San Giorgio Monferrato

AutoriRaviola, Alice B.
Anno Compilazione2002
Anno RevisioneVERSIONE PROVVISORIA
Provincia
Alessandria
Area storica
Monferrato (Casalese). Vedi mappa 1. Vedi mappa 2. Vedi mappa 3.
Abitanti
1305 (ISTAT, 1999).
Estensione
7,13 Kmq.
Confini
A nord e a est Casale Monferrato, a sud Rosignano Monferrato, a ovest Ozzano Monferrato.
Frazioni
Polignano; Prato; Bazzano; Motta; Garola; alla Cerrina; Pizo; Gioenda; Pizal; Forano; Ormeto; Casalino; Pozzo de Olmo; La Croce (Scarola-Feltrin 1997). Vedi mappa.
Toponimo storico
In tutta la documentazione medievale il luogo è sempre indicato, sin dalla più antica attestazione del 960, come Sanctus Georgius [Cartario alessandrino, vol. III, doc. 450].
Diocesi
Diocesi di Casale dal 1474. In precedenza San Giorgio apparteneva alla diocesi di Vercelli, essendo compreso nel «districtus Santi Evaxsi» assegnato da Ottone III al vescovo Leone nel 999 (Settia 1995).
Pieve
In una confema pontificia dei privilegi e possessi della chiesa di Casale del 1143 si fa riferimento ad alcune chiese site nel luogo di S. Giorgio: S. Martino, Santa Maria, S. Ilario, S. Vitale e S. Pietro (Le carte dell’archivio capitolare, vol. I, doc. 13). Questo elenco è confermato da successivi privilegi (Le carte dell’archivio capitolare, vol. I, doc. 42 del 1184 e doc. 43 del dicembre 1185 e altro del 1311).
Altre Presenze Ecclesiastiche
Secondo un documento del 1048 possedeva alcuni beni in San Giorgio il monastero della Novalesa (Il «Rigestum comunis Albe», doc. 33 del 1048). Nel 1143 la chiesa di Casale Monferrato esercitava il controllo su alcune chiese locali ed era proprietaria di 14 mansi siti in S. Giorgio (Le carte dell’archivio capitolare, vol. I, doc. 13), confermati da privilegi successivi fino al 1311 (Le carte dellaarchivio capitolare, vol. II, doc. 87 bis). Pare che la chiesa di Casale considerasse S. Giorgio un centro importante per la sua politica in zona poiché nel 1221, per ben due volte, il delegato del vescovo di Torino e vicario imperiale intimò ai signori di Torcello e di Cuniolo di presentarsi in questa località per produrre le loro ragioni rispetto alle richieste della chiesa di Casale (uno degli atti è redatto nella chiesa di Santa Maria di S. Giorgio) (Le carte dell’archivio capitolare, vol. I, doc. 102). Ancora alla fine del Duecento la chiesa casalese possedeva un certo numero di terre accensate agli abitanti di S. Giorgio (Le carte dell’archivio capitolare, vol. II, doc. 355 del 1289). In questo stesso periodo anche la chiesa vercellese di S. Eusebio – unitasi con il capitolo di S. Maria – ebbe conferma pontificia dei suoi possessi in S. Giorgio oltre Po (Le carte dell’archivio capitolare, vol. II, doc. 8, anni 1175 e 1224).
     In età moderna San Giorgio contava quattro chiese: una chiesetta dedicata a Sant’Anna, probabilmente di origine medievale, e la chiesa della Concezione, distrutte nel 1818 nell’ambito dei restauri della parrocchiale; una chiesetta intitolata alla Vergine, detta anche Madonna del castello, distrutta nel 1747 in occasione dei lavori di ristrutturazione del castello voluti dal marchese Antonino Gozzani; la chiesa della SS. Trinità, già in stato di abbandono nel 1725, venduta e demolita nel 1810. La parrocchiale, dedicata a San Giorgio, è relativamente tarda, essendo stata concepita intorno al 1767 e realizzata solo tra il 1777 e il 1815, sul sito su cui sorgeva una chiesetta intitolata a Santa Maria. Per l’innalzamento del campanile, completato negli anni Venti dell’Ottocento, furono utilizzati i materiali ricavati dalla distruzione di Sant’Anna e della chiesa della Concezione. A questi edifici di culto vanno aggiunti la chiesetta della Madonna della Neve, detta Madonna del Bricco, fatta costruire dal marchese Gozzani nel 1474, sui resti di un’antica chiesa di S. Grato, e la chiesa di San Rocco, attestata per la prima volta nel 1635 – ma sicuramente precedente –, adibita a lazzaretto nel 1835 e tuttora esistente e frequentata (Scarola-Feltrin 1997). Tra Cinque e Settecento furono attive anche alcune confraternite: quella del Corpo di Cristo e quella dello Spirito Santo, attestate per il 1585 e rivali tra loro; quelle seicentesche di San Michele e della Santissima Trinità, che si fusero in una sola compagnia officiante nella chiesa della Concezione; quelle del Rosario, del SS. Sacramento e di S. Giorgio nate nel XVIII secolo. Nel 1914, invece, fu eretta nella parrocchiale la compagnia femminile della SS. Vergine dei sette dolori (Scarola-Feltrin 1997).
Assetto Insediativo
Luoghi Scomparsi
Nessuna notizia.
Comunità, origine, funzionamento
