Villar Perosa

AutoriTron, Daniele
Anno Compilazione1996
Anno RevisioneVersione provvisoria
Provincia
Torino.
Area storica
Pinerolese.
Abitanti
4241 (ISTAT 1991).
Estensione
1154 ha (ISTAT 1991); 1138 ha (SITA 1991).
Confini
A nord Pinasca, a est S. Pietro Val Lemina, a sud Porte e S. Germano Chisone, a ovest Inverso Pinasca.
Frazioni
1 centro: Villar Perosa, sede del municipio, e 6 nuclei. Vedi mappa.
Toponimo storico
Il nome di Villar Perosa probabilmente compare per la prima volta nella donazione della celebre esponente della dinastia arduinica Adelaide del 1064 (Il gruppo dei diplomi adelaidini, pp. 324 e 343): medietatem [...] de Villare. Nel 1131 il conte Amedeo III di Savoia riconferma all’abate di S. Maria Dalmazzo i possedimenti fino a Perosa, aggiungendo alcune riserve, e qui sono nominati: in Portis, in Turina, in Villa nova Sancti Germani, in Pratomollo, in Villarii, in Pinoascha, in Petrossa; troviamo poi de Vìlario (1249), Villaris Pynoasche (1374), e Villaris Peruxie nel 1466 (Il cartario di Pinerolo fino all’anno 1300, doc. 55, pp. 195, 206-295; Caffaro 1903, pp. 102-103). "Villare Petrosium" [Casalis 18854, p. 502].
Diocesi
Pinerolo (prima del 1748, anno di creazione della nuova diocesi pinerolese: Torino). Va però sottolineato che per un lungo periodo l’effettiva influenza della diocesi di Torino fu marginale, in quanto alla fine del sec. XI, l’intera valle del Chisone era stata sottomessa alla giurisdizione dell’abbazia di S. Maria del Verano, presso Pinerolo. L’abbazia era «nullius Dioecesis», malgrado ciò sono attestati contrasti col vescovo di Torino (Carutti 1893, p. 67).
Pieve
La chiesa di Villar compare citata per la prima volta il 29 agosto 1249 in un atto notarile rogato «sub porticu ecclesie sancii petri de vilario» presenti il «Domino bono presbitero diete ecclesie» e altri. Questa medesima chiesa paga il cattedratico al vescovo di Torino. Negli anni 1530-1554 come «prepositus ecclesiarum parochialium sanctorum Petri de Villario et Germani de sancto Germano, vallis Perusie», appare un don Agostino Robiano. Nel 1661 la chiesa era diroccata, essendo gran parte della popolazione di Villar di religione Riformata. Nel 1686, dopo la revoca dell’editto di Nantes, viene ingiunto ai Valdesi che non si volevano convertire di varcare il Chisone e di insediarsi sulla sponda destra, in territorio ducale, e l’anno dopo si fonda la vicaria parrocchiale, sotto il titolo di S. Aniceto (Caffaro 1903, pp. 102-104). All’antica chiesa parrocchiale di san Pietro si sostituì l’attuale, «S. Petri in vinculis» nel 1718; iniziata 1711, fu eretta a spese dei Savoia col concorso del conte Piccon, vassallo di val Perosa: la sua struttura, con due campanili e una cupola, ricorda la basilica di Superga. Nel 1790 veniva frequentata da circa 900 cattolici, senza più traccia di protestanti. Nel 1835 la chiesa aveva due altari laterali dedicati alla Madonna e a S. Giuseppe.
Altre Presenze Ecclesiastiche
Negli anni Ottanta del Cinquecento compare in Villar una confratria, nella cui casa si radunava il consiglio di comunità di detto luogo (Caffaro 1893, pp. 229-230). Nel 1835 la visita pastorale rilevava la Compagnia del rosario, e la visita del 1847 un oratorio pubblico costruito nei pressi del palazzo dalla appena defunta marchesa Polissena di Priero (Caffaro 1903, p. 106). Inoltre nella comunità di Villar sorgeva dal 1608 un tempio Riformato, poi demolito nel 1624 su ordine ducale (Caffaro 1903, p. 104).  
