Frinco

AutoriBattistoni, Marco
Anno Compilazione2005
Provincia
Asti
Area storica
Astigiano
Abitanti
636 [censimento 1991]; 690 [censimento 2001].
Estensione
Ha. 728 [ISTAT] / ha. 720 [SITA].
Confini
Castell’Alfero, Corsione, Tonco.
Frazioni
Le fonti ISTAT segnalano la presenza di un “centro” insediativo, che raccoglie meno di un terzo della popolazione; si aggiungono sei “nuclei”, che ne raccolgono circa un quarto, mentre più di un terzo della popolazione risiede in “case sparse”. Attualmente sono considerate “frazioni” gli insediamenti di Bricco Morra, Gavelli, Molinasso, Bricco Rampone, San Defendente, Valmarchese, Vercellini, Filippetti, Vatassera. Vedi mappa.
Toponimo storico
Fredengus (a. 1117), Freengus (a. 1161), Frengus (a. 1186), Frincus (a. 1191) [Gasca Queirazza 1997, p. 288].
Diocesi
Asti
Pieve
Coacium, attestata per la prima volta nel 1153 come dipendente dal vescovo di Asti, in seguito designata come pieve di Cossombrato. Il sito della chiesa, oggi scomparsa, è localizzabile tra Villa San Secondo e Cossombrato. La circoscrizione plebana comprendeva Settime, Frinco, Rinco e Callianetto. Nel Registrum Ecclesiarum dioecesis astensis del 1345, la pieve, da cui dipendevano all’epoca dieci chiese, era tributaria della chiesa d’Asti per 80 lire [Bordone 1976, p. 35; Bosio 1894, pp. 518, 524; Cico 1987-88; Silengo 1964]. Dopo il tramonto dell’ordinamento plebano e con l’istituzione dei vicariati foranei nella diocesi di Asti (1578), le chiese di Frinco fecero capo al vicariato di Villa San Secondo (sinodi diocesani del 1593 e 1605). Nel 1805, all’indomani della riorganizzazione delle diocesi piemontesi promossa dal governo napoleonico, furono assegnate al vicariato di Cunico; nel 1817, dopo un nuovo riassetto delle diocesi subalpine, a quello di Montechiaro d’Asti [Bosio 1894, pp. 133, 136, 139].
Altre Presenze Ecclesiastiche
Una chiesa “de Fringo” compare nel Registrum Ecclesiarum del 1345 [Bosio 1894, p. 524]: si tratta presumibilmente della chiesa che la visita apostolica Peruzzi (1585) menziona come chiesa parrocchiale, sotto il titolo di Santa Maria (a partire dal secolo XIX risulta, più precisamente, dedicata alla Natività della Vergine e insignità di dignità prepositurale), e sulla quale registra senza asseverarlo un supposto giuspatronato dei feudatari del luogo, i Mazzetti [Peruzzi, c. 209r]. L’esistenza della chiesa va tuttavia fatta risalire almeno al secolo XIII: nel 1227, infatti, il comune di Asti e il marchese Bonifacio di Monferrato vi stipularono una convenzione, finalizzata alla guerra contro Alessandria. Durante la prima età moderna, troviamo inoltre sul territorio di Frinco: la chiesa di San Defendente, attestata dal 1625; la chiesa di San Rocco, appartenente alla confraternita che portava lo stesso nome; l’oratorio della confraternita dei disciplinati di San Bernardino, attestato dal 1619 [Dezzani 1949].
Assetto Insediativo
La prima allusione a un “locus et fundus fredengo” e ai suoi “territoria” risale al 1117 [Gabotto, Gabiani 1907, doc. IV, pp. 5-6]. All’ultimo quarto del secolo può essere fatta risalire la primitiva edificazione di un castello, a opera di pressoché ignoti signori. Le fonti prodotte dall’amministrazione sabauda nel corso del secolo XVIII contengono descrizioni parzialmente differenti della conformazione insediativa assunta dal territorio di Frinco in età moderna, improntate a criteri e soglie di rilevanza non sempre omogenei. Così, l’informazione raccolta, prevalentemente tra il 1680 e il 1711, nel quadro della Perequazione generale del Piemonte (su base testimoniale, nel caso di Frinco, non accessibile, in quanto feudo imperiale, agli spogli documentari e alle ricognizioni dei luoghi altrove effettuati), ha suggerito l’enumerazione oltre al “Luogo”, di quattro “cassinali”: “Bricco de Morra” (corrispondente a 8 “fuochi”), “Bricco de Berretta” (5 fuochi), “Bricco de Comotti” (8 fuochi), “Cassine de Ramponi” (8 fuochi) [AST R, cc. 40v, 58r]. La più tarda relazione dell’intendente Balduini (1754), trascurando del tutto le unità insediative o le articolazioni territoriali diverse dalla “borgata”, può, invece, di conseguenza, proporre l’immagine unitaria di un luogo, per l’appunto, “non diviso in borgate” [Balduini, f. 115r], confermata dalla tradizione corografica e poi statistica ottocentesca [Bordone 1977, p. 142; Casalis 1840, pp. 88-89; De Bartolomeis 1847, p. 492]. I censimenti postunitari menzionano talvolta, accanto al capoluogo, altre unità con una propria denominazione, che in alcuni casi corrisponde a quella dei “cantoni, membri e cassinali” registrati dalle inchieste della Perequazione: le “frazioni di censimento” San Defendente e Rampone, nel 1921; le frazioni Bric-Rampone e Morra nel 1937; la “località abitata” di Molinasco nel censimento del 1955, che riconduce gran parte dell’articolazione insediativa del territorio comunale alla categoria delle “case sparse”.
Luoghi Scomparsi
Mancano attestazioni.
