Cassinasco

AutoriGiana, Luca, and Vittorio Tigrino
Anno Compilazione2003
Anno RevisioneIn aggiornamento
Provincia
Asti.
Area storica
Monferrato.
Abitanti
610 dati Istat 1991.
Estensione
1.171 ha.
Confini
Confina a nord con Canelli (AT) e Calamandrana (AT), a est con Rocchetta Palafea (AT) e Sessame (AT), a sud con Bubbio (AT).
Frazioni
Bricco Bosetto, Gibelli, Santuario de’ Caffi (nucleo speciale comunità terapeutica), case sparse (dati Istat 1991)
Diocesi
Acqui.
Pieve
Non ci sono attestazioni precise, tranne le informazioni pervenute dalla relazione parrocchiale redatta il 30 gennaio 1789 dal parroco Ludovico Scarampi, in cui viene nominata una chiesa intitolata a S. Ilario:“si dice che questa fosse la parrocchiale antica e si vedono nel terreno che circonda essa chiesa ossa di morti” (ASDA, Parrocchie, Cassinasco, f. 1, c. 1, f. 1, relazione Ludovico Scarampi 1789).
Altre Presenze Ecclesiastiche
La chiesa parrocchiale è intitolata a S. Maria, fino al XVIII secolo le visite pastorali attestano come parrocchia la chiesa cinquecentesca intitolata a S. Ilario, posta su un colletto fuori dalle mura del paese sulla strada che conduce al Santuario dei Caffi. La parrocchia ha cinque altari: l’altare maggiore, quello di S. Rocco, quello del S. Rosario, quello di S. Antonio e quello di S. Marta. L’oratorio dei disciplinanti è intitolato alla SS. Annunziata “vicino alla parrocchiale a sinistra, provveduta di tutte le suppellettili”. Si ha notizia della chiesa di S. Giuseppe, nel centro del paese, di quella di S. Massimo e di quella di S. Martino fuori dalle mura. Inoltre sono presenti la cappella di S. Sebastiano, la chiesa della Madonna delle Grazie, “volgarmente detta dei Caffi” e dalla fine del XIX secolo Santuario.
È attestata la presenza della confraternita del Corpus Domini e delle compagnie del Rosario e dei disciplinanti.
A partire dal 1661 è presente il convento dei PP. di S. Francesco (ASVA, parrocchie, Cassinasco f. 2, c. 1/5 corrispondenza).
Luoghi Scomparsi
Non ci sono attestazioni.
Comunità, origine, funzionamento
Le prime attestazioni, a causa della perdita di tutto il materiale documentario antico dell’archivio comunale, riguardano le poche informazioni che provengono dalle relazioni sullo stato della provincia di Acqui del XVIII secolo.
Catasti
Da una indagine del 1782 sullo stato delle misurazioni territoriali e dei catasti delle comunità dell’Alto Monferrato, Cassinasco risulta tre le comunità con misure precedenti al 1730 (1711), e senza mappe (cfr. AST, Materie economiche per categorie, Perequazione Monferrato, m.1 non inv.), anche se una relazione contemporanea segnala una nuova stesura del catasto del 1745 e un libro dei trasporti del 1768, ritenendoli quindi sufficienti (AST, Camerale, II archiviazione, capo 26, m.18).
Ordinati
Non si conservano nell'Archivio comunale traccia degli antichi Ordinati.
Dipendenze nel Medioevo
Dal consegnamento feudale dei castelli fatto ad Asti da Oddone III e dal figlio Manfredino nel 1313, Cassinasco compare tra i territori Del Carretto (G.B. MORIONDO, Monumenta Aquensia, II, Torino 1790, col. 453).
Feudo
In una relazione seicentesca Cassinasco è segnalato come infeudato ai Valperga, ai conti Biglieri, e ai Bruni (cfr. AST, Corte, Monferrato, Materie economiche e feudali, m.19) infeudato al marchese di Barolo di Torino (Carlo Gerolamo Falletti) per una parte, e “caducato” al demanio per altra, in seguito alla morte di Antonio Maria Scarampi (BRT, Storia Patria 341, relazione della Provincia di Acqui (Alto Monferrato) dell’intendente conte Traffano, 1753; vedi anche AST, Camerale, II archiviazione, capo 79, nn. 4-6).
Nel consegnamento del 1 febbraio 1493 il feudatario di Cassinasco risulta essere Martino Bruno (AST, Corte Monferrato, Provincia di Acqui 1 febbraio 1493), come già è attestato dall’investitura del 1481 (AST, Corte, paesi per A e B, C,  Investitura del Castello, villa, e territorio di Cassinasco concessa dai Principe Guglielmo marchese di Monferrato a favore del Sig. Enrieto Bruno di Roccaverano.18 ottobre 1481).
