisa in età medioevale in una sede uf­ficiale, Suno, e in una, Momo, dove risiedeva il principale gruppo di potere del ter­ritorio, i da Momo [Andenna 1975-76; Monferrini 2002]. Contemporaneamente pare invece che Agnellengo facesse parte della pieve di Proh-Camodea[Andenna 1977]. Nel 1357 Agnellengo fa però anch'esso parte della pieve di Suno. In età moderna Momo viene invece a far parte del vicariato di Caltignaga.
Altre Presenze Ecclesiastiche
La chiesa parrocchiale di Momo è S. Maria, nominata già nel XII secolo. Nella chiesa risulta eretta dal 1606 la scuola della Dottrina cristiana [ASDN, AC, 92, ve­scovo Taverna, 1618]. Vi è poi la chiesa di S. Pietro, documentata fin dal secolo XI; la chiesa di S. Martino (in centro al borgo), dove erano soliti riunirsi i capi di casa prima del 1565, che nel 1347 era considerata parrocchiale; l'oratorio campestre di S. Zeno (ora distrutto), che sorgeva in Savonera. Il titolare di queste tre chiese era nel 1618 Michele Cattaneo, canonico della cattedrale di S. Gaudenzio a Novara, in quanto intestatario del beneficio di Santa Maria eretto nella parrocchiale all'altare di S. Jacopo, a questa data distrutto. Il vescovo Taverna protesta però vivacemente col Cattaneo perché non ufficia quasi mai messa nelle tre chiese di sua compe­tenza [ASDN, AC, 92, vescovo Taverna, 1618]. Queste chiese erano infatti sorte in origine come giuspatronati della famiglia dei Cattaneo. Esistono poi l'oratorio campestre di S. Sebastiano, sorto attorno al 1343, in cui nel 1618 «curam habet» un altro Cattaneo, Stefano Maria; la chiesa campestre della SS. Trinità, documentata già nel 1347; l'oratorio di S. Rocco, sorto nel 1630-31 durante la pestilenza come voto della comunità. Esisteva una confraternita del SS. Sacramento, fondata nel 1599 per ordine del Bascapé, che nel 1618 risulta non avere un proprio oratorio, è formata da 27 persone e ha 250 lire di reddito annuo. Nel 1761 avrà invece 130 membri. La confraternita ha il compito di stipendiare per mezzo di un legato do­nato da Gerolamo Pescatori un sacerdote che celebri messa nella parrocchiale tutti i giorni festivi e tre volte la settimana, sacerdote che era tenuto anche a insegnare a leggere e scrivere ai fanciulli poveri di Momo. Il tesoriere aveva inoltre il compito di raccogliere le elemosine per la fabbriceria della parrocchiale [ASDN, AC, 92, vescovo Taverna, 1618]. Una confraternita del S. Rosario inizia a funzionare nel 1619. A metà Seicento nacque poi una compagnia del suffragio delle anime del purgatorio [Dessilani 1990]. A Momo esisteva inoltre un monastero di S. Barto­lomeo, di monache umiliate, sorto attorno all'anno 1000. Il monastero osservava la regola delle monache della Maddalena di Novara. Nel 1761 la dote spirituale richiesta alle monache «a choro» (cioè le non converse) era di 3.000 lire più altre 2.500 per le vesti. Il "deposito" richiesto alle converse era invece di 600 lire, più altre 1.400 per le spese. In tutto vi erano 41 monache, di cui 28 velate, 1 novizia, 9 converse e 3 educande. Il monastero possedeva 70.560 lire di crediti che gene­ravano 2.525 lire di interessi. Tra i censi si contano 8.565 lire prestate alla città di Novara, 4.900 alla comunità di Momo, 6.000 a Varallo Pombia, 4.000 a Gallia­te e ben 17.500 al conte Renato Borromeo. Il monastero aveva inoltre depositato 11.400 lire nel Banco di S. Ambrogio. Il monastero possedeva 448 moggia di ter­reni (1.792 pertiche novaresi) posti soprattutto in Momo. In totale le entrate erano pari a 7.900 lire, le uscite a 10.193 [ASDN, AC, vescovo Balbis Bertone, 320]. Il 26/6/1782 venne chiuso e le monache confluirono nel monastero di S. Agata a No­vara. Nel 1805 ne furono confiscati tutti i beni. Al suo fianco sorgeva il monastero di S. Maria Maddalena (ordine delle umiliate di S. Benedetto), che risulta fuso col monastero di S. Maria Annunciata delle Caselle a Novara nel 1543 [Carpignano].
