Cortandone

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2003
Provincia

Asti

Area storica
Astigiano (Contado di Asti). Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
Abitanti
253 [censimento 1991] / 290 [censimento 2001].
Estensione
Ha. 502 [ISTAT] / ha. 510 [SITA].
Confini
Camerano Casasco, Cortazzone, Maretto, Monale.
Frazioni
Le fonti Istat segnalano la presenza di un “centro” insediativo, che raccoglie poco più di un terzo della popolazione, cui si aggiuge un “nucleo” che ne raccoglie circa il 10 per cento, mentre oltre il 50 per cento degli abitanti risiede in “case sparse”. Vedi mappa.
Toponimo storico
All’anno 896 risale la citazione di una villa Curtetundoni. Nell’anno 900 è documentata la forma Curteandoni [Gabotto 1904, doc. 28]. Tra il 1161 e il 1170 sono attestate le voci Curtendonus e Cortandonus [Gabotto, Gabiani 1907, docc. 22, 31]. L’etimo rimanda a un eponimo e al vocabolo curtis [Bordone 1980, p. 92].
Diocesi
Asti
Pieve
Nel Registrum Ecclesiarum dioecesis astensis del 1345, la ecclesia de Cortandono figura tra le chiese dipendenti dalla plebs de Monteclaro, a sua volta elencata nello stesso Registrum tra le ecclesiae subditae della chiesa cattedrale, ossia del suo capitolo (la villanova astese di Montechiaro assorbì, all’atto della sua fondazione, nel 1200, il luogo, oggi scomparso, di Pisenzana, documentato dal 905 come sede di chiesa plebana intitolata a Santa Maria [Eydoux 1978; Gabotto 1904, n. 27, p. 60; Romanello 1991, pp. 12, 18]), con un “registro” del valore di 10 lire astesi. [Bosio 1894, p. 525]. Dopo l’istituzione dei vicariati foranei nella diocesi, avvenuta nel 1578, Cortandone compare, negli atti del terzo sinodo Panigarola e del terzo sinodo Aiazza, pubblicati rispettivamente nel 1593 e nel 1605, sotto la giurisdizione del vicariato foraneo di Monale. Nel 1805, all’indomani della riorganizzazione delle diocesi piemontesi promossa dal governo napoleonico, Cortandone fu assegnato al vicariato di Bagnasco. Nel 1817, dopo che la bolla Beati Petri ebbe nuovamente operato un riassetto complessivo delle circoscrizioni diocesane subalpine, Bagnasco venne sostituita come sede vicariale da Montafia [Bosio 1894, pp. 133, 135, 140; vd. anche schede Monale, Montafia e Montechiaro d'Asti].
Altre Presenze Ecclesiastiche
Secondo la visita apostolica Peruzzi (1585), la chiesa parrocchiale di Cortandone, intitolata a Santa Maria, come la chiesa plebana da cui dipendeva in passato, appariva ormai troppo decentrata rispetto all’abitato, “campestre” e “scomoda” per la popolazione del luogo. Suppliva perciò nelle funzioni di cura d’anime la “ecclesia simplex seu oratorium”, intitolata a Sant’Antonio Abate, di libera collazione del vescovo. Il visitatore apostolico segnala inoltre un Oratorio di San Rocco, in cattive condizioni di manutenzione e assai povero di arredi, nel quale si riunivano, in occasione delle feste di precetto, i membri della locale confraternita dei disciplinanti per recitarvi l’ufficio della Vergine [A.C.V.A., Visitatio apostolica, cc. 174v-79r (pp. 163-66)]. La chiesa di Sant’Antonio, riedificata alla fine del secolo XVII, finì con il divenire anche formalmente la parrocchiale di Cortandone [Casalis 1833-1856, p. 443; Pellissetti 2001].