Non si hanno testimonianze dirette dell’esistenza di un comune organizzato durante i secoli centrali del Medioevo, sebbene gli abitanti di S. Giorgio appaiano singolarmente attivi in diversi atti notarili privati. Per il XIII secolo, comunque, è attestata l’esistenza di un castello fortificato (Le carte dell’archivio capitolare, vol. I, doc. 140 del 1229; Le carte dell’archivio capitolare, vol. II, doc. 364 del 1297).
Statuti
Secondo la segnalazione di Leone Fontana, gli statuti di San Giorgio risalirebbero al 1393, ma non sono stati rinvenuti. Come sottolinea Cappellaro nell’Introduzione all’inventario, «diverse fatture per vendita di carta da parte del Comune […] fanno sospettare esodi forzati massicci di memorie locali avvenuti negli anni Trenta» (p. 3).
Catasti
Il primo catasto di San Giorgio risale al 1532; si tratta di un registro suddiviso in 156 partite nominative, aggiornato sino al 1632 (AC San Giorgio, m. 59). Seguono un registro per gli anni 1560-1566 (AC San Giorgio, m. 60), uno per gli anni 1578-1680 (AC San Giorgio, m. 61), uno per gli anni 1657-1758 (AC San Giorgio, m. 62). Non si conservano, invece, né il catasto napoleonico né carte del periodo francese.
Ordinati
La serie ha subito numerose perdite e danneggiamenti ed è assai lacunosa: una prima tranche parte dal 1754 per arrivare al 1801, la seconda riparte dal 1815 (AC San Giorgio, mm. 1 sgg.).
Dipendenze nel Medioevo
Un privilegio dell’imperatore Enrico a favore del monastero di Novalesa indica fra i luoghi confermati il «castrum Sancti Georgii» con pertinenze (Il «Rigestum comunis Albe», doc. 33 del 1048 e doc. 34 del 1026). Nel 1164, l’imperatore Federico I dona al marchese Guglielmo di Monferrato, in accrescimento dei suoi possedimenti, alcuni luoghi fortificati e centri abitati fra cui S. Giorgio (Cartario alessandrino, vol. III, doc. 469). Isolata rimane l’attestazione di un «comes de Sancto Georgio» che nel 1287 compare in un atto di divisione dei confini fra i luoghi di Gassino e Castiglione su ordine del marchese di Monferrato (Cartari minori, vol. II).
Feudo
Come Lu, anche S. Giorgio fa parte dei luoghi monferrini donati dall’imperatore Ottone I ai Colombo di Cuccaro nel 960 (Cartario alessandrino, vol. III, doc. 450), benché un documento successivo elenchi la località fra le corti appartenenti alla mensa marchionale (Cartario alessandrino, vol. I, doc. 2 del 961 ca). Alla fine del Duecento, il vescovo di Vercelli Aimone di Challant infeudò parte del luogo – castello, città, corti e territorio – a Robertino del fu Raineri Avogadro (Le carte dell’archivio arcivescovile, vol. II, doc. 79 del 1291). In seguito, nel 1304, quattro dei suoi figli prestarono fedeltà a Rainerio vescovo di Vercelli ottenendo in cambio la conferma del possesso del luogo fortificato di S. Giorgio con tutti i diritti, le pertinenze e il mero e misto imperio sul distretto (Le carte dell’archivio arcivescovile, vol. II, doc. 87). In età moderna, San Giorgio fu infeudato da Giovan Giorgio Paleologo, ultimo marchese della dinastia, al figlio illegittimo Flaminio, impossibilitato a succedere al trono ed entrato così al servizio dei Gonzaga. Accusato di complicità nella congiura di Oliviero Capello (1565-1569), venne destituito dal suo incarico di governatore della caccia in Monferrato, arrestato e tradotto nel castello di Goito, dove morì di stenti nel 1571 (Raviola 2001, pp. 88-89). I suoi beni furono confiscati dalla Camera e anche San Giorgio, eccetto alcuni terreni lasciati alla vedova Lucina, tornarono sotto la giurisdizione ducale negli anni Settanta del Cinquecento (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Ducato, m. 33, fasc. 3). Nel corso del XVII secolo furono investiti del luogo Fabio della Torre (1604), Tommaso Galeazzi, detto “Salvati”, col comitato (1620) e suo figlio Gaspare Maria (1670). Questi lo vendette a Giovanni Gozzani, senatore del Senato di Casale ed esponente di una famiglia emergente in seno al patriziato casalese. Giovanni ottenne l’erezione in marchesato del feudo e lo trasmise ai suoi eredi, che ne mantennero la giurisdizione per tutto il Settecento (Manno 1895-1906).
Mutamenti di distrettuazione
Appartenente al «districtus Sancti Evaxi», San Giorgio fu incluso nella provincia di Casale sia durante la dominazione gonzaghesca sia in seguito al passaggio del Monferrato ai Savoia (1708). In età napoleonica viene incluso prima nel dipartimento del Tanaro (Alessandria) del 1799, poi in quello di Marengo, creato nel 1801, sempre facente capo ad Alessandria (il capoluogo di arrondissement era Casale, quello di mandamento più vicino a San Giorgio era Rosignano). Con la Restaurazione e il ripristino della provincia di Casale, San Giorgio tornò a farvi parte amministrativamente per poi confluire nell’attuale provincia di Alessandria in epoca fascista.
Mutamenti Territoriali