Luoghi Scomparsi
Non esiste attestazione di luoghi scomparsi.
Comunità, origine, funzionamento
Nel 1325 il principe Filippo di Acaia concede al monastero di Pinerolo:
il pagamento annuo di 47 moggia e 3 emine di frumento che le comunità della valle di Perosa avevano accettato di pagare, secondo questa ripartizione: Perosa 28 moggia, Pinasca 8 moggia e 6 staja, Villar 15 staja e 1 emina, Pramollo 6 moggia e 5 staja, San Germano 5 staja e 1 emina, Porte 9 staja e 1 emina (Statuta Vallis Perusiae; Giolito 1964, p. 46).
Quindi a questa data vediamo le comunità della valle già pienamente operanti. Il documento conservato nell’Archivio di Stato di Torino (AST, sez. I, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7: Estratto dei privilegi e franchigie concesse dal Conte Amedeo di Savoia [il Conte Verde, che per circa 3 anni governa le terre degli Acaia] a favore della Comunità della Valle di Perosa [13 aprile 1360 ed è il primo ad essere conservato in copia manoscritta dell’epoca]), ci dà la piena conferma che forme di organizzazione delle comunità di valle fossero a quell’epoca non solo presenti, ma già pienamente consolidate.
     Durante questo e i due secoli successivi verranno poi stipulati alcuni altri affrancamenti; con questi «affranchimenti» le «communitates hominum» – in genere al termine di lunghe o lunghissime trattative – convocatesi in presenza di un notaio, sancivano con i loro signori la liberazione da determinate servitù, pedaggi, gravami, diritti, ecc. mediante un compenso in denaro: esso veniva liquidato generalmente con una somma una tantum, e con l’erogazione annuale perpetua di un censo in denaro, e talvolta in natura (ad esempio grano, quando si tratta di mulini).
     Gli affrancamenti non erano generali, non riguardavano tutte le servitù e gli obblighi, ma solamente quelli in oggetto della specifica transazione: e poiché i diritti signorili da cui ci si voleva emancipare potevano interessare più signori o più soggetti, ognuno con una sua quota percentuale, era necessario iterare più volte l’atto con relative porzioni di pagamento. Così vediamo il 25 novembre 1400 Amedeo d’Acaia vendere alle comunità della valle di Penosa tutti i suoi redditi, cioè: taglie, banni, fitti di prati, censi dell’affranchimento del borgo di Perosa, decima della canapa, ecc. in cambio di 3300 fiorini d’oro (Giolito 1964, p. 50; Statuta Vallis Perusiae).
     Ma si deve giungere ad un affrancamento del secolo XVI per vedere le comunità liberarsi, almeno parzialmente, dal peso delle decime ecclesiastiche: il nome della nostra compare tra le altre comunità della valle nel documento datato 11 aprile 1585: «Affrancamento del cardinale Guido Ferrero abate commendatario di S. Maria di Pinerolo delle terze vendite, successioni etc., alle quali siano soggetti i beni della Perosa, Pomaretto, Pinasca, Inverso Pinasca, Porte, Inverso Porte, Pra-mollo, Villar Perosa e S. Germano» (AST, sez. I, Provincia di Pinerolo, m. 11, f. 7). La dinamica di questo affrancamento è esemplare: gli uomini della valle (a quell’epoca in gran maggioranza professanti la «Pretesa Religione Riformata» come si diceva all’epoca), contestavano i diritti abbaziali relativi alla riscossione delle decime, censi e canoni enfiteutici, di cui rifiutavano il pagamento all’agente dell’abate, adducendo anche l’imposizione fatta loro di recente da Emanuele Filiberto di versare nelle casse ducali annualmente mille scudi d’oro: le comunità si erano dichiarate disposte a pagare tributi o al duca o all’abate, ma non più ad entrambi.