Assetto Insediativo
L’insediamento trasse origine da un’azienda agraria signorile (curtis) - intesa come insieme di possedimenti fondiari e centro di conduzione -, sorta nel secolo IX ai margini settentrionali del vasto complesso forestale, che, ancora nel secolo XI, si estendeva, in gran parte inattaccato dal dissodamento, alla sinistra idrografica del bacino del Tanaro, approssimativamente nel tratto in cui il fiume riceve gli apporti, da ovest a est, del torrente Borbore - che a sua volta raccoglie le acque del Triversa, del rio Cortazzone e del rio Valleandona - del Rilate e della Versa. Il toponimo “Cortandone”, in particolare, sembra riecheggiare un qualche legame tra la genesi del luogo e la silva de Andona - una foresta da localizzare in corrispondenza degli odierni idronimo e toponimo Valleandona [Bordone 1980, pp. 103-104; Curallo 1968-1969, pp. 8-11]. L’assetto insediativo documentato per l’età moderna era di tipo accentrato. Nella prima metà del secolo XVIII, in una fonte relativa alla Perequazione generale del Piemonte Cortandone era descritto come “luogo unito, con pochi fuochi dispersi per il territorio” [A.S.T., Registro delle notizie, c. 56v]. Più tardi (1753), l’intendente provinciale di Asti lo definì “luogo situato in collina, unito e non diviso in borgate” [B.R.T., Relazione generale, c. 100r (p. 80)]. Anche i censimenti otto- e novecenteschi non rilevano nuclei demici con propria denominazione, diversi dal capoluogo. Il dato saliente in essi è tuttavia la netta prevalenza dell’insediamento indicato come “sparso”, con un peso demografico stabilmente superiore al 70 per cento della popolazione complessivamente residente nel comune. Diversamente dai precedenti, il censimento del 1951 menziona due piccole “località abitate” gravitanti sul capoluogo: Cisi e San Grato. Anche in questo caso, comunque, una forte maggioranza degli abitanti del comune risulta residente in “case sparse” (oltre il 58 per cento del totale) [Bordone 1977, p. 285; Informazioni 1839, p. 27; Istituto Centrale 1956; Ministero 1883 e successivi; Presidenza 1927 e successivi].
Luoghi Scomparsi
Non attestati.
Comunità, origine, funzionamento
Gli abitanti del luogo conseguirono un’organizzazione di tipo comunale probabilmente tra la fine del secolo XV e gli inizi del secolo XVI, epoca alla quale risalgono gli statuti concessi dai consignori Francesco de Macelli e Matteo Pallio. Tali ordinamenti, peraltro, accordano solo un margine molto limitato di autogoverno agli “uomini” di Cortandone, mantenendo un notevole accentramento dei poteri nelle mani dei signori, titolari non solo, come spesso accade anche altrove, della nomina del podestà o castellano e quindi dell’amministrazione della giustizia, ma anche del diritto di nomina del consiglio della comunità, la cui prima attestazione documentaria - a parte il testo, non datato, degli statuti - risale al 1525. Attaverso quest’ultimo, al comune era semplicemente demandata la responsabilità della designazione degli ufficiali minori. Soltanto verso la fine del secolo XVII si possono cogliere alcuni segni di irrobustimento istituzionale della comunità. Nel 1690, ad esempio, compaiono per la prima volta due “sindaci”, nel contesto di un lungo contenzioso sullo statuto giuridico dei beni dei feudatari Pelletta, allodiale (dunque compatibile con il pagamento delle imposte prediali) - come sosteneva la comunità - o feudale (e perciò fiscalmente esente) secondo la tesi dei signori [Curallo 1968-1969, pp. 62-64, 71-88; 214].