Comunità, origine, funzionamento
Le ampie attribuzioni giurisdizionali del feudo, gli spazi di imprenditorialità economica, politica e militare garantiti ai signori dal suo controverso statuto e dal perdurante ruolo strategico del castello sembrano scoraggiare per lungo tempo lo sviluppo di mature istituzioni corporate comunitarie. Ciò che realmente si manifesta, durante buona parte della prima età moderna, anzitutto come controparte dei signori oppure come espressione di articolazioni sociali o territoriali del mondo dei “sudditi”, sono forme meno istituzionalizzate di organizzazione, ispirate alle consuetudini del luogo o che si definiscono per mezzo del rituale. Durante gli episodi di conflittualità tra feudatari, intravediamo anche la presenza di fazioni cementate dalla fedeltà personale ai diversi signori (e, presumibilmente, da convergenze di interessi tra questi ultimi e segmenti dell’élite dei notabili). Schieramenti a prima vista solidali tra signori e “sudditi” compaiono egualmente in relazione alle pratiche del possesso che generano controversie con i luoghi limitrofi [Vd. Liti territoriali]. E’ soprattutto nel secolo XVIII che istanze più formali, quale l’“università” di Frinco, con il suo Consiglio e i suoi sindaci, acquistano rilievo; quando cioè lo stato sabaudo, nella cui struttura feudale i signori del luogo appaiono ormai integrati, li investe delle proprie crescenti esigenze (fiscali, militari…), designandoli implicitamente come interlocutori responsabili. Negli anni dell’affermazione sul feudo di una potestà sabauda sempre più effettiva, gli abitanti di Frinco si dimostrano capaci di sviluppare intorno alla comunità e di corroborare con ricchezza di argomentazioni giuridiche una pertinace resistenza contro obblighi statali e oneri signorili [AST F 2; Balduini, f. 116r].
Statuti
Presso l'Archivio di Stato di Milano risultava sul principio del XX secolo statuto settecentesco di diciotto rubriche contenente «Capitoli et Ordini per il buon governo delli Uomini di Frinco» pubblicato per conto del Conte Carlo Giuseppe Maurizio Maria Mazzetti feudatario di Frinco [Fontana 1906, p.499]. Si tratterebbe di bandi campestri differenti da quelli conservati presso l'Archivio di Stato di Asti in quanto questi son copia dei bandi del 1734. [Voce aggiornata a cura del CS]
Catasti
Libri dei “trasporti” o delle “mutazioni” 1702, 1735-1766, 1791, 1856, 1910 [ASCF 2].
Ordinati
La serie storica degli Ordinati originali inizia nel 1691 e prosegue fino al 1858, con una interruzione relativa agli anni 1717-1726. Libro delle proposte (1780-1785) e un Libro degli ordinati consulari (1786-1797). Per il secolo XIX si conservano le serie seguenti: Ordinati decretati (1815-1864), Verbali deliberazioni (1840-1858), Deliberazioni originali in bollo (1859-1898), Deliberazioni decretate (1859-1872), Deliberazioni del Consiglio Comunale approvate (1869-1895) e Deliberazioni della Giunta Comunale approvate (1869-1895) [ASCF 1].

 

Dipendenze nel Medioevo
Frinco non compare fra le terre componenti il posse Astense verso la fine del secolo XII, secondo l’elenco che ne fornisce un secolo più tardi Ogerio Alfieri. La stessa fonte indica per la stessa epoca un’estensione approssimativa del posse nella valle Versa “fino a” Castelcebro, Tonco e Calliano, luoghi appartenenti al marchesato di Monferrato (“protenditur in valle verse usque ad castrum Ceberum Tongum et Callianum”). Frinco era probabilmente uno dei “castra civium” (cioè tenuti da cittadini astensi e quindi dipendenti in maniera più indiretta dal comune cittadino) presenti all’interno di quest’area. Negli Statuti di Asti compilati nel 1379, Frinco figura nel posse et districtus astese, qui genericamente inteso come l’insieme dei luoghi sui quali il comune astese deteneva diritti di giurisdizione, direttamente o attraverso la signoria che vi esercitavano suoi cittadini [Rubrice statutorum, coll. I, capp. 44, 51]. Nella dote assegnata nel 1386 da Gian Galeazzo Visconti (signore di Asti dal 1379) alla figlia Valentina, andata in sposa a Luigi di Valois, duca di Orléans, Frinco si trova effettivamente annoverata, in quanto possesso dei fratelli Turco, fra “villae et castra, quae tenentur per cives et nobiles astenses, subdita et subiecta iurisditioni Astensi” [Gnetti 1993, p. 73].