     L’abate allora le trascinò in giudizio dinanzi al Senato di Torino, la più alta magistratura del Ducato di Savoia, ottenendo una sentenza a lui favorevole, ma gli abitanti ricorsero al duca Carlo Emanuele I, il quale emanò lettere patenti in data 22 febbraio 1584 che non solo confermavano i diritti e i privilegi abbaziali, ma ne accordavano di nuovi. Le comunità presentarono allora al cardinale Ferrero un progetto di affrancamento che prevedeva il pagamento di una somma in denaro, comprensiva delle annualità arretrate, poi stabilita a 12000 scudi d’oro più la corresponsione di un canone fisso ripartito fra le varie comunità; in cambio l’abbazia rinunciava ad ogni diritto presente e futuro sugli uomini della val Perosa. Questa transazione, accettata dall’abate, fu successivamente approvata e omologata dal Duca il febbraio 1586 e dal papa Sisto V con bolla del 30 aprile 1587 (Croset-Mouchet 1845; Giolito 1964, pp. 57-62).
     Essa resse per più di due secoli: ancora a fine Settecento le comunità versavano regolarmente la loro quota del canone annuale alla Mensa vescovile di Pinerolo, subentrata all’abbazia nel godimento dei suoi antichi diritti e prerogative (Manno 1895, alla voce delle varie comunità).
Statuti
Degli statuti della valle di Perosa sono rimaste ben tre edizioni a stampa, del 1568, 1610, 1738, e una copia manoscritta del 1451: in tutti i casi, però, il testo che possediamo è il risultato di modifiche più o meno profonde apportate agli statuti originali, perduti; probabilmente essi erano anteriori al 1246, data del passaggio di Perosa sotto casa Savoia (almeno secondo l’ipotesi di Pittavino: Pittavino 1963, p. 41), e in ogni caso anteriori alla lettera patente di Amedeo VI del 1360 che confermava antichi statuti, privilegi, usi, convenzioni, franchigie e immunità con l’aggiunta di altre concessioni, tra cui quella che gli abitanti non potessero essere tratti in giudizio fuori della loro valle (Giolito 1964, p. 71). Nel 1451 gli statuti venivano riformati, e portati dai precedenti 65 capitoli a 89: lo si apprende da una sentenza del 1737: «in causa Comitis Aloysii Piccon Locorum Perusie et Vallis Vassallis contra Comunitate Perusie et Vallis», in cui si parla di una concessione del 4 aprile 1443 in 65 «capitula statutorum» e di un’altra del 21 maggio 1451 «in qua pro confirmatione novorum statutorum supplicaverunt» (Fontana 1907, pp. 237-38); così modificati vennero approvati dal duca Ludovico di Savoia con patenti del 25 maggio 1451. Sotto la Francia, il re Carlo IX, nel marzo 1567, li confermò e «con lettere del 2 maggio dello stesso anno, gli confermò pure tutte le franchigie e immunità di cui già esso godeva» (Casalis 1846). Subito dopo, senza dubbio in connessione con la conferma regia, gli statuti di Val Perosa vennero pubblicati a Pinerolo dal De Rubeis nel 1568 (Statuta Vallis Perusiae) e poi ancora ripubblicati nel 1610 (Statuti, Privileggi e Concessioni delle Communita di Valle Perosa; con le confirmationi, e approbationi loro, fatte dalli Serenissimi Duchi di Savoia, esemplare conservato presso la Biblioteca Civica di Pinerolo), una volta ritornata la valle sotto i Savoia. La terza ristampa, fatta in Torino ad opera dello Zappata nel 1738 (col medesimo titolo della prima), è senza dubbio da mettere in relazione con la causa svoltasi l’anno precedente (già sopra citata) fra il conte Piccon (detentore dei diritti signorili) e le comunità della valle. Un’approfondita analisi del contenuto degli Statuti si può trovare in Giolito 1964. [Statuto comunale 2006. Vedi testo.]