Ad Agnellengo esiste la chiesa parrocchiale dei SS. Nazario e Celso, presente dal '400 circa, giuspatronato della famiglia Tornielli di Romagnano che avevano il diritto di nominare il parroco e l'oratorio di S. Anna, del primo Cinquecento. Una confraternita del SS. Sacramento è costituita in pianta stabile a partire dal 1594 (eretta sull'altar maggiore della parrocchiale), estinta dopo il 1630 riprende la sua attività nel 1698 [Dessilani 1990]. Nel 1761 conta circa 50 iscritti. Una società della Dottrina cristiana, ancora inesistente nel 1618 è censita in seguito nel 1761. A Castelletto di Momo vi sono la parrocchiale di S. Maria Assunta, fondata dai Cattaneo e l'oratorio di S. Rocco, sorto durante la pestilenza del 1576 ricordato l'ultima volta nel 1669. Ad Alzate c'è la chiesa parrocchiale di S. Lorenzo, citata già nel 1025, ristrutturata nel 1685 in maniera profonda [Carpignano].
Assetto Insediativo
Entro l'attuale territorio del comune di Momo esistono delle frazioni che un tempo erano comunità a sé stanti: Castelletto di Momo, Agnellengo e Alzate. Vi erano poi le frazioni di S. Zeno, Linduno e Savonera, che non costituivano comunità ma insediamenti a sé stanti [Balosso; Zanetta 1985] L'attuale comune è dunque una vera e propria etichetta amministrativa di quelle che un tempo erano comunità au­tonome. Agnellengo venne infatti aggregata a Momo nel 1928 e Alzate nel 1929 in epoca fascista. Una villa si insedia a partire da un castrum vetus in età medioeva­le. Nel 1347 le tre parrocchie riflettono la costruzione dell'insediamento del borgo di Momo: S. Maria nel castrum, S. Pietro nel vicus e S. Martino nella villa. Le distinzioni territoriali tra Momo, Alzate e soprattutto Agnellengo erano meno ac­centuate in età medioevale [Zanetta 1985]. Sono segnalate "cassine" in vari punti del territorio, per esempio una dei canonici di S. Gaudenzio a Momo e la Cassi- na Colombarone ad Alzate, che non assunsero però mai una loro quota separata o un'autonomia amministrativa avanzata.
Luoghi Scomparsi
Seveusio o Sevenisio, attestato nell' 892, 975 e 1018 [Andenna]. La chiesa di S. Quirico posta tra Momo e Oleggio a Seveusio è ancora attestata nel Trecento. Villa Rasca, insediamento dotato di mulino, scomparsa a partire dal Trecento.
Comunità, origine, funzionamento
I Cattaneo si impadronirono del castello di Momo nel 1150 e lo fortificarono. In seguito i Cattaneo si chiamarono Da Momo. Fino al 1565 la comunità di Momo si riuniva in sindacato, cioè riunioni composte da tutti i capi di casa. Il primo consiglio della comunità è insediato il 1/1/1565, ed è formato da dodici consiglieri. L'elezione del consiglio comunale avveniva scegliendo a sorte i dodici da un elenco di ventiquattro. I dodici rimanevano in carica per un triennio e ciascuno di essi fungeva da console a turno per un periodo di sei mesi. Il numero di consiglieri venne dimezzato dal 1629 al 1635 a causa del periodo di peste ma riprese poi il suo numero originario [Zaanetta 1985, pp. 138-9]. Fino almeno al tardo Seicento la comunità si riunisce però ancora in sindacati (riunioni di tutti i capi di casa) per alcune decisioni di particolare importanza come la nomina dei procuratori [ASN, Notarile, not. Carlo Bazzana, 6.672, 30/4/1662, sindacato di Momo per la nomina dei procuratori, i quali «debbano comparire nanti qualsiasi tribunale» per difendere la comunità; inoltre ivi, not. Gio. Batta Rosati, 1.433, sindacato di Momo del 18/10/1630].