Feudo
Non è possibile ricostruire l’identità dei primitivi signori di Frinco: è tuttavia ipotizzabile che alla loro famiglia vadano ricondotti alcuni personaggi attivi nella prima metà del secolo XIII nella cerchia clientelare del vescovo di Asti e come esponenti o vassalli di uno dei maggiori enti ecclesiastici cittadini, il monastero dei Santi Apostoli. Per quanto riguarda la diocesi, è peraltro documentata una sua presenza fondiaria nel territorio di Frinco dal secolo XII. Dal 1277 è attestata sul luogo la signoria, le cui vicende sono anch’esse poco note, della potente famiglia astigiana dei Pelletta. Nel corso del secolo successivo, ai Pelletta subentrò, evidentemente per acquisto, un’altra eminente casata astigiana, quella dei Turco, affiliata all’albergo dei De Castello, di colore ghibellino. La signoria dei Turco su Frinco superò indenne le alterne vicende delle lotte fazionarie astigiane, infine sfavorevoli alla parte ghibellina e sfociate, nel 1312, nella dedizione della città al re di Napoli Roberto d’Angiò. Essa era ancora in vita negli anni Trenta del secolo XV, quando, in coincidenza delle sfortune politiche che colpirono la casata, profondamente coinvolta nelle lotte in corso tra i marchesi di Monferrato e i Visconti, ebbe inizio una serie di alienazioni conclusasi intorno al 1470 con il completo trasferimento dei diritti signorili dei Turco nelle mani di diversi esponenti della famiglia Mazzetti, estranea alla nobiltà astigiana. Il dominio dei Mazzetti, reggendo ai mutamenti intervenuti tra il secolo XV e il secolo XVIII nella superiorità sul feudo, ai conflitti tra gli stessi signori e tra questi e i loro sudditi, a una condanna e all’evizione del feudo pronunciate dall’autorità imperiale alle quali oppose la legittimità di fatto derivante dalla continuità del proprio esercizio, si esercitò sino alla fine dell’antico regime. La sua resistenza fu favorita dal suo insistere su un sito di rilevante importanza strategica e da un tempestivo, opportunistico, allineamento dei suoi detentori nei secoli XVI e XVII con la politica espansionistica sabauda. Questa sostanziale stabilità della formazione signorile largamente autonoma affermatasi a Frinco nel corso del basso medioevo e della prima età moderna, attraverso il succedersi, anche drammatico o clamoroso, delle vicende politiche e giudiziarie innescate dalla spregiudicatezza imprenditoriale dei Turco e poi dei Mazzetti, contribuì probabilmente alla solida affermazione delle pratiche di possesso e di uso in cui si espressero gli interessi locali all’interno di un’area, piuttosto estesa, caratterizzata da notevole compenetrazione territoriale tra realtà limitrofe, astigiane e monferrine [AST F 1; Bordone 1976, pp. 233-237; Guasco 1911, p. 770].
Mutamenti di distrettuazione
Le contese giurisdizionali fra Visconti e marchesi di Monferrato intorno alla superiorità sul territorio di Frinco, indussero, nel 1438, l’imperatore Alberto II a dichiararlo feudo imperiale. Nel 1469 e nel 1488, sempre da parte imperiale, giunsero le prime investiture in capo a esponenti della famiglia Mazzetti, che aveva ormai rilevato tutti i diritti dei precedenti signori [Bordone 1976, p. 235]. Nella seconda metà del secolo successivo, violenti contrasti interni alla famiglia dei feudatari si intrecciarono con le rivalità fra duchi di Savoia e duchi di Monferrato, in primo luogo, con la loro ricerca di legittimazione dall’Impero per gli assetti e le mire territoriali dei rispettivi stati. Emanuele Filiberto, così come i suoi successori, rivendicavano la superiorità su Frinco sulla base di due argomentazioni principali. Anzitutto, il richiamo all’originaria “incorporazione” del feudo nel contado di Asti, per cui un duca di Savoia poteva affermare che esso “si muovesse dal diretto dominio della sua Corona”. Il contado di Asti era infatti pervenuto a casa Savoia attraverso la sposa del duca Carlo III, Beatrice di Portogallo, che nel 1531 ne era stata investita dal cognato Carlo V. La seconda ragione addotta dai duchi sabaudi era la generica estensione del vicariato imperiale conseguita nel 1555 (e confermata nel 1562) sulle diocesi dello stato. Le trattative per l’esplicita inclusione del feudo di Frinco nel vicariato (sentito e in effetti rimasto poco efficace senza “specifica designazione dei luoghi”) condotte dagli ambasciatori di Emanuele Filiberto presso la corte di Massimiliano II nel 1569 si risolsero in un nulla di fatto. Intanto, sullo sfondo si profilava il rischio che tra i signori coinvolti nella disputa interna alla casata vi fosse chi si disponeva a prestare omaggio feudale al duca di Monferrato. Tra il 1585 e il 1587, tutti i principali contendenti si fecero tuttavia vassalli del nuovo duca di Savoia Carlo Emanuele I per le rispettive quote del feudo (assommanti ai 5/6 della giurisdizione), sulla base di contratti che garantivano loro le stesse “prerogative ed immunità” previste nelle precedenti investiture imperiali, compresa la conferma del privilegio di zecca concesso nel 1487. Richiesto della sua approvazione, nel 1588, l’imperatore Rodolfo II si riservò di consultare in via preliminare tutti i condomini e gli agnati dei feudatari sottoscrittori. Nel 1611, anzi, in seguito a un uso disinvolto del privilegio di battere moneta, giunto fino all’impianto di un’attività di contraffazione su larga scala, la giustizia dell’imperatore inflisse ai due principali signori di Frinco all’epoca, Giulio Cesare ed Ercole Mazzetti, una condanna in contumacia alla privazione del feudo. Devoluto al fisco imperiale, esso venne subito riassegnato a un membro dell’amministrazione imperiale, il barone Ernesto del Mollart. Questi, a sua volta, lo alienò a Carlo Emanuele I nel 1614, senza tuttavia che si giungesse a perfezionare la cessione, a causa del mancato pagamento della forte somma pattuita. I Mazzetti continuavano