Statuti
Presso l’A.S.T. e l’A.O.M. sono conservate due copie manoscritte degli Statuti di Cortandone, con lievi varianti, entrambe risalenti probabilmente al tardo secolo XVI o ai primi decenni del secolo XVII. Il testo appare elaborato tra la fine del secolo XV e l’inizio del secolo successivo. In questo documento si trova la prima volta menzione di un “comune”, posse et territorium del luogo. La materia trattata dagli Statuta Cortandonis risulta suddivisa in quattro parti o titula, comprendenti 75 capitoli. La prima contiene le norme relative alla nomina e ai poteri del podestà o castellano, incaricato, in rappresentanza dei signori, del gubernum del luogo, del territorio e delle singole persone di Cortandone, dei beni e diritti delle stesse e della comunità, ossia, anzitutto, dell’amministrazione della giustizia; segue la regolamentazione della nomina, anch’essa da parte dei signori, dei consiglieri o credenzieri di Cortandone, a loro volta abilitati a scegliere clavarii, extimatores, lineatores e il camparo. Le sezioni successive si occupano, con una certa ampiezza, degli aspetti procedurali dell’amministrazione della giustizia, del diritto penale e della materia dei danni campestri [A.S.T., Copia Manuscritta; A.O.M., Copia statutorum: (collazionate e pubblicate in Curallo 1968-1969, pp. 191-213); Fontana 1907, I, p.399]. La prima conferma documentata degli statuti del comune, da parte dei consignori de Macello, risale al 1512 [Curallo 1968-1969, p. 47].
Catasti
Il territorio comunale fu sottoposto a “misura generale” nel 1703, nel corso della Perequazione generale del Piemonte [A.S.T., Nota Alfabetica, c. 4v]. A cinquant’anni circa di distanza, l’intendente di Asti rilevava la presenza di catasti e “libri dei trasporti” (registrazioni dei mutamenti di proprietà degli appezzamenti) mantenuti in buono stato [B.R.T., Relazione generale, c. 101r (p. 81)]. La vicenda della catastazione del territorio di Cortandone si intreccia alle lunghe controversie tra la comunità e i feudatari attorno alla natura giuridica e all’imponibilità fiscale delle proprietà, che si espressero in numerose transazioni dalla metà del secolo XVI agli inizi del secolo XVIII [Curallo 1968-1969, pp. 46-49, 62-64]. Un “Registro catastale” del secolo XVIII è conservato presso l’A.C.C. Materiale catastale è presente in A.S.A., Catasti antichi.
Ordinati
La serie degli ordinati, conservata presso l’A.C.C., inizia con il 1666.
Dipendenze nel Medioevo
Nel quadro della distrettuazione carolingia, Cortandone appartenne al comitato di Asti. Svanita definitivamente, intorno alla metà del secolo X, l’autorità pubblica del conte, si affermò progressivamente sul territorio del comitato, sia pure in forme non omogenee, l’egemonia politica del vescovo, giovandosi di cospicue presenze patrimoniali e della concessione di pubblici poteri da parte degli imperatori. In un’area prossima a Cortandone e probabilmente legata alla sua genesi come centro curtense, tra i possessi assegnati e confermati alla chiesa d’Asti, dapprima nel diploma dell’imperatore Ottone del 969 al vescovo Rozone e successivamente nel diploma dell’imperatore Enrico III al vescovo Pietro del 1041, figura la silva de Andona [M.G.H., vol V, doc. 70]. La selva e il castrum de Andona, in essa situato [Bordone 1980, pp. 129-30 e nota, 154, 160-61], appaiono inoltre interessati dall’estensione - decretata dallo stesso diploma enriciano - del districtus del vescovo a un raggio di sette miglia intorno alla città, destinato a segnare i limiti del territorio più direttamente subordinato alla città di