Catasti
Il documento catastale più antico è costituito da un fascicolo di atti relativi alla misura generale del territorio del 1821 (AC Villar Perosa, mazzo 281); esistono inoltre una mappa della comunità di Villar Perosa del 1824 (AC Villar Perosa, mazzo 275) e un catasto del 1825 (AC Villar Perosa, mazzo 273). Nell’Archivio di Stato di Torino (AST, Camera dei Conti, Finanze, Catasti), c’è solo il catasto Rabbini del 1860 (completo).
Ordinati
La serie documentaria è attualmente presente nell’archivio comunale a partire dal 1733 con qualche lacuna.
Dipendenze nel Medioevo
Comitato di Torino fino al sec. XI, abbazia benedettina di Santa Maria di Pinerolo (dal 1064), Conti di Savoia (dal 1246), Principato di Acaia (1295-1418) e poi Ducato di Savoia.
Feudo
Abbazia di Santa Maria di Pinerolo dal 1064 (Il gruppo dei diplomi adelaidini, pp. 323- 332). È del 31 maggio 1520 una «Convenzione tra l’abate di S. Maria di Pinerolo Giovanni di Savoia e gli uomini e comunità della Perosa e Valle riguardo alla ricognizione dei beni semoventi dal diretto dominio dell’Abbazia» (AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 11, f. 7, n. 10). Il 16 luglio 1700, Vittorio Amedeo II diede a Francesco, Giuseppe, e Luigi fratelli Piccon alcuni feudi della val Perosa, tornata sotto il dominio sabaudo nel 1697, a compensazione dei beni confiscati in val Luserna ai Valdesi e poi restituiti ai medesimi dopo la Glorieuse Rentrée, «e questo fu il primo titolo di nobiltà di cui venne insignita quella famiglia» (Casalis 1854; AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 24, 1). Sempre ivi (AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 11, f. 7, n. 16), esiste una «descrizione della situazione e popolazione di Perosa, Pinasca, Grandubbione, Villar e Porte posseduti dal Conte Luigi Piccone; come altresì i beni feudali e allodiali e altri effetti spettanti al medesimo» risalente al 1756. Verrà poi infeudata alla famiglia Gamba, una esponente della quale, «Polissena Gamba, contessa della Perosa, Pinasca, Villar Porte, vedova del marchese di Priero» viene citata da Casalis (AST, Corte, Prov. di Pinerolo, m. 11, f. 7, n. 17: Parere sulla vendita dal conte Piccon al barone Gamba dei suoi feudi nella Perosa e Valle [16 giugno 1758]; cfr. la scheda dedicata a Perosa Argentina).
Mutamenti di distrettuazione
Il comune passato ai Savoia dopo la dominazione francese del 1536-1574 venne assegnato alla Provincia di Pinerolo; quando Pinerolo venne nuovamente conquistato dalla Francia nel periodo 1630-1697, Villar continuò a fare riferimento a questa città all’interno della distrettuazione francese che inte­ressò tutto il versante orografico sinistro della val Perosa (mentre tutto l’Inverso rimase ai Savoia), la frontiera essendo definita dal percorso del torrente Chisone. Durante l’amministrazione francese del periodo napoleonico, venne aggregato al Cantone di val Perosa e con la Restaurazione fece parte del Mandamento di Perosa (compreso nel Circondario di Pinerolo) rimanendovi fino al 1923, anno di aboli­zione di questa circoscrizione amministrativa (Casalis 1854, p. 518).