intanto nel possesso di fatto del feudo di Frinco, al riparo dell’autorità sabauda, che continuò a opporre alle istanze avanzate da parte imperiale a tutela delle ragioni degli eredi del barone del Mollart, il vecchio argomento dell’inclusione di Frinco nel Contado di Asti. Il riconoscimento di questa pretesa sabauda, fatto esprimere mediante una finzione legale alla stessa cessione del 1614, fu evocato, insieme all’argomento dell’ininterrotto “pacifico possesso” del feudo da parte dei signori deposti e dei loro eredi, nell’atto di investitura con il quale la reggente Maria Giovanna Battista riconobbe infine formalmente, nel 1680, le ragioni dei Mazzetti, richiamandosi peraltro a una tempestiva reinfeudazione “meramente verbale” in loro favore seguita immediatamente all’acquisto del feudo da parte di Carlo Emanuele I. Nel 1690, l’imperatore Leopoldo, riecheggiando una precedente decisione imperiale del 1631, accordò al duca Vittorio Amedeo II la facoltà di conseguire come “subfeudi”, per “compravendita o altro legittimo contratto” dai loro detentori diversi feudi imperiali “frammisti o contigui” ai suoi stati, tra i quali Frinco. La formula impiegata nel decreto del 1690 consentiva al duca di acquistare su quei feudi sino ad allora dipendenti “immediatamente” dall’impero la cosiddetta “superiorità media”, una forma di autorità meno stringente della vera e propria superiorità feudale, che apriva tuttavia la strada al pieno conseguimento di questa’ultima mediante una successiva investitura imperiale. Nel 1711, dietro pagamento di 5000 luigi d’oro, il conte Ferdinando Ernesto del Mollart ratificò la cessione del feudo stipulata dal suo antenato. All’effettiva investitura di Vittorio Amedeo II, in qualità di duca di Savoia, dell’intero dominio sul feudo di Frinco (diretto e utile: “la sovranità e il feudo”, come si esprimono le fonti sabaude), si giunse nel 1726, “con le stesse clausole” della contemporanea investitura del marchesato di Spigno. Mentre il decreto imperiale concedeva al duca anche il vicariato imperiale sui feudi appena acquisiti (aggiunta importante, che sola, in linea di principio, impediva l’appello di sudditi e vassalli alla giustizia imperiale contro le sentenze pronunciate dalle magistrature sabaude), comportava però importanti limitazioni della sovranità sabauda su quei luoghi: il diritto di transito e di rifornimento per le truppe imperiali e austriache e l’impegno a non imporre dazi o pedaggi lesivi degli interessi dei vassalli imperiali e dei sudditi del ducato di Milano [Tabacco 1939, pp. 86-88, 108-109, 123-125, 153-155; AST F 1]. Frinco fu comunque inquadrata, prima ancora che si perfezionasse la sanzione imperiale della superiorità sabauda, nella provincia di Asti (ordinamenti relativi alle intendenze, alle prefetture e alle assise dei giudici del 1723, 1724, 1729, 1730 e 1749), dove rimase fino alla caduta dell’antico regime in Piemonte (1798) [Cassetti 1996; Duboin 1818-1869, III, pp. 58, 72, 79, 98, 133, 160]. Il luogo figura inoltre, almeno dal 1733, compreso nel Dipartimento (o Regolamento) di Asti delle Gabelle Unite del Piemonte [AST B]. Entro la maglia amministrativa francese, Frinco seguì le sorti dell’intero territorio della vecchia provincia di appartenenza, aggregato, senza sostanziali alterazioni, a una circoscrizione di estensione variabile avente per capoluogo Asti. Si trattò dapprima del dipartimento del Tanaro, creato durante il primo effimero periodo di occupazione (1799), e, dopo il ritorno dei Francesi e in seguito alla riorganizzazione amministrativa del 1805, del dipartimento di Marengo, circondario (arrondissement) di Asti. Dopo la parentesi napoleonica, Frinco rientrò, nel 1814, a far parte della ricostituita provincia di Asti che, dopo alcune instabili riorganizzazioni mandamentali nel 1818, fu ridotta a circondario della divisione amministrativa, poi provincia di Alessandria nel 1859 [Cassetti 1996; Sturani 1995; Sturani 2001]. Lo stesso circondario di Asti venne soppresso e aggregato a quello di Alessandria nel 1927 [Istituto Centrale 1927, p. 1], quindi staccato dalla provincia di Alessandria e aggregato alla nuova provincia di Asti formata nel 1935 [Bordone, Provincia; Istituto Centrale 1937, p. 8; Gamba 2002].
Mutamenti Territoriali
Non si segnalano aggregazioni o disaggregazioni di nuclei demici o di specifici segmenti di territorio comunale.
Comunanze
Tra la fine del medioevo e la prima età moderna, gli abitanti di Frinco appaiono coinvolti nelle pratiche d’uso dell’ampia area forestale e pascolativa del “Debatto”, condivisa, e contesa, con diverse altre comunità insediative, del Monferrato (Cossombrato, Villa San Secondo) e del Contado di Asti (Montechiaro, Callianetto) [AST I].
Liti Territoriali
Nel quadro della disputa sorta intorno a una vasta area tra il Rilate e la Versa, incentrata sulle terre comuni (in gran parte boschive) del “Debatto” e della Madonna di Olmetto (sull’attuale territorio comunale di Cossombrato), risulta che, nell’ultimo quarto del secolo XV, Asti e Villa San Secondo avanzassero rivendicazioni territoriali nei confronti di Frinco. Nel secolo XVIII è documentata (anche cartograficamente) una controversia che oppone Frinco a Corsione [ASCF 3].
All’inizio dello stesso secolo è inoltre in corso una lite tra Frinco e la comunità di Castellalfero, vertente su 64 giornate di campo, prato, bosco e incolto, site sul territorio di Castellalfero ma non sono registrate nel suo poco affidabile catasto, possedute “ab immemorabili” dal conte Giovanni Battista Mazzetti (25 giornate) e da diversi “particolari” di Frinco. Nessuno di questi possessori forestieri ha mai pagato alcuna imposta alla comunità di Castellalfero, accampando, al seguito della comunità e del conte Mazzetti, “pretesa di finaggio”, ossia l’afferenza giurisdizionale di quelle proprietà al territorio di Frinco [ASAT M].