età comunale, al di là dei “borghi” suburbani [Bordone 1980, pp. 233-42, 255-28; M.G.H., vol. V, doc. 70]. Il territorio di Cortandone venne a trovarsi in tal modo a ridosso di quest’area, di profondo radicamento patrimoniale vescovile, ma ne rimase comunque all’esterno. Nel luogo - dove pure è documentata la presenza di beni della Chiesa di Asti, in origine appartenenti ai canonici, poi ceduti al vescovo nel 1181 [Curallo 1968-1969, p. 19] - vi fu dunque maggiore spazio per l’affermazione di robusti poteri signorili laici, che, a partire dalla seconda metà del secolo XII, svilupparono forme indirette di dipendenza politica dal regime comunale intanto affermatosi nella città. Si trattò dapprima, nel 1164, quando Asti era in guerra con l’imperatore Federico I, di una semplice alleanza militare. Alcuni decenni dopo, il legame si rafforzò: nel 1198, questa volta nel corso del lungo conflitto in cui si misurarono le contrapposte mire espansionistiche di Asti e dei Marchesi di Monferrato, Ruggero di Cortandone, insieme con il fratello Alberto, signore della vicina Cortazzone, sottoscrisse il contratto di cittadinanza, con il quale si impegnò al pagamento del fodro (straordinario) e a prestare, ogniqualvolta ne sia richiesto, assistenza militare alla città [Curallo 1968-1969, pp. 17-24]. Come risultato di tale progressivo allineamento politico dei suoi signori, Cortandone figura tra i loca et villae appartenenti al posse et districtus astensis elencati negli statuti cittadini del 1379, ossia tra le località dipendenti dalla giurisdizione astese al momento della sua massima espansione territoriale, raggiunto verso la fine del secolo precedente. Gli stessi statuti istituiscono tuttavia una distinzione (formulata sullo scorcio del Duecento da cronisti municipali come Ogerio Alfieri e rimasta sostanzialmente alla base dell’assetto territoriale dello “stato” cittadino per tutta l’epoca della contea visconteo-orleanese, tra il 1379 e il 1531, e ancora valida nei primi tempi del governo sabaudo) tra le località che fanno direttamente parte del “dominio” del comune e i luoghi, come Cortandone, infeudato a cittadini astesi, dove “il comune o suoi cittadini possiedono un qualche diritto di giurisdizione”, sui quali la città esercita una forma più indiretta di controllo politico [Rubrice statutorum, pp. 59-60]. L’inquadramento giurisdizionale del luogo non si modificò sostanzialmente con l’affermazione del regime signorile nella città e nel passaggio alla contea di età visconteo-orleanese, poiché la sua dipendenza dal potere incentrato sulla città rimase mediata dal vincolo feudale. Così, nel 1386, Cortandone fu inclusa nella dote assegnata da Gian Galeazzo Visconti alla figlia Valentina, andata in sposa a Luigi di Valois, duca di Orléans, in quanto feudo (del vescovo di Asti) tenuto da “cittadini e nobili” astesi “sudditi” del duca di Milano (dal 1379, signore di Asti) e suoi alleati in pace e in guerra [Bordone 1989, p. 286-90; Bordone 1998, pp. 24-25; Bordone, “Loci novi”, pp. 1-4; Gnetti 1992-93, pp. 75-76]. Lo statuto di feudo della Chiesa di Asti attribuito a Cortandone nell’atto dotale di Valentina Visconti appare piuttosto ambiguo alla luce della documentazione successiva, che non sembra offrirne chiari riscontri. E’ possibile che il vincolo feudale effettivamente esistente tra i Pelletta, signori di Cortandone, e il vescovo, per altri luoghi, quali Cisterna e Cortanze, tendesse a proiettarsi anche su altri segmenti della rete di possessi signorili, di cui, nel corso del secolo XIV, essi avevano acquistato il controllo.