Parte del feudo e giurisdizione di Cassinasco viene venduta nel 1583 a Antonio Crivelli Scarampi di Bubbio (AST, Corte, Paesi oper A e B “Vendita di alcune parti del feudo e giurisdizione di Cassinasco” 17 dicembre 1589).
Un ulteriore parte di Cassinasco viene attribuita a Ambrogio Scarampi con l’investitura del 1589 e l’anno dopo venne completata l’acquisizione di tutto il feudo e la giurisdizione di Cassinasco (AST Corte, Monferrato, Provincia di Acqui 15 luglio 1589 e 2 giugno 1590).
Il feudo rimane in possesso agli Scarampi, in particolare nel 1670 Antonio Crivelli cede il feudo di Bubbio e Cassinasco a Pietro e Maurizio Scarampi di Cairo (AST, Corte, Monferrato, Feudi per A e per B, mazzo 23, fasc.5).
Nel XVII secolo il feudo passa ai Galvagno di Bubbio (AST, Corte, Paesi per A e per B, “R. R. Patenti d'infeudazione della quarta parte del feudo e giurisdizione di Cassinasco con titolo e dignità comitale a favore del conte Galvagno di Bubbio”. (1 copia a stampa). 26 gennaio 1767).
Mutamenti di distrettuazione
Fa parte fino al ‘700 delle terre e castelli del marchesato, poi ducato, del Monferrato “oltre il Tanaro”, i cui territori successivamente - sotto la dominazione Savoia – entreranno quasi tutti a far parte della provincia di Acqui. Fece parte del dipartimento di Montenotte, cantone di Nizza (Chabrol p. 32-33), rientrò a far parte della ricostituita provincia di Acqui ridotta poi a circondario nella provincia di Alessandria nel 1859 (Casalis 46-48), ed in fine in quella di Asti nel 1935.
     
In anni recenti ha aderito alla Comunità montana “Langa Astigiana-Valle Bormida”.
Mutamenti Territoriali
Nessuna attestazione.
Comunanze
In una relazione degli anni ’80 del Settecento è segnalato tra le comunità della Provincia di Acqui (Alto Monferrato) che non possiedono boschi (Cfr. AST, Materie economiche per categorie, Perequazione Monferrato, m.1 d’addizione).
In una inchiesta sullo “stato degli effetti, e gabelle spettanti ai pubblici dell’Alto Monferrato risultanti dai convocati del 1782”, non sono segnalati boschi; 1 giornata di beni coltivi senza reddito; 0.28 di gerbidi e pascoli, per un totale di 1.28 giornate comuni; 49.10 lire di entrata sono segnalate per gabelle e daciti (Cfr. AST, Materie economiche per categorie, Perequazione Monferrato, m.1 d’addizione).
Fonti
A.C.C. (Archivio Storico del Comune di Cassinasco).
L’archivio storico comunale ha scarsissima consistenza. Vedi inventario. In sostanza conserva quasi esclusivamente documentazione a partire dal secondo dopoguerra (oltre ad uno stato civile dal 1860 in poi, le carte più antiche sono alcuni documenti del 1930). Secondo il sindaco attuale non vi sono oggi liti di confine con altri comuni.
Bibliografia
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C. Sereno, Monasteri aristocratici subalpini: fondazioni funzionariali e signorili, modelli di protezione e di sfruttamento secoli X-XII (parte prima), in <<B. S. B. S. >>, XCVVI (1998) e Monasteri aristocratici subalpini: fondazioni funzionariali e signorili, modelli di protezione e di sfruttamento secoli X-XII (parte seconda), in <<B. S. B. S. >>, XCVII (1999).
M. L. Sturani, Il Piemontese, in L. Gambi - F. Merloni, Amministrazioni pubbliche e territorio in Italia, Bologna 1995, pp. 107-154.
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Descrizione Comune

Cassinasco

     Secondo i dati Istat la popolazione, a partire dal 1861 fino al 1921, si attesta sulle mille, millecinquecento unità circa, con una lieve progressione intorno agli anni Venti del XX secolo. Tra il 1931 e il 1936 vengono censiti fino a 5339 abitanti che diminuiscono a circa 3500 tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta. Dal 1971 la popolazione si contrae fino alle 610 unità registrate nel 1991. Già a partire dai primi dati disponibili, la popolazione di Cassinasco non subisce grandi spostamenti: non ci sono grandi nuclei insediativi ma piuttosto piccoli aggregati demici che i censimenti definiscono case sparse. L’unica frazione menzionata è S. Massimo.