                   

Comunanze
Secondo una relazione dell’Intendenza di Casale del 1837, San Giorgio disponeva all’epoca di alcuni beni comuni – gerbidi e tronconi di strade abbandonate – del valore complessivo di 943 lire e idonei alla coltivazione (AST, Corte, Paesi per A e B, S, m. 11, fasc. 5). Nel 1939, in osservanza della legge del 16 giugno 1927 sull’alienazione degli usi civici, il Regio Commissariato per gli usi civici verificò l’esistenza di 4,58 ettari di patrimonio comune («parte pascolivo e boschivo, in parte seminativo e prativo») e li dichiarò alienabili (CLUC, Provincia di Alessandria, San Giorgio, fasc. 152).
Liti Territoriali

                        

Fonti
A.C.S. /Archivio Storico del Comune di San Giorgio Monferrato).
     Riordinato nel 1990 da C. Cappellaro.
 
A.N.P.  (Archives Nationales, Paris)
A.N.P., , F 2, Administration Départementale, I, 863, Montenotte, Département de Marengo, Tableau de la Population, 1804.
 
A.S.T. (Archivio di Stato di Torino).
A.S.T., Carte topografiche e disegni, Carte topografiche serie V, Mazzo 2, San Giorgio Monferrato, Pianta del Castello di S. Giorgio presso di Casale, ria[liz]zata da'l Facciotto.  San Giorgio Monferrato, castello. 2) "Pianta del Castello di S. Giorgio presso di Casale...", s.d. [Autore disegno originale: Facciotto [?]].   Vedi planimetria.
A.S.T.,  Carte topografiche e disegni, Carte topografiche serie V, mazzo 1, San Giorgio Monferrato, Pia[n]ta del Castello di S. Giorgio presso di Casale seco[n]do Costa di [presiti]. San Giorgio Monferrato, castello. 1) "Pianta del Castello di S. Giorgio presso di Casale ...", s.d. Vedi planimetria.A.S.T., Corte, Paesi, Paesi per A e B, S, m. 11.
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, m. 63.
A.S.T., Corte, Paesi, Monferrato, Ducato, m. 33, fasc. 3.
A.S.T., Sezioni Riunite, I  archiviazione, Tributi del Monferrato, m. 1;
A.S.T., Sezioni Riunite, II  archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 6, Provincia di Casale.
 