Feudo
Fino a tutto il secolo XIII, esponenti della casata dei domini de Cortandono esercitano la loro giurisdizione su Cortandone e sul limitrofo Cortazzone. Dall’inizio del secolo successivo ai primi decenni del secolo XV, Cortandone è nelle mani di signori appartenenti alla potente famiglia  dei Pelletta, arricchitasi con l’attività bancaria, i cui domini giunsero a comprendere diversi luoghi dell’Astigiano, situati in particolare lungo le valli del rio Cortazzone e del Rilate, percorse da importanti diramazioni stradali collegate all’asse principale Asti - Chieri - Torino. Dopo la confisca, decretata dal duca di Orléans, allora conte di Asti, che nel 1433 colpisce i signori di Cortandone, accusati di omicidio - contestualmente all’analogo provvedimento pontificio riguardante i loro possessi di origine ecclesiastica -, il feudo passa sotto il controllo di due altre famiglie signorili, i de Macello e i Pallio o Pallidi, già presenti nel feudo e organizzate con i Pelletta in un consortile dai vincoli interni non troppo rigidi. Almeno nel secolo XVI, inoltre, “castello” e “luogo” costituiscono due ambiti distinti del concreto esercizio dei poteri signorili: nel 1525, i de Macello s’intitolano domini castri e condomini loci. Durante l’ultimo quarto del secolo, i diritti dei de Macello e dei Pallio vengono acquistati da esponenti delle casate dei Facelli e dei Pelletta, questi ultimi tornati a fare il loro ingresso nel feudo nel 1580. Nel 1790, infine, il conte Vittorio Amedeo Solaro di Govone lega i suoi possedimenti, ereditati dalla madre Irene Pelletta, all’Ordine Mauriziano. Questa decisione è all’origine del deposito e della conservazione fino ai nostri giorni di una parte rilevante della documentazione storica riguardante il feudo di Cortandone negli archivi dell’ordine [Curallo 1968-1969; Guasco 1911].
Mutamenti di distrettuazione
Nel 1531, la contea di Asti venne infeudata da Carlo V alla cognata Beatrice di Portogallo, sposa del duca di Savoia Carlo III, entrando in tal modo a far parte del patromonio sabaudo. Nello stesso anno, con un diploma imperiale riconfermato nel 1562 dall’imperatore Ferdinando I, i duchi di Savoia ottennero il vicariato imperiale sul contado della città, con pieno esercizio di tutti i diritti regali, esteso nel 1555 alle diocesi dei loro stati. Nel 1560, Asti venne eretta a sede di una provincia ambiguamente sovrapposta alla eterogenea formazione territoriale ereditata dal dominio visconteo e orleanese sulla contea (ma risalente, nel suo assetto di fondo, alla tarda età comunale), comprendente, accanto alle aree sulle quali la città esercitava, attraverso due modalità ben distinte, un più immediato dominio territoriale (i luoghi, rispettivamente, del “distretto” e del “capitanato”), località infeudate a vario titolo a membri della nobiltà cittadina (tra le quali, le “terre della chiesa”), quali Cortandone [Bordone 1989, loc. cit.; Bordone 1998, loc. cit.; Bordone, La Provincia, p. 7]. Gli ordinamenti settecenteschi relativi alle intendenze, alle prefetture e alle assise dei giudici (1723, 1724, 1729, 1730 e 1749), confermarono la collocazione di Cortandone all’interno della provincia di Asti, dove rimase fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) [Cassetti 1996; Duboin 1818-1869, III, pp. 58, 72, 79, 98, 133, 160]. Il luogo figurava inoltre, almeno dal 1733, tra le località comprese nel Dipartimento (o Regolamento) di Asti delle Gabelle Unite del Piemonte [A.S.T., Billancj per le Regie Gabelle].
     Entro la maglia amministrativa francese, Cortandone seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Asti. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1805, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Asti.   Vedi mappa 1. Vedi mappa 2.
     Dopo la parentesi napoleonica, Cortandone rientrò, nel 1814,  a far parte della ricostituita provincia di Asti che, dopo alcune instabili riorganizzazioni mandamentali nel 1818, fu ridotta a circondario della divisione amministrativa, poi provincia di Alessandria nel 1859 [Cassetti 1996; Sturani 1995; Sturani 2001]. Lo stesso circondario di Asti venne soppresso e aggregato a quello di Alessandria nel 1927 [Istituto Centrale 1927, p. 1], quindi staccato dalla provincia di Alessandria e aggregato alla nuova provincia di Asti formata nel 1935 [Istituto Centrale 1937, p. 8; Gamba 2002].
Mutamenti Territoriali
Nel 1928, il comune venne soppresso e aggregato come frazione al comune di Monale. Fu ricostituito come comune autonomo nel 1947 [Istituto Centrale di Statistica 1950, p. 13].