Statuti
Mancano degli statuti, ma esistono i capitoli degli ordini per la tutela e difesa del territorio, del 10/1/1599 [Zanetta 1985].
Catasti
Presso l'archivio comunale non sono conservati catasti anteriori al 1769, anno per cui esiste un Sommarione del comune di Momo. Registri di mutazioni di partite d'estimo sono disponibili a partire dal 1816. Il catasto sabaudo del 1785 si trova in copia in ASM, Catasto, 3.997 oltre che nel fondo del Catasto sabaudo in ASTO.
Ordinati
Presso l'archivio comunale sono conservati gli ordinati in forma completa a partire dal 1731.
Dipendenze nel Medioevo
Al 1087 sono documentati il castrum di Momo e i toponimi Ravona e Camandona. Nel 976 su Momo agivano in qualità di vassalli del vescovo di Novara Maginfredo di Momo e Odescalco di Momo, originari di Milano. A Momo vivevano i ca- pitanei della pieve di Suno, appartenenti alla famiglia Cattaneo o da Momo, fin probabilmente dall'XI secolo, su delega del potere vescovile novarese. Contem­poraneamente Suno faceva parte del ducato poi comitato di Pombia nella marca d'Ivrea [Andenna 1975-76; Zanetta 1985; Monferrini 2002; Montanari].
Feudo
Nel 1211 i Cattaneo sono insigniti dal vescovo di Novara del feudo di Momo, oltre che del capitanato e del diritto sulle decime. Nel 1466 il feudo è ricostituito dagli Sforza comprendendo Castelletto, Savonera, Agnellengo, Cavaglio, Cavaglietto, Vaprio e viene venduto a Cristoforo Casati assieme ai dazi sul pane, il vino e le carni, nonché l'imbottato su vino, biade e legumi. Il Casati era inoltre insignito del mero e misto imperio e della omnis iurisdictio tam in civilibus quam in criminalibus. Nel 1534 il feudo passa ai Visconti di Fontaneto che lo comprano dai Casati, nel 1576 quindi a Giuseppe Pernati per acquisto dai Visconti, ratificato dalla Regia Camera nel 1588. Momo resta quindi infeudato ai Pernati fino al 1797 [Dessilani 2003; Manno; Benaglio].
Mutamenti di distrettuazione
Dal 1535 il Novarese entra a far parte della dominazione spagnola. Dal 1560 circa si costituisce il Contado di Novara, cioè l'istituzione per la riscossione dei carichi fiscali sorta dalla contrapposizione dei contadi alle città. Il Contado era governato da cinque sindaci, ciascuno dei quali eletto da una delle squadre; una delle due squadre d'Agogna inferiore che non eleggeva un proprio sindaco era rappresentata dal ragionato forense, che era di sua nomina [Gnemmi 1981]. Le comunità del Contado erano estimate per le contribuzioni principali in cavalli di tassa, una delle tre descrizioni fiscali base dello Stato di Milano (le altre erano gli stara di sale e le lire di estimo). Momo aveva un estimo di 5.4 cavalli di tassa, Castelletto di Momo 0.22 [Descritione 1626]. Dal 1738 al 1799 Momo fa parte dello Stato sabaudo, inquadrato nell'Intendenza generale per l'Alto e Basso Novarese e Vigevanasco. Dal 1800 al 1814 in età napoleonica la municipalità di Momo fa parte del diparti­mento dell'Agogna. Dal 1815 al 1861, tornata sotto i Savoia, Momo è capoluogo di mandamento e comprende sotto di sé i comuni di Agnellengo, Alzate, Barengo, Caltignaga, Cavaglietto, Cressa, Sologno, Suno, Vaprio [Casalis].