B.N.F. (Bibliothèque nationale de France). Vedi catalogo.
B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5042), Estats du duc de Savoye ...sous le nom de Piémont...le duché de Montferrat.... par le Sr Sanson d'Abbeville, chez Pierre Mariette (Paris), 1665 [Sanson, Nicolas (1600-1667). Cartographe]. Vedi mappa.
B.N.F., département Cartes et plans, GE DD-2987 (5054 B), La principauté de Piémont, les marquisats de Saluce et de Suze, les comtés de Nice et d'Ast, le Montferrat / dediée au roy par son très humble, très obéissant, très fidèle sujet et serviteur H. Jaillot, géographe de sa Majesté, [chez l'auteur] (A Paris), 1695 [Jaillot, Alexis-Hubert (1632?-1712). Cartographe]. Vedi mappa.
B.N.F., département Cartes et plans, CPL GE DD-2987 (5043), Le Piémont et le Montferrat avecque les passages de France en Italie ... / Par P. Du Val, Chez l'Autheur (A Paris), 1600-1699 [Duval, Pierre (1619-1683). Cartographe]. Vedi mappa.
 
C.U.C. (Commissariato per la liquidazione degli Usi Civici, Torino).
C.U.C., Provincia di Alessandria, San Giorgio, fasc. 152.
Bibliografia
Beccari L., Il castello rinnovato in San Giorgio di Casale da S. E. il marchese Felice di San Giorgio, Tip. Corrado, Casale 1858.
 
Le carte dell’archivio arcivescovile di Vercelli, a cura di D. Arnoldi, Pinerolo 1917 (BSSS 85/2).
 
Le carte dell’archivio capitolare di Casale Monferrato fino al 1313, a cura di F. Gabotto, U. Fisso, Pinerolo 1907-1908 (BSSS 40 e 41).
 
Cartari minori, vol. II, Pinerolo 1911 (BSSS 43).
Cartario alessandrino fino al 1300, a cura di F. Gasparolo, Alessandria 1928-1930, 3 voll. (BSSS 113, 115, 117).

 
Casalis G., Dizionario geografico, storico-statistico commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna, Maspero, Torino 1833-1856, 28 voll., vol. 18, pp. 326-327.
 
Gabotto F., Commentando Benvenuto San Giorgio. Pievi e chiese del Monferrato alla metà del Trecento, in «BSBS», 31 (1929), pp. 211-235.
 
Manno A., Il patriziato subalpino. Notizie di fatto storiche, genealogiche, feudali ed araldiche desunte da documenti, Civelli, Firenze 1895-1906, 2 voll. e 27 dattiloscritti, vol. I, ad vocem.
 
Raviola B.A., Il Monferrato gonzaghesco: istituzioni ed élites di un «micro-stato» (1536-1708), tesi di dottorato in Storia della società europea in età moderna, Università degli Studi di Torino, 1998-2001, coord. L. Allegra, tutor G. Ricuperati.
 
Il «Rigestum comunis Albe», a cura di F. Gabotto, F. Eusebio, Pinerolo 1903 (BSSS 20).
 
Scarola R., Feltrin P., Cronache di S. Giorgio dalle origini ai giorni nostri, Ozzano 1997.
 
Settia A.A., Monferrato. Strutture di un territorio medievale, Torino 1983.
 