Comunanze
Ancora alla metà del secolo XVIII, le informazioni raccolte dall’intendenza di Asti registravano un’ampia superficie coperta dal bosco e dall’incolto, corrispondenti rispettivamente a oltre il 32 per cento e a più del 23 per cento della complessiva estensione del territorio comunale  I terreni incolti (“gerbidi”) rappresentavano i terreni destinati al pascolo comune del bestiame degli abitanti. Essi venivano descritti come “aridi ed arenosi”e situati per la maggior parte “in siti alpestri e ripidi”. Dai boschi, si ricavava legna da ardere e i sostegni necessari alla viticoltura, principale destinazione produttiva presente sul territorio comunale [B.R.T., Relazione generale, c. 100r (p. 80); (p. 219)]. Mentre la destinazione e le modalità d’uso di questi terreni appaiono di tipo comunitario, non altrettanto chiara risulta la titolarità del loro possesso, nel contesto del complessivo confronto sulla natura giuridica delle terre del feudo che durante buona parte dell’età moderna oppose gli abitanti ai signori.
Liti Territoriali
Intorno alla metà del secolo XVIII, la comunità era impegnata in una lite con la limitrofa Monale per circa 3 soldi “di registro” di beni allodiali del conte Scarampi di Monale, iscritti a catasto in entrambe le comunità [B.R.T., Relazione generale, c. 101r (p. 80); vd. anche scheda Monale].
Fonti
A.C.V.A. (Archivio della Curia Vescovile di Asti), Visitatio apostolica episcopi Sarsinatensis 1585, cc. 197v-200v (pp. 179-180).
A.S.A. (Archivio di Stato di Asti). Vedi inventario.
A.S.A., Catasti antichi (1501-1937); Comune di Cortandone (1654-1900), bb. 25.
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa.
B.R.T. (Biblioteca Reale di Torino). Vedi catalogo.
B.R.T., Relazione generale dell’ Intendente d’Asti sullo stato della Provincia, 1753, cc. 100r-01v (pp. 80-81).
Bibliografia
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Bordone, Renato, La dominazione francese di Asti: istituzioni e società tra Medioevo ed età moderna, in Romano, Giovanni (a cura di), Gandolfino da Roreto e il Rinascimento nel Piemonte meridionale, Torino, Fondazione CRT, Banca CRT, 1998, pp. 16-45.
Bordone, Renato, “Loci novi” e “villenove” nella politica territoriale del comune di Asti, in Bordone 2003.
Casalis, Goffredo, Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il re di Sardegna, Torino, G. Maspero, 1833-1856, vol. V (1839), pp. 443-444. Vedi testo.
Curallo, Maria G., Il feudo e la comunità di Cortandone. Ricerche storico-giuridiche su Cortandone, Torino, Universita di Torino, Facolta di Giurisprudenza, a.a. 1968-1969, Tesi di laurea in Storia del diritto italiano.
Eydoux, Ermanno, Pisenzana nel secolo X e la sua pieve, in “Il platano”, a. III (1978), n. 6, pp. 21-30.
Gabotto, Ferdinando (a cura di), Le piu antiche carte dell’Archivio Capitolare d’Asti, Pinerolo, Società Storica Subalpina, 1904 (BSSS XXVIII).
Gamba, Aldo, La provincia di Asti dal 1935 al 1951: le vicende dell'Amministrazione Provinciale di Asti dalla sua istituzione alla prima elezione degli organi rappresentativi, Asti, Provincia di Asti, 2002.
Guasco, Francesco, Dizionario feudale degli antichi stati sabaudi e della Lombardia. Dall’epoca carolingia ai nostri tempi (774-1901), Pinerolo, Tipografia già Chiantore e Mascarelli, 1911 (BSSS LIV-LVIII),  pp. 641-643.
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Romanello, Piero, Storia delle pievi astesi, in “Il Platano”, a. XVI (1991), pp. 8-21.