Mutamenti Territoriali
Va segnalato che il riordino sabaudo del secolo XVI, pur non introducendo per questa località alcun mutamento territoriale – in quanto il trattato di Cavour del 1561 tra i Savoia e i Valdesi prese implicitamente atto dei confini originali –, tracciò una delimitazione interna relativa alle proprietà dei «religionari» valdesi, che dovevano limitarsi alle zone collinari del comune (Balmas 1972). Nel 1959 venne operata una verifica di confini che risultavano variati rispetto alla mappa antica del 1824 (cfr. il lemma ‘Catasti’).  
Comunanze
Usi civici (superficie in ha): totale 209.9641; categoria «A»: 182.6542; categoria «B»: 27.3099 (CLUC, Prov. di Torino, cartella 306: Villar Perosa). Vedi mappa.
Liti Territoriali
Non esistono nell’archivio comunale di Villar Perosa liti tra comuni, ma solo contro particolari, che non sembrano riguardare questioni territoriali.
Fonti
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A.C.V., Mazzi 273, 275, 281.
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
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A.S.T.,  Carte topografiche e disegni, Camerale Piemonte, Tipi articolo 663, Mazzo 370, Villar Perosa,  Pianta planimetrica dei lotti 74, 75, 76 beni comunali della comunità di Villar- Perosa affittati al signor Giovanni Francesco Gaido. (Note: "N. 42 Pinerolo il 2 maggio 1855 A.Marina"), 1855 [Autore disegno originale: Mis. Viay (?)].
A.S.T., Corte, Prov. di Pinerolo, Mazzo  11, f. 7, nn. 10 e 16; n. 17: Parere sulla vendita dal conte Piccon al barone Gamba dei suoi feudi nella Perosa e Valle (16 giugno 1758).
A.S.T., Corte, Prov. di Pinerolo, Mazzo 24, n. 1.
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France, Paris). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, GE D-13120 Le Duché de Milan et les Estats du duc de Savoye partie de ceux de Mantoue et de la république de Gênes avec les diverses routes ou passages de France et d'Allemagne en Italie par les Alpes... / par N. de Fer ; Jacqueline Panouse, sculp. 30 milles [Auteur: Guérard, Nicolas (1648?-1719); Auteur: Panouse, Jacqueline. Graveur; Auteur: Fer, Nicolas de (1647?-1720). Cartographe.Éditeur, s.n.; Date d'édition: 1703]. Vedi mappa.
C.UC. (Commissariato per la Liquidazione degli Usi Civici, Torino).
C.U.C., Prov. di Torino, cartella 306: Villar Perosa.
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Descrizione Comune

Villar Perosa

     La situazione particolare della bassa val Chisone di metà Seicento ci è ben rappresentata da Jean Léger (Léger 1669, I, p. 10), quando descrive le chiese riformate:
de Villar & de S. Germain, jointes ensemble en la Vallée de Peyrouse [...], celle de Pinache & celle de la Chapelle, comprenant les Communautés du Pomaret & du Mean: en ces 3. Églises les Pasteurs demeurent sous le domaine du Roy, quoy que partie de leurs Églises soient sur les terres du Duc de Savoye; par ce que par l’accord fait par ce Prince avec le Roy de France l’an 1633 qu’il s’est retenu la moitié de cette Vallée-là, pour avoir le passage libre en sa Ville de Pinerol, fut arresté que l’on n’innoveroit rien pour ce qui regarde l’Écclesiastique: de sorte que les 3. Pasteurs qui les servent, ne laissent pas d’estre membres du Synode des Vallées, & ne peuvent méme estre du Synode du Dauphiné qui est de France.
Questa situazione perdurerà fino al 1697, quando Pinerolo e l’intera la val Perosa ritorneranno ai Savoia.