     I dati ottocenteschi raccolti dal Casalis e da Chabrol registrano ottocento abitanti l’uno e settecentootto l’altro. È possibile inoltre avere una stima dell’andamento della popolazione anche per l’epoca moderna. Gli abitanti, in una relazione fiscale del Seicento, sono 357 (anime), distribuiti su 2561.2 moggia registrate, 115.7 immuni e 0 feudali (cfr. AST, Corte, Monferrato, Materie economiche e feudali, m.19). La popolazione è in aumento nella prima metà del XVIII secolo per poi diminuire nella seconda (AST, Camerale, I archiviazione, tributi del Monferrato, m.1: gli abitanti sono 835 nel 1717, 761 nel 1750, 755 nel 1751, 752 nel 1752).
     Nella relazione del 1753, la popolazione è ancora in diminuzione: viene registrata una comunità di 160 fuochi (590 anime) sulle cime della collina “dirupata“. A Cassinasco sono presenti 16 fornelletti da seta. Il consiglio è formato da 2 sindaci e 10 consiglieri, ogni anno si votano i 2 sindaci e, sempre ogni anno, 10 consiglieri escono di carica e nominano ognuno il loro successore.
La prima attestazione documentata della parrocchia di Cassinasco proviene dalla visita del 1577. Sono censite la chiesa parrocchiale di S. Ilario, l’altare maggiore (patronato della comunità), quello di S. Rocco (patronato della comunità), quello del S. Rosario, quello di S. Antonio e quello di S. Marta. Quest’ultimo altare non è praticato e il visitatore suggerisce di levarlo. Nel 1585 l’altare di S. Marta non compare più: è stato sostituito dall’altare di S. Antonio, patronato della famiglia Bruni. Nella relazione del 30 gennaio 1789 il parroco Ludovico Scarampi dichiara che la chiesa di S. Ilario “fu eretta da anni immemorabili ed è di libera collazione senza patrono”. Sempre il parroco Scarampi ci informa che questa era la parrocchiale antica, infatti erano riconoscibili “nel terreno che circonda essa chiesa ossa di morti” (ASDA relazione Ludovico Scarampi 1789). Il nuovo assetto religioso attorno alla nuova parrocchiale è descritto dalla relazione del 1785. La nuova chiesa parrocchiale, intitolata a S. Maria, possiede cinque altari oltre al Maggiore: quello del S. Rosario, di S. Antonio da Padova, di S. Giuseppe e di S. Bovo.
     L’oratorio dei disciplinanti, intitolato alla SS. Annunziata, è situato “vicino alla parrocchiale a sinistra, provveduto di tutte le suppellettili”. La relazione parrocchiale anonima, sicuramente databile dopo il 1686, censisce la chiesa di S. Giuseppe nel centro del paese e le chiese campestri di S. Massimo e di S. Martino fuori dalle mura. Quella di S. Martino non ha alcun reddito particolare “se non le elemosine delle persone pie”, e quella di S. Massimo non ha rettore. Nella relazione del 1789 viene scritto che la chiesa di S. Massimo è “prodigiosa per le febbri terza e non ha reddito alcuno e viene mantenuta colle limosina e col questuare del Romito”. Il vescovo richiede che venga osservata “questa prodigiosità e si esamini se non si usi qualche vana osservanza”. L’importanza di questo luogo nella geografia devozionale locale è quindi decisamente importante. La chiesa di S. Massimo non ebbe fortuna come la chiesa dei Caffi. La poca fortuna come centro devozionale non corrisponde alla fortuna che ebbe come centro demico. Infatti San Massimo è uno dei luoghi più abitati di Cassinasco. Questo vuol dire che ha una vita sociale differente e invisibile agli occhi del parroco e della Curia, vita sociale che si gioca tra la contrada di San Massimo e il suo romito.
     Tra le altre chiese, senza particolari dotazioni, abbiamo notizia della cappella di S. Sebastiano nella quale il parroco dichiara: “ non si è mai celebrata né si celebra alcuna messa”.