Torre A., Il consumo di devozioni: religione e comunità nelle campagne dell’ancien régime, Venezia 1995.
Descrizione Comune

San Giorgio Monferrato

     La possibilità di ricostruire con precisione le vicende relative alle origini di San Giorgio e al suo sviluppo in età medievale è fortemente limitata dalla scarsità della documentazione disponibile. Se, infatti, si hanno diverse attestazioni del luogo sin dal X secolo e si ha notizia di un castello per il XIII, non è rimasta traccia né dell’organizzazione della comunità né degli statuti che, secondo Fontana, essa avrebbe elaborato nel 1393. Un dato che emerge dalle fonti di età medievale è il legame con la chiesa di Casale, proprietaria, tra il XII e il XIV secolo, di alcuni beni siti in San Giorgio, e con quella di Vercelli, dominante sull’antico distretto di Sant’Evasio.
     Nel 1291 Robertino Avogadro ottenne San Giorgio in feudo proprio dal vescovo di Vercelli Aimone di Challant, verso cui il vassallo giurò fedeltà. I figli di Robertino, poi, ebbero la conferma dell’investitura dal successore di Aimone, Rainerio, a dimostrazione dell’ampio potere esercitato in zona dal vescovado vercellese. In precedenza, tuttavia, il luogo era appartenuto, come Conzano e Lu, ai Colombo di Cuccaro (960), gravitando così nella sfera della dominazione dei marchesi di Monferrato. Questa dipendenza venne a ripresentarsi allorquando San Giorgio, come buona parte delle località limitrofe, venne scorporato dalla diocesi di Vercelli e assegnato a quella di Casale, eretta nel 1474.
     Da allora sino all’estinzione dei Paleologo, le fonti tacciono senza consentire di capire se il luogo sia rimasto sotto la giurisdizione immediata dei marchesi di Monferrato o se sia stato infeudato agli esponenti di qualche casato in espansione. Il frontespizio del primo catasto di San Giorgio lascia addirittura intendere che sul luogo avanzasse qualche prerogativa il marchese di Saluzzo che, negli anni dell’arbitrato imperiale (1533-1536; cfr. Raviola 2001, pp. 1 sgg.), si presentò tra i candidati per la successione del Monferrato: il registro, infatti, risulta compilato e «renovatum» nel 1532 per ordine del castellano e podestà Ubertino Faccio, «jusdicente nomine illustris et excelsi domini Pyrrhi de Salutijs, dicti fictabilis castri seu potius usufructuarii» (AC San Giorgio, m. 59). Tuttavia, al di là dell’importanza del documento – il più antico conservatosi nell’archivio comunale del paese e tra i catasti più precoci del Monferrato – l’indicazione appare poco chiara. Il primo elemento certo risale piuttosto al giorno della morte dell’ultimo marchese della dinastia Paleologo, Giovan Giorgio, avvenuta il 30 aprile 1533; reca quella stessa data, infatti, l’investitura del luogo e castello di San Giorgio da lui concessa al figlio illegittimo Flaminio (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, m. 63, fasc. 1).
     L’atto – l’ultimo dei Paleologo prima dell’avvento dei Gonzaga – va letto come un debole tentativo di risarcimento nei confronti di un erede impossibilitato a succedere al trono paterno: in quanto figlio naturale, infatti, Flaminio fu costretto a rinunciare a qualunque pretesa di rivendicazione politica e a sottostare al governo dei nuovi marchesi accontentandosi di cariche onorifiche di prestigio e di privilegi feudali (Raviola 2001, pp. 88-89). Una volta marginalizzata la sua posizione, i Gonzaga accettarono di confermargli l’infeudazione di San Giorgio per almeno tre volte, nel 1536, nel 1561 e nel 1567 (Raviola 2001, pp. 88-89). Tuttavia, in seguito al suo coinvolgimento negli episodi di insubordinazione casalese culminati nella congiura di Oliviero Capello (Raviola 2001, pp. 88-89), l’investitura di Flaminio fu revocata (cfr. il lemma ‘Feudo’) e San Giorgio si ritrovò sottoposto all’immediata giurisdizione ducale. Secondo una relazione compilata dai senatori Bartolomeo Volta e Francesco Beccio nel 1573, i beni feudali di San Giorgio ammontavano allora alla somma di 26.584 scudi; di questi, 21.561 spettavano alla vedova e alle quattro figlie di Flaminio e il resto (5023 scudi) alla Camera (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, m. 63, fasc. 2).