Fonti
ASCF (Archivio Storico Comunale di Frinco). Vedi inventario.
ASCF 1:Atti antichi, numeri d’ordine 1, fasc. 2- numero d’ordine 7, Registro ordinati originali (1691-1858); nn. 8-12, Deliberazioni originali in bollo (1859-1898); n. 13, fasc. 4-n. 14, fasc. 2, Registro ordinati decretati (1815-1864); n. 14, fasc. 3, Verbali deliberazioni (1840-1858); n. 15, Delberazioni decretate (1859-1872); nn. 16-21, Deliberazioni del Consiglio Comunale approvate (1869-1898); nn. 22-23, Deliberazioni della Giunta Comunale approvate (1869-1895); n. 25, fasc. 1, Libro delle proposte (1780-1785); n. 25, fasc. 2, Libro degli ordinati consulari (1786-1797), n. 25, fasc. 3, Registro di diversi processi verbali (1799).
ASCF 2: ASCF, Catasto antico, numeri d’ordine 1-3, Libro dei trasporti, 1702; 1735, 1747, 1766; 1791; n. 4, Libro della mutazioni, 1856; nn. 15-17, Libro 3°, 4°, 5° dei trasporti, 1910.
ASCF 3: ASCF, Cataso antico, numero d’ordine 21, Tipo differenze vertenti tra la Comunità di Frinco e Corsione, 1736; Atti antichi, numero d’ordine 27, fasc. 2, Memorie diverse riguardanti il territorio conteso colla Comunità di Corsione.
AST B: AST, Corte, Materie economiche, Gabelle generali, m. 1 d’addizione, n. 4, Billancj per le Regie Gabelle (1733).
AST F: AST, Corte, Paesi, Provincia di Asti, m. 16, Frinco:
AST F 1: n. 1, 1442, 1 Agosto. Estratto del possesso preso da Gioanni, e Nicoletto, a loro nome, et di Domenico, Andrea, Antonietto, e Cattalano tutti Massetti, delle due terze parti del feudo, giurid.ne, e pertinenze di Frinco dalli med.mi acquistate da Andrietta filia d’Antonio Trucchi. Col giuramento di fedeltà prestato dalli uomini et abitanti di d.o Luogo sotto li 2 agosto d.o anno; n. 2, 1569, 16 Luglio. Lettera originale del Duca Emanuele Filiberto al suo Ambasciatore il Sig.re Dela Croce perché procur che non vi segua alcun pregiudizio circa il Castello di Frinco, dovendo questo venir compreso nel Vicariato Imperiale; n. 3, 1585, 6 febrajo. Omaggio prestato da Ercole, e Domenico fratelli Massetti al Duca Carlo Em.le Primo p. la 3a parte del Castello, feudo, e giurid.ne di Frinco dippendente dall’Impero; 1587, 13 febrajo. Altro Omaggio prestato da Giulio Cesare Massetto per la metà di d.to feudo, Castello, Luogo, e giurid.ne di Frinco; 1585, 14 9mbre. Altro prestato da Ercole, e Domenico fratelli Massetti con Invest. ra delle porzioni spettantigli in d.o Luogo di Frinco; n. 4, 1611, 26 aprile. Sentenza dell’Imperatore Rodolfo contro Giulio Cesare, et Ercole Massetti, p. quale dichiara devoluto il feudo di Frinco p. la contumacia di d.ti fratelli Massetti; n. 5, 1611, 27 Aprile. Investitura concessa dall’Imp.re Rodolfo 2° a favore di Ernesto del Molar del feudo di Frinco devoluto alla Camera Aulica in odio di Giulio Cesare, et Ercole Massetti; n. 6, 1611 in 1692. Informazioni delle pretenzioni del Conte du Molard s.a il feudo di Frinco, con copia non autentica de Titoli a quali restano le medesime appoggiate; n. 7, 1612, 3 Marzo. Lettera dell’Imperatore Mattia diretta al Duca Carlo Emanuele raccomandatizia del Barone Ernesto de Molar per il feudo di Frinco; n. 8, 1613, 5 Marzo. Lettera dell’Imperatore Mattia diretta al Duca Carlo Emanuele raccomandatizia del Barone di Molart p. il Feudo di Frinco; n. 9, 1614, 14 Gennajo. Cessione fatta dal Barone Ernesto de Molart a favore del Duca Carlo Emanuele d’ogni ragione spettanteli nel Castello feudo, Luogo, Territorio, e giurisdizione di Frinco; n. 10, 1624, 23 Xmbre. Testamento di Giulio Cesare Massetti Sig.re di Frinco, e Saluggia [cittadino di Asti] con istituzione di p.mogenitura p. il Luogo di Frinco, Saluggia, beni, feudali, et allodiali dal med.mo posseduti ivi descritti a favore di Cesare Augusto suo figliuolo; n. 11, 1640, 31 Marzo. Transazione tra Pietro Alberto, Tomaso, e Giulio Cesare Massetti con confirmazione della p.mogenitura istituita da Giulio Cesare Massetti li 23 Xmbre 1624 de feudi di Frinco, Saluggia, e beni tanto feudali, che allodiali, che vivendo tenva d.to Giulio Cesare; n. 12, 1680, 15 Gennajo. Investitura concessa da Madama R.le Maria Giovanna Batt.a Tutrice del Duca Vittorio Amedeo 2° a favore delli Conti Pietro Alberto, e Carlo Maria Massetti del feudo di Frinco; n. 13, Parere del Sen.re Goveano che S. A. debba far rappresentare le sue ragioni sul Feudo di Frinco all’Imperad. nanti che il S.e di Gorzegno adempisca all’Ordine Imp.le di procedere alla riduzzione (s. d., ma seconda metà sec. XVI); n. 14, 1694, in Luglio. Originale della Ratificanza del Conte Giacinto Carlo