Il fatto che questo avvenimento non abbia comportato la riunificazione amministrativa del comune è cosa che non può essere spiegata unicamente con il notevole intervallo temporale trascorso (64 anni), che indubbiamente aveva consolidato poteri e gerarchie locali interessate a mantenere la separazione. Per quanto la questione non sia mai stata studiata, possiamo ipotizzare che anche la struttura della distribuzione spaziale degli insediamenti abbia svolto un ruolo in tal senso. Siamo di fronte infatti a un’evoluzione degli insediamenti del territorio comunale in cui non emerge con chiarezza un centro principale, e diversi nuclei tendono a restare in sostanziale equilibrio tra loro; l’importanza politico-amministrativa delle diverse località che costituivano i vari territori comunali può essere variata nel tempo, ma senza che questo abbia comportato forti egemonie. La dispersione di gran parte della popolazione fra diversi centri e vari nuclei sta in genere a indicare un processo storico di segmentazione politica, amministrativa e religiosa tra diverse istituzioni non disposte gerarchicamente, e che non insistono sul territorio di un unico comune. E così in effetti è stato per il nostro territorio e per tutta la val Chisone. A partire dalla seconda metà del XVI secolo interviene un fattore strutturale profondo: l’avvento della Riforma protestante, in un territorio già fortemente pervaso nei due secoli precedenti da fermenti eterodossi ed ereticali quali il movimento valdese (Merlo 1977). Questo fenomeno si manifesta in contemporanea alla crisi di rappresentanza dell’abbazia di Santa Maria di Pinerolo, che continuava a esercitare prerogative giurisdizionali e signorili sulla valle: per compensare la diminuzione delle rendite dovuta alla svalutazione monetaria ricorreva al cumulo degli incarichi: a un unico titolare venivano assegnati più benefici ecclesiastici. Il titolare, che non risiedeva sul posto e si limitava a riscuotere e amministrare la rendita delle decime, nei casi migliori si faceva sostituire da vicari, in genere salariati con prebende miserevoli, e aventi una formazione e preparazione culturale piuttosto rudimentale, che venivano a costituire una sorta di “proletariato ecclesiastico”, incapaci di far fronte ai nuovi ministri di culto calvinisti preparati e motivati. Fu questa non l’ultima delle cause che favorirono l’impetuoso affermarsi della Riforma verso la metà del Cinquecento, unitamente alla prospettiva per gli abitanti di liberarsi dalle decime e dagli altri balzelli ecclesiastici. Non c’è bisogno di sottolineare la portata delle conseguenze che questo fatto ha comportato sul piano della competizione e del conflitto tra istituzioni differenti (tra le due diverse strutture ecclesiastiche, tra queste e quelle civili a carattere locale e sovralocale, con forze esterne che potevano inserirsi negli equilibri interni, ecc.), a cui ha corrisposto una frammentazione territoriale: basterà qui solo accennare al fatto che l’avvento della Riforma non solo segna una frattura tra Valli valdesi e pianura cattolica, ma interviene anche nei processi di definizione dei singoli territori comunali. Punto di partenza è senza dubbio l’accordo di Cavour del 1561 concluso con i Savoia dopo un fallito tentativo di repressione militare: esso, oltre a porre fine alla prima guerra di religione sancendo una tolleranza di diritto e non solo di fatto per i valdesi, definì anche i limiti territoriali nei quali era consentito ai sudditi «religionari» possedere beni ed esercitare il loro culto. Tale trattato mirava a confinare la popolazione valdese nelle parti alte delle valli Pellice, Chisone e Germanasca, a volte incapsulando l’intero territorio comunale, oppure tracciando limiti e confini all’interno di una stessa comunità come nel caso di Perosa:
sarà permesso [...] a quelli della Parrocchia di Perosa, li quali al presente sono fugitivi per causa della detta religione, et solevano far congregationi, prediche e altri Ministerii, secondo la loro religione nel luogo chiamato il Puzzo, purché non si accostino ad altri luoghi et confini della detta Parochia (Balmas 1972, p. 129).
Nel 1777 la popolazione assommava a 780 anime (tutte cattoliche) mentre nel 1881 siamo a 1250 persone (Caffaro 1893, p. 661). Nel 1854 erano 1373 (Caffaro 1903, p. 106).