Sturani, Maria Luisa, Il Piemonte, in Gambi, Lucio, Merloni, Francesco (a cura di), Amministrazioni pubbliche e territorio in Italia, Bologna, Il Mulino, 1995, pp. 107-153.
Descrizione Comune
Cortandone
        La prossimità geografica ad Asti, e il plurisecolare inserimento in costruzioni politico-amministrative incentrate sulla città, ci fanno apparire oggi pressoché incontestabile l’appartenenza di Cortandone all’area storica dell’Astigiano, per quanto elusivi e controversi possano rivelarsi altrove e sotto altri aspetti i limiti di quest’ultima [cfr. Bordone, La Provincia]. Ma nella storia della distrettuazione che riguarda la città e il territorio in varie forme e in tempi diversi entrato nel raggio della sua egemonia politica, il rapporto di Cortandone con i poteri cittadini seguì in realtà sviluppi assai poco lineari. Soprattutto, il definitivo inquadramento del luogo in una formazione territoriale gravitante sulla città fu indiretto, tardivo e non esente da notevoli ambiguità ancora agli inizi della prima età moderna.
     In età precomunale, benché non mancasse nel suo territorio una cospicua presenza fondiaria della Chiesa di Asti, la signoria su Cortandone non risulta patrimonialmente soggetta al vescovo. Il luogo non si annovera tra i possessi confermati alla Chiesa di Asti nel diploma dell’imperatore Enrico III del 1041, così come resta al di fuori della portata del districtus del vescovo, che con il diploma enriciano raggiunge la sua massima estensione territoriale, inglobando un’area peraltro di profondo radicamento del patrimonio vescovile, fittamente incastellato tra i secoli X e XI. Cortandone non fu in tal modo coinvolto nella precoce e decisiva cristallizzazione, al di là dei ristretti limiti suburbani, di un territorio più strettamente associato alla città e direttamente soggetto ai poteri - dapprima quello vescovile e poi, dal secolo XII, quello del comune - che in essa ebbero sede, quel territorio cioè comprendente le località che la terminologia della piena età comunale identifica come villae veteres communis. Né, successivamente, fu oggetto della modalità più intensa di inserimento nella costruzione politica comunale, quella che, a partire dagli ultimi anni del secolo XII, si espresse nella pratica - giuridica, prima che insediativa - della creazione di loci novi. Cortandone sviluppò infatti forme più indirette di dipendenza politica dalla città, assimilabili a un vincolo pattizio o feudale stipulato con il comune dai suoi signori [cfr. Bordone 1980, pp. 205-58; Bordone, “Loci novi”].
     Il suo inquadramento sovralocale si compì dunque, tra i secoli XIII e XV, prevalentemente sulla scorta di un tentativo di robusta affermazione signorile su diversi luoghi dell’Astigiano, in particolare su di una vasta area a nord-ovest di Asti, corrispondente alle valli del rio Cortazzone e del torrente Rilate, intrapreso dalla potente casata ghibellina dei Pelletta, caratteristici esponenti della nuova nobiltà emersa dallo sviluppo finanziario urbano e profondamente coinvolta nelle lotte di fazione cittadine. Indubbiamente, i Pelletta non pervennero a costruire una signoria territoriale paragonabile a formazioni politiche autonome, con potenzialità quasi-statuali, quali il contado di Cocconato e il marchesato di Incisa. L’impronta del lungo dominio signorile, scarsamente controbilanciato dai poteri cittadini, condizionò tuttavia durevolmente gli sviluppi politici di Cortandone, contribuendo a differenziarli da quelli sperimentati dai luoghi vicini direttamente soggetti alla città e organizzatisi tra il XII e il XIII secolo secondo i modelli pubblicistici promossi dal regime comunale.      