Francesco Mazzetti dell’Investitura concessa da Madama R.le alli Conti Carlo Maria, e Pietro Alberto Mazzetti sotto li 15 Gennajo 1680 del Feudo di Frinco; n. 15, 1694. Due Suppliche de SS.ri Massetti a S. A. R. per l’Investitura della loro porzione del feudo di Frinco, con le Conclusioni dell’Avvocato Generale Frichignone (...); n. 16, 1708, 19 Luglio. Copia del Memoriale presentato al Duca Vittorio Amedeo dal Conte de Molart per le pretenzioni verso d.ta S. A. di ducatoni 20m dovutigli p. la Cessione p. esso fatta del feudo di Frinco al Duca Carlo Em.le P.mo nell’anno 1614 con Procura nella persona del Conte Castelbarco; n. 17, 1709, 26 marzo. Relazione di quanto è stato proposto nella Sessione tenutasi avanti il Marchese Graneri con assistenza dell’Avvocato Generale, e Conti Fecia, e Mellarede p. riguardo delle pretenzioni del Conte del Molart sovra il feudo di Frinco; n. 18, 1711, 18 Marzo. Confirmazione fatta dal Conte Ferdinando Ernesto de Molart della Cessione fatta da Barone Ernesto suo bisavo sotto li 14 Gen.ro 1614 a favore del Duca Carlo Emanuele d’ogni ragione spettanteli nel feudo di Frinco; n. 20, Memoria Istorica concernente il Feudo di Frinco; n. 22, 1725, 24 Xmbre. Conchiuso del Consiglio Aulico di pubblicazione del Decreto di S. M. Ces.a delli 20 d.o col quale gli ha notificata la sua risolutione d’investire S. M. in qualità di Duca di Savoja del feudo di Frinco; 1442 in 1726. Ristretto de Titoli riguardanti il Feudo di Frinco; n. 24, 1725. Progetti di Memoriale da presentarsi all’Imperadore per l’Investitura del Feudo di Frinco a favor di S. M.; n. 25, 1725, 6 dicembre. Decretto dell’Imp.re Carlo VI stato intimato al Marchese di Breglio s.a l’adimandata Invest.a a nome di S. M. del Castello, e Feudo di Frinco; n. 26, Notizie riccavate dalle Scritture esistenti ne Regj Archivj concernenti il Feudo di Frinco; n. 27, Relazione di diversi titoli riguardanti il feudo di Frinco (1728); n. 28, 1726, 29 Gennajo ad 15 Luglio. Minute di Memoriali presentati al Consiglio Aulico per parte del Re pella dimanda dell’Imperatore del Castello, e Feudo di Frinco con sue dipendenze; n. 29, 1726, 19 Febbrajo. Conchiuso del Consiglio Aulico per l’osservazione, ed esecuzione del Decreto Cesareo delli 15 d.o mese, col quale S. M. Imp.le gli ha notificata la sua risoluzione di concedere al Re in qualità di Duca di Savoja l’Investitura de’ Minori feudi chiamata dal Marchese di Breglio Inviato Straordinario; n. 35, 1726, 6 Giugno. Due Copie d’Investitura concessa dall’Imp.re Carlo VI° al Re Vittorio Amedeo del Castello, e Luogo di Frinco Provincia d’Asti, colle sue dipendenze; n. 36, 1726, 26 Luglio. Decreto del Consiglio Imp.le Aulico p. la deputazione del Conte Borromeo Commissaro Cesareo in Italia, per l’immissione in possesso, o quasi di S. M. come Duca di Savoja, del Feudo Imperiale di Frinco con tutte le sue dippendenze (...); n. 38, 1727, 20 Gennajo. Atto di remissione di possesso del Cavgliere De Wert Subdelegato Cesareo del Contado di Frinco a favore di S. M. (...);n. 39, 1727, 15 Maggio. Parere del Proccurator Gen.le Caissotti sovra l’Investitura da accordarsi alli Sig.ri Mazzetti per il Feudo di Frinco; n. 40, 1727, 18 Giugno. Parere del Presidente Riccardi sovra la forma con cui S. M. può concedere l’Investitura del Feudo di Frinco a Sig.ri Mazzetti; n.41, Parere del Presidente Belletruti sovra la Rinovazione dell’Investitura che potrbbe concedersi da S. M. a Sig.ri Mazzetti per il Feudo di Frinco; n. 42, Minuta di Parere circa la grazia che può S. M. fare di nuovam.te concedere al Conte di Frinchi il medemo Feudo; n. 44, 1729, 3 Giugno. Diverse Memorie formate dal Conte Mellarede in seguito agl’Ordine di S. M. sovra il Feudo di Frinco preteso da Conti Mazzetti. Col R.o Viglietto al P.mo P.te della Camera, di far proceder ad uno stato distinto de’ beni feudali, ed enfiteotici dependenti dal d.o feudo, delli 27 7bre 1729; n. 45, 1730, 18 Maggio. Patenti di Donazione fatta dal Re Vittorio Amedeo di £ 300m a favore de Conti Mazzetti per l’equivalente del Feudo di Frinco. Rappresentanza a S. M. della Camera de’ Conti. Con Copia d’Ordine della Camera perché vengano interinate d.te Patenti non ostante li motivi eccitati nella sud.a Rappres.za;