Mutamenti Territoriali
I mutamenti territoriali che hanno coinvolto Momo sono legati alla distinzione, avvenuta in età medioevale e mantenuta per tutta l'età moderna, rispetto a Castel­letto di Momo, Alzate ed Agnellengo, divenute completamente autonome in età moderna. Castelletto risulta già riassorbita nel periodo sabaudo, come testimonia il Casalis [Casalis]. Agnellengo e Alzate vennero invece riaggregate a Momo in epoca fascista nel 1928 e nel 1929. La separazione di Agnellengo da Momo non ha un momento preciso; la distinzione tra i due comuni era in età medioevale poco marcata, tanto di parlare comunemente di «Momo sive Agnellengo». I rispettivi territori erano inoltre soggetti a cambiamenti legati alle variazioni di corso dell'A­gogna. Già nel Trecento, invece, l'insediamento di Alzate risulta ormai ben distinto da quello di Momo. Castelletto si separa invece da Momo nel 1337, quando i da Momo lì residenti ottennero dal vescovo la separazione. Il territorio così ricavato diventava completamente cittadino perché iscritto alla parrocchia di S. Giacomo a Novara, all'interno della quale era dotato di un proprio estimo [Zanetta 1985].
Comunanze
Nel 1556 Momo possiede 379 pertiche novaresi(3,57% del territorio). A questa data esistono probabilmente anche comunanze civili, cioè terre comuni ai soli pro­prietari cittadini del paese[Zanetta 1985, p. 120]. Nel 1602 Momo possiede 640 pertiche novaresi di comunanze contro le 2.353 ecclesiastiche, 5.736 civili e 2.007 rurali. A questa stessa data Castelletto di Momo ne possedeva 116 contro 1.201 ecclesiastiche, 3.651 civili e 209 rurali e Alzate 989 contro 1.398 ecclesiastiche, 3.074 civili e 1.173 rurali [ASM, Feudi Camerali p.a. 412]. Nel 1723 possiede circa otto moggia di terreni arativi, cinque di prati, sette di prato asciutto e cen­to moggia circa di boschi da taglio (una moggia corrisponde a quattro pertiche novaresi) [ASM, Confini parti cedute, 23 bis/23, 16/4/1723].
Liti Territoriali
Non vi sono attestazioni
Fonti
A.C.M. (Archivio Storico del Comune di Momo).
A.S.M. (Archivio di Stato di Milano).
A.S.M., Confini parti cedute cart. 23 bis fasc. 23.
A.S.M., Esenzioni p.a., cart. 247 fasc. 14.
A.S.M., Feudi Camerali p.a. 412.
A.S.N.(Archivio di Stato di Novara).
A.S.N., , Contado di Novara, 144 (taglia del comune di Momo per l'anno 1618; 205 (memoriale del 30/5/1645), 239, Summario breve della qualità e quantità delli grani li quali si sono visitati per ordine di sua ecc.nza in ciascuna terra e cassina della provintia novarese nelle case di ciascun habitatore et del numero delle bocche personali in Contado di Novara, 282;
A.S.N., Prefettura dell'Agogna cart. 174 (bilanci comunali), 192 (crediti comunali), 271 (debiti comunali), 389 (fondi comunali), 957 (luoghi pii), 2.190 (municipalità).
A.S.N., fondo Notarile, not. Gio. Batta Rosati, minutario 1.433; not. Carlo Bazzana, min. 6.672, not. Gio. Francesco Borghino, 543, Confessio del Tesoriere Caroello dalla comunità di Momo del 10/2/1633.
A.V.N. (Archivio Storico-Diocesano di Novara).
A.V.N., Acta Visitationum: visite pastorali), faldoni 40 (1596, vescovo Bascapè), 92 (1618, vescovo Taver­na]; 101 (1625, vescovo Volpi); 168 (1661, vescovo Odescalchi); 192 (1678, vescovo Maraviglia); 222 (1698, vescovo Visconti); 320 (1761, vescovo Balbis Bertone); 359 (1784, vescovo Balbis Bertone); 370 (1819, vescovo Morozzo); 423 (1847, vescovo Gentile)
A.V.N., fondo Teche parrocchie, 1, Momo.