     Così, alla base della debolezza istituzionale della comunità di Cortandone nella prima età moderna troviamo la persistenza di rapporti di dipendenza personale che ancora legano ognuno dei suoi membri a uno o più singoli membri del consortile signorile. Il rituale della prestazione dell’omaggio da parte degli abitanti del luogo ai loro signori, quando documentato, è rivelatore: ad esempio, nel 1541, uno dei feudatari, Davide Pallio, ricevette il giuramento di fedeltà soltanto da alcuni determinati homines del luogo [Curallo 1968-1969, p. 52]. Parallelamente, il regime signorile impone notevoli restrizioni alla pienezza del possesso contadino. Da un lato, una parte rilevante delle terre di Cortandone è tenuta a titolo cosiddetto “enfiteutico”, dall’altro, anche sulla proprietà “libera” gravano vincoli, che, all’inizio della prima età moderna, vengono parzialmente riscattati, ma solo a prezzo di onerose transazioni, che perpetuano in altra forma, sia pure attenuata, il controllo dei signori sulla circolazione della terra e il ciclo vitale delle aziende contadine. Nel 1525, i de Macello acconsentirono in effetti a rinunciare al loro diritto di successione nei beni, liberi e censili, degli abitanti “tanto nel luogo che nel territorio di Cortandone” (ius successionis bonorum hominum et personarum habitantium tam in loco quam in finibus Cortandoni). Questi ultimi ottennero in tal modo finalmente la facoltà di trasmettere in eredità e di alienare inter vivos i loro beni liberamente, sine contradictione da parte dei signori, in cambio di un pagamento semel tantum di venti scudi d’oro del sole e di una “pensione” annua di cinquanta fiorini in perpetuo. I signori, oltre a conservare il diritto sulle “terze vendite”, imponevano anche la clausola di nullità delle cessioni effettuate a persone o corpi (ad aliquam personam, sive collegium sive universitatem) che rifiutassero di prestare loro il giuramento di fedeltà  [A.O.M., Transactio]. Di fatto, fino al secolo XVIII inoltrato, i signori di Cortandone non soltanto continuarono a riscuotere la somma annuale pattuita nella transazione del 1525, ma rivendicarono inoltre con successo un’ampia esenzione dagli oneri fiscali per il loro patrimonio fondiario. Ma soprattutto, in virtù del dominio diretto sulle proprietà sottoposte a condizione dette di “enfiteusi”, continuarono a detenere un efficace strumento di pressione sull’amministrazione della comunità, mediante il controllo esercitato su circa il 20 per cento dei “capi di casa” del luogo [A.S.T., Capo 21, n. 73, cc. 108-10].
     L’integrazione secondo modalità soprattutto indirette nel posse della repubblica astese e in seguito nella contea visconteo-orleanese, unita al fatto di avere a lungo condiviso gli stessi signori Pelletta con feudi ecclesiastici quali Cisterna, Cortanze (astesi) e Cortazzone (pavese), è poi  all’origine di un’ambiguità giurisdizionale che affiora agli inizi della prima età moderna, in un’epoca di sconvolgimenti politici e militari in Piemonte. L’atto di dote di Valentina Visconti del 1386 [vd. Dipendenza medioevo] e alcuni documenti riguardanti la ripartizione degli “alloggiamenti” delle truppe francesi nel territorio della patria astensis attorno al 1530, in particolare una lista compilata (sulla base di testimonianze di signori locali) nnel 1529 [A.S.T., Informations prises], elencano Cortandone tra i feudi della chiesa di Asti. Cortandone non compare tuttavia, ad esempio, tra i possessi menzionati nei due editti che il vescovo Aiazza indirizzò nel 1596 nel 1598 ai vassalli dei “Luoghi,  Terre e Castelli sottoposti in temporale e spirituale alla Chiesa d’Asti”, né è presente nella transazione – non approvata dal pontefice - mediante la quale, nel 1611, lo stesso Aiazza cedette i feudi della sua chiesa al duca di Savoia in cambio dell’investitura di Montechiaro; non  figura, infine, nel definitivo trasferimento di sovranità su tali feudi a favore di Vittorio Amedeo III, sottoscritto dal vescovo Caissotti nel 1784 [Bosio 1894, pp. 172-76].