AST F 2: n. 19, Supplica al Conte Carlo Borromeo delli Sindici, e Consiglieri dell’Università di Frinco per ottenere le opportune providenze sovra la negata restitutione de libri pubblici, e sovra la pretesa inobedienza de sudditi contro i Conti Feudatarj (s. d., ma ca. 1725); n. 21, 1725. Memoria data dal Conte di Frinco sopra le differenze, e gl’attentati de’ suoi sudditi di non volerlo riconoscere per loro Signore. Con una nota dei aggravij proposti dalla Communità di Frinco contro il Conte Gio. Batt.a Massetto; n. 23, 1725, 24 Xmbre. Ordine del Consiglio Imp.le Aulico di scrivere al Conte Carlo Borromeo Commissario Cesareo in Italia di prendere le informazioni necessarie; n. 30, 1726, 15 Aprile. Rescritto del Consiglio Aulico al Conte Carlo Borromeo di prender in considerazione il presentato de’ 8 Aprile 1726 da’ Sudditi, e Communità di Frinco pel rilascio de’ carcerati ivi nominati, e pell’intervento del fiscal Imp.le nella lite vertente tra essa Communità, e li Conti Mazzet a riguardo dell’esazioni fatte da questi, per ragguagliarne poi S. M. Ces.a col suo voto; n. 37, 1726, 6 Agosto. Rescritto del Consiglio Aulico al Conte Carlo Borromeo Plenipotenziario Cesareo in Italia d’esaminare attentamente il presentato de 18 Luglio 1726 de’ Sudditi, e Communità di Frinco pel rilascio de’ carcerati ivi nominati, e d’eseguire gli ordini Cesarei atteso che la causa di cui si tratta non patisce dilazione veruna per trasmetterne poi subito gli atti, col suo voto a S. M. Ces.a; n. 43, 1728, 16 Febbrajo. Copia di dichiarazione fatta dalla Comm.tà di Frinco delle Scritture che le sono state tolte dal Bernaregio di Milano; n. 46, 1733, 14 Maggio. Sentimento dell’Avvocato Generale Conte Sclarandi sul raccorso della Communità di Frinco per mandar persona a Milano per la ricerca di scritture favorevoli alla Communità in una sua lite.
AST I: AST, Corte, Paesi, Monferrato, Confini per A e B, V, m. 1, 1319-1672, cc. 71-86, 1561. Incombenti fatti dalle Com.tà di Montechiaro, e Villa S. Secondo sulle diferenze loro di confini, nanti li delegati Bernardo Pagano p. parte del Duca di Savoja e Percivalle Calori p. parte del Duca di Monferrato, pretendendosi da quest’ult. Com.tà l’osservanza d’una sentenza arbitr.le del 1517.
AST R: AST, Sezioni Riunite, II Archiviazione, Capo 21, n. 161, Registro delle notizie prese da Commissarj deputati per la verificaz.ne de Contratti a Corpo de beni dal 1680 al 1711 inclusive circa la qualità delle Misure e Registro de beni di caduna Comunità del Piemonte, e denominaz.ne de Cantoni Membri, e Cassinali, s. d.
ASAT M: Archivio di Stato di Asti, Archivi privati, Mazzetti di Frinco, Fald.6, fasc.65, Atti prodotti nella causa tra il marchese Giovan Battista Mazzetti di Frinco e il podestà di Castellalfero per giurisdizione,1715.
ASAT M2: Fald.6, fasc.68, Copia dei bandi campestri di Frinco (1799, agosto 4).
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Descrizione Comune
Frinco

          Nel suo testamento del 1624, Giulio Cesare Mazzetti, uno dei due feudatari condannati dal fisco imperiale nel 1611 alla privazione del feudo, si qualificava signore di Frinco e di Saluggia (quest’ultimo, feudo dipendente dal Ducato di Monferrato fino al trattato di Cherasco del 1631, quando la superiorità passò al duca di Savoia), nonché cittadino di Asti, titoli che racchiudono (e certamente non esauriscono) la pluralità di riferimenti politici, gli intrecci di lealtà, la diversità delle fonti di legittimazione, che orientarono concretamente l’azione dei signori di Frinco fra il tardo medioevo e la prima età moderna. Al momento del testamento di Giulio Cesare, i Mazzetti esercitavano abusivamente una giurisdizione della quale erano stati legalmente spogliati dalla giustizia imperiale, almeno secondo la versione che voleva Frinco feudo immediato dell’impero, “libero e franco” – come si era espressa, nel 1612, all’indomani della sua devoluzione e reinfeudazione in capo al barone del Mollart, una lettera dell’imperatore Mattia a Carlo Emanuele I. Da parte sua, anche il duca di Savoia Carlo Emanuele I, con il quale quasi cinquant’anni prima i signori di Frinco avevano patteggiato il loro omaggio di vassalli, non ratificato dall’impero, nel 1609, in coincidenza con l’avvio della causa contro di loro in sede imperiale, aveva proceduto alla confisca, evidentemente solo formale, dei beni tanto feudali che allodiali degli accusati (sulla base però di una diversa motivazione: una presunzione di eresia gravante sui loro predecessori, “vissuti ereticalmente e morti da eretici, senza incenso”). Contemporaneamente, stando a ricostruzioni più tarde di parte sabauda, contestuali alla riapertura del contenzioso con l’impero e gli eredi del Mollart intorno al 1680, il duca aveva loro riconfermato, anche se solo “verbalmente”, l’investitura.