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Descrizione Comune

Momo

     La storia di Momo pare legata a doppio filo a quella della famiglia egemone sulla comunità fin dal Medioevo, i Cattaneo o da Momo. In tal senso i dati sulla distri­buzione della proprietà terriera parlano chiaramente, indicando come dominanti i possessi civili. Si tratta di alcuni grandi nomi di nobili novaresi: i Tornielli, i Della Porta, i Pernati, i Cid ad Agnellengo ma soprattutto i Cattaneo. Questi ultimi van­tano nella comunità e sul territorio circostante una presenza risalente e continua, fin da quando diventarono capitanei della pieve di Suno attorno al 1100 [Zanet­ta 1985]. In età moderna essi rimasero i principali proprietari in Momo ma non furono interessati al feudo, che sempre più in Lombardia si stava svuotando di si­gnificato divenendo un mero mezzo di finanza straordinaria da parte dello Stato e di prestigio sociale per gli acquirenti. I Cattaneo si legarono invece già dall'età medioevale a una specifica parte del territorio di Momo, il Castelletto, che separa­rono dalla comunità per rendere esenti le proprie terre. Nelle tavola delle stara di sale del 1462, così, troviamo estimata Momo in 36,25 staia, Alzate in 12, Agnel­lengo in 4,5, Savonera in 3,5 mentre Castelletto di Momo risulta esente [Morreale, p. 218]. L'operazione di mantenimento dell'esenzione aveva avuto successo an­che per l'età moderna, tanto che ancora nel 1672 i beni dei Cattaneo sono ancora considerati esenti. Anche altri grandi proprietari, come i Tornielli, avevano del re­sto tentato la via dell'esenzione se pur con minor successo, tanto che nel 1672 il «sig. Tornielli possiede terreno di pascolo del Comune [...] sotto che titolo non sanno detti Consoli», consistente in circa cinquanta moggia [ASM, Esenzioni p.a., 247/14, 15/2/1672]. Questi tentativi si collegano d'altronde a pratiche di usurpa­zione dei territori comunali applicati in maniera massiccia fin dal Medioevo, e che avevano significativamente eroso i beni comunali di Momo, al contrario di altre comunità del Novarese. Momo è dunque una comunità piuttosto differente da altre della zona che avevano saputo preservare con successo i propri beni comunali pur al cospetto di proprietari civili spesso molto forti (come, per esempio, nel caso di Suno o Ghemme). Questa minore incidenza di beni comunali pare abbia portato con sé anche una minore "litigiosità" della comunità, tanto che nelle nostre ricerche non siamo venuti a conoscenza di controversie territoriali con i comuni confinanti.
I maggiori problemi della comunità divennero così in età moderna quelli re­lativi alla riscossione fiscale, con enormi difficoltà di ottenere pagamenti dai pro­prietari civili. Queste difficoltà erano generali per tutto lo Stato di Milano, ma diventavano più forti nelle comunità in cui i maggiori proprietari avevano maggiori capacità di resistenza, capacità legate in particolare a privilegi nell'uso di tribunali civili. Questo era il caso di Momo, che nel periodo di maggiore recrudescenza del fisco si trovò a gestire delle "inibizioni" (ricorsi a tribunali civili o ecclesiastici) che di fatto bloccarono le esazioni. La comunità, che affidava la riscossione fiscale a un "caneparo" (esattore) era stata così costretta a riconoscere a quest'ultimo che «venendo di qualsiasi sorte inibitioni all'essatore la Communità sij obligata à sue spese diffenderle, et da tanto il caneparo possia tralasciar tante partite di pagare» [ASN, Notarile, not. Carlo Bazzana, 6.672, Capitoli della scossa 1663 et 1664 inclusive]. Momo ricorreva talora come estremo rimedio al sequestro di terra ai debitori, anche se i terreni che apprendeva erano spesso i peggiori, ormai rovinati e senza più un grande valore. Per quanto riguarda le terre di buon valore le confische erano invece sempre molto difficili e la comunità fu costretta a ricorrere a dei pro­curatori per difendere coloro che compravano i beni sequestrati e poi affittati dalle comunità per «mantenere le raggioni della Comunità et mantener essi compratori de beni nel loro possesso» [ASN, Notarile, not. Carlo Bazzana, 6.672, 30/4/1662, sindacato di Momo per la nomina dei procuratori].