     Una parte considerevole e redditizia del territorio continuava dunque a restare nelle mani delle eredi dell’ultimo Paleologo ed è presumibile che, a livello fiscale, la comunità ne risentisse. Altrettanto probabile è che, in seguito alla confisca del feudo, essa abbia cercato di ripristinare la propria autonomia, continuando a gestire con impegno le proprietà che, già tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del XVI secolo, erano state accuratamente censite e valutate. I catasti del 1532 e del periodo 1560-1566 (AC San Giorgio, m. 60) restituiscono l’immagine di un forte dinamismo territoriale, testimoniato, nel caso del primo documento, dalla presenza di 156 partite nominative e dalla molteplicità di frazioni e località elencate (cfr. il lemma ‘Frazioni’). Evidentemente, al nucleo medievale del paese, coagulato intorno al castello, si contrapponevano case e piccole borgate sparse riflettenti un’elevata articolazione geografica e sociale. Nel primo catasto di San Giorgio, risalente al 1532, le località indicate sono numerose:
ad Mandollam, Remondatum, Pisignanum, Gatulam, Rimboarium, Valli, Casalinum, Cloendam, Ormetum, Moneghinam, Foronum, Priorem, San Patrum, San Vitalem, Pozallum, Pratum communis sive Mutti, Costam, Zerbum, Brusam, Puteum Ulmi, Pozarellum, Rialem, Infermeriam, Vallecornascha, Rezinatum, Rivobarium, Pratumarbores sive Runchum, Suciam, Fornellum, Oriatum, Rivole, Plantatos, Vialem, Priolum, Serram, Vitalonum, Mottam, San Bernardum, Batutos sive Valle, Valturias, Fazetum, Montecuchum, Puteum novum, Fontanilem (AC San Giorgio, m. 59; per un confronto tra le località elencate nel 1532 e quelle degli anni Sessanta del Cinquecento cfr. l’ Inventario dell’archivio redatto da C. Cappellaro, pp. 42-43).
Da questa articolazione derivava, immancabilmente, una proliferazione dei luoghi di culto e delle pratiche religiose che causava a sua volta micro-conflitti locali (Torre 1995). Se ne ha traccia, ad esempio, nelle liti di fine Cinquecento tra le confraternite del Corpo di Cristo e dello Spirito Santo: nel 1585, per sedare l’ennesimo scontro relativo al porto del baldacchino nelle processioni del Santissimo Sacramento, intervenne anche il vescovo di Casale Aurelio Zibramonti (Scarola-Feltrin 1997, pp. 20-21).
     Analogamente, nel XVII secolo, la confraternita della SS. Trinità fu interdetta e costretta a fondersi, nel 1706, con quella di S. Michele sotto il titolo di confraternita della Concezione (Scarola-Feltrin 1997).
     Tornando ai catasti, essi forniscono indicazioni preziose sulle risorse di San Giorgio e, più indirettamente, sulle attività lavorative degli abitanti. Dal catasto di metà Cinquecento, ad esempio, si apprende che, su un territorio di 832 moggia, suddivise a loro volta in ben 950 appezzamenti, 490 erano adibite a vigneti, 180 a colture d’altro genere (specialmente cerealicole), 126 a prato. Il resto era frazionato tra campi di canapa, orti e gerbidi; i boschi ricoprivano solo 3 moggia, a conferma della scarsa boscosità del Casalese di età moderna. Nel 1663, in linea con le riforme promosse alcuni decenni prima dal centro (Raviola 2001), la comunità di San Giorgio rinnovò il suo catasto affidando all’agrimensore Clemente Bonetto il compito di suddividere il territorio «in cinque fasce (“fasse”), suddivise a loro volta in contrade con diversificate tariffe tributarie» (Cappellaro, p. 46). L’operazione servì probabilmente a razionalizzare la fiscalità comunale, gravemente provata dalle guerre che, dal 1613 al 1659, si abbatterono con violenza sul Monferrato. Per far fronte ai debiti contratti per gli alloggiamenti dei soldati francesi nel 1643, ad esempio, il consiglio di San Giorgio era stato costretto ad alienare il reddito del forno comunale (100 ducatoni annui) e alcune quote del registro per un totale di 150 scudi (AST, Corte, Paesi, Feudi per A e B, m. 63, fasc. 3).