Tra i “beni stabili, feudali e rusticali” siti nel territorio di Frinco, che Giulio Cesare Mazzetti lascia nel 1624 al figlio Cesare Augusto, sono indicate espressamente “le masserie dette del Vaudo, Vallunga, Romanello” donategli dalla zio e padre adottivo Ludovico Mazzetti, con la specificazione che si tratta di beni “rusticali”. Sulla base della situazione esistente sullo scorcio del secolo XVII e all’inizio di quello successivo, la Perequazione generale censirà a Frinco (in maniera indiretta, occorre ricordare) una serie di “cascinali”, percepiti evidentemente come rilevanti emergenze territoriali, demiche e fiscali. I processi di appoderamento di cui testimoniano queste realtà configurano tentativi di costituire isole compatte di proprietà certa all’interno di una predominante condizione feudale (900 giornate stimate alla metà del secolo XVIII [Balduini, f. 115v]) delle terre locali. Ne intravediamo le ragioni in una situazione caratterizzata da un contenzioso quasi permanente fra i signori sulle rispettive quote del feudo e da alto rischio politico: le schermaglie giurisdizionali tra Savoia e impero si intrecciano con il coinvolgimento del ducato nel confronto tra le grandi potenze, in particolare in occasione delle guerre per il Monferrato e della guerra civile piemontese, durante le quali la difesa del castello di Frinco riveste un ruolo strategico non indifferente. Si tratta di logiche e strumenti apparentemente diffusi in situazioni di forte frammentazione e incertezza giurisdizionale, che una recente storiografia ha individuato e descritto a partire dallo studio di aree assai prossime, sotto il profilo geografico e giurisdizionale, che una recente storiografia accanto alla costituzione di primogeniture (Giulio Cesare Mazzetti istituisce una primogenitura a favore del figlio Cesare Augusto, che i figli di quest’ultimo a loro volta rinnoveranno nel 1640, dopo la morte del padre, a benficio di uno di loro) o dell’adozione di parenti in un attivo processo di costruzione dei “rami” della parentela attorno a diritti e prerogative [Torre 2003].
Le articolazioni del dominio signorile sulla terra entrano nella matrice delle solidarietà e tensioni territoriali che vediamo manifestarsi nella pratica rituale degli abitanti. Tra il secolo XVI e il secolo XVII, le visite pastorali rivelano che a Frinco operano “compagnie” devozionali formate da gruppi di vicini provenienti dalle cascine periferiche. Si tratta di un fenomeno abbastanza inusuale, che contraddice un principio affermato, in base al quale le compagnie di devozione non dovrebbero rappresentare gruppi di parenti o segmenti territoriali specifici all’interno di una parrocchia. Nello stesso periodo, la compagnia parrocchiale del Rosario si adopera per fare celebrare messe in alcune cappelle campestri dedicate al culto mariano, fornendo le suppellettili necessarie alla liturgia. L’iniziativa è forse riconducibile al consiglio comunitativo, che in quegli anni tenta di sfruttare la ricostruzione dell’edificio parrocchiale per sottrarre il giuspatronato ai signori locali. In occasione della visita pastorale del vescovo Pentorio, nel 1621, la situazione della parrocchia si presenta, in effetti, controversa: “aiunt alii esse de Jure Patronato de Masetis, alii negant” [Dezzani 1949; Torre 1995, p. 282; Torre 1999, p. 239].
La conflittualità fra sudditi e signori accompagna con crescente veemenza la fase finale dell’incorporazione di Frinco nella compagine statuale sabauda, investendo progressivamente tutti gli ambiti della giurisdizione feudale, a partire dalla contestazione dei nessi crescenti che la legano a quella ducale. Dagli inizi del secolo XVIII, le pretese giurisdizionali dello stato sabaudo, che sempre più direttamente individuano nella comunità del luogo un interlocutore responsabile, si fanno in effetti più pressanti e vengono sistematicamente assecondate dai feudatari, ormai saldamente inseriti nella gerarchia degli onori e nell’amministrazione provinciale sabauda. Le resistenze degli abitanti si concentrano dapprima soprattutto sul rifiuto di consegnare alle autorità sabaude (più precisamente, alle magistrature che le incarnano in Asti) il richiesto contingente di soldati e i condannati dalla giustizia del duca, appellandosi all’immutata natura di “luogo imperiale” di Frinco. Successivamente, la protesta si si estende al diritto dei signori alle “angarie e perangarie” di cui rivendicano il “quasi possesso”, pur senza poterne provare il titolo originario o la durata immemoriale. Dagli anni intorno al 1720, suppliche e memoriali prodotti dagli agenti della comunità, in cui la “disobbedienza” ai signori filosabaudi è presentata come un obbligo di lealtà verso l’impero, raggiungono il plenipotenziario imperiale a Milano Carlo Borromeo, il quale si mostra, da parte sua, intenzionato a gestire il caso in modo da riaffermare le prerogative di Vienna sul feudo. In un contesto in cui è comunque nell’aria un decisivo trasferimento di sovranità su Frinco, sembra che almeno una parte della élite locale si impegni in una pratica dell’istituzione comunitaria che sfida apertamente la legittimità del potere signorile. Nel 1725, infatti, “unitisi ventiquattro particolari nel consiglio”, pubblicano una “grida pubblica” che disconosce ai signori ogni diritto di prelievo e ogni giurisdizione, esautora in particolare il giudice feudale e gli sostituisce la comunità nella persona dei suoi sindaci: un atto che peraltro vale a questi ultimi e ad alcuni consiglieri l’incarcerazione nel castello di Tortona per ordine del delegato del plenipotenziario imperiale. Il contenzioso intorno ai diritti signorili, complicato dal sequestro e dal trasferimento a Milano dell’archivio della comunità disposto a suo tempo dalle autorità imperiali, continua negli anni successivi di fronte alle magistrature piemontesi, ma andrà affievolendosi nelle mutate condizioni determinate dal passaggio di sovranità e dal ridimensionamento delle prerogative dei Mazzetti, da essi negoziato con il nuovo “padrone utile”, e non solo eminente, del feudo, Vittorio Amedeo II [AST 2].