La maggiore fonte di ricchezza della comunità era la terra, in assenza di produ­zioni artigianali significative. Ancora nel 1723 quasi tutti i terreni erano concessi a masseria (patti alla parte) con una distribuzione del raccolto per 2/3 al massaro e per 1/3 al padrone. La situazione colturale non era però sempre facile perché i terreni erano soggetti a periodiche inondazioni dell'Agogna. I raccolti consiste­vano in «formento, segale, melega, miglio, vino, fieno e galette e si racogliono anche pochi legumi e poche canape, qualli restano per nostro uso» [ASM, Confini parti cedute, 23 bis/23, 16/4/1723]. Giudicando dalle rilevazioni catastali di metà Cinquecento e del 1614 si vede che a Momo i terreni consistevano soprattutto in arativi, anche se nel 1614 l'incidenza dell'irriguo non è disprezzabile (14%). Col­pisce, invece, la scarsità dei boschi (appena l'1%), in significativa controtendenza rispetto alla maggior parte delle altre comunità del Novarese [p. 222-3; si veda anche Summario del perticato de prati e risati che s'adacquano con acque dell'A­gogna Terdobio e surgivi distinti li civili dalli rurali con le rote de molini et piste in ASN, Contado di Novara, 239, 1656]. Scarsità dei boschi e bassa incidenza dei beni comunali nella proprietà sono del resto due fenomeni tra loro interdipendenti.
Anche dal punto di vista religioso emerge in maniera netta il predominio dei Cattaneo sulla comunità. Le tre chiese di S. Martino, S. Pietro e S. Zeno sono infatti detenute dalla famiglia Cattaneo in base ad un beneficio semplice eretto ori­ginariamente nella parrocchiale: beneficio che fu oggetto di un'aspra controversia tra i Cattaneo e l'autorità vescovile nel Seicento, poiché il suo titolare teneva messa solo sporadicamente nelle tre chiese. Un unico beneficio teneva dunque assieme tre chiese fisicamente tra loro separate sotto il giuspatronato dei Cattaneo.
Associata alla parrocchiale era la decima, sulla quale era stabilito un beneficio per stipendiare un chierico «con obligo però di servir la Messa al Curato conti­nuamente, sonar le campane à tutti li officij parochiali, scopar la chiesa e tenerla pulita». Dai nomi di chierici pare che anche questo beneficio fosse controllato dalla famiglia Cattaneo. La decima era pagata in ragione di una quota di uno su sessanta sul raccolto di ogni tipo di grano ma non di vino, e veniva corrisposta solo dal­la parte colonica (calcolta in due terzi del raccolto, corrispondente al ricavato del massaro) e non da quella domenicale. Questa suddivisione richiama esplicitamente il predominio della proprietà civile nella comunità, ragion per cui per far pagare la decima era stato necessario separare la parte colonica (cioè il lavoro del massaro) da quella civile, altrimenti troppo scarso sarebbe stato il territorio decimabile, cioè rurale. Da questa decima, che serviva per finanziare il chiericato, era separato un sedicesimo del territorio decimabile, che pagava invece al curato titolare della par­rocchiale [Inventario di tutti li beni, ragioni, pertinenze, ationi, e pretensioni del Benefitiato di Chiericato di S.ta Maria di Momo del 4/3/1677 in ASDN, Teche, Momo, 1].
I beni della parrocchiale erano immuni ancora a fine Seicento ed erano affittati con patti alla parte o con fitti consistenti in una quota fissa annua di grano. Tra le processioni particolare era quella che si teneva a Pentecoste, in cui tutto il popolo di Momo andava all'isola di S. Giulio a Orta per un antico voto, e veniva comminata una pena di mezzo scudo agli assenti [Inventario de tutti li beni stabili, mobili, frut­ti, rendite, raggioni, attioni di qualsivoglia sorte spettanti e pertinenti alla Chiesa parrocchiale di S. Maria di Momo del 30/5/1698 in ASDN, Teche, Momo, 1].