     Solo un’analisi scrupolosa della ricca documentazione catastale conservatasi consentirebbe di valutare con esattezza l’incidenza sul territorio delle crisi congiunturali del XVII secolo e mettere in evidenza altri fattori quali le destinazioni colturali, le strategie patrimoniali degli abitanti, l’esistenza di un’élite socio-economica, l’entità dei beni feudali dei tre casati – della Torre, Galeazzi e, soprattutto, Gozzani – che, nel corso del Seicento, furono investiti della giurisdizione locale. Con i dati a disposizione, si può osservare che, alla fine del secolo, buona parte dei redditi ordinari di San Giorgio (400 doppie) era stata venduta al miglior offerente: dai conti Gambera al medico Gays ai Gozzani che, nel 1687, entrarono in lite con gli eredi del Gays per il ricupero di un censo annuo di 32 scudi (AST, Corte, Paesi, Monferrato, Feudi per A e B, m. 63, fasc. 5).
     Nel 1706 il registro catastale di San Giorgio rendeva 394 scudi, risultanti dal pagamento dei tributi ordinari, del tasso della cittadella e degli alloggiamenti militari; la somma era esatta sui 51 «fumanti solvibili» (10, invece, erano i fumanti poveri) e su buona parte di essa gravavano censi e ipoteche (AST, Camera dei conti, prima archiviazione, Tributi del Monferrato, fasc. 1 del 1706). Nel 1713, in seguito al passaggio del ducato di Monferrato a Vittorio Amedeo II di Savoia e alla conclusione della guerra di successione spagnola, la comunità aveva accumulato un debito di 9238 ducatoni, smaltito in minima parte (1369 scudi) solo dodici anni più tardi (AST, Camera dei conti, prima archiviazione, Tributi del Monferrato, fasc. 7).
     Come per altre località della zona, la situazione si regolarizzò a partire dagli anni Trenta, senza tuttavia alterare radicalmente l’assetto del paese, relativamente piccolo e dal profilo prettamente agricolo. A metà Settecento, San Giorgio contava 600 abitanti, suddivisi in 70 fuochi. I beni feudali dei Gozzani ammontavano a 151 moggia (per un un valore di £ 750) e quelli ecclesiastici immuni, di proprietà dell’ospizio di S. Giuseppe di Casale, a 131 (£ 600). Il territorio comunale era cresciuto in estensione, giungendo alle 1437 moggia complessive: di queste, la maggioranza spettava ancora ai vigneti (710), seguiti dai campi (580), dai prati (130) e dai pochissimi pascoli (17). L’area boschiva, già esigua a metà Seicento, era scomparsa del tutto. La produzione locale si basava soprattutto sul vino, sovrabbondante rispetto al fabbisogno degli abitanti, e sulla meliga. Non vi erano né mercati né fiere e, a parte il vino, poteva esser commercializzata una sola risorsa: alcuni «particolari attendevano ad escavar pietre da calcina sul territorio, che conducevano a Casale per le fornaci». Nessuno, invece, tesseva a domicilio. La comunità pagava 2859 lire di tasse all’anno e aveva spese interne per circa 1000 lire; il debito rilevato dall’Intendenza di Casale non era altissimo (831 lire), ma i redditi comunali erano decisamente scarsi, non superando le 4,5 lire (AST, Camera dei conti, seconda archiviazione, capo 79, Statistica generale, m. 6, Provincia di Casale).
     Per la seconda metà del XVIII secolo vanno registrati due fattori: il crescente peso locale dei Gozzani e il trend demografico positivo che, tra il 1755 e il 1770, portò la popolazione a crescere di circa 200 unità. Entrambi si tradussero in qualche cambiamento di carattere urbanistico-architettonico: il marchese Antonino Gozzani, infatti, diede il via ai lavori di restauro e ammodernamento del castello e la comunità si trovò nella necessità di edificare una nuova parrocchiale (Scarola-Feltrin 1997, pp. 37-39). Nel primo caso, si accese una lunga lite tra il consiglio municipale e il feudatario, opponendosi il primo alla distruzione di una chiesetta dedicata alla Vergine attigua alle vecchie mura del castello. Nel 1747, comunque, si procedette allo smantellamento dell’edificio (presso il quale sorgevano anche due pozzi d’acqua sorgiva di uso comune) e solo nel 1760, quando il marchese s’impegnò a far costruire un’altra chiesa, la controversia ebbe fine (Scarola-Feltrin 1997).