     Infine è attestata la chiesa della Madonna delle Grazie, “volgarmente detta dei Caffi”, che prende il nome dalla famiglia che ne possiede lo ius patronato, e che fu edificata nel 1732 sulla strada pubblica tra Bubbio, Cassinasco e Canelli in prossimità di un valico obbligato. In questa cappella si celebra una festa importante: viene allestita, intorno alla chiesa, una fiera molto frequentata. A fine XIX secolo la cappella campestre viene trasformata in Santuario in seguito all’apparizione miracolosa della madonna. Il culto locale per la Madonna dei Caffi, di fatto, catalizza l’attenzione devozionale verso questa cappella, a scapito degli altri centri devozionali locali.
      La presenza dei francescani nella parrocchia, attestata nel 1661, non è leggibile attraverso i fondi degli archivi ecclesiastici. È stato possibile solo riscontrare le lamentele dei parroci che accusano i Francescani di distogliere i fedeli dal frequentare la parrocchia (ASDA Cassinasco f. 2, c. 1-5 corrispondenza). I parroci inoltre lamentano il fatto che i fedeli che si rivolgono ai Francescani usano poi la parrocchia per espletare i compiti più gravosi e meno redditizi, quali le confessioni.
     Tra il 1737 e il 1741 l’abate Giacomo Francesco Cordara di Calamandrana - ottenuta la nomina di cameriere d’onore dal Papa, e dopo aver tentato di ottenere un vescovato in partibus per ottenere gli emolumenti che gli avrebbero permesso una residenza a Roma - porta avanti il progetto per erigere un vescovato in Nizza, sottraendo alcune parrocchie dipendenti dal vescovato di Acqui (34 delle 125 della “vastissima” diocesi) (cfr. AST, Materie ecclesiastiche, Materie beneficiarie, m.4). Il progetto non ha però alcun esito. Cassinasco fa parte delle terre elencate, che si trovano “nella valle del Belbo, e nelle maggiori vicinanze della città di Nizza in Monferrato” (solo due di esse sono “di là dal Tanaro”).
Un ulteriore quadro delle presenze ecclesiastiche nel territorio comunale di Cassinasco ci proviene da due relazioni del XVII secolo eseguite da Petitti e Traffano. Petitti registra alcuni piccoli beni dei Padri Agostiniani di Canelli, siti nella commenda di Malta di S.Bartolomeo e S.Giovanni di Roncaglia. La parrocchia ha inoltre 49 moggia di terreno (AST, II archiviazione, capo 26, m. 37 “Relazione generale dell’operato dal commendatore Petitti in dipendenza del Regio Editto delli 24 giugno 1728 concernente li beni posseduti dalli ecclesiastici e luoghi pii nel Ducato di Monferrato”).
     Traffano censisce 49 moggia di pertinenza della parrocchiale, 255 immuni e 50 lire delle elemosine della Compagnia dei disciplinanti. Anche Traffano riporta alcuni piccoli beni di proprietà dei Padri Agostiniani di Canelli (AST, II archiviazione, capo 26, m. 40 “Stato generale dei benefici, cappellanie, confraternite, congregazioni di carità, e ogni altra opera della provincia di Acqui” [con aggiunta di beni e redditi che si trovano fuori provincia, ma legati ad istituzioni presenti nella provincia stessa], firmata dall’intendente Traffano, luglio 1753).
     La comunità possiede nel XVIII secolo, secondo la relazione di Traffano del 1753, un archivio nella chiesa parrocchiale anche se appare assai misero. Il catasto, sempre in quel periodo è formato nella misura del 1717, non in buono stato, e se ne consiglia una nuova redazione. Il territorio, di moggia 2700 comprese le immuni (coltivi e viti 600, prati 20, boschi 300, castagneti 300, gerbide 1500, immuni 50), è quasi tutto di collina di buona qualità. Non vi sono commerci (“esiti”), e la popolazione emigra stagionalmente (Alessandria e Nizza soprattutto). Il fumante concorre in un terzo alle caserme, il rimanente a registro senza distinzione del forense. (BRT, Storia Patria 341, relazione della Provincia di Acqui (Alto Monferrato) dell’intendente conte Traffano, 1753; vedi anche AST, Camerale, II archiviazione, capo 79, nn. 4-6).
     Tra i dati raccolti per la perequazione del 1782 si possono leggere quelli relativi al territorio della comunità e metterli a confronto con quelli di 30 anni precedenti. La misura, espressa in giornate di Piemonte, è di 2199.83.6 (campo 369.37.16, prato 24.62.4, vigna 287.29.2, castagneto 200.30.6, bosco 333.24, “zerbido” 985), di cui 84.24.4 giornate non collettabili (82.96.4 ecclesiastici, 0 feudali, 1.28 comunitativi, 0 convenzionati) (AST, Camerale, seconda archiviazione, capo 26, mazzo 18bis).