     Assai più lentamente procedettero invece i lavori di erezione della parrocchiale, disegnata nel 1767 dal gesuita Giovan Battista Colombera su commissione del marchese Giovanni Battista Gozzani, e completata solo negli anni Venti dell’Ottocento tra spese ingenti e il continuo coinvolgimento della popolazione, invitata a fornire calcina, pietre e mattoni (Scarola-Feltrin 1997). Dal punto di vista politico, l’esito fu logorante: nel 1819 il conte Giuseppe Cavalli d’Olivola, «tesoriere della parrocchia di S. Giorgio», chiese di essere dispensato dalla nomina a sindaco poiché «avendo esposte del proprio egregie somme per la costruzione della nuova parrocchiale e del campanile, trovavasi ad avere un credito ragguardevole verso la comunità di detto luogo, motivo per cui non avrebbe le sue convenienze accettando l’officio di sindaco» (AST, Corte, Paesi per A e B, S, m. 11, fasc. 1, lettera del 5 febbraio 1819). L’Intendente di Casale Riccati dovette così intervenire e riconfermare il sindaco in carica, il conte Evasio Piacentini della Sala, residente a Casale, «non potendosi altronde scegliere fra li particolari colà dimoranti alcun soggetto possidente che abbia capacità anche mediocre e che non sia persona affatto rurale» (AST, Corte, Paesi per A e B, S, m. 11, fasc. 1).
     L’inadeguatezza politica dell’élite locale fu denunciata anche dall’intendente in carica nel 1845: recatosi in paese per verificare l’andamento dei lavori relativi alla «strada comunale [la Torino-Casale] da sistemarsi», si era scontrato duramente con il sindaco Giacinto Vellino e con il segretario comunale Giacinto Martinengo, accusandoli di inadempienza e giungendo alle minacce («Non sanno lor signorie che io posso farli prendere per un braccio dal mio usciere e metterli fuori della porta?») (AST, Corte, Paesi per A e B, S, m. 11, fasc. 6). La ragione della (vera o presunta) incapacità degli amministratori di San Giorgio va probabilmente ravvisata nella costante ingerenza della famiglia Gozzani nelle attività del consiglio: è ancora con i Gozzani che, nella prima metà del XIX secolo, questo deve avere a che fare, tra accordi e contrasti, per il ripristino della rete viaria e la riparazione di ponti e strade (AST, Corte, Paesi per A e B, S, m. 11, fascc. 3 e 4) ed è al marchese Felice che si deve la rivisitazione neogotica del castello che ha conferito al paese il profilo che tuttora conserva (Beccari 1858).
      Dal punto di vista delle attività economiche, l’agricoltura ricevette ampio impulso proprio nel corso dell’Ottocento, a partire dalla vendita di 12 lotti di terreno (gerbidi e tronchi di strade abbandonate), del valore complessivo di 943 lire, bandita nel 1837 «con pubblico e privato vantaggio del Comune» (AST, Corte, Paesi per A e B, S, m. 11, fasc. 5). Secondo i dati forniti da Scarola e Feltrin, la produzione vitivinicola di San Giorgio fu tra le più elevate in Monferrato almeno fino agli Trenta del Novecento: il 50% del territorio destinato a coltura era infatti occupato da vigneti e nel 1909 si produssero più di 8000 quintali di vino. Una serie di epidemie di fillossera, gli eventi bellici e l’industrializzazione ridimensionarono nettamente la percentuale di abitanti impiegati nel settore agricolo – dal 39,43% del 1961 al 12,80% del 1981 – e tuttora si assiste all’espansione dei settori terziario e industriale (produzione di frigoriferi industriali e macchinari di vario genere) (Scarola-Feltrin 1997, pp. 